domenica 24 maggio 2020

Pia Tuccitto - Romantica Io (Autoproduzione, 2020)

La cantautrice emiliana Pia Tuccitto è un nome già noto nella scena italiana, in particolare per aver scritto diversi brani per Vasco Rossi, Irene Grandi e Patty Pravo, tra gli altri. Dal suo primo disco "Un Segreto Che...", prodotto proprio da Vasco e dal trombettista Frank Nemola, sono passati quindici anni, tonnellate di palchi importanti che l'hanno consacrata al grande pubblico anche per la riconoscibilità estetica, ottenendo una maturità artistica senz'altro evidente in tutti gli undici brani di questo nuovo sforzo, intitolato opportunamente "Romantica Io"
Siamo di fronte ad un'opera prepotentemente rock con tutti i crismi, profondamente radicata nella cultura d'autore italiana, dove nel pieno rispetto del titolo la fa da padrone un romanticismo mai troppo velato che permea tutti i pezzi. "Perché Tutto Muore", "Tu Sei Un Sogno per Me", "Quante Volte Sono da Sola Con Te", ma anche la title-track, possono essere tranquillamente elevati a manifesti di questo modo di scrivere, tra orchestrazioni sanremesi, scelte lessicali che ricordano tanto la Vanoni quanto la già citata Irene Grandi, e un'atmosfera generale dolce, soave, che anche quando il comparto ritmico spinge di più il pedale sull'aggressività conserva una leggerezza meravigliosamente pop. In questo, il paragone che viene più facile fare è quello con Gianna Nannini, anche se, a gusto puramente personale, il timbro della Tuccitto risulta meno noioso con il ripetersi degli ascolti. 
Sforzandosi di trovare un difetto, gli arrangiamenti non aggiungono niente di nuovo a quanto già sentito dalla medesima autrice, se mai ce ne fosse bisogno in un contesto simile, ricalcando un po' gli stilemi di questo genere che a fatica ha provato ad aggiornarsi, non sempre riuscendosi. Anche i suoni non sono eccessivamente moderni, ma questo può andare anche a favore di un prodotto che forse non intende direttamente sfondare nelle radio ma piuttosto riconfermare delle capacità autoriali incontestabili. 
Pia è un'autrice, lo ripetiamo, esperta, navigata, consapevole dei suoi mezzi, e questo risuona per tutto il disco. Laddove nulla possa far gridare al miracolo, rimane la certezza di un lavoro ben fatto, senza sbavature, professionale in ogni aspetto. Sappiamo quindi, come già visto in passato, che ogni nuova prova discografica a questa firma sarà tale, e mentre cala lo stupore rimangono inalterate la qualità complessiva, la grinta, il liricismo di classe, il suo essere in grado di sfornare continuamente ottime perle di pop nostrano. 

sabato 23 maggio 2020

Anthony - Walking on Tomorrow (Autoproduzione, 2020)

Il trentacinquenne milanese Antonio Valentino, in arte Anthony, dopo anni dedicati al suo strumento (la chitarra), approcciato dapprima nel mondo delle cover band e poi con i Night Road trasportato anche nel mondo del songwriting, sfodera tutta la maturità così acquisita nello strumento e nella composizione in un progetto solista, dando alla luce questo "Walking on Tomorrow".
Nel suo percorso formativo, Anthony ha evidentemente incontrato Van Halen, Hendrix, l'hard rock anni 80 post-AC/DC, sicuramente anche l'heavy metal (più i Judas Priest che gli Iron Maiden, si direbbe) e naturalmente Slash, a dire del sottoscritto uno dei chitarristi più sopravvalutati della storia, ma non per questo ininfluente. Con ascolti di questo tipo, non stupisce che i momenti più leggeri siano quelli meno riusciti (ad esempio "American Dream", o la conclusiva "Scathing Time", che però si salva per le sue striature epiche davvero coinvolgenti e ben congegnate in quanto anche a scelte sonore) mentre dove si spinge sull'acceleratore, alzando toni e volume, ci si trovi improvvisamente nella comfort zone del lombardo. Si pensi per esempio a "Another Way", contenente quello che è probabilmente il riff più memorabile, a "Night After Night", che strizza l'occhio addirittura al grunge, risultando tanto aggressiva quanto piacevolmente orecchiabile, e a "Get Off", un brano dove l'arrangiamento sorprende in particolar modo per la gestione delle dinamiche, perdendone però in originalità.

