martedì 13 aprile 2010

Wild Turkey - Battle Hymn (Chrysalis, 1971)


"Glenn Cornick! Chi era costui?" ruminava tra sè don Abbondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano superiore, con un libricciolo aperto davanti. "Glenn Cornick! Questo nome mi par bene d'averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?". Se Don Abbondio avesse un minimo di cultura musicale saprebbe che Glenn Cornick altri non è che il primo mitico bassista dei Jethro Tull di Ian Anderson, colui che ci ha regalato (oddio, insomma, dopotutto l'album lo paghiamo!) il bellissimo assolo di basso sulla celeberrima composizione di Bach riarrangiata in chiave jazz "Bourée".
Cornick lasciò i Jethro Tull nel 1970, mentre questi componevano il loro album più famoso "Aqualung" (sul quale avrebbe suonato Jeffrey Hammond-Hammond, compare e compagno di scuola di Anderson) e subito si diede da fare per formare un nuovo gruppo. Dopo alcuni cambi di formazione (da notare che la prima mark aveva alla batteria John "Pugwash" Weathers, che nel 1972 diventerà il batterista dei Gentle Giant), i Wild Turkey esordiscono con il loro primo lavoro, questo "Battle Hymn" di cui parliamo ora.
Dal suo playing molto jazzato (ma a volte con venature rock), quello che ci si aspetterebbe è un disco jazz rock. Invece i Wild Turkey pestano di brutto, fanno un rock duro, incentrato sulla chitarra e sulla voce.
E forse è proprio questa la causa della mia delusione. Chiariamoci, la musica non è di cattiva fattura, i musicisti sono bravi e tutto, ma non riesco ad apprezzare come vorrei questo album, forse per il fatto che la musica, ben costruita e tutto, manca di originalità o forse anche a causa della voce del cantante Gary Pickford-Hopkins, che in certi punti (vedi il finale di "Butterfly") mi ricorda vagamente Paperino, anche se non è stonato per niente.
Ma l'album ovviamente non è niente male. Alcuni pezzi, come le mordaci "Twelve Streets of Cobbled Black" e "One Sole Survivor" o la trascinante "Sentinel" sono sicuramente superiori alla media, e la prova chitarristica di Tweke Lewis (futuro membro dei Man) è senza dubbio molto buona.
Oltre ad altri episodi rock meno riusciti (l'opener "Butterfly", non male ma un po' disorganizzata, "Battle Hymn" e "Easter Psalm", che suonano un pochino incerte), l'album offre anche alcuni buoni brani melodici, come la ballata rock di "To The Stars", le semiacustiche e un po' folkeggianti "Sanctuary", "Dulwich Fox" e "Gentle Rain".
Dopo di questo "Battle Hymn", che fato attende i Wild Turkey? Dopo aver registrato un secondo album ("Turkey", dal quale uscirà un 45 giri "Good Old Days / Life Is a Symphony", notevole la B-side, non presente su LP, e ripubblicata in CD nel 2002. Forse una risposta alla "Life is a Long Song" dei Jethro Tull dello stesso anno?) ed essere apparsi in un sampler della Chrysalis intitolato "Don't Dare To Forget", i Wild Turkey si sciolgono nel 1974 e Cornick va a suonare prima con i Karthago e poi con i Paris. I Wild Turkey si riformano brevemente nel 1996 con un album ("Stealer Of Years") e dieci anni dopo con un altro ("You & Me in the Jungle"), intervallati da live album tratti da registrazioni degli anni 70 ("Final Performance" e "Live In Edinburgh") e un disco con rarità ("Rarest Turkey"). Al momento, a quanto pare, Cornick sta preparando un nuovo album.
Per tornare al disco, si tratta di un lavoro carino, nonostante qualche punto fiacco qua e là. Se siete curiosi procuratevelo, e se vi piace l'hard rock... beh, perché non dargli una chance?


Voto: 7

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