lunedì 21 novembre 2011

Cat Claws - Cat Laws (42 Records, 2011)


Nel 2011 si sentiva il bisogno di staccare la spina, cambiare aria ed argomenti, fuggire in maniera subdola ma serena, cancellando il senso di stagnante che si sta pian piano portando via la musica europea. Svicolando attentamente dietro l’angolo, i Cat Claws si inseriscono invece in uno di quei filoni che sta lentamente morendo, forse riuscendo in qualche modo a non risultare fuori tempo massimo e a guadagnarsi una credibilità che pochi altri riescono ancora ad avere. Il grunge è morto molto prima di questo indie così banale da risultare sempre fresco e godibile anche dopo tanti ascolti (il problema è sempre col susseguirsi dei dischi). Dall’Italia gli indie acts hanno spesso deluso, e altre volte (Thoc!, Heike Has The Giggles, Trabant ecc.), cavalcando l’onda del post-punk ballerino dei nuovi club sedicenti new wave, si sono ritagliati uno spazietto neanche troppo minuto, con qualche sostenitore hipster sempre pronto a scavalcare la parola moda con il suo senso iperbolico di fashion che è un termine che vale di più quando si parla “indie-pendente”.
A cosa serve allora questo Cat Laws? Le undici canzoni che lo compongono non introducono novità, non rivoluzionano niente, ma semplicemente riassumono le più importanti direttive dell’indie storico, spiazzando per la diversità degli ingredienti messi in gioco che però sono sempre gli stessi: Joy Division, Pixies, Devo, New Order, derelitti moderni vari e malinconica dolcezza progredita à-la-Strokes, perlomeno per le chitarre. I brani tendono a declinare verso impostazioni già sentite, soprattutto i ritornelli e le entrate di batteria, ma gli incontri quasi iconoclasti tra psichedelia e noise più leggero, per non parlare dell’incespicare electro di alcuni elementi senz’altro più adatti al movimento fisico nei live, risollevano la maturità, l’originalità e l’efficacia del disco, perfetto anche per mandare giù il difficile boccone del secondo lavoro, difficile per molti, come ricordava il buon Caparezza. La voce femminile, ancora abbastanza infrequente nel genere, quindi poco noiosa per i più schizzinosi, rende il tutto, se possibile, più digeribile.
I Cat Claws possono sfruttare la garanzia di fare bene un genere facile ma contemporaneamente complesso da portare in seno nel suo periodo di massimo splendore commerciale, cioè di declino qualitativo. Il songwriting sempre molto pulito, coniugato con una produzione rozza tipica delle registrazioni in presa diretta, gli conferisce anche la ruvidità che denota raramente produzioni analoghe per quanto riguarda l’Europa: dovremo spostarci in Europa ma non lo faremo perché questo disco è nato qui, e lo apprezzeremo solo qui, con i suoi pregi e i suoi limiti, entrambi evidenti.

Voto: 7-

venerdì 4 novembre 2011

Into Deep #2 - 40 anni di Aqualung!

Steven Wilson, leader dei Porcupine Tree, non è solo un buon chitarrista e un buon compositore, ma da un paio di anni ci sta anche dimostrando di essere anche un archivista niente male.
Si è infatti occupato di rimasterizzare i lavori dei King Crimson (a partire da "In The Court of the Crimson King"), non limitandosi a remixare gli album, ma anche aggiungendo chicche curiose presenti sui nastri registrati all'epoca.



Dal 2008, Ian Anderson celebre leader dei Jethro Tull si occupa di far uscire ogni anno un edizione speciale per il quarantennale della loro discografia (saltando però "Benefit", lacuna gravissima a mio avviso). Probabilmente memore del successo delle riedizioni Crimsoniane, Anderson ha pensato che per il quarantennale del loro album più celebre forse era il caso di affidare a Wilson l'uscita.




E' un bene? Un male? Beh, parto subito dicendo che spesso ciò che non apprezzo dei remix degli album classici è che, sostanzialmente, si cambia la storia. Immaginate di vedere un quadro di Van Gogh con i colori cambiati: il tratto e il disegno saranno esattamente gli stessi, ma il cambio di colore sconvolgerà completamente il quadro. Alcuni particolari si noteranno meglio, ma altri che prima erano prominenti lo saranno molto di meno. L'effetto inevitabile, comunque, sarà quello di percepire l'opera in maniera completamente diversa. Ed è proprio qui che voglio arrivare: la registrazione sarà anche la stessa, ma il disco è diverso. Per cui, a mio avviso, se proprio dobbiamo remixare un disco classico (operazione che comunque può rivelarsi molto interessante), l'edizione originale dovrebbe quantomeno comunque essere presente (cosa che avveniva con le pubblicazioni dei King Crimson, ma non con questa). Grave è infatti il caso degli ultimi remaster dei Genesis (non ad opera di Wilson) che ormai hanno sostituito le edizioni principali (e faccio notare che, in quelle edizioni, in alcuni casi sono stati usati dei frammenti vocali diversi; e non solo su brani minori, ma anche su "Supper's Ready" e "Dancing With The Moonlit Knight"!). In più alcune scelte sono senza dubbio bislacche: ad esempio il momento in cui "My God" passa da una misteriosa ballata per piano e chitarra acustica a un potente rocker con un riff epocale. Nell'edizione originale il cambio di volume tra le due sezioni era notevole: il brano, arrivato a quel punto, esplodeva letteralmente. Nel remix le due sezioni sono ad un volume più o meno simile e l'entrata del gruppo perde un sacco di impatto. C'è comunque da dire che Wilson ha cercato di fare il lavoro migliore che poteva senza cercare di far perdere le atmosfere originali dell'album. Inoltre, il chitarrista e produttore Inglese, sembra amare particolarmente estendere i fade-out dei brani, regalandoci così una manciata di secondi in più rispetto all'edizione originale.




