martedì 16 marzo 2010

Marlene Kuntz - Cercavamo Il Silenzio (Consorzio Produttori Indipendenti/Virgin, 2009)


Tracklist

Tutte le volte che si citano i Marlene Kuntz tutto il panorama alternative degli anni '90 ritorna alla mente. Afterhours, CCCP, Verdena, i primi Litfiba e Timoria, Ritmo Tribale, Scisma. I soliti nomi. Si leggono su YouTube e forum vari imbarazzanti diverbi su chi sia il più grande cantante rock italiano, prendendoli tra questi nomi, e la sfida tra Manuel Agnelli e Cristiano Godano sembra non avere fine. C'è da dire che non c'è storia, Agnelli vince 10 a 1, ma sinceramente sembra abbastanza palese che la tecnica di Renga non ce l'ha nessuno degli altri citati.

Lasciato perdere questo inutile incipit, il disco che si sta per recensire è un lavoro delicato, quindi bando alle ciance. Un live. L'ennesimo dei Marlene, ancora una volta (forse per ragioni di contratto) pronti a spezzare la loro carriera discografica con inserimenti abbastanza forzati di concerti, best of, EP vari. Il che sarebbe un problema, se non che la qualità delle release di Godano e soci è sempre elevatissima. Questo "Cercavamo Il Silenzio" propone essenzialmente un riadattamento teatrale dei set molto potenti della formazione piemontese, che si spengono qui in toni più soffusi, quasi "silenziosi", come suggerisce il titolo. Non mancano le distorsioni, seppur leggere, ma palpita nell'aria un'atmosfera elettrostatica più che elettrica, quasi calamitante, magnetica. In queste tracce, riprese al Teatro Sannazaro di Napoli, i Marlene appaiono spogliati di tutta la loro elettrizzante aggressività, che ha sempre caratterizzato i loro fulminati concerti. Tutta la malinconia e la dolcezza, fuse con la poesia erotica e sensuale di Cristiano, sempre pronto a rimodellare le onde sonore delle sue canzoni come plastilina modificabile in ogni possibile modo e maniera, in questo caso contaminandole con una sommessa vena noise inquinata di art rock evanescente, languido, tiepido, vengono alla luce in un fiato, come elemento di coesione determinante per comprendere il disco. "Uno: Live in Love" era il nome del tour. L'amore è il tema portante delle canzoni scelte per la setlist (su cui spiccano per resa La Lira di Narciso e Canzone Sensuale), e questo spettacolo sembra quasi coltivato in una provetta, esperimento di intime atmosfere e impalpabili arpeggi gonfi di delay e riverberi post-decadenti (La Mia Promessa), allucinante testimonianza della versatilità di una band tanto multiforme da fuggire ad ogni definizione e contestualizzazione. Musica come forma d'arte, nobilitando la sua funzione ludica quasi ad un fine catartico, devoto ad un'interpretazione emozionale dei moti dell'animo (la favola conclusiva Il Vortice, stucchevole quanto pregevole momento poetico del frontman sempre più propriamente definibile "artista" quando si cala in vesti di narratore più che di musicista). 
Alla fine dell'ascolto di questo disco, appesantito solo dai quindici (troppi) minuti di Sonica (e fanculo tutte le pippe da critici snob dell'ultim'ora riguardo possibili sovraincisioni eccetera), proposta in realtà in una veste assolutamente nuova ed originale, si percepisce come un senso di relax, un rilassamento che non deriva dalla stanchezza consecutiva ad ore di estenuanti fatiche, ma dopo una bizzarra cura a base di raffinatezze e ricercatezze acustiche provenienti soprattutto dalle chitarre di Tesio e Godano, aiutate da una sezione ritmica talmente appiattita da risultare sofferente (il grande Bergia ridotto a pochi colpi, sempre precisissimi ed azzeccatissimi, si intende), arriva un momento in cui ogni centro sensoriale si addormenta. E stop. Cercavamo il silenzio, ed eccolo. Cala il sonno insieme all'estasi per queste note, come una sensazione, più verosimile e credibile che mai, che band come queste non smetteranno mai di stupire. Grazie Marlene. 

Non è facile riuscire a descrivere il tipo di sensazioni che produce tutto questo groviglio in cui mi trovo ora.
Dovrei porre a premessa che il loro rivelarsi alla mia sensibilità non avvenne in un particolare istante, ma s’irradiò maestoso volta dopo volta, diventando unica ricorrente esperienza globale di anima e corpo.
E che nel corso degli anni ho imparato ad affrontare con ragionevole ottimismo il superamento di ogni nuova cateratta che opponevo allo scorrere della fiumana.
L’impeto degli eventi sempre più ha gonfiato i suoi muscoli lavorando sui millimetri della mia acquiescenza complice e raggiungendo anfratti inesplorati e nascosti, avviluppandomi nella sua tensione centripeta e sparpagliandomi con la sua occasionale necessità centrifuga
 

Voto: 8

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