Come di consueto, nel giorno del suo compleanno, pubblico un articolo sul grande Frank Zappa. Quest'anno, però, non parlerò delle ultime pubblicazioni postume (che comunque, probabilmente, avranno un articolo a parte), ma farò una lista di 14 canzoni di Zappa notevoli, per un motivo o per l'altro, come va tanto di moda fare su Rolling Stone e riviste del genere.
Tuttavia, ciò che differenzia questo articolo dagli articoli di suddette riviste, è che non si tratta di una lista delle 14 canzoni migliori di Frank Zappa, delle 14 canzoni più innovative di Zappa, delle 14 canzoni più Zappiane di Zappa, ma semplicemente una lista di canzoni di Frank Zappa che reputo notevoli, per un motivo o per l'altro, spiegando il perché. Del resto, 14 è un numero irregolare, per cui dovreste averlo capito da soli, no? Inoltre, non ho nessuna intenzione di seguire un filo logico preciso, le scriverò in base a come mi vengono in mente. Per cui, come direbbe il maestro Peppe Vessicchio, "pronti, partenza, via"
HE USED TO CUT THE GRASS
("Joe's Garage, Acts II & III", Novembre 1979)
La trama del concept album "Joe's Garage", per certi versi, non è del tutto dissimile a quella di "2112" dei Rush. In entrambe, si parla, tra le varie cose, della proibizione della musica (argomento del quale Zappa parla nel libretto dell'album, citando l'Iran come esempio). In questo momento dell'album, il protagonista esce di carcere (per aver distrutto un prezioso cyborg pisciandoci sopra...) e scopre che la musica, sua unica fonte di gioia, è stata bandita ed è diventata illegale. Vuole suonare, ma non può perché non ci sono più musicisti, e allora vaga per la città in stato catatonico immaginandosi un assolo di chitarra. Il commento musicale è assolutamente paranoico e drammatico, e secondo me, è una delle cose più riuscite dell'intero album. La chitarra (xenocrona) di Zappa, il drumming poderoso e erratico di Vinnie Colaiuta e le voci campionate da varie parti dell'album contribuiscono a fare di questo piccolo gioiello una delle cose più inquietanti e disturbate dell'intera discografia.
FOUNTAIN OF LOVE
("Cruising with Ruben & The Jets", Dicembre 1968)
Quando dico che i due album più complessi di Zappa in assoluto sono "Civilization Phaze III" (e fin qui va bene) e "Cruising with Ruben & The Jets" vengo spesso preso per pazzo. In realtà, ci sono motivazioni precise: prima di tutto, che cos'è questo album: una parodia, un omaggio al doo wop o entrambe le cose? Inoltre teniamo conto del periodo storico in cui è uscito: l'album che lo precedeva ("We're Only in It For The Money") era sicuramente più bizzarro, meno orecchiabile e soprattutto, molto più caustico: le critiche taglienti e corrosive ai valori e alle mode dell'epoca sono una componente fondamentale del disco. Questo album, invece, parla di amore, nella maniera semplicistica e cretina (per usare le parole di Zappa) tipica del doo-wop e del pop. Tuttavia, negli anni 60, non c'era alcun interesse a fare un revival del genere, considerato obsoleto e vecchio, per cui sicuramente, non si poteva comunque accusare i Mothers of Invention di essersi svenduti, perché questo disco era comunque fuori moda. Come se non bastasse, il disco successivo ("Uncle Meat") tornava alla musica complessa, colta e allo stesso tempo scanzonata, tipica del Frank Zappa dell'epoca, lasciando gli ascoltatori interdetti.
Tuttavia, pensare che l'album sia complesso unicamente da un punto di vista concettuale, è altrettanto sbagliato. Prima di tutto, la realizzazione dell'album è estremamente precisa e studiata (ascoltare le ritmiche di batteria, rigorosamente nella versione originale e non in quella sovraincisa negli anni 80) e la prestazione vocale di Ray Collins, è assolutamente eccellente e professionale. Ho scelto questo brano perché riassume perfettamente l'album: composto a quattro mani da Zappa e Collins, è sia un omaggio, sia una parodia al doo-wop ("di che cazzo parla questa canzone? di una doccia?" si domanda da solo Zappa nella sua autobiografia) e, nel finale, c'è una citazione molto subdola e nascosta de "La Sagra della Primavera" di Igor Stravinsky, a ricordarci che questo, è pur sempre un album di Frank Zappa e dei Mothers of Invention. Non dimentichiamoci, tra l'altro, che, dal punto di vista puramente estetico, la voce di Ray Collins, in questo pezzo, è semplicemente stupenda.