Questa edizione di "Aqualung", uscita il 31 Ottobre, ci arriva in 2 CD (anche se c'è un edizione speciale contenente un LP, un DVD, un Blue Ray e un libro) e i bonus contenuti in essa contenuti sono senza dubbio superiori a quelli dell'edizione del 25ennale che sembravano, francamente, compilati un po' a casaccio.
La spumeggiante "Lick Your Fingers Clean", che apre il secondo CD, inizialmente intesa per essere il vero finale del disco, venne in seguito spostata come 45 giri. Il 45 giri però non vide mai la luce e il brano venne completamente ri-arrangiato e inciso a nome "Two Fingers" nell'album "Warchild". La versione originale del brano (infinitamente superiore) vide la luce solo nel 1988 e da subito è entrata nei cuori dei fan come un classico perduto. Sono inclusi anche i tre brani che erano stati incisi per delle session preliminari del disco tra Aprile e Giugno del 1970, con ancora Glenn Cornick (basso) in formazione: "Just Trying To Be" (pubblicata nel 1972 su "Living in the Past"), una stupenda versione di "My God" (della quale si conosceva l'esistenza, ma che nessuno aveva mai sentito prima d'ora) e la bellissima versione completa di "Won'dring Aloud" (pubblicata parzialmente su "Living in the Past" nel 1972 a nome "Wond'ring Again", ma per la prima volta completa in questa pubblicazione). Altre cose interessanti sono un take diverso di "Wind Up" (originariamente apparso erroneamente nella versione quadrofonica dell'album), un remaster totale dell'EP "Life is a Long Song" (iniziativa particolarmente felice; la title-track è sempre stata disponibile in versioni non proprio eccellenti dal punto di vista dell'audio: l'originale aveva un suono di batteria ovattato e il remix del 1993 snatura l'intento originale del brano), un interessante spot radiofonico e una versione embrionale di "Up The Pool", originariamente intesa come uno degli intermezzi acustici presenti su album.
Insomma, essendo un fan, Steven Wilson include in queste serie le cose che interessano a noi fan. Dobbiamo ricordare, però, che il datore di lavoro resta Ian Anderson, che è molto meno generoso di Robert Fripp nel rilasciare cose inedite d'epoca: il libretto ci mostra crudelmente la lista di registrazioni complete includendo molte versioni alternative e soprattutto un'inedita "Pancake Domesday" non inclusa in questa edizione e che probabilmente, a questo punto, non vedrà nemmeno mai la luce.




Tutto sommato, però, è un'operazione niente male e a noi che abbiamo amato questo disco non dispiacerà per niente sentire alcuni aspetti nuovi dell'album e alcuni bonus. Resta il dilemma: questa versione può sostituire l'originale?
Sulle prime sarei tentato di rispondere "No": in fin dei conti ho scoperto l'album con il mixaggio originale e ogni versione diversa mi suonerà sempre strana.
Ma ragionando con i piedi per terra, il nuovo mixaggio non è per niente disprezzabile, e non impedirà certo a chi non conosce l'album di innamorarsi di esso, come accade dal 1971.
Secondo fonti ufficiali (interviste a Anderson e a Wilson), in questo momento è in lavorazione anche un'edizione speciale di "Thick as a Brick" prevista, ovviamente, per l'anno prossimo. Sarà particolarmente interessante vedere cosa verrà tirato fuori dal cilindro!

Into Deep #1 - Le tracce fantasma di Elio e le Storie Tese

Elio e le Storie Tese sono dei veri mattacchioni. I loro album sono vere e proprie miniere da scoprire e scavare, sono i classici album che anche al trentesimo ascolto offrono spunti nuovi e citazioni nascoste. Una tecnica che Elio & company paiono amare particolarmente è quella della traccia nascosta. Su 15 degli album ufficiali, 5 contengono sicuramente una traccia fantasma e altri 3 contengono un bonus che potrebbe essere considerato una traccia fantasma. Vediamo di più nello specifico.


Il loro disco "Italyan, Rum Casusu Çikti" (tradotto dal turco-cipriota "Si è scoperto che l'Italiano era una spia Greca") del 1992 è il primo album a contenere questa pratica. L'album è sicuramente uno dei migliori prodotti dal gruppo e contiene molti dei loro classici, tra cui "Supergiovane", "Il Vitello Dai Piedi di Balsa" e "Servi Della Gleba". Proprio quest'ultimo brano è quello che interessa a noi. Se sfogliate il libretto, noterete che prima del testo effettivo di questo brano c'è una parte che non appare su album. La traccia precedente, intitolata "Servi Della Gleba?" (un omaggio a "In The Flesh?" e "In The Flesh" dei Pink Floyd, che però non erano consecutive) non contiene questa introduzione. Al termine dell'album, qualche secondo dopo di "La Vendetta Del Fantasma Formaggino" si sente, per qualche secondo, un nastro velocizzato. Rallentando questo frammento fino ad arrivare a circa 1:38" è possibile sentire questo misterioso intro. Come già fatto notare, questo disco è del 1992, per cui decriptare tale operazione risultava molto più difficile di oggi (al giorno d'oggi tale operazione è abbastanza facile, si può fare ad esempio con il programma gratuito Audacity). Per questo motivo, a inizio della ghost track, Elio dice "Bravo! Ce l'hai fatta!". Il brano in se è un poetico e tenero frammento per voce e pianoforte, nel quale viene citata anche "La Donna Cannone" di Francesco De Gregori. E' una delle ghost track più conosciute del gruppo, che a volte l'ha anche eseguita dal vivo (è presente infatti all'inizio di "Servi Della Gleba" sul live ufficiale "Made in Japan" del 2001) ed è stata riregistrata per la compilation "Del Meglio Del Nostro Meglio Vol.1" nel 1997, con il titolo "Introservi". Le due versioni successive, però, differiscono leggermente sia nel testo che nell'arrangiamento rispetto all'originale (che resta disponibile soltanto come traccia fantasma di quell'album).


