venerdì 24 agosto 2018

Horus Black - Simply (Sonic Factory, 2018)

Horus Black, all'anagrafe Riccardo Sechi, è un ragazzo giovanissimo, genovese, figlio di musicisti con una solida formazione musicale, e debutta con questo "Simply" per Sonic Factory portando tutto il suo mondo all'attenzione degli ascoltatori, senza fare nulla per venire incontro ai gusti pop del momento. Ciò non significa, chiaramente, che il lavoro in questione non sia di estrazione popolare: sentiamo infatti riferimenti netti a Elvis Presley e Frank Sinatra, facendo pensare immediatamente ad un wannabe Michael Bublé del Belpaese, una scelta stilistica certamente in linea con il mercato che ha visto vincere l'ultima edizione di X Factor un certo Lorenzo Licitra. Queste influenze sono però quelle più ovvie, vista la vocalità, e anche le meno riuscite. Per trovare i momenti migliori del disco bisogna infatti attendere le incursioni elettroniche, ben stratificate e omogeneizzate con orchestrazioni di grande livello ("Miss Candy") e la conclusiva "We Can't Go On This Way", un salto ai tempi degli esordi di Joy Division, New Order, Depeche Mode con un'estetica punk ma un'anima folk, risultando nel frangente più originale di tutto il disco. Funzionano poco alcune scelte di suoni che sembrano cozzare tra la volontà di fare un tributo a certi generi del passato e quella di mantenere un profilo attuale, tuttavia risollevando il risultato - spesso - grazie a buone esecuzioni strumentali e vocali nonché arrangiamenti ben costruiti e perlopiù sensati. 
A livello estetico, la copertina rispecchia il contenuto, ma si scontra, come detto poco fa, con alcune scelte più moderne. E' troppo suggerire di vestirsi in maniera più in, più 2018, pur mantenendo questi suoni? Sarebbe la prima volta che un'anima crooner si rende non solo orecchiabile ma anche più al passo coi tempi rispetto al solito completino serioso da concerto nei casinò di Las Vegas o da Mario Biondi. Detto questo, la copertina è inguardabile, antistorica, un vero e proprio passo falso e ciò va detto. 

Per concludere, non manca certo di carattere questo ragazzo, e un esordio del genere pone senz'altro le fondamenta per qualcosa di più grande e strutturato. Si legga ogni critica come un consiglio per migliorarsi, perché proseguendo su questa strada con un piglio più deciso e personale si potrebbe tranquillamente trasformare un progetto di nicchia, semisconosciuto, in un nome da riempirci gli stadi. Basta fare i passi giusti. 

sabato 4 agosto 2018

Francess - Submerge (Sonic Factory, 2018)

Torniamo con questo articolo ad affrontare la musica di Francess, giovane italo-giamaicana non alle prime armi nel mondo della discografia, distintasi con "A Bit of Italiano" per un grazioso tentativo di rendere in inglese alcuni classici italiani snaturandoli anche dal punto di vista musicale in funzione di una fusione di culture ben confezionata. Lo stesso multiculturalismo fresco e spontaneo, sebbene non più così stupefacente vista l'evoluzione sonora anche nel pop degli ultimi due anni, lo riscontriamo in "Submerge", dove non manca neppure un plurilinguismo ben piazzato.
I registri entro cui si muove la voce di Francess sono principalmente il blues e il soul, filtrati da un'evidente conoscenza della musica popolare contemporanea, riuscendo in splendide incursioni nel r'n'b americano senza perdere quel filtro pulp dato dalle sue influenze più palpabili (la sua magistrale interpretazione in "Follow Me" e "Ivory" può venire solo da chi ha ascoltato le regine del soul). Quando compare l'elettronica anni ottanta, con suoni industrial di matrice tedesca, si realizzano i momenti migliori ma la voce sembra meno a fuoco. Gli arrangiamenti mancano di coesione, ma questo appare voluto, e nell'ascolto complessivamente incide poco, soprattutto se valutiamo la maturità con cui tutto è stato assemblato per non lasciare mai momenti deboli e avere un disco compatto, totalmente digeribile. Valida anche la cover di "The Man I Love", brano di Gershwin celebre per la versione di Billie Holiday.
Ciò che manca a questo lavoro è forse solo un vero singolo, qualcosa che la gente si ricordi per tutta la vita, sfiancando l'artista ad ogni live perché il pezzo venga suonato. A vita. A Francess manca una hit. Per il resto, un buon lavoro.