lunedì 10 agosto 2020

Beppe Dettori e Raoul Moretti - (In)Canto Rituale (Unidas, 2020)

Progetto caratteristico quello di Beppe Dettori, di cui abbiamo già parlato su queste pagine, e Raoul Moretti, arpista italo-svizzero, in omaggio all'artista folk sarda Maria Carta, concepito insieme alla Fondazione Maria Carta di Siligo, paese natale dell'interprete. Il frontman dei Tazenda ha la possibilità, in questo contesto sonoro pesantemente influenzato dal folklore mediterraneo, di fare sfoggio di tutto lo studio applicato nei decenni alla sua voce ed evocare anche così, oltre che con le parole, immagini oniriche e molto colorate, dotate anche di un'aura quasi sacrale, sempre eleganti e ben dosate per una massima resa. L'arpa impreziosisce il tutto, in particolare con il calore e la ritmica dei pizzicati.

I brani sono otto, sette già interpretati dalla Carta, l'ultimo un inedito ("Ombre") che, anche se suona strano dirlo per il suo ruolo naturale di pesce fuor d'acqua, potrebbe essere il più riuscito del lotto (o sicuramente il più radiofonico). "A Bezzos de Iddha Mia" potrebbe essere il manifesto del disco, un contrasto continuo tra un'anima tradizionale e dagli orizzonti ristretti, e una più moderna e affacciata in un mondo ormai cosmopolita. Non mancano contaminazioni elettroniche (loop gestiti da Moretti, perlopiù), incisi più rockeggianti pur senza averne mai la grinta (in ogni caso non neceessaria), il tutto servendo sempre il fine di dare il massimo risalto all'intento popolare e contemporaneamente celebrativo di questo lavoro. 

La candidatura al Premio Tenco era più che meritata e, anche se la vittoria non è arrivata, questo "(In)Canto Rituale" rimarrà comunque impresso come un segno indelebile nel nostro panorama musicale, come un tributo di pregevole fattura ad un nome importante, ma forse poco conosciuto, che potrà anche così essere riscoperto, realizzato da musicisti di livello che sanno come imbastire un prodotto di alto livello. 

lunedì 3 agosto 2020

10 HP - Mantide (iMD-10 HP, 2020)

C'è molta musica italiana nel nuovo lavoro dei siciliani 10 HP, un condensato della nostra migliore tradizione che riverbera nei dieci brani, permeando tutto, titoli e artwork compresi. Litfiba, Baustelle, Zen Circus, Rino Gaetano, forse il primo Vasco, gli Area e tanti altri tra i numi tutelari, ma non sarà certo snocciolando nomi che si presumono punti di riferimento che avremo svelato cosa aspettarci dall'ascolto di "Mantide".

Il rock radiofonico di "Se Bastasse un Segno" è il capitolo più orecchiabile e scorrevole, malgrado un testo tra i più profondi ed esistenziali, caratteristica lirica che in ogni caso ricorrerà lungo tutta l'opera, dando caratura maggiore alle parole rispetto alla musica (e non è un difetto...). "C'è Un Mondo" suona molto bene, per produzione ed interpretazione da parte di tutti i musicisti, risultando molto convincente, anche se qui il messaggio sociale contro televisione e social risulta, più che altro per sovrabbondanza di pezzi analoghi già sul mercato discografico, un po' derivativo o quantomeno già sentito. Interessanti soprattutto gli inserti country. Si sfiorano influenze prog in  "Forse" ma ancora di più in "Il Sogno di Ulisse", epica non sono nella tematica ma anche nella costruzione pregevole, studiata, molto ben giocata a livello di dinamiche, e con un testo mozzafiato. Ulisse è una figura che può ben rappresentare a livello tematico questo album, forse più della mantide, perché il tema del viaggio, inteso non solo come spostamento fisico, ne pervade ogni antro, trascinando con parole sempre corrette e impreziosite da un lessico ampio anche gli strumentisti nella definizione di un mondo coerente pure nelle immagini evocate nell'ascoltatore.

Non rimane l'amaro in bocca dopo questa scorpacciata di rock. Un disco che non aggiunge niente alla nostra scena nazionale, ma non ne sente (probabilmente) nemmeno il bisogno, prefigurandosi come un esercizio compositivo di ottima fattura e un'infilata di pezzi contemporaneamente leggeri e ricchi di spunti.