sabato 22 gennaio 2011

Dimartino - Cara Maestra Abbiamo Perso (Pippola Music, 2010)


TRACKLIST:
1. Cercasi Anima
2. Ho Sparato a Vinicio Capossela
3. Cara Maestra
4. Parto
5. La Lavagna E’ Sporca
6. 999
7. Cambio Idea
8. La Ballata Della Moda
9. Marzo ‘48

Qual è il genere che più incessantemente sta riempiendo le nostre collezioni di dischi o di mp3 negli ultimi dieci anni di musica italiana? Il cantautorato, e cos’altro sennò. Angelo DiMartino, che su disco si fa chiamare solo per cognome (al contrario di tutti i beniamini di Amici e X Factor), un po’ ambiziosamente, esce con un disco prodotto dall’imprescindibile Cesare Basile, pubblicando per Pippola Music, un’etichetta che negli ultimi anni ha lanciato anche Brunori SAS, che è forse l’artista che più assomiglia a DiMartino per ispirazione. Si, perché dentro a Cara Maestra Abbiamo Perso si trovano tutti i tratti distintivi della cantautorale che negli ultimi ha decretato il successo dei due nomi più rappresentativi del nostro panorama, tutti e due dall’Emilia-Romagna (Dente e Le Luci della Centrale Elettrica): si parla di noi, quando noi significa anche parlare dell’artista stesso, sia come figura che come vita vissuta; si parla di passato, di quotidianità, di tutto e tutti, con un certo qualunquismo che, si sa, piace. Quello che cambia qui è l’aspetto musicale, più sostenuto ed elaborato, retto anche da una notevole ospitata che senz’altro farà scintillare più visibilmente il disco agli occhi degli “alternativi dell’ultim’ora” tanto criticati nell’ultimo album dei Marlene Kuntz. E sembra proprio che con brani come “Ho Sparato a Vinicio Capossela”, spiegando il perché del titolo nel testo con “ho sparato a Vinicio Capossela perché mi andava e perché piaceva a te e alle tue amiche”, una dichiarazione d’intenti che lascia poco spazio a spiegazioni, essendo fin troppo chiara la critica all’infighettamento di molti artisti e, soprattutto, del pubblico che segue un po’ tutto e niente. Toni disperati, toni sommessi, con un timbro molto particolare che non ci ricorda nessuno (fortunatamente), che senz’altro ci rammentano dei grandi nomi della nostra scena passata: Luigi Tenco, riportato in vita dalla bellissima cover di “La Ballata della Moda”, dove canta e suona anche Basile stesso; Ivan Graziani e Francesco De Gregori, la cui blanda ispirazione è evidente nelle liriche di “Marzo ‘48”, ultimo brano per cui vale il proverbiale “last but not least” inglese, e anche altri nomi come Ciampi, Gaetano, e il più recente Ettore Giuradei che è per altro parte proprio dell’attuale scena cantautorale italica a cui si faceva riferimento.
La forza comunicativa del disco, dicevamo, sta nelle parole, parole che si sporcano qualche volta di una volgarità più immaginabile che effettiva, di una presunzione che nel suo momento più evidente viene affidata alle parole di Vasco Brondi (ospite in “Parto”), e di una disillusione che è tipica della nostra generazione di ragazzi degli anni zero. C’è chi parla di “solite menate”, chi nega, e chi dà ragione ai primi dicendo però che questo DiMartino si distingue dalla massa: è vero, lo fa, e lo fa con una varietà di toni che rende questo disco una piccola perla in questi bui anni, con la presenza di artisti come Enrico Gabrielli che, in “Lavagna Sporca”, insieme ad Alessandro Fiori, trasforma un brano originariamente semifolk in una ballata che ricorda fin troppo i Mariposa. Insomma, tutto è buono pur di variare un sound che rischierebbe di essere banale. E la cosa importante è proprio che, alla fine, non lo è per niente.
Un disco variegato, diversificato in ogni singolo pezzo, attuale ma con uno sguardo al passato, con un valore letterario e musicale medio-alto che piacerà a molti, soprattutto agli “alternativi dell’ultim’ora”. Li citiamo di nuovo, perché questo limite non se lo leverà mai di dosso, avendo incluso nella lista degli ospiti Brondi. Ma per questo, urleremo ancora “
m’importa na sega”.

Voto: 7.5

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