martedì 25 maggio 2010

Mantler - Monody (Tomlab, 2010)

Recensione pubblicata anche su Indie for Bunnies
Tracklist



Mantler è il nome d'arte del musicista canadese Chris Cumming che, giunto ormai a quell'età di mezzo in cui anche gli artisti guardano alle loro spalle per vedere quanto hanno fatto nella loro carriera, tenta di riciclarsi producendo un disco lontano da quel passato da compositore di colonne sonore per opere teatrali e affezionato di musica pop nera. Spalleggiato dagli ottimi Jeremy Greenspan e Owen Pallett alla co-produzione, ricrea un ambiente sonoro che vede le sue luci luminose prendere l'energia dalla vitalità pop anni '70 e dalla leggerezza di certe branche disco della musica di quel periodo. Infatti pezzi come "Fresh and Fair" strizzano l'occhio a quella brezza disco-dance che ha fatto ballare tante persone, o quel pop assolutamente melenso ed inutile tipico di molti film risalenti al periodo d'amore del cinema d'amore, incarnato in Also Close To The Rainbow alla perfezione. E il brano funziona, anche se nessuno, giustamente, lo annovererà mai tra i capolavori del genere. L'anima di tutto Monody è pop e lo si sente nella title-track, in Fortune Smiled Again, in In Stride, ma soprattutto in Crying At The Movies, anche se certi momenti di quest'ultima ricordano un songwriting eighties meno orecchiabile. L'episodio più alto di questo lavoro è la lenta Author, malinconica ballad quasi completamente priva di comparto ritmico, prima del sofferto finale (emulata poi con un risultato leggermente inferiore dalla conclusiva Mount Shasta.
I suoi toni da camera, cupi ed a volte spensierati, allegri ma senza mai allontanarsi da quel clima lounge che rende tutti i brani adatti all'ascolto nel salotto colto di turno, con risvolti jazz e le piccole incursioni elettroniche sempre rivolte ai magnifici seventies del pop, si inerpicano in sentieri soul che rendono questo lavoro degno d'interesse perlomeno per la varietà, comunque circoscritta agli elementi storicamente propri di questo tipo di prodotti, delle influenze tirate in ballo. Perché se non apprezzate quel periodo non manderete mai giù un disco del genere, arrangiato ottimamente ma privo di legami con l'epoca presente, dove si trova scorporato da tutta la produzione contemporanea proprio per quella smisurata devozione a un'epoca che si rimembra solo per farne tribute band e compilation. Mediocre ed anacronistico tentativo, con una produzione notevole nonostante la mancanza di ispirazione nella scrittura di alcuni dei brani. Passabile.

Voto: 6+

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