OUTSIDE NOW AGAIN
("Boulez Conducts Zappa: The Perfect Stranger", Agosto 1984)
Negli anni 80, Frank Zappa aveva scoperto quello che più si avvicinava al suo sogno: il Synclavier. Questo simpatico aggeggio permetteva a Zappa di comporre le cose più disparate con un'esecuzione completamente perfetta (si ascolti ad esempio a brani come "Little Beige Sambo" su "Frank Zappa Meets the Mothers of Prevention"). Ben presto, però, Frank si accorse che il synclavier, per quanto interessante, non era completamente sostituibile all'orchestra o al gruppo rock perché, per quanto fosse perfetta l'esecuzione, mancava di quello che Zappa stesso definiva come l' "elemento umano". A mio parere, questo brano è uno degli esempi più interessanti di quello che questa macchina era capace di fare. Come il titolo stesso suggerisce, si tratta di una variazione del brano "Outside Now" presente su "Joe's Garage". Il giovane Steve Vai, uno dei chitarristi più validi che siano mai stati nel gruppo di Zappa, avendo il pregio dell'orecchio assoluto, era utilizzato da Zappa anche per occuparsi di trascrizioni e, tra la varie cose trascritte dal chitarrista Italo Americano, c'era anche l'assolo di chitarra del già citato brano del 1979. Tale trascrizione, digitata nel synclavier, inevitabilmente suona differente dall'originale, in quanto la macchina non è capace di riprodurre la differenza di intensità nell'attacco delle note o le improvvise accelerate e, proprio per il particolarissimo modo di improvvisare di Zappa (che spesso definiva i suoi assolo delle "sculture in aria"), diventa una composizione a sé stante, con melodia perfettamente coerente e comprensibile, riuscendo perfettamente, quindi, ad essere qualcosa di interessante sia dal punto di vista concettuale, sia dal punto di vista melodico.
SUNRISE REDEEMER
("Guitar", Aprile 1988)
Lo so, nell'introduzione avevo promesso che non avrei usato un filo logico nel proporre le composizioni, ma a questo punto, il collegamento tra questo brano e quello precedente è quasi d'obbligo. "Guitar", come dice il titolo stesso, è un album dove fa da protagonista assoluta la chitarra, ma a differenza del suo precursore "Shut up and Play yer Guitar", non contiene composizioni inedite, ma solo estratti da altre composizione pre-esistenti. Questa "Sunrise Redeemer" che cito adesso, è, infatti, un improvvisazione contenuta nell'esecuzione del brano "Let's Move to Cleveland" eseguita il 30 Novembre 1984 al Musical Theater di Sunrise, in California. Eppure, suona come una composizione a sé stante: non solo per il brillante assolo perfettamente strutturato di Zappa, ma anche per l'eccellente supporto ritmico del gruppo (si ascolti il formidabile drumming di Chad Wackerman, e, soprattutto, le geniali parti di basso di Scott Thunes che, quasi da solo, tiene in piedi l'intero brano). Una delle ennesime dimostrazioni dell'infinito valore artistico dei concerti di Zappa.
CAMARILLO BRILLO
("Over-Nite Sensation", Settembre 1973)
Ma, certo, non sempre abbiamo per forza voglia di ascoltare cose che ci impegnino eccessivamente il cervello e, ogni tanto, sicuramente c'è bisogno di staccare un po' e di ascoltarci un bel brano rock senza troppe masturbazioni mentali. Frank Zappa ne ha scritti alcuni che riescono ad essere semplici e, allo stesso tempo, abbastanza personali e originali. La galoppante "Camarillo Brillo" è una di queste, con un'azzeccata melodia vocale, interessanti interventi chitarristici di Zappa e solido supporto ritmico scandito dalla batteria di Ralph Humphrey e dal piano di George Duke. Una piccola gemma. Senza pretese, certo, ma una piccola gemma.
