Il trentacinquenne milanese Antonio Valentino, in arte Anthony, dopo anni dedicati al suo strumento (la chitarra), approcciato dapprima nel mondo delle cover band e poi con i Night Road trasportato anche nel mondo del songwriting, sfodera tutta la maturità così acquisita nello strumento e nella composizione in un progetto solista, dando alla luce questo "Walking on Tomorrow".
Nel suo percorso formativo, Anthony ha evidentemente incontrato Van Halen, Hendrix, l'hard rock anni 80 post-AC/DC, sicuramente anche l'heavy metal (più i Judas Priest che gli Iron Maiden, si direbbe) e naturalmente Slash, a dire del sottoscritto uno dei chitarristi più sopravvalutati della storia, ma non per questo ininfluente. Con ascolti di questo tipo, non stupisce che i momenti più leggeri siano quelli meno riusciti (ad esempio "American Dream", o la conclusiva "Scathing Time", che però si salva per le sue striature epiche davvero coinvolgenti e ben congegnate in quanto anche a scelte sonore) mentre dove si spinge sull'acceleratore, alzando toni e volume, ci si trovi improvvisamente nella comfort zone del lombardo. Si pensi per esempio a "Another Way", contenente quello che è probabilmente il riff più memorabile, a "Night After Night", che strizza l'occhio addirittura al grunge, risultando tanto aggressiva quanto piacevolmente orecchiabile, e a "Get Off", un brano dove l'arrangiamento sorprende in particolar modo per la gestione delle dinamiche, perdendone però in originalità.
Personalmente, trovo che il genere abbia ormai saturato il mercato da almeno un decennio, ma è evidente che a questo punto la partita si gioca sulla qualità dei suoni e della scrittura. Da questo punto di vista, i primi risultano un po' deboli, o meglio si sente la mancanza di una cabina di regia, laddove la costruzione dei pezzi risulta invece matura, efficace, come tipicamente ci si aspetta da chi si è formato artisticamente divorando certi dischi e interiorizzandone le armi vincenti.
Anthony sa quindi indiscutibilmente il fatto suo, e per chi ama l'hard rock, l'heavy metal e il rock'n'roll risulterà certamente un autore godibile, sul pezzo, perfettamente incasellato dentro quegli stereotipi che tanto piacciono e hanno reso questi stili tra i più longevi e resistenti all'innovazione tecnologica che ha invece spazzato via, ad esempio, il rock, il pop, il grunge.
Nel suo percorso formativo, Anthony ha evidentemente incontrato Van Halen, Hendrix, l'hard rock anni 80 post-AC/DC, sicuramente anche l'heavy metal (più i Judas Priest che gli Iron Maiden, si direbbe) e naturalmente Slash, a dire del sottoscritto uno dei chitarristi più sopravvalutati della storia, ma non per questo ininfluente. Con ascolti di questo tipo, non stupisce che i momenti più leggeri siano quelli meno riusciti (ad esempio "American Dream", o la conclusiva "Scathing Time", che però si salva per le sue striature epiche davvero coinvolgenti e ben congegnate in quanto anche a scelte sonore) mentre dove si spinge sull'acceleratore, alzando toni e volume, ci si trovi improvvisamente nella comfort zone del lombardo. Si pensi per esempio a "Another Way", contenente quello che è probabilmente il riff più memorabile, a "Night After Night", che strizza l'occhio addirittura al grunge, risultando tanto aggressiva quanto piacevolmente orecchiabile, e a "Get Off", un brano dove l'arrangiamento sorprende in particolar modo per la gestione delle dinamiche, perdendone però in originalità.
Personalmente, trovo che il genere abbia ormai saturato il mercato da almeno un decennio, ma è evidente che a questo punto la partita si gioca sulla qualità dei suoni e della scrittura. Da questo punto di vista, i primi risultano un po' deboli, o meglio si sente la mancanza di una cabina di regia, laddove la costruzione dei pezzi risulta invece matura, efficace, come tipicamente ci si aspetta da chi si è formato artisticamente divorando certi dischi e interiorizzandone le armi vincenti.
Anthony sa quindi indiscutibilmente il fatto suo, e per chi ama l'hard rock, l'heavy metal e il rock'n'roll risulterà certamente un autore godibile, sul pezzo, perfettamente incasellato dentro quegli stereotipi che tanto piacciono e hanno reso questi stili tra i più longevi e resistenti all'innovazione tecnologica che ha invece spazzato via, ad esempio, il rock, il pop, il grunge.
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