Nel disco successivo, del 1993, intitolato "Esco dal mio corpo e ho molta paura", un album dedicato ai primissimi brani del gruppo (nonché il primo a contenere Christian Meyer alla batteria, precedentemente sostituito in studio, ma non dal vivo, dal Tedesco Curt Cress), tra gli altri brani, è presente anche "Ho molta paura", un bizzaro collage di vari brani non inclusi integralmente nel disco. Il brano, sul retro copertina dura 2:50", ma la traccia ufficiale dura 3:32". Al termine della traccia, infatti, sono presenti due messaggi minatori lasciati sulla segreteria telefonica di Rocco Tanica (in stereo, uno per canale). L'autrice di tali messaggi è tutt'ora ignota (a noi, ma è possibile che il buon Tanica l'abbia denunciata e sappia benissimo chi sia) ed è identificata dal complessino come Nasty Sciura. Altri suoi messaggi sono presenti campionati nell'inquietantissima "L'eterna lotta tra il bene e il male", inedito pubblicato sulla già citata antologia "Del Meglio Del Nostro Meglio Vol.1". Questo frammento spesso è considerato il finale di "Ho molta paura", ma a mio parere è una vera e propria ghost track, proprio perché non c'entra assolutamente niente con il brano in questione.


Ma la ghost track più famosa di Elio e le Storie Tese è senza dubbio quella contenuta sullo splendido "Eat The Phikis" del 1996. Pochi sanno, però, che questo disco non contiene una, ma ben due ghost track. La tredicesima traccia del disco, intitolata "Neanche un minuto di non caco" (ovvero, la leggendaria versione de "La terra dei cachi" suonata integralmente in soli 55 secondi la prima serata del Festival di San Remo), dura in realtà 15 minuti. Al termine del brano, dopo qualche campionamento da cartone animato, il disco tace per qualche minuto. Il silenzio è rotto dalla voce del sintetizzatore vocale Eloquens: "Attenzione, in questo brano c'è troppo poco eco" (da notare che la parola "eco" è femminile...). A questo punto parte un mixaggio leggermente differente del brano "T.V.U.M.D.B.", già presente su disco (e con una splendida interpretazione vocale di Giorgia): oltre a esserci troppa poca eco (da segnalare che sul libro "Vite Bruciacchiate", un po' l'autobiografia di Elio e le Storie Tese, si fa riferimento al "riverbero eccessivo" su questo brano, forse questo il motivo per cui entrambe le versioni sono state inserite su disco), c'è anche qualche leggero cambiamento qua e là, ma niente di drastico. Al termine di questa alternate version, ci sono altri minuti di silenzio seguiti da 2-3 minuti di suoni velocizzati. Per sentire queste misteriose registrazioni, il procedimento che dobbiamo utilizzare è più o meno lo stesso che abbiamo usato per la ghost track di "Italyan, Rum Casusu Çikti", ma questa volta occorre anche riprodurre al contrario. Il risultato più vicino a un pitch corretto dovrebbe durare più o meno 14:50". Si tratta di un quarto d'ora di prove in studio, probabilmente registrate con un registratore a cassette portatile (in un paio di punti il pitch è un pochino altalenante), una sorta di documentario audio "Making of" del disco. Vale la pena spendere un po' di parole su questa ghost track, perché "Eat The Phikis" è uno dei dischi meglio arrangiati e più elaborati di Elio e le Storie Tese. Non a caso, molte delle registrazioni nella ghost track risalgono a due anni prima dell'uscita del disco (è la voce stessa di Rocco Tanica a dirlo). Il primo frammento che si sente è una versione elettronica de "La Terra Dei Cachi" (probabilmente ancora una demo). Il testo è un po' diverso ("il visagista delle dive/altro bello stronzo") e l'arrangiamento è piuttosto divertente. Su "Del Meglio Del Nostro Meglio Vol.1" tra "Pipppero" e "Abitudinario", compare una versione ri-registrata di questo arrangiamento, abbastanza fedele alla versione nella ghost track. Segue una registrazione nella quale Elio e Rocco stanno scrivendo un testo (mai pubblicato, per cui non si sa a quale melodia volessero appiopparlo). Nel testo che in quel momento stanno componendo, il protagonista immagina di essere il capo del mondo che però, invece di svolgere i suoi compiti, delega tutti i suoi doveri al vice-capo del mondo e passa l'intera giornata a giocare ai videogiochi sul suo pc. Purtroppo, però, non è il capo del mondo e deve accontentarsi di giocare con i giochi del suo pc "che comunque sono molto belli". L'idea è molto divertente (e diverte anche gli stessi Elio e Rocco, che non fanno altro che ridere durante la stesura) e perfettamente nel loro stile. La terza parte della traccia fantasma è una prova in studio di un brano tutt'ora inedito, identificato come "Politica" (o meglio, Elio ripete la parola "politica" continuamente nel testo). Si tratta di un brano hard rock cantato in falsetto, sulla falsariga di "Yes, I Love You" pubblicata su "Tutti Gli Uomini Del Deficiente". Il testo di questo brano è ancora grezzo e nonostante contenga alcuni giochi di parole tipici del gruppo (chi altri potrebbe snocciolare una frase come "crogiuolo di partiti a forma di truogolo"?) è chiaramente ancora non finito e non sembra promettere molto bene. In realtà tutto il brano sembra abbastanza sottotono, probabilmente la vera ragione per cui non è mai stato pubblicato da nessuna parte. Segue una versione piano e voce di un brano che, al momento della pubblicazione di "Eat The Phikis" era ancora inedito, ma ora non lo è più. Si tratta della mitica parodia di Ligabue "Bis", pubblicata tre anni dopo sull'album "Craccracriccrecr". La stesura qua pubblicata ha ancora un testo molto diverso ed è interessante comparare le due. Purtroppo però questo brano è proprio quello disturbato dalla velocità non costante del nastro e quindi l'ascolto potrebbe risultare fastidioso. Proseguendo, ci sono due frammenti della realizzazione dell'ottima "Burattino Senza Fichi". La prima parte che si sente è la strofa, suonata e cantata da Rocco Tanica. Purtroppo le parole non si capiscono quasi per niente (il volume del piano è molto più alto rispetto alla voce), però si nota subito che non solo il testo è completamente diverso, ma non viene fatto neanche un riferimento a Pinocchio. Per questo motivo è probabile che il brano inizialmente avesse un altro titolo. Il secondo frammento, risalente chiaramente ad un'altra session, mostra sempre Rocco Tanica comporre il brano, ma questa volta il ritornello che è praticamente uguale, a parte una gustosa citazione a "Get Back" dei The Beatles ("Geppetto, geppetto, geppetto" sull'aria di "Get back! Get back! Get back!"). Successivamente, si sente un frammento strumentale di piano che non si riesce ad identificare, anche se potrebbe essere una prova di arrangiamento del finale di "Li Immortacci" (come vedrete più avanti, all'interno della ghost track ve ne sono anche altre). Seguono le prove di arrangiamento per "La Cinica Lotteria Dei Rigori", simpatica sigla del programma "Mai Dire Gol" nel 1994, in seguito pubblicata nel 1998 sul disco di inediti e rarità "Peerla". Si tratta di uno dei momenti più interessanti della ghost track, soprattutto quando fanno le armonizzazioni (chiamate da Faso "Trio lescano armonizations"). Oltre a provare le armonizzazioni per "La Cinica Lotteria Dei Rigori", ne provano anche per dei cori (in seguito non inseriti) di "Li Immortacci" ("si chiama Micheletto ma il negretto nun vo' fa", su una melodia basata su quella di "Beat It" di Micheletto Jackson). Un altro momento saliente della ghost track è la composizione di "Tapparella" ("tema per un lento, probabilmente argomento festa, balli, lenti"), ancora embrionale, ma con il testo già molto simile a quello definitivo. Solo la musica è più blueseggiante. Dopo altre prove per i cori di "Li Immortacci", la voce di Rocco introduce delle prove per "La Canzone del Delatore" scritta per Claudio Bisio, ma purtroppo non sono presenti perché dopo un paio di secondi di piano, la ghost track termina. Insomma, come potete capire da questa pedante descrizione, si tratta di una ghost track molto generosa e affascinante, soprattutto per chi fa musica, perché consente di vedere come lavorano in studio Elio e le Storie Tese.