HOLIDAY IN BERLIN, FULL BLOWN
("Burnt Weeny Sandwich", Febbraio 1970)
Se mi si dovesse domandare qual è il brano di Zappa che preferisco, sicuramente non saprei rispondere. Se mi dovessero, però, chiedermi una lista di miei preferiti, sicuramente il primo titolo a cui penserei sarebbe questo splendido strumentale contenuto in uno degli ultimi album dei Mothers of Invention originali. Inizialmente intitolato "Shortly", il nuovo titolo del brano riflette gli eventi accaduti al concerto dei Mothers a Berlino avvenuto il 15 Ottobre 1968, durante il quale, ci furono sommosse e i membri del gruppo vennero minacciati da alcuni manifestanti che volevano che Zappa e gli altri sostenessero per alcune azioni sovversive. Ciò che a noi interessa, comunque, è la splendida melodia del brano, interpretata magistralmente dai Mothers, e il bellissimo modo in cui le varie sezioni del brano seguono naturalmente l'una dentro l'altra. Per concludere, uno splendido, drammatico e introspettivo assolo di chitarra di Zappa, che cominciava ad interessarsi sul serio all'attività di solista. Brani come questo, dimostrano che, i Mothers, per quanto non fossero in grado sempre di eseguire perfettamente ciò che gli veniva richiesto, creavano delle atmosfere e delle sonorità che nessun altro futuro gruppo sarebbe riuscito a ottenere. Anche per questo motivo, i lavori del primo Zappa sono così geniali e affascinanti.
THE ADVENTURES OF GREGGERY PECCARY
("Studio Tan", Settembre 1978)
Un raro esempio di suite composta da Frank Zappa. In questo brano, Greggery, un esemplare di pècari, ovvero un maiale simile al cinghiale presente in America, si accorge che non è possibile misurare il tempo in maniera corretta per cui inventa uno strumento rivoluzionario: il calendario. In questo modo, la gente può sapere finalmente quanti anni ha. Tuttavia, non tutti sono contenti di sapere quanti anni hanno, ed è così che, il povero Greggery si trova nei guai. Oltre alla storia strampalata, ciò che colpisce è la musica, incredibilmente divertente e complessa, contenente due delle melodie più belle dell'intera discografia (la sezione della "steno pool" e il finale, originariamente una composizione a sé stante intitolata "The New Brown Clouds") e registrata tra il 1974 e il 1975. Un plauso anche all'interpretazione di Zappa, sia nella parte del narratore, sia nell'esilarante parte di Greggery stesso, ottenuta con la voce velocizzata. Purtroppo, questo brano è comparso per la prima volta in uno dei famosi album della Warner boicottati dalla Warner stessa e usciti con tre delle copertine più brutte dell'intera discografia (guardare a lato per avere un esempio) e, ancora peggio, senza testi e senza crediti dei musicisti. Per questo motivo, per un po' di tempo, "The Adventures of Greggery Peccary" è rimasto un brano un po' sconosciuto, solo recentemente recuperato dai fan. Ciò non lo rende di meno un capolavoro assoluto.
JUMBO GO AWAY
("You Are What You Is", Settembre 1981)
Arthur Barrow, bassista di Zappa dal 1978 al 1980 e frequente collaboratore negli anni successivi, sul suo sito internet, racconta come Frank Zappa spesso inserisse complicatissime composizioni pre-esistenti all'interno di nuove composizioni relativamente semplici. Questo è quanto accade all'interno di "Jumbo Go Away" durante il quale, la storia di una groupie che ha portato all'esasperazione il chitarrista Denny Walley, è intervallata da un complicato intermezzo strumentale (precedentemente intitolato "Number 6") che simbolizza la presenza di parassiti intestinali all'interno della sfortunata ragazza. Il brano in sé, probabilmente, non è uno dei migliori nel disco, ma l'intermezzo strumentale e il modo in cui si collega alla canzone (ricordiamo che entrambe erano precedentemente pre-esistenti e senza alcuna relazione l'una con l'altra) sono assolutamente straordinari.
IT MUST BE A CAMEL
("Hot Rats", Ottobre 1969)
Questo è senza dubbio l'album più famoso di Zappa, e, molti dei titoli che vi compaiono, sono diventati dei brani estremamente popolari tra chi conosce l'artista. Tuttavia, spesso si tende ad ignorare questo pezzo che, personalmente, considero tra i più riusciti dell'intera discografia. Prima di tutto, ascoltandolo, ci si chiede cosa avesse esattamente in mente Zappa: l'andamento è claudicante, la melodia incerta e assurda, quasi appena accennata e le percussioni sovraincise (velocizzate) che danno un tocco molto assurdo al brano, sembrano essere slegate alla composizione. Ciò nonostante, il risultato finale è molto affascinante e compatto e l'ascolto prolungato, fa sorgere la seconda domanda che ci si pone riguardo a questo brano, ovvero: "ma come cavolo hanno fatto i musicisti che ci suonano ad impararlo?". Spettacolare, inoltre, il momento in cui l'andamento incerto del brano finalmente sfoga tutta la sua tensione in un energico e eccellente assolo di chitarra ad opera di Zappa stesso (con uno splendido suono). Bellissimo modo di chiudere un bellissimo album.
