domenica 29 dicembre 2019

3DISCHI - Beppe Dettori, Margherita Zanin, S.O.S.

Beppe Dettori - @90 (Vinile Records, 2019)
L'ex frontman dei Tazenda, Beppe Dettori resuscita due decenni dopo questo lavoro rimasto interrotto, e lo rifà, nuovamente, con il braccio destro dell'epoca, Giorgio Secco. Dichiaratamente "attuale", lo è davvero nelle parole ("Rabbia e Dolore"), negli arrangiamenti (sempre curatissimi, vedasi "Sha La La"), un po' meno nei riferimenti blues ("Mentre Passa") e nella scelta di alcune cover, come "Monnalisa" dell'imprescindibile Ivan Graziani, già ripercorsa da diversi artisti negli ultimi anni. Il brano più maturo risulta "Fermi il Tempo", dove anche le parole e le atmosfere restituiscono appieno il senso di un disco che coniuga in maniera sempre sensata amarezza, rimpianti, orgoglio e spensieratezza. Il lavoro di ripulitura del mastering è senz'altro efficace, ma con le carte che sono state calate sul tavolo rimane da sperare che il buon Beppe ricominci a scrivere, nel 2020, con qualche idea più fresca.


Margherita Zanin - Distanza in Stanza (Volume!, Platform Music, 2019)
Torniamo ad occuparci volentieri della giovane cantautrice ligure, a due anni dal precedente "Zanin", con una maturità udibile nel disco e visibile già dall'artwork, con in più tante nuove storie da raccontare. Con la produzione artistica di Lele Battista, stavolta risulta molto più a fuoco nella sua musica d'autore, più femminile e spontanea, abile nell'aggirarsi tra gli stili, riuscendo a lambire la dance, con tinte scure quasi anni '80, il rap, e impreziosendo il tutto con una rilettura di Gino Paoli (naturalmente "Il Cielo in una Stanza"), assolutamente ben prodotta e sensata nell'intero pacchetto. "Psicofermo" è forse il pezzo che rimane più in testa, ma il momento più alto di questo "Distanza in Stanza" potrebbe essere tranquillamente "Non Mi Diverto se Penso Troppo", audace e biografico, un vero manifesto del suo modo di fare musica. Una crescita visibile e che aumenta la certezza che in futuro sentiremo parlare molte volte - e bene - della giovane savonese. 

S.O.S. - Esse o Esse (Iad Records, 2019)
Dal '93, il bergamasco Marco Ferri e i suoi ci continuano tenacemente a ricordare il miglior decennio per il rock italiano, quello che ha visto la new wave evolversi nella nostra versione del grunge, e continuare fino ad oggi nella definizione di un sound distintivo. I suoi S.O.S. hanno sempre saputo dire la loro, e ancora  una volta, con questo "Esse o Esse", mantengono le radici salde nel rock, quello duro e puro, senza fronzoli, che suona su disco come dal vivo, distante dalle iperproduzioni e dalle contaminazioni forzate a cui un po' tutti si sono voluti costringere negli ultimi vent'anni. Il vero manifesto è sicuramente "Venere Acida", così come l'aggiornamento di un brano degli esordi ("Madre") serve a rimettere al centro dell'attenzione quelle sonorità e quel modo di raccontare la musica e la vita. E' strano dirlo, quando un prodotto sembra così fuori dal proprio tempo, ma in qualche modo questo lavoro suona attuale, nostalgico e genuino.