Giunti a "Craccracriccrecr" nel 1999, le ghost track smettono di essere velocizzate e vengono presentate "in chiaro", probabilmente perché ormai, scoprirle era diventato troppo facile. La traccia fantasma di questo disco si potrebbe definire in un certo senso una versione pornografica di "Alan's Psychedelic Breakfast" dei Pink Floyd. Registrata con una tecnica chiamata olofonia, il surreale brano è introdotto da una voce distorta che afferma che l'ascoltatore sta per "fare l'amore con Elio e le Storie Tese" e il brano è poco più che questo. Un po' come guardarde un porno in 3D, solo dal punto di vista dell'audio. La citazione a "Alan's Psychedelic Breakfast" sono gli interventi bluesy di chitarra acustica che si sovrappongono a tutto ciò. Al termine dell'"amplesso", Elio propone di far ascoltare a "questo meraviglioso essere umano" (cioé l'ascoltatore) alcuni brani inediti (probabile citazione alla ghost track di "Eat The Phikis"), ma i suoi compagni di gruppo, per tutta risposta, si sganasciano dal ridere. Una piccola curiosità: al termine del brano si sente un coro apparentemente scollegato a tutto il resto. Si tratta soltanto di una pista vocale di Feiez isolata da tutto il resto. Come ben sapete, il largo factotum del gruppo (così chiamato affettuosamente dagli altri perché di grossa corporatura e perché capace di suonare moltissimi strumenti) è scomparso il 23 Dicembre del 1998, in seguito ad un'emorralgia interna, cronologicamente nel mezzo delle session del disco. Per cui il disco, oltre a essere dedicato a lui, si apre con un suo assolo di sassofono e si chiude con un suo coro.


Quella contenuta sul primo live album ufficiale di Elio e le Storie Tese, "Made in Japan" del 2001, non è una vera e propria ghost track poiché la durata dell'ultima traccia del secondo CD ("Tapparella") è la stessa riportata sul retro, ma è comunque un interessante bonus del quale non si fa menzione da nessuna parte né sul CD né sul libretto: si tratta del finale del concerto di James Taylor al Night Express di Milano il 29 Settembre del 1997, durante il quale Elio e le Storie Tese fecero da backing band per il cantautore Statunitense. Durante questo finale, inserito anche su disco, Taylor, appunto, presenta i nostri eroi.


