giovedì 6 luglio 2017

Monica Shannon - Ali (Monica Shannon, 2017)

Nella "carriera" di un ascoltatore compulsivo di musica di ogni genere e fattezza, sopraggiunge fatalmente il momento di chiedersi se il disco in riproduzione ha senso o no, se le soluzioni trovate sono originali o meno, e in caso da dove prendono spunto. Questo non viene fatto solamente per il sacrosanto dovere di tracciare delle direttive biografiche dell'artista quando si scrive una recensione, ma anche perché più si fanno numerosi gli album e i progetti discografici conosciuti, più alta è per forza di cose l'asticella dell'accettabile, del gradevole, del sopportabile. La scena italiana è ormai ridotta ad un cumulo di macerie, dove imitare male il peggiore dei Venditti è ancora una scelta commercialmente redditizia (Thegiornalisti), e in generale risulta un mondo di emulatori squallidi che non si pongono più il problema della ricerca.
Perché questa pappardella per descrivere il lavoro di una cantautrice come Monica Shannon, valida interprete dalla voce discretamente pop e uno spettro timbrico di tutto rispetto? Risposta semplice: i Cranberries sono defunti ben prima di sciogliersi, e non sono certo migliorati dopo la reunion, neanche se ci mettiamo i motivi celtici che tanto vanno di moda da quando il paese della Guinness ha iniziato ad investire in feste della birra che ci ammorbano con prezzi folli e musica Irish suonata da tutti quelli che non sono irlandesi, ad ogni San Patrizio. Freddezza e schiettezza a parte, occorre ora analizzare quanto propongono questi nove brani, di cui due cover ("Forbidden Colours" di Ryuichi Sakamoto e David Sylvain, e "L'Isola delle Fate" del meno noto Stefano Pulga), peraltro ottime rivisitazioni in particolare per l'utilizzo pienamente consapevole dell'espressività della voce per trattare temi delicati come l'omosessualità. "Butterflies in the Garden" è il momento dove le atmosfere celtiche risuonano di più, e meglio, impreziosite non tanto dal violino ma da un supporto percussivo più che degno, con incastri ritmici semplicistici ma di grande impatto, e un arrangiamento equilibrato seppur sostanzioso, un po' come in "Light". "Not So Far From Love" rammenta invece troppo i già citati Cranberries, seppur nella loro forma più smagliante (il rock di "No Need to Argue") . "Boundless Space" parla d'amore con grande coraggio e sentimentalismo, risuonando subito in testa come una bella cantilena per bambini, ed è in sostanza il pezzo più esplicitamente popolare. L'apice della vocalità di Monica si raggiunge però quando si naviga in lidi più jazz, fusi con un folk meno canonico e più tecnico, ed accade in particolar modo in "Something You Should Know", ancora una volta un brano romantico, dove spicca non solo la profondità della voce, ma anche un ottimo contributo al sassofono. 

Capiamoci, nonostante le stilettate iniziali potessero far pensare ad un disastro, il disco è ben prodotto, ben mixato e masterizzato, congeniale alle capacità della Shannon e in grado di far risaltare appieno tutte le sue caratteristiche vocali e artistiche. Non sarà nulla di nuovo, ma è fresco e realizzato in maniera impeccabile. In sostanza, se vi piacciono i generi e i riferimenti citati, fa sicuramente per voi, mentre se volete trovare materiale non derivativo e totalmente nuovo dovrete rivolgervi giocoforza ad altri interpreti. Seguiremo comunque gli sviluppi della carriera di quest'artista che sicuramente sa raccontare qualcosa con la sua voce, come un cantautore dovrebbe ancora saper fare senza parlare per forza di social network, droghe e gossip.

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