martedì 16 gennaio 2024

Paolo Sanna - Novem Reges (Autoproduzione, 2023)


Paolo Sanna, giovane musicista Bassanese, è già noto per la sua partecipazione all'album "Aritmia/Wasteland" degli Inedia e per aver composto la colonna sonora del cortometraggio "Alpha e Omega""Novem Reges", uscito a Dicembre dello scorso anno, è il suo primo lavoro da solista ed è un'autoproduzione nella quali Sanna, accompagnato da Nick Muneratti al basso e Alexander Puntel alla batteria, mostra la sua versatilità come chitarrista e tastierista.

Lo stile musicale dell'EP rivela una predilezione per il progressive rock e il metal, con alcuni accenni all'opera di guitar hero come Joe Satriani, il cui "Flying in a Blue Dream" sembra essere una delle più palpabili ispirazioni di questo lavoro, non tanto da un punto di vista chitarristico quanto da quello compositivo. Nei venti minuti di durata di questo "Novem Reges" si respira, infatti, una buona varietà musicale e dinamicità, accostando a momenti più duri, altri più soffusi e rilassati. Tra i sei brani inclusi, spiccano particolarmente "Hurry Up", basata su un solido e possente riff di chitarra, "Surfing A Dream" che, come accennato dal titolo stesso, presenta atmosfere un po' eteree pur mantenendo una certa dose di aggressività, e "Uppsala Hills" supportata da buone parti di tastiera. Sanna, chitarrista dalle ottime doti tecniche, decide saggiamente di dosare le proprie abilità in funzione delle composizioni, e i suoi assolo ne risultano molto musicali, senza cadere nella retorica del virtuosismo fine a sé stesso. Da buon leader, lascia inoltre spazio anche agli altri musicisti che, oltre a dare un valido supporto generale, riescono anche a farsi notare con interventi brevi ma decisamente azzeccati.

"Novem Reges", per la sua natura, è un album probabilmente più adatto ad altri addetti ai lavori che a un pubblico di massa: la sensibilità musicale e la realizzazione di quest'opera sembrano, infatti, essere indirizzate più verso altri musicisti o, comunque, appassionati dei generi proposti. Detto questo, il risultato finale non ne risulta ottuso, e non manca di atmosfere evocative che lo renderebbero adatto, ad esempio, a una colonna sonora. Per questo, ha le carte in regola per attirare anche un pubblico più vasto di quello prefissato.


Paolo Sanna


mercoledì 6 dicembre 2023

Marco Machera - Dormiveglia (Baracca & Burattini/G.T. Music Distribution, 2023)


Il nome di Marco Machera dovrebbe suonare familiare agli appassionati italiani del progressive rock. Questo giovane e brillante bassista ha collaborato con artisti del calibro di Paul Gilbert, Pat Mastelotto e Julie Slick, con la quale ha fondato gli EchoTest assieme al batterista Alessandro Inolti.

"Dormiveglia" è il suo quarto album in studio e, considerando il suo curriculum, la partecipazione di un cast stellare non sorprende. Tra gli ospiti internazionali di rilievo troviamo i già citati Slick e Mastelotto, ma anche Tony Levin (Peter Gabriel, King Crimson, John Lennon, David Bowie, Liquid Tension Experiment e, letteralmente, mille altri) e Steve Jansen, lo storico batterista dei Japan. Il disco esce a sei anni di distanza dal precedente "Small Music From Broken Windows", sebbene sia stato in gestazione sin dal 2019, e abbia visto la sua realizzazione in studi sparsi per tutto il mondo.

L'album si presenta come un lavoro maturo, elegante e ben strutturato. Machera evita accuratamente di incappare nella trappola di presentare un disco progressive rock tout court: in effetti, la musica è più assimilabile ad un pop elegante con sfumature ambient, e richiama alla mente alcuni lavori classici di artisti come David Sylvian, Peter Gabriel e Brian Eno, soprattutto per quanto riguarda il modo in cui scorre la scaletta. 

Tra le dieci canzoni incluse, spiccano soprattutto "Lost + Found", che si distingue per l'eccezionale sassofono di Frank Ultra e un giro di basso ipnotico, e la title-track, caratterizzata da una coda potente, emozionale e molto ben sviluppata. Altri momenti memorabili includono la commovente "Trains (They Might Have Been There)", dedicata all'amico Andrea Gastaldello, talentuoso musicista scomparso nel 2021 e richiamante lo stile dei Japan del periodo "Oil on Canvas", "Building Homes" con un buon connubio tra il cantato di Machera e della corista Aria Falco, "The Empty Mind" con il suo affascinante mix tra archi e sonorità semi-elettroniche e la cupa "Did You Get What You Wanted?" che chiude l'album con un sapiente utilizzo di loop e campionamenti.

Considerando la gestazione del disco, colpisce molto l'omogeneità e la compattezza del prodotto finale: la produzione è, anzi, uno dei punti di forza di questo lavoro. Il mixaggio, realizzato con grande cura, non solo suona molto gradevole all'orecchio, ma riesce anche nell'intento di evidenziare i punti salienti di ogni brano. Machera, oltre ad essere un validissimo musicista, si rivela anche un cantante interessante: benché non abbia una timbrica classica, sa come sfruttare al meglio la propria voce e, soprattutto, come sposarla convincentemente al materiale che compone. Date le sue competenze di traduttore, oltre che di musicista, non dovrebbe sorprendere che la sua pronuncia risulti ottima, soprattutto in confronto ad altri italiani che si cimentano nell'inglese.

"Dormiveglia" è un album indubbiamente valido ed elegante, capace di infondere un suono fresco e moderno a delle composizioni che traggono ispirazione da una scena musicale del passato. Questo avviene perché, grazie alle sue collaborazioni, Machera non solo è riuscito a guadagnare credibilità in tale scena, ma può anche vantarsi con orgoglio di farne parte.