Lo stesso discorso si può fare per l'album "Cicciput", del 2003, trionfale ritorno in studio dopo quattro anni di assenza. L'ultima traccia "Pagàno karaoke", una versione strumentale di "Pagàno", uno dei loro brani migliori, dura 7:18", come effettivamente segnato sul retro. Il brano vero e proprio però finisce a circa 5 minuti e mezzo. Ciò che si sente dopo, a volte è segnato come la quattordicesima traccia del disco intitolata "Elio, vai avanti tu". Questo frammento, della durata di circa due minuti, non è altro che un loop continuo della voce di Enrico Ruggeri, preso da "Gimmi I.", che appunto ripete la frase incriminata con vari effetti applicati sul suono. E' abbastanza fastidioso, ossessivo e irritante, a dire la verità, ma probabilmente lo scopo era quello.


Ma il premio ghost track più brutta spetta a quella contenuta sul triplo CD live "Grazie per la splendida serata", del 2005. Dopo una decina di minuti di silenzio nell'ultima traccia dell'ultimo CD ("Budy Giampi") parte un groove di basso e batteria con sopra alcuni versi di Mangoni, probabilmente registrato durante un soundcheck. Molto irritante e ricorda molto i versi che fanno i prigionieri di guerra quando vengono torturati. Ce n'era bisogno? Probabilmente no, ma abbiamo pur sempre altri 32 ottimi brani da sentire nel disco, quindi perché lamentarsi?


L'ultimo album (per ora) a contenere una ghost-track è "Studentessi" del 2008, un album che ha molto rassicurato noi fan che, dopo tanti anni di assenza in studio (e due album live di fila), ci chiedevamo se Elio e le Storie Tese non avessero esaurito la loro linfa. Durante i primi secondi di "Plafone" ho subito tirato un sospiro di sollievo e ancora di più durante "Il Congresso delle Parti Molli", uno dei brani più belli che il complessino abbia mai creato, soprattutto la meravigliosa coda finale. Comunque, questo disco, contiene non una ma due ghost track. Niente di particolarmente interessante a dire il vero, in questo caso sembra sia più una consuetudine che altro. Dopo l'ultimo pezzo, la quarta parte di "Effetto Memoria", simpatico brano realizzato a puntate durante il disco (nel quale ogni membro del gruppo si scambia gli strumenti), al solito silenzio segue una prova di Maurizio Crozza. Sia su questo album che sul precedente "Cicciput", Crozza fa una parodia di una pubblicità progresso dedicata alla Toscana: su "Cicciput" dice di non portare via i sassi dalla Toscana perché questo significherebbe spargere la Toscana per tutto il mondo (che a quel punto "potrebbe chiamarsi direttamente Toscana"), su "Studentessi" invece dice che ormai c'è l'allarme opposto: adesso la Toscana è invasa dai sassi e vanno portati via. Tutto questo senza riuscire a rimanere serio. In questa prima ghost-track, della durata solo di qualche secondo, sia lui che Elio si sganasciano dalle risate, incapaci di parlare. Segue un altro po' di silenzio e poi il disco si chiude definitivamente con una reprise della terza parte della già citata "Effetto Memoria". La terza e quarta parte erano cantate da Claudio Baglioni, il quale canta anche la versione ghost-track, accompagnandosi però con la sola chitarra acustica. Abbastanza carino, dopotutto.



(Per questo articolo ringrazio il sito www.marok.org [vera e propria bibbia di Elio e le Storie Tese] che spesso mi è venuto in soccorso per certe citazioni di cui non ero sicuro. Segnalo anche che in tale sito è possibile scaricare le due ghost track decriptate di "Italyan, Rum Casusu Çikti" e "Eat The Phikis". Per amor di cronaca va però fatto notare che la prima è leggermente più veloce di quello che dovrebbe essere e la seconda è su un file mp3 compresso, per cui perde ulteriormente un po' di qualità [già bassa di suo]. Tuttavia, presumo che molti di voi si accontentino dei file presentati che risparmiano tempo e consentono comunque di farsi un'idea di ciò che avviene nelle due tracce nascoste)

mercoledì 2 novembre 2011

Prog Exhibition 2011: Pochi ma buoni


Prog Exhibition 2011: Pochi ma buoni.

Nella cornice di un teatro semivuoto ciò che si è visto sul palco del Teatro Tendastrisce ha dello spettacolare. I nomi dei gruppi, che non sono altisonanti come nel 2010, hanno suscitato due reazioni: sconforto e curiosità. E così c'è chi ha preferito restare a casa e chi, interessato ha assistito ad un Prog di alto livello. La mancanza di pubblico ha reso il clima ancora più intimo, rendendo disponibile lo scambio di idee con gli artisti come un normale colloquio con un amico, così come dovrebbe sempre essere.

Il 21 ottobre, nel terribile freddo del teatro, abbiamo assistito ad uno spettacolo quasi interamente strumentale. Gli Stereokimono, gruppo che si trova sotto l'etichetta “Immaginifica” di Franz Di Cioccio, hanno aperto lo spettacolo con sonorità particolari e un'ottima batterista donna, Cristina Atzori. Parliamo di donne proprio perchè, come vedrete nell'articolo, sono state protagoniste in gran parte anche loro, provocando commenti positivi da parte del pubblico. Gli Oak, trascinati dalla simpatia di Maartin Allcock, ex chitarrista dei Jethro Tull, riprendono lo stile proprio dalla band di Ian Anderson come si evince dall'aspetto del cantante Jerry Cutillo e dal suo modo di presentarsi sul palco. Entrambi i gruppi di apertura decisamente positivi.