Personalmente, trovo che il genere abbia ormai saturato il mercato da almeno un decennio, ma è evidente che a questo punto la partita si gioca sulla qualità dei suoni e della scrittura. Da questo punto di vista, i primi risultano un po' deboli, o meglio si sente la mancanza di una cabina di regia, laddove la costruzione dei pezzi risulta invece matura, efficace, come tipicamente ci si aspetta da chi si è formato artisticamente divorando certi dischi e interiorizzandone le armi vincenti.
Anthony sa quindi indiscutibilmente il fatto suo, e per chi ama l'hard rock, l'heavy metal e il rock'n'roll risulterà certamente un autore godibile, sul pezzo, perfettamente incasellato dentro quegli stereotipi che tanto piacciono e hanno reso questi stili tra i più longevi e resistenti all'innovazione tecnologica che ha invece spazzato via, ad esempio, il rock, il pop, il grunge. 

giovedì 14 maggio 2020

Problemi di Gibbo - Sai Dirmi Perché? (Ipdg, 2020)

A tre anni dalla nascita, il duo emiliano Problemi di Gibbo sforna il primo full-length per l'etichetta IPDG, un viaggio nel cantautorato e nel folk italico dal sapore dolceamaro, perlopiù acustico, soffuso, per certi versi malinconico e romantico. La giovane età si sente nella qualità della scrittura e della composizione, ma nei vari brani sono disseminati i germi di una maturità non così distante, che trova la sua zona di comfort nei momenti più genuinamente radiofonici ("Solo Rosso",  in realtà un tributo ai Calexico e "#Buonumore"), e laddove riescono a sprigionare un po' di energia ("Superman", ad esempio) in un album che tendenzialmente si attesta come una collezione di ballad alla Kings of Convenience. Per questo, basti ascoltare l'incipit di "Tutto il Mondo", forse uno dei passaggi meglio riusciti, perfetto come apertura perché riesce ad identificare anima e corpo di un progetto tutto basato sulla comunicatività con l'ascoltatore. Impossibile calarsi in un disco del genere senza abbandonarsi a quelle atmosfere che vengono evocate principalmente dalle scelte lessicali e dagli incastri tra voce e strumenti, da cogliere tramite ripetuti ascolti evitando di riprodurre il disco skippando le tracce come - purtroppo - si tende imprudentemente a fare nell'epoca di Spotify, Apple Music & co. 
I reggiani non premono mai sull'acceleratore, rimanendo un po' a mezz'aria, sospesi, ma riescono a stupire per come questa carenza di dinamiche sia sempre controbilanciata da un continuo chiaroscuro, un alternarsi mai banale di tonalità cromatiche, varie seppur mai troppo accese. Il testo che arriva con maggiore impeto è "Come Tu Mi Vuoi", il frangente in cui si riesce a cogliere con maggiore chiarezza la potenza delle parole, semplici ma efficaci in ogni momento. 

Il posto nella scena indipendente italiana è così tutto meritato, inserendosi perfettamente in un periodo storico dove l'indie à la Calcutta ha saturato il mercato e si avverte prepotentemente il bisogno di aria fresca. Se è pur vero che in queste sette tracce non troviamo niente di innovativo, i Problemi di Gibbo hanno comunque l'enorme pregio di non suonare derivativi e di lasciar intuire la parabola evolutiva che hanno intrapreso, con la sfrontatezza di un'età anagrafica che ne premette le grandi potenzialità. Esordio curioso e consigliatissimo. 

venerdì 1 maggio 2020

Savage - Love and Rain (DWA Records, 2020)

Sono passati trentasei anni da "Tonight", con cui Roberto Zanetti alias Savage ha fatto scuola nel panorama pop-dance italico degli anni 80, affermandosi anche come produttore nel genere (Ice Mc, Double You, Claudio Mingardi, Kamillo e altri), discografico con l'etichetta Dance World Attack, nonché autore di progetti estremamente popolari come i Gazosa, qualche anno più tardi.

Tornato in veste di artista con questo "Love and Rain", Savage non suona attempato ma anzi maturo, conscio dei mezzi espressivi e dei punti di forza del suo genere, ora che il revival ha superato la fase derivativa ma risulta più che altro un linguaggio a sé, forte di quel sentimento di nostalgia transgenerazionale che non mancherà mai di riproporsi, di volta in volta, con i suoni e le dinamiche dell'epoca di riferimento.
Laddove tra le righe si è detto dunque che non siamo di fronte a nulla di nuovo, possiamo senz'altro sviscerare l'album per quello che si propone di essere, ovvero musica da ballo fine a sé stessa, per questo sempre ben funzionante quando realizzata da un professionista, efficace dall'incipit di "Don't Say You Leave Me" (granata esplosiva dopo l'ouverture "Every Second of My Life", poi ripresa in un vero e proprio pezzo alla quindicesima traccia) alla chiusura sinfonica di "Only You". Il termine "sinfonia" si sposa bene con alcune scelte stilistiche di questa dance, scura ma contemporaneamente allegra e leggera, fatta anche di archi e melodie altisonanti, talvolta barocche ("Where is the Freedom"). Il contenuto lirico è invece forse superficiale, con incursioni conscious e altre dal messaggio più forte, ma principalmente spensierato nel narrare l'amore ("Remember Me", "Moon is Falling" le più riuscite), come si può pretendere solo da un tipo di musica da club, luogo d'elezione del disimpegno e della mente sgombra per i giovani da ormai quattro decenni.
"Love and Rain" è dunque un lavoro scanzonato, nel quale non ricercare la ricchezza degli arrangiamenti ma l'esaltazione di un suono mai scomparso e che ha fatto scuola nel mondo, peraltro sempre pronto a ritornare alla ribalta con nuove ibridazioni (basti pensare al flirt con l'hip hop italiano).