mercoledì 12 maggio 2010

Speedy Peones - Karel Thole (Shyrec, 2010)

Recensione scritta per Indie for Bunnies
Tracklist


Eccezziunale veramente.
Non so se Abatantuono aveva in mente gli Speedy Peones, la vedo dura, però questo è il modo migliore di introdurre questo disco. Frenetico, spassionato, ben composto, ben suonato nonostante l'anima cazzona. E tutto questo aiutato da una tecnica e una produzione sopra la media. All'inizio. Poi la verità. Vediamolo meglio. 
Questa band padovana ha tirato fuori un bel "dischetto" per questo 2010. Una dozzina di brani tanto corti quanto incisivi, la voglia di spaccare, sfornando riff che sono quasi "provocazioni" e titoli talmente fuori di testa da risultare d'avanguardia. Si trovano tante influenze in un disco così, dal punk più classicheggiante che pulsa sopra qualche synth lo-fi in Die Neue Kindheit (con un'interruzione a metà che ti spara dritto nello spazio), al garage di Brand New Girl, passando inevitabilmente per il noise à-la-Jesus Lizard (ci avevano già provato Il Teatro degli Orrori) in Mafia, più qualche sano ritmo in levare per ballare un po' ai live, come insegnano Cinebrividus e la più "dritta" Système Solaire. E' un disco multiforme (e multilingue) e tutte le sue sfaccettature trovano la loro spiegazione in una furiosa smania di combinare vari ingredienti in una miscela dall'impeto quasi "hardcore". Pur sempre rock'n'roll.
Il disco scivola via veloce nonostante il numero di brani, essendoci infatti almeno un paio di episodi, vale a dire Voiture Tempo e A Bear, che durano meno di un minuto (il primo un'irascibile mistura di elettronica e "cattiveria" fine a sé stessa, il secondo una ballata dai sapori British-nostalgia), e tutta la sua rapidità si sente anche nei pezzi particolarmente uptempo come Grand Arab OK OK, che pecca però nella struttura che la fa sembrare troppo "istantanea", quasi precipitosa.
Il disco degli Speedy Peones è interessante perché ti mostra dei musicisti in erba alle prese con la composizione di un lavoro non banale e le sue buone dosi di pretenziosità, ma rischia anche di lasciare l'amaro in bocca. L'eccessiva eterogeneità di certe componenti, le canzoni che sembrano quasi senza né capo né coda, l'uso di linguaggi verbali e musicali lontani da quello che l'italiano medio vorrebbe sentire, sonorità a volte mischiate in maniera non troppo "ponderata". E il giudizio di un album dove c'è tutto quello che potrebbe piacere e tutto il suo contrario quale può essere? Sinceramente l'ho trovato un toccasana, per il panorama veneto e quello underground italiano, ma c'è bisogno di una spinta in più per raggiungere una dimensione più personale e meno "random". 
Sforzo accettabile.

Voto: 7-

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