HONEY, DON'T YOU WANT A MAN LIKE ME?
("Zappa in New York", Marzo 1978)
Questo brano, generalmente, non piace troppo ai fan di Zappa. Forse per il testo offensivo (un affare di coppia terminato male che però viene riconciliato con una buona dose di sesso orale), forse per il fatto che Zappa ne ha pubblicate diverse versioni togliendo spazio a cose che sarebbero state più interessanti, forse perché non apprezzano proprio il brano in sé. Comunque la mettiamo, non è sicuramente ricordato come uno dei brani migliori di Zappa. Personalmente, però, l'ho sempre trovato molto interessante e unico, specialmente nella sua versione originale pubblicata nel monumentale "Zappa in New York", ottimo live album registrato negli ultimi giorni del 1976 con una spettacolare line-up che comprendeva, tra gli altri, il bassista Patrick O'Hearn, il batterista Terry Bozzio, il tutto fare Eddie Jobson, la sezione fiati del Saturday Night Live e, unicamente, sia Ed Mann che Ruth Underwood alle percussioni. L'andamento della musica, le piccole sezioni apparentemente non connesse al brano, ma perfettamente sensate, la performance energica del brano, lo rendono, a mio parere, un buon esempio di quattro minuti di musica Zappiana. Bellissimo il modo in cui la musica risponde alle varie parti del testo ("the band was tight", "they saw a real hippie who delivered their dinner"). Da questo punto di vista, e unicamente da questo punto di vista, potremmo accostarla alla già citata "The Adventures of Greggery Peccary".
WAKA/JAWAKA
("Waka/Jawaka", Luglio 1972)
Brillante strumentale pubblicato su uno degli album che Frank incise costretto alla sedia a rotelle (un idiota lo spinse giù dal palco durante il concerto al Rainbow Theater di Londra tenutosi il 10 Dicembre 1971, rompendogli una gamba e danneggiandogli la laringe). Il tema, per fiati, è eccellente, forse uno dei migliori strumentali composti da Frank Zappa, e la lunga battaglia di assolo che ci troviamo di fronte è entusiasmante. Il momento migliore, però, arriva verso la fine, quando, l'assolo di Zappa viene trascritto e doppiato dal formidabile fiatista Sal Marquez, rendendo, ancora una volta, un tema improvvisato una composizione. Ottimo anche il trionfante finale del brano. Necessario citare anche il formidabile assolo di moog di Don Preston: un assolo che pare abbia impressionato Robert Moog stesso, che, avrebbe commentato testualmente: "non è possibile far suonare un moog in quel modo". Curiosa la versione pubblicata sul DVD-A "QuAUDIOPHILIAc" nel 2004, essenzialmente il take usato per questa versione, ma senza sovraincisioni e senza il finale, che permette di scoprire un po' come lavorava Zappa durante la produzione.