Tra i principali hanno aperto i Saint Just Again dell'incredibile Jenny Sorrenti, che continua a conservare una voce unica, tra il lirico e il melodico, nonostante siano passati tanti anni. Assieme alla sua band l'esibizione si è incentrata sul nuovo lavoro “Prog Explosion” che segna il ritorno dei Saint Just un po' come successe l'anno scorso con la Raccomandata Con Ricevuta Di Ritorno. Il momento tanto atteso però era la prima esibizione di Jenny e Alan, tutto in famiglia Sorrenti. Alan è stato un'icona del Prog Italiano negli anni '70, lasciando degli album importanti e influenti, in particolare “Aria”, che tra l'altro, annuncia lo stesso cantante napoletano, vorrebbe riproporre per intero nell'immediato futuro. Tuttavia, l'esibizione con la sorella di “Vorrei Incontrarti”, in generale non ha colpito, anzi, all'interno del gruppo ufficiale dedicato alla Prog Exhibition, ha provocato diverse critiche in particolare per la voce di Alan. Insomma non è più “Aria”.

Seguono ai Saint Just Again gli Ut, una delle infinite formazioni dei New Trolls, appena sfornata. Adesso diventa veramente difficile non confondersi tra le innumerevoli band che rappresentano la parte Prog o no. In ogni caso, il progetto nasce a tavola (racconta Iaia De Capitani), e dopo aver provato, il gruppo ha avuto quindici minuti di spazio, terminati dignitosamente richiamando Concerto Grosso con Adagio. Ottima prova.

Dopo la breve parentesi entra in scena Gianni Leone con Il Balletto Di Bronzo. Talento incredibile, Gianni all'eta di 17 anni ha composto una pietra miliare altamente complessa: Ys. Ovviamente l'esibizione si è incentrara soprattutto su quest'album che nell'Introduzione viene accompagnato dal primo grandissimo ospite della manifestazione: Richard Sinclair. L'ex Hatfield And The North e Caravan è come tutti gli artisti dovrebbero essere: simpatico, aperto al dialogo, umile. A tutto questo ovviamente si aggiunge la sua grandissima qualità e lo stile che lo ha contraddistinto in questi anni.

Mentre nel 2010 la prima serata veniva chiusa dalla PFM con Ian Anderson, quest'anno lo spazio maggiore è riservato agli Arti & Mestieri (con il ritorno di Gigi Venegoni) e Mel Collins che sostituisce Darryl Way, storico violinista dei Curved Air che non è potuto partire a causa di problemi di salute e a cui auguriamo una pronta guarigione. A guardare i nomi, come blasone, non ci sarebbe paragone, ma questo è esattamente il modo di pensare più sbagliato. Nonostante mancassero elementi come il sax e il violino, fondamentali per una band di questo tipo che tende verso il jazz, la doppia chitarra ha nascosto la loro assenza sostituendo questi due strumenti impeccabilmente. All'interno di questa band ritroviamo una presenza già presente con i The Trip l'anno precedente: Furio Chirico. Incredibile batterista dalla potenza inaudita e dalla tecnica sopraffine, che accompagnato da Beppe Crovella, Gigi Venegoni e Co., ha riproposto la maggior parte del lavoro “Articolazioni” del 1974. Apprezzatissimo anche Mel Collins, che sul palco si mostra molto timido, già in collaborazione precedentemente con gli Arti & Mestieri e attualmente impegnato con il mago del Prog Robert Fripp.


La seconda serata si apre con una delle realtà più importanti del Prog odierno, i perugini del Bacio Della Medusa. Dimostrano di non sentire la pressione delle grandi manifestazioni hanno mostrato una grinta incredibile e definirei spettacolare la corsa del cantante Simone Cecchini tra il pubblico. I perugini rimangono probabilmente la più grande sorpresa delle due serate.

Ma da non sottovalutare è la grandissima prova di Vic Vergeat, chitarrista dal talento inestimabile, molto vicino allo stile Hendrixiano. Molti hanno considerato la sua presenza “inadeguata” per uno stile che non si avvicina al Prog ma bensì al Blues/ Hard Blues. In ogni caso nessuno ha avuto da ridire sulla sua prova, oltre a quella dei suoi musicisti e di, nuovamente, Mel Collins, tornato anche il 22 come prestabilito dal programma.

Prima di parlare dei Garybaldi è opportuno rivolgere un pensiero affettuoso a Bambi Fossati, leader del gruppo, grandissimo musicista, che purtroppo è in pessime condizioni di salute.

Sui genovesi non c'è discussione. Anche se il volume della chitarra era smisurato, ripresentare brani della bellezza di Moretto Da Brescia: Goffredo e Giardino Del Re è un incredibile punto a loro favore; d'altronde rimane di straordinaria bellezza l'album su cui si è incentrata l'esibizione: Nuda. Con loro ha duettato Marco Zoccheddu della Nuova Idea, unico ospite italiano se non consideriamo Gigi Venegoni che di fatto è un membro storico degli Arti & Mestieri.

Verrebbe da usare l'aggettivo “perfetta” se ci riferiamo alla performance del Biglietto Per L'Inferno.Folk. E' proprio quel “.Folk” che inizialmente rendeva tutti scettici ma i riarrangiamenti in chiave Folk dell'omonimo album del 1974 hanno sorpreso tutti, anche se alla voce non vi è più Claudio Canali (è diventato frate) ma Mariolina Sala, e qui si risale al discorso riguardante l'effetto delle donne. Appunto, come detto, molti brani sono stati completamente reinventati mantenendo lo stesso testo, tranne Confessione che rappresenta il capolavoro del gruppo e che ha subito pochissimi cambiamenti soprattutto nell'assenza di tastiere sostituite da flauti, fisarmoniche e così via. Lì il pubblico ha iniziato a scaldarsi, ma è diventato incandescente quando Martin Barre, storico chitarrista dei Jethro Tull, ha intonato le prime note di Aqualung. Al termine della sua esibizione il pubblico si è alzato in piedi senza esitazione.

