mercoledì 24 febbraio 2010

Il Disordine delle Cose - Il Disordine Delle Cose (Garage Ermetico Records, 2009)

Tracklist

A Novara c'è disordine. E se questo disordine ci fosse anche in altre città italiane, forse sarebbe meglio.
Scusate l'incipit già un po' lecchino ma è ascoltando questi dischi che ci si rende conto, quest'anno in maniera non più tanto “sorprendente” (vista la mole di bei dischi usciti), che la scena italiana pulsa di nomi validi che non decolleranno, forse, mai. Ma ci vogliono le palle per andare avanti comunque. Questo “disordine delle cose”, aiutato ad espandersi in tutta la sua entropia da artisti del calibro di Paolo Benvegnù, alcuni membri dei Perturbazione (Diana, Cerasuolo, Giancursi e C. Lo Mele), Syria, Naif, Marcello Testa dei La Crus e tanti altri (ad evidenziare l'aspetto ambizioso del progetto) in verita suona tutt'altro che caotico. Un disco composto, di classe, elegante e con una vena di raffinatezza che risale direttamente a certe tradizioni cantautorali di notevole splendore qui nel Bel Paese. L'Altra Metà di Me Stesso ha anche la discrezione di suonare orecchiabile, col suo testo a metà tra la lirica di Benvegnù e quella del buon vecchio Battisti (“tu che sei invincibile non sei mai come vorrei”), un po' come L'Idiota e L'Astronauta, vignette quasi monografiche di personaggi a noi molto noti (l'idiota, come si nota dal booklet, sembra riferita al nostro attuale premier, anche se il testo non fa mai esplicito riferimento se non citando un “presidente”). Toni soffusi rubati all'indie pop più pacchiano, magari dalla Scandinavia o dall'Inghilterra, si impennano in Piume di Cristallo e La Mia Fetta, dove la malinconia di questo “disordine” si esprime in tutta la sua potenza dirompente (e sempre senza distorsioni), grazie ad un'intelligentissima fusione con alcuni stilemi del jazz . Ma ci sono anche i toni rock di Muscoli di Carta, Don Giovanni e Il Pittore del Mondo, a volte vicini ai Marlene Kuntz più recenti ma mai distaccandosi dal pop e dalla melodia (nessuna traccia del noise che va tanto di moda inserire ovunque ultimamente).
Produzione ottima, esecuzione più che buona (ravvivata dall'inserimento di alcuni archi, suonati da ospiti come Max Gilli ed Elena Diana), con particolare merito da dare alla voce che sottolinea brillantemente i suoi passaggi da protagonista. Uno sguardo ai testi è di dovere, per il fattore “estetico” del disco che non è da sottovalutare.
Tutta la voglia di disordine scompare all'improvviso, e nella compostezza di questo disco trovate il cuore soft-romantico di una scena italiana sempre più vivace e devota al passato cantautorale che l'ha resa grande. E il folk con lui. Gran disco.
Voto: 7.5

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