Marco Machera


venerdì 7 aprile 2023

Scarled - Kintsugi (Lizard/Moving, 2023)


"Kintsugi" è il primo album in studio del trio trevigiano Scarled, composto da Pierfederico Duprè (voce, chitarra, basso, tastiere addizionali), Samuele Callegari (tastiere) e Milo Furlan (batteria). Il disco, pubblicato dopo una serie di singoli, prende il titolo da una antica tecnica di restauro Giapponese che prevede la riparazione degli oggetti in ceramica utilizzando lacca con polvere d'oro, valorizzando così le varie spaccature. Benché non si possa parlare di un concept album in sé, questa immagine è una metafora adatta alla tematica lirica principale del disco: i traumi e le fratture che fanno parte della crescita personale di ognuno di noi e che ci trasformano facendoci diventare qualcosa di diverso e di più prezioso. Da un punto di vista musicale, invece, il disco è principalmente basato su atmosfere vintage che riportano alla mente in primis alcune delle sonorità tipiche degli anni '80. 

Se c'è una certa omogeneità nello stile di base, l'album presenta una buona diversità nella stesura delle canzoni. Nella scaletta troviamo, quindi, brani movimentati come "Burn It" e "Mind Flight", altri più intimisti ("Underwater", "Heal"), trovando anche spazio per un interessante strumentale atmosferico ("Lightbulb"). Tutte le canzoni citate hanno in comune delle accattivanti melodie ben supportate dalla voce di Dupré, particolarmente adatta al materiale, e la sequenza scelta scorre in maniera molto fluida, alternando le varie dinamiche in modo da far risaltare le qualità di ogni singola canzone. Tra i brani più degni di nota ci sono "Burn It", dotata di un refrain molto accattivante, "Heal" che riesce nell'intento di suonare abbastanza drammatica senza cadere nel ruffiano, le due canzoni che aprono e chiudono il disco ("Morningstar" e "Shine"), particolarmente corpose e ben strutturate, e la già citata strumentale "Lightbulb" che funziona sia come intermezzo che consente di prendere respiro, sia come momento ispirato e non privo d'una certa poesia. L'edizione fisica di "Kintsugi" contiene tre canzoni addizionali ("Moving", "Factory" "Owl Song") precedentemente uscite come singoli e coerenti con la vena stilistica dell'album che però, poste al termine della scaletta, guastano un po' il finale pieno di pathos dato da "Shine".

L'impressione che si ha ascoltando l'album è quella di un prodotto che denota una buona maturità artistica sotto più fronti: composizione, arrangiamento e produzione. L'album suona piacevole all'orecchio non solo per la finezza delle canzoni ma anche per le oculate scelte nella presentazione: le sonorità del disco sono decisamente azzeccate e il mixaggio consente di notare ogni dettaglio importante e di scoprirne di nuovi ai successivi ascolti. A questo proposito, vale la pena far notare che si tratta di un lavoro autoprodotto, la cui direzione artistica è integralmente in mano alla band. Il che rende "Kintsugi" un album di debutto fresco e valido che denota una chiara visione artistica della band e che fa ben sperare per i lavori successivi.

lunedì 3 aprile 2023

Frank Zappa - Zappa '80: Mudd Club/Munich (Zappa Records, 2023)


Il 1980 fu una sorta di terra di mezzo nella intensa carriera di Frank Zappa. Fu, infatti, uno di quei rari anni durante i quali non pubblicò nessun disco: tanto per fare un confronto, ne uscirono cinque l'anno precedente e ne sarebbero usciti altrettanti nel 1981. Questo momento di transizione si riflesse anche nei tour di primavera ed estate dello stesso anno, durante i quali Frank utilizzò una formazione piuttosto ridotta per i suoi standard: dalle tournée precedenti sopravvissero Ike Willis (chitarra, voce), Arthur Barrow (basso) e Tommy Mars (tastiere) ai quali si aggiunsero il chitarrista e cantante Ray White, che precedentemente era andato in tour con Zappa nel 1976, e la new entry David Logeman alla batteria. Il risultato fu una band dal sound particolare con un repertorio nel quale alle tipiche e complesse escursioni strumentali si preferirono canzoni cantate, nonostante fossero per la maggior parte tutto meno che convenzionali.

Negli anni successivi da queste tournée non uscì praticamente nulla a livello ufficiale: solo due canzoni nella mastodontica opera in sei volumi "You Can't Do That On Stage Anymore" nella quale Frank racchiuse alcuni dei momenti salienti della sua attività dal vivo. A colmare questa lacuna, lo scorso 3 marzo è stato pubblicato questo triplo CD nel quale sono presenti due concerti eseguiti in occasioni speciali.

Il primo di questi è un'esibizione registrata l'8/5/1980 al Mudd Club, storico nightclub newyorkese patrimonio della scena underground Americana, del quale Frank era un assiduo frequentatore. Nonostante la brevità dell'esibizione (poco meno di un'ora) si tratta di una performance molto interessante nella sua atipicità: non ci sono, infatti, molte altre occasioni per ascoltare un concerto di Zappa in un'atmosfera così intimista. Come si può vedere in una delle foto incluse nel libretto di questa pubblicazione, il locale aveva una capacità di appena 240 persone e ciò si ripercuote nella performance stessa, con molte più interazioni del solito tra Zappa e il suo pubblico, al quale peraltro si rivolge con grande familiarità e confidenza. In questa breve performance è possibile apprezzare alcune ottime versioni di classici di Zappa, soprattutto "Chunga's Revenge", "Outside