Successivamente ai problemi tecnici iniziali, i Goblin hanno potuto iniziare il loro concerto. Nonostante siano stati impeccabili rimane il bisogno e l'utilità, per un gruppo specializzato in colonne sonore, di avere un maxi schermo e di offrire quindi uno spettacolo visivo oltre che sonoro. Dopo il viaggio intrapreso passando per Roller e Suspiria, al momento dell'esecuzione di Profondo Rosso, l'entrate in scena del leggendario Steve Hackett ha scatenato un urlo generale. Pur dovendo ammettere che la rappresentazione da parte dei Goblin di Watcher Of The Skies non sia stata il massimo, le emozioni sono state incontrollabili così come sono state grandissime anche nella Jam finale.

La Jam sembra quasi nata come una ripicca nei confronti di chi ha chiesto l'anno prima la ripetizione della Prog Ex e poi non si è presentato quest'anno. E' stato quindi visto come un evento unico e irripetibile. E in effetti vedere insieme Di Cioccio, Collins, Sinclair, Barre, Hackett e inseriamo anche la simpatia di Allcock, è un qualcosa che mai più si rivedrà.


Dalla Prog Exhition Iaia De Capitani si è lasciata andare ad alcune anticipazioni. Sappiamo che ci sarà una Prog Exhibition 2012 e che probabilmente saranno presenti gli Area. Sappiamo anche che uscirà un nuovo cofanetto ma questa volta quasi solamente audio e con pochi spezzoni/interviste video. In conclusione il resoconto finale è positivissimo. Le manifestazioni servono proprio per dar spazio a chi è sottovalutato. In questo Iaia e Franz sono riusciti alla grande. La mentalità che deve cambiare è quella degli assenti, che concentrandosi sul blasone del nome, perdono la possibilità di assistere a degli spettacoli suggestivi e non comuni.Prog Exhibition 2011: Pochi ma buoni.

Nella cornice di un teatro semivuoto ciò che si è visto sul palco del Teatro Tendastrisce ha dello spettacolare. I nomi dei gruppi, che non sono altisonanti come nel 2010, hanno suscitato due reazioni: sconforto e curiosità. E così c'è chi ha preferito restare a casa e chi, interessato ha assistito ad un Prog di alto livello. La mancanza di pubblico ha reso il clima ancora più intimo, rendendo disponibile lo scambio di idee con gli artisti come un normale colloquio con un amico, così come dovrebbe sempre essere.

Il 21 ottobre, nel terribile freddo del teatro, abbiamo assistito ad uno spettacolo quasi interamente strumentale. Gli Stereokimono, gruppo che si trova sotto l'etichetta “Immaginifica” di Franz Di Cioccio, hanno aperto lo spettacolo con sonorità particolari e un'ottima batterista donna, Cristina Atzori. Parliamo di donne proprio perchè, come vedrete nell'articolo, sono state protagoniste in gran parte anche loro, provocando commenti positivi da parte del pubblico. Gli Oak, trascinati dalla simpatia di Maartin Allcock, ex chitarrista dei Jethro Tull, riprendono lo stile proprio dalla band di Ian Anderson come si evince dall'aspetto del cantante Jerry Cutillo e dal suo modo di presentarsi sul palco. Entrambi i gruppi di apertura decisamente positivi.

Tra i principali hanno aperto i Saint Just Again dell'incredibile Jenny Sorrenti, che continua a conservare una voce unica, tra il lirico e il melodico, nonostante siano passati tanti anni. Assieme alla sua band l'esibizione si è incentrata sul nuovo lavoro “Prog Explosion” che segna il ritorno dei Saint Just un po' come successe l'anno scorso con la Raccomandata Con Ricevuta Di Ritorno. Il momento tanto atteso però era la prima esibizione di Jenny e Alan, tutto in famiglia Sorrenti. Alan è stato un'icona del Prog Italiano negli anni '70, lasciando degli album importanti e influenti, in particolare “Aria”, che tra l'altro, annuncia lo stesso cantante napoletano, vorrebbe riproporre per intero nell'immediato futuro. Tuttavia, l'esibizione con la sorella di “Vorrei Incontrarti”, in generale non ha colpito, anzi, all'interno del gruppo ufficiale dedicato alla Prog Exhibition, ha provocato diverse critiche in particolare per la voce di Alan. Insomma non è più “Aria”.

Seguono ai Saint Just Again gli Ut, una delle infinite formazioni dei New Trolls, appena sfornata. Adesso diventa veramente difficile non confondersi tra le innumerevoli band che rappresentano la parte Prog o no. In ogni caso, il progetto nasce a tavola (racconta Iaia De Capitani), e dopo aver provato, il gruppo ha avuto quindici minuti di spazio, terminati dignitosamente richiamando Concerto Grosso con Adagio. Ottima prova.

Dopo la breve parentesi entra in scena Gianni Leone con Il Balletto Di Bronzo. Talento incredibile, Gianni all'eta di 17 anni ha composto una pietra miliare altamente complessa: Ys. Ovviamente l'esibizione si è incentrara soprattutto su quest'album che nell'Introduzione viene accompagnato dal primo grandissimo ospite della manifestazione: Richard Sinclair. L'ex Hatfield And The North e Caravan è come tutti gli artisti dovrebbero essere: simpatico, aperto al dialogo, umile. A tutto questo ovviamente si aggiunge la sua grandissima qualità e lo stile che lo ha contraddistinto in questi anni.

