lunedì 8 giugno 2009

Placebo - Battle For The Sun (PIAS, 2009)


I Placebo...che dire. Arrivati al sesto album e intrapresa la via dell'autoproduzione e della distribuzione con etichette emergenti cos'avranno ancora da dire? La domanda era sulla bocca di tutti e fare un prodotto sopra le righe per Molko sembrava veramente impossibile.

Il risultato è evidentemente un successo per chi la pensava così mentre sul piano della ricerca di nuove sonorità delude. Un lavoro prettamente dedicato a tutti i fan dei Placebo, quelli più pop dei singoli e anche quelli delle canzoni meno conosciute nascoste in fondo alle tracklist dei CD, senza molti stimoli per entrare nel cuore di chi questa band non l'ha mai ascoltata.

Nel disco troviamo 13 brani la cui lunghezza media si assesta sui 3 minuti e mezzo. Le solite sonorità placebiane sono evidenti in moltissimi dei pezzi, soprattutto Kitty Litter, in apertura, dal solito ritmo che definirei quasi trademark dei batteristi dei Placebo (nonostante l'entrata in formazione del giovane Steve Forrest), quello di Special Needs per intenderci; altri pezzi molto classici per lo standard dei londinesi sono The Never-Ending Why (la più orecchiabile tra quelle citate finora), Ashtray Heart e Happy You're Gone. Qualche novità ce la presenta il primo singolo, For What It's Worth, interessante elaborazione del loro stile con qualche inserto di chitarra più originale. Non sono solo i suoni ad ingannare, c'è davvero qualcosa di diverso in questo pezzo, anche se le linee vocali di Molko ci riportano sempre a terra. Un esempio di cantante troppo legato ad uno stile che rischia di cadere nel banale piuttosto spesso. Stessa cosa avviene per altri brani: Battle for the Sun in alcuni tratti mi ricorda i lavori più pop dei Queens of the Stone Age, ma Brian è troppo diverso da Josh Homme per completare il raffronto. In ogni caso un bel pezzo da radio; Bright Lights si avvicina alle sonorità del cosiddetto indie rock di Editors e White Lies (non vi ricorda il titolo di un bellissimo album degli Interpol?), pur restando per suoni e costruzione vicina al resto delle canzoni. Stupiscono le canzoni più calme come Kings of Medicine (o l'intro di Come Undone), anche se non sono una novità per questo trio. Gli Sonic Youth sono sempre stati citati tra le influenze di questa band e direi che neanche in questo lavoro se ne distaccano (vedasi la bella Devil in the Details ad esempio).

La tecnica della band non è mai stata eccellente anche se per questo genere le capacità dei musicisti non sono certo inadeguate. La produzione è buona, come sempre. Spicca la potenza di alcuni distorti che esplodono soprattutto nei ritornelli, in puro stile Placebo. Di particolare interesse anche gli inserti di orchestra diretti da Fiona Brice, che ha già lavorato oltre che con i Placebo con artisti come Kate Nash, Boy George e Simply Red. I testi, non particolarmente elaborati, restano in linea con i precedenti lavori di Molko: si parla di scelte di vita, su ammissione dello stesso frontman, e non è un tema nuovo anche se in questo CD la tematica è stata particolarmente approfondita. Un piccolo commento negativo sulla copertina me lo dovete permettere: da un titolo così "apocalittico" ci si aspettava qualcosa di più elaborato o visionario.

Infine, poche parole ulteriori vanno spese su un lavoro banale ma valido e fresco, consigliato soprattutto ai fan o a chi vuole sentire dell'alt-rock piuttosto comune con la voce di Molko che tutti almeno una volta dovrebbero ascoltare e, possibilmente, apprezzare. Per il resto i Placebo potevano dare qualcosa di più.


Voto: 6,5

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