mercoledì 7 maggio 2008

The Raconteurs - Consolers Of The Lonely (Warner Bros., 2008)

Seconda prova in studio per i Raconteurs di Jack White (leader dei White Stripes) e Brendan Benson (ex Greenhornes). Dopo un primo album veramente rock'n'roll, con pezzi rock da hit parade come "Steady As She Goes" e "Hands", così come canzoni più studiate e più classiche del calibro di "Intimate Secretary", i the Raconteurs si ripresentano, forti del successo del primo lavoro e con alle spalle un nutrito numero di fan (in parte lo stesso degli Stripes) e un bel gruzzoletto grazie ai singoli ed alla tournee. Quello stesso gruzzoletto gli permette ora di registrare un album per niente superficiale a livello di suoni, con una produzione eccellente, con le sonorità tipiche del rock americano (in qualche frangente possiamo accostare i suoni ai lavori dei White Stripes, dei Foo Fighters e anche dei Juliette Lewis and The Licks, anche se c'è ovviamente una differenza stilistica notevole).

Caliamoci nell'album: mi permetto di bollarlo subito come una conferma del feeling che unisce il gruppo a livello compositivo, un feeling che permette una commistione di indie, blues, garage e alternative rock di stampo americano riuscita come poche. E' solo quel feeling può produrre ottimi pezzi come il singolo "Salute Your Solution" e la title-track in apertura "Consoler Of The Lonely", che eleggo futuro probabile estratto e forse il pezzo più bello dell'album per il lavoro sui suoni, i riff aciduli ma catchy, il cantato che rassomiglia molto a quello dei White Stripes ed un velato spirito blues. Il singolo non va molto distante da quelle canzoni stile "Hands" con i quali ci hanno abituato i The Raconteurs del primo album ed è veramente notevole il lavoro alla chitarra, con riff costruiti in modo da seguire la voce e da creare melodie che non faticano per niente a rimanere in testa. Lavoro riuscito. Dopo un’apertura ottima troviamo "Old Enough", che sembra un pezzo dei Beatles messo nel frullatore assieme a qualche disco di folk e country americana, anche se il cantato ci riporta subito con i piedi per terra. Stiamo ascoltando un album dei Raconteurs. Apprezzo particolarmente la struttura di "The Switch And The Spur", un pezzo studiato ma forse uno dei meno incisivi, insieme a "Top Yourself ". Trascinato e trascinante (gioco di parole voluto, eheh) è invece "Hold Up", il quale però non si classifica tra i migliori. “Five On The Five” e “Many Shades Of Black” sono pezzi carini ma nulla più. “Attention” è un bel pezzo rock’n’roll con influenze punk, ricorda un po’ i nostrani Tre Allegri Ragazzi Morti, anche se chiaramente il gruppo di Toffolo ha un indole più adolescenziale rispetto ai quattro americani, più maturi. L’impianto blues di “Rich Kid Blues” (il nome non l’hanno scelto a caso a quanto pare) rende la canzone per nulla ingenua, un pezzo godibile fino all’ultimo secondo e che fila liscio tra gli scorci melodici di voce e gli arpeggi di chitarra alternati a momenti blueseggianti intensificati dal suono granuloso, quasi grunge della chitarra distorta. “These Stones Will Shout” è un pezzo compatto, che si presenta come un crescendo molto disteso, oltre 2 minuti di voce accompagnata solo da chitarra acustica e basso che va via aggiungendo spessore prima di partire con la batteria fino alla fine del brano, creando un effetto di inseguimento che sinceramente trovo meritevole.

I due pezzi più calmi, "Pull This Blanket Off" e "You Don't Understand Me" riprendono il pop americano di tanti cantautori e sono alla fine orecchiabili ma niente più. Nel complesso sufficienti.

Conclude l’album la semi-ballata “Carolina Drama”, con un inizio che mi dispiace ricondurre ancora una volta ai White Stripes già citati, ma il paragone è innegabile. Lo stile di White non è molto labile. Nel complesso anche questa canzone si presenta come una canzoncina ballabile, un lento cantabile che però sembra non prendere mai il volo. La calma voluta che lo domina sembra distendere troppo la canzone, che alla fine risulta ridondante nonostante la sua struttura lineare e semplice.

Ora facciamo un piccolo passo indietro. Il track by track dimostra che i pezzi veramente buoni sono pochi, ma nulla lascia intendere che tra i quattordici brani che compongono questo album ce ne sia qualcuno di insufficiente. I pezzi nel complesso sono tutti godibili e ben oltre la sufficienza. Unica nota dolente, l’originalità: l’album non si discosta più di tanto dal primo se non per una produzione migliore e alla fine ritroviamo lo stesso contenuto già incontrato in “Broken Boy Soldiers”, con ben poche novità e pezzi degni di nota, che sono sicuramente quelli più carichi: parlo di “Salute Your Solution”, “Consoler Of The Lonely” e “Attention”. Senza togliere nulla a degli artisti che sanno di certo suonare i loro strumenti, reputo quest’album un lavoro riuscito, sicuramente oltre la sufficienza, ma al di sotto delle aspettative e delle loro possibilità. White, Benson, Lawrence e Keeler sanno il fatto loro e sono in grado comporre pezzi con i fiocchi, ma forse una piccola smania di successo ha divorato la loro vena compositiva (sta succedendo lo stesso con gli Stripes di White, e i giochi di parole in questa recensione non finiscono…), timida ma prorompente, che ha comunque prodotto un album da ascoltare in macchina o in casa per rilassarsi o per ascoltare un po’ di rock americano del 2008. Nulla di eccezionale, ma neanche da buttare.

Consigliato l’acquisto a chi già apprezzava questa band, agli altri consiglio il primo album. Mi aspetto che ci “raccontino” qualcosa di più esclusivo nei prossimi anni.

Voto: 6,5

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