giovedì 19 marzo 2009

Papa Roach - Metamorphosis (Interscope, 2009)


Il quinto album in studio dei Papa Roach non merita un'introduzione tanto vasta semplicemente perché definirlo "l'ennesimo album dei Papa Roach" è il massimo che si possa fare. Effettivamente questo lavoro di Shaddix e soci non propone nulla che non avessimo già sentito soprattutto con "Getting Away With Murder" e "The Paramour Sessions", dove i quattro avevano iniziato ad abbandonare le origini legate al rapcore e al nu-metal per navigare verso lidi più alternative e più rockeggianti, senza mai lasciare da parte i riff potenti e graffianti che li contraddistinguono. Il risultato, che mi appresto ad analizzare più nel dettaglio, è un album omogeneo ma purtroppo senza nessuna innovazione.

Il disco si apre con una marcia dal tono epico, "Days Of War", un'introduzione di quasi 2 minuti che sembra dare veramente un taglio nuovo al disco, come il titolo "Metamorphosis" potrebbe suggerire, ma purtroppo tutti i cliché del quartetto di Vacaville tornano subito nei primi due pezzi. "Change Or Die" è un pezzo molto tirato, potente, tra i migliori del CD, anche se non regala niente ad un progetto ormai stantìo. "Hollywood Whore", primo singolo, ha un ritornello piuttosto melodico che ci ricorda le produzioni come "Scars" con le quali i Papa hanno provato, con successo, a penetrare nel mondo di MTV che già li aveva ospitati all'epoca di "Last Resort". La maggior parte dell'album è composta da pezzi catchy e dall'assoluta mancanza di spunti creativi, perché diciamocelo, questo genere è morto da anni. E' cosi che il singolo "Lifeline", il cui riff principale suona come un plagio della melodia di pianoforte di "Everybody's Changing" di Keane, è il pezzo migliore dell'album, con un ritornello molto trascinante ed adatto a perseguire uno degli scopi preferiti di Shaddix: il pogo ai concerti. Molti pezzi piuttosto banali passano inosservati, come "Live This Down" e "Carry Me", ripetizioni di numerosissimi pezzi già visti nei precedenti dischi. "I Almost Told You That I Loved" è un brano saltellato che sembra una cover di un recente successo dei Fall Out Boy, così come il pezzo conclusivo, "State Of Emergency", mediocre pseudoballata rock che conclude coerentemente un album che non arriva alla sufficienza, che si rifa molto ai primi Hoobastank. Insomma, un'accozzaglia di spunti che i Papa hanno tentato di utilizzare per rinnovarsi, senza riuscire nel tentativo di una "metamorfosi".

Dal punto di vista della produzione l'album è buono, sicuramente, grazie all'esperienza di Baumgardner che ha già lavorato con artisti del calibro di Evanescence e Sevendust, anche se ci si chiede se alcune canzoni siano adatte ad essere riprodotte in concerto per la stratificazione di distorsioni che richiederebbero più di un backliner per essere rese in tutto il loro barocchismo nei live. La tecnica del gruppo ha sempre lasciato leggermente a desiderare, se escludiamo la voce di Shaddix, sempre potente e precisa. La batteria di Palermo effettivamente è sempre la stessa dal primo disco e non trova mai modo di rinnovarsi, così come i riff che si basano sui soliti power chord che hanno usato ed abusato in tutta la carriera. Infine, i testi, che non meritano più di una letta, sono piuttosto banali e toccano i soliti temi che questo genere ormai ha riproposto in ogni modo, vale a dire qualche storiella sentimentale e un po' di riferimenti al sesso. Niente di nuovo neanche qui. Jacoby poteva a tutti gli effetti lavorare di più.

Insomma un disco che può essere sicuramente goduto e digerito dai fans più accaniti che avranno apprezzato anche il precedente The Paramour Sessions, a sua volta piuttosto banale, ma di poco impatto su chi ascolta altro, soprattutto il punk ed il metal di cui questi ragazzi hanno più volte dichiarato di volersi contaminare. Consigliato solo ai fans, per il resto...metamorfosi fallita.

Voto: 5-

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