martedì 15 settembre 2009

Zen Circus - Andate Tutti Affanculo (Unhip Records/La Tempesta/Universal, 2009)


Ci ricordano che “La storia ce lo insegna che se Dio esiste è un coglione”, che nel 93 "I pantaloni stretti erano da froci e non da fighi, le Converse da pezzenti, il computer da perdenti". Elargiscono frasi-slogan come “Essere stronzi è dono di pochi, farlo apposta è roba da idioti”e parlano del “rancore di chi l'ha preso in culo e non lo vuole raccontare, gli basta di ridarlo per potersi vendicare".

Il tono del disco è questo. La volgarità elevata a metro per raccontare storie del quotidiano, come Ragazza Eroina, un pezzo che ricorda tanto Rino Gaetano quanto i Tre Allegri Ragazzi Morti. “L'avvenire è andato, ma i sogni del passato sono ancora tutti qua”. E' Gaetano che fomenta questi ragazzi a perseguire il loro scopo di raccontare con il tono che più piace agli italiani cosa ci accade attorno. Lo vediamo nel L'Egoista, ritratto di un tipo di uomo sempre più diffuso, e in Gente di Merda, già vista nella compilation Il Paese E' Reale degli Afterhours, qui in una versione più easy-listening. Ma non stiamo parlando di una versione musicale di Verga, la disillusione con cui affrontano certi temi è senza dubbio caratteristica (lo avevamo già visto in Figlio di Puttana, nel precedente disco) e travalica la banalità con cui altri gruppi lo stanno facendo. Andate Tutti Affanculo, la title-track, è la migliore del disco, sviluppata più o meno sulla struttura di una canzone cantautorale italiana à-la-Guccini, però con una batteria quasi “americaneggiante” (il ritmo comunque non è nuovo per il “circo Zen”). Il rock degli Zen Circus suona meglio in italiano che in inglese (e questo disco è evidentemente migliore del primo), anche se la collaborazione di Ritchie aveva contribuito ad un'internazionalità del suono che qui manca. Non è però questo un difetto.

Canzone di Natale” ha il testo più “reale” del disco, e suona molto anni '90 di quando si era tristi ed arrabbiati per qualcosa (o forse quelli erano i '70?), ed è questa la forza di questi ragazzi.

Le chitarre, sia quando si distorcono per accompagnare la componente più violenta del racconto (“siamo solo fango sparso sopra questa terra”), sia quando si fanno dolci per parlare del “Natale S.p.A.”, in cui ci si aspettano “i contanti e non il solito paio di guanti”.

Anche loro sono una di quelle band nate da poco di cui in Italia c'era bisogno per uscire dall'anonimato. Fanno parte di quella cerchia di band che le major come l'Universal vuole fagocitare perché ha notato l'interesse che il pubblico denota per chi, in italiano, vuole comunicare qualcosa. Si spera che rimangano sempre indipendenti nella creazione dei pezzi e che portino questo stile a qualcosa di più personale, se possibile. Per ora resta un gran disco come nel 2009, in Italia, se n'erano visti pochi. Entrambi i pollici alzati.


Voto: 8+

2 commenti:

  1. bello l'album degli zen, anche se ancora mi ci devo abituare :) cmq io non parlerei di concorrenza, ma di.. beh.. "essere colleghi" eheheh :)

    A/v.

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  2. Eheh hai ragione, tutti nella stessa barca direbbe qualcuno. Grazie per essere passato/a :D

    Brizz

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