Mentre nel 2010 la prima serata veniva chiusa dalla PFM con Ian Anderson, quest'anno lo spazio maggiore è riservato agli Arti & Mestieri (con il ritorno di Gigi Venegoni) e Mel Collins che sostituisce Darryl Way, storico violinista dei Curved Air che non è potuto partire a causa di problemi di salute e a cui auguriamo una pronta guarigione. A guardare i nomi, come blasone, non ci sarebbe paragone, ma questo è esattamente il modo di pensare più sbagliato. Nonostante mancassero elementi come il sax e il violino, fondamentali per una band di questo tipo che tende verso il jazz, la doppia chitarra ha nascosto la loro assenza sostituendo questi due strumenti impeccabilmente. All'interno di questa band ritroviamo un elemento già presente con i The Trip l'anno precedente: Furio Chirico. Incredibile batterista dalla potenza inaudita e dalla tecnica sopraffine, che accompagnato da Beppe Crovella, Gigi Venegoni e Co., ha riproposto la maggior parte del lavoro “Articolazioni” del 1974. Apprezzatissimo anche Mel Collins, che sul palco si mostra molto timido, già in collaborazione precedentemente con gli Arti & Mestieri e attualmente impegnato con il mago del Prog Robert Fripp.


La seconda serata si apre con una delle realtà più importanti del Prog odierno, i perugini del Bacio Della Medusa. Dimostrano di non sentire la pressione delle grandi manifestazioni, hanno mostrato una grinta incredibile e definirei spettacolare la corsa del cantante Simone Cecchini tra il pubblico. I perugini rimangono probabilmente la più grande sorpresa delle due serate.

Ma da non sottovalutare è la grandissima prova di Vic Vergeat, chitarrista dal talento inestimabile, molto vicino allo stile Hendrixiano. Molti hanno considerato la sua presenza “inadeguata” per uno stile che non si avvicina al Prog ma bensì al Blues/ Hard Blues. In ogni caso nessuno ha avuto da ridire sulla sua prova, oltre a quella dei suoi musicisti e di, nuovamente, Mel Collins, tornato anche il 22 come prestabilito dal programma.

Prima di parlare dei Garybaldi è opportuno rivolgere un pensiero affettuoso a Bambi Fossati, leader del gruppo, grandissimo musicista, che purtroppo è in pessime condizioni di salute.

Sui genovesi non c'è discussione. Anche se il volume della chitarra era smisurato, ripresentare brani della bellezza di Moretto Da Brescia: Goffredo e Giardino Del Re è un incredibile punto a loro favore; d'altronde rimane di straordinaria bellezza l'album su cui si è incentrata l'esibizione: Nuda. Con loro ha duettato Marco Zoccheddu della Nuova Idea, unico ospite italiano se non consideriamo Gigi Venegoni che di fatto è un membro storico degli Arti & Mestieri.

Verrebbe da usare l'aggettivo “perfetta” se ci riferiamo alla performance del Biglietto Per L'Inferno.Folk. E' proprio quel “.Folk” che inizialmente rendeva tutti scettici ma i riarrangiamenti in chiave Folk dell'omonimo album del 1974 hanno sorpreso tutti, anche se alla voce non vi è più Claudio Canali (è diventato frate) ma Mariolina Sala, e qui si risale al discorso riguardante l'effetto delle donne. Appunto, come detto, molti brani sono stati completamente reinventati mantenendo lo stesso testo, tranne Confessione che rappresenta il capolavoro del gruppo e che ha subito pochissimi cambiamenti soprattutto nell'assenza di tastiere sostituite da flauti, fisarmoniche e così via. Lì il pubblico ha iniziato a scaldarsi, ma è diventato incandescente quando Martin Barre, storico chitarrista dei Jethro Tull, ha intonato le prime note di Aqualung. Al termine della sua esibizione il pubblico si è alzato in piedi senza esitazione.

Successivamente ai problemi tecnici iniziali, i Goblin hanno potuto iniziare il loro concerto. Nonostante siano stati impeccabili rimane il bisogno e l'utilità, per un gruppo specializzato in colonne sonore, di avere un maxi schermo e di offrire quindi uno spettacolo visivo oltre che sonoro. Dopo il viaggio intrapreso passando per Roller e Suspiria, al momento dell'esecuzione di Profondo Rosso, l'entrate in scena del leggendario Steve Hackett ha scatenato un urlo generale. Pur dovendo ammettere che la rappresentazione da parte dei Goblin di Watcher Of The Skies non sia stata il massimo, le emozioni sono state incontrollabili così come sono state grandissime anche nella Jam finale.

La Jam sembra quasi nata come una ripicca nei confronti di chi ha chiesto l'anno prima la ripetizione della Prog Ex e poi non si è presentato quest'anno. E' stato quindi visto come un evento unico e irripetibile. E in effetti vedere insieme Di Cioccio, Collins, Sinclair, Barre, Hackett e inseriamo anche la simpatia di Allcock, è un qualcosa che mai più si rivedrà.


Dalla Prog Exhition Iaia De Capitani si è lasciata andare ad alcune anticipazioni. Sappiamo che ci sarà una Prog Exhibition 2012 e che probabilmente saranno presenti gli Area. Sappiamo anche che uscirà un nuovo cofanetto ma questa volta quasi solamente audio e con pochi spezzoni/interviste video. In conclusione il resoconto finale è positivissimo. Le manifestazioni servono proprio per dar spazio a chi è sottovalutato. In questo Iaia e Franz sono riusciti alla grande. La mentalità che deve cambiare è quella degli assenti, che concentrandosi sul blasone del nome, perdono la possibilità di assistere a degli spettacoli suggestivi e non comuni.