sabato 6 novembre 2010

Multicolor - First Spaceship On Venus (Sudconscio Lab, 2010)


Tracklist:
1. Line
2. Netherworld
3. Move On
4. Venus
5. Upset
6. Reflex

Un disco? Un EP? Ma che cos'è questa "prima navicella su Venere" che in technocolor, o in Multicolor, vuole penetrare nei nostri stereo e nei nostri timpani? Sono dei ragazzi, giovani, che debuttano direttamente con questo self-titled, senza passare dal via, senza ritirare i prodigiosi 20.000 lire (o quel che sono, insomma, avete mai giocato a Monopoli?), senza tirare i dadi per avanzare nel percorso della gavetta. No, dai, non diciamo cazzate, perchè poi sembra che non abbiamo ascoltato il disco e vogliamo allungare la recensione con espedienti neanche troppo simpatici.

I Multicolor sono una band del Sud Italia (cosentini, registrano lì e a Granarolo, Bologna), un quartetto a dire il vero, che tentano di sfondare (o semplicemente, di farsi notare) con un pop privo di fronzoli, distaccato dalla realtà delle chart, quasi frapponendosi tra l'alternativo medio che pensa che inserire un distorto o urlacchiare sia la soluzione a tutti i problemi e chi per vendere si chiude in testi d'amore e melodie in fa-sol-la minore-do che non vanno più da nessuna parte. Un pop, quindi, più originale della media, genuino, pieno di chitarre acustiche ma non solo, aggiustato in ogni dettaglio, senza corrosioni, imperfezioni, nei, né sbavature. Tra le loro influenze poca musica, tanto cinema, Kubrick, ma soprattutto Kurt Maetzig e la sua ispirazione massima, lo scrittore Stanislaw Lem, pur senza dimenticarne le atmosfere che vengono rivissute sicuramente nella musica, ma anche nell'artwork. Ragioni sonore, quanto estetiche. Un pot-pourri di spazio e tempo che viene fatto proprio dalla band che rielabora con un linguaggio, come dicevamo, pop, un film a suo modo "pesante", rendendolo leggero. Solo sei brani, tutti perfettamente costruiti. Non è appannaggio di molti, tutto ciò: saper rendere tanto con poco, il dono della sintesi, della concisione. Non solo questi doni, ma anche quello di essere fortemente comunicativi, o meglio, evocativi, capaci di riassumere in qualche nota scene di film, sogni, pensieri, di farci viaggiare. E' questo l'importante, più del modo in cui jazz, space rock e psichedelia pinkfloydiana vengono stesi sulla tavolozza del pop più smaccatamente acustico. E sono tonalità difficili da accostare, difficili da digerire, difficili da confondere. L'omogeneità come elemento di base, in un disco che, soprattutto se si considera il suo corpo centrale ("Move On" e "Venus"), spara dritti in faccia agli ascoltatori chili di emozionanti vibrazioni. Il miglior termine per descriverle? Suggestive.
Il disco è un pacchetto completo, nonostante le poche tracce, in ogni sua parte. Armonia totale, senza distensioni che sembrino distrazioni, senza giocare all'esagerazione o alla cooperazione forzata con componenti esterni che sollevino il valore artistico di un pezzo. Solo loro, i loro strumenti, e un'atmosfera kubrickiana che non ti abbandona mai, e non è un mistero che fu proprio Stanley Kubrick il primo "beneficiario" delle atmosfere ricreate dal cinema di fantascienza di fine anni '50/inizio anni '60 di cui anche i Multicolor sembrano essere aficionados. Ma chi se ne fotte, resta pur sempre un disco fantastico, anzi uno dei dischi dell'anno. Senza sè, e senza ma.  


Voto: 9-

1 commento:

  1. Caro Brizz Grazie infinite! Vorremmo tanto esportare il nostro lavoro in tutta Italia...si insomma...farci sentire un pò qui e là. Manteniamo i contatti, noi stiamo riallestendo il facebook intanto possiamo sentirci tramite email per qualsiasi aggiornamento
    multicolorband@hotmail.com
    Grazie ancora!

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