DROWNING WITCH
("Ship Arriving Too Late to Save a Drowning Witch", Maggio 1982)
Lo ammetto: "Ship Arriving Too Late to Save a Drowning Witch" è, senza dubbio, l'album di Zappa che amo di meno in assoluto: troppe bislaccherie senza senso, troppo materiale riempitivo, troppe cose azzeccate solo a metà per un album così breve (appena 35 minuti). La presenza di un brano dalla durata di 12 minuti, in un disco del genere fa presagire due cose: o si tratta della salvezza dell'album o si tratta della cosa peggiore in assoluto contenuta nei solchi del disco. I primi tre minuti, fanno pensare a quest'ultima ipotesi: inizio vocale banale, non troppo diverso, forse, dal brano "You Are What You Is" che seguono in un cantato bizzarro di Zappa, curioso in sé, forse, ma pallido al confronto di quello del brano precedente ("I Come from Nowhere"). Sembra quindi, che Zappa stia riproponendo tutto ciò che è successo fin'ora nell'album e lo voglia estendere a 12 minuti. Una tortura, quindi. E invece no, perché, da questo punto in poi, il brano diventa strumentale e cambia totalmente di registro. Si comincia con un tema tanto avventuroso, quanto meticoloso, nel quale risalta particolarmente la chitarra di Steve Vai (chiamato affettuosamente da Zappa, lo "stunt guitarist" del gruppo) al quale segue il primo assolo di chitarra del Maestro, su una base nervosa e torturata (splendide le linee di basso di Scott Thunes). Dopo qualche minuto, i toni si rilassano, come se il brano fosse arrivato allo stremo dopo quanto è successo, e comincia un secondo tema, più calmo ma ugualmente matematico. Su questa base, Zappa sfodera il suo secondo assolo, stavolta più introspettivo. Proprio su questa sezione del brano, che ricorda vagamente il capolavoro "Inca Roads", Frank proporrà alcuni dei suoi migliori assolo nel corso degli anni. Il brano si conclude con un terzo tema che sfocia senza soluzione di continuità nel brano successivo del disco, la strumentale "Envelopes", uno strumentale ben composto, ma poco interessante rapportato ad altri di Zappa. Difficile credere che quanto abbiamo ascoltato fin'ora appartenga ad un unico brano ma è così. Secondo Zappa, la versione su disco è composta da 15 performance diverse, perché nessuna versione dal vivo del brano è mai stata eseguita perfettamente dall'inizio alla fine. Questo capolavoro è senza dubbio l'unico motivo per mettere su questo disco più di tre volte dopo l'acquisto: infatti, la versione contenuta nell'album "You Can't Do That On Stage Anymore Vol. 3" non è decisamente all'altezza dell'originale. Peccato che il resto del disco voli decisamente molto più in basso...
BLESSED RELIEF
("The Grand Wazoo", Dicembre 1972)
Uno Zappa stranamente rilassato e melodico per il finale di un album tutto sommato abbastanza ostico. Di questo brano, non c'è molto da dire: la splendida melodia su un ritmo jazzato viene scandita dalla splendida chitarra di Zappa e argomentata intelligentemente dal piano elettrico di George Duke. Ciò che mi colpisce particolarmente, oltre alla melodia, è il suono della chitarra: non potrebbe essere più adatto a questo tipo di brano. Ho scritto molto poco, lo so, ma in questi casi è la musica che parla da sola.
BEAT THE REAPER
("Civilization Phaze III", Dicembre 1994)
Uscito un anno dopo la morte di Zappa, usciva "Civilization Phaze III", un album particolarmente difficile, senza alcun tipo di umorismo o di compromesso con l'ascoltatore. Frank Zappa sapeva che avrebbe avuto poco tempo per finirlo: gli era appena stato diagnosticato un inoperabile cancro alla prostata e, oltre alla certezza della morte, aveva dovuto ridurre i ritmi di lavoro, concentrando tutto quello che poteva fare in tempo minore. Ho scelto questo brano come finale della lista perché sembra essere la morte di Zappa espressa in musica. La morte vista dal punto di vista di un uomo che sa di stare per morire è molto diversa dalla morte vista dall'esterno, e si tratta più che altro di un brano paranoico, assurdo, nel quale si mischiano vari elementi apparentemente incompatibili tra di loro e che pare non avere una soluzione propria. In aggiunta a tutto questo, in sottofondo al brano c'è un incessante rumore di pioggia, che prosegue anche nella traccia successiva e di chiusura dell'album, intitolata "Waffenspiel": 4 minuti di rumori di temporale, spari, aerei che passano e latriti di cani. E' già di per se un finale inquietante perché non c'è niente di ciò che ci è rimasto familiare per i 110 minuti precedenti: né le voci, né la musica, solo rumori distanti. Ma, tenendo conto che non è solo il finale dell'opera, ma il finale dell'intera discografia Zappiana, e in un certo senso della vita di Zappa allora acquista una vena disturbante e spaventosa. (Questo frammento è stato, in parte, riciclato dalla mia recensione del disco, che potete trovare qua).
Cercavo nuovi brani di Zappa, possibilmente da un esperto o da qualcuno che insomma, ne sapesse..e sono finito qui.
RispondiEliminaLeggere è stato bello e stimolante.
E ora ho sicuramente qualcosa di nuovo da ascoltare.
Grazie ciao!
Gianmaria
Grazie per il commento, Gianmaria! Sono felice che questa guida ti sia servita. Quando avrai occasione di ascoltare i brani, sarei molto curioso di sapere una tua opinione!
RispondiEliminaA presto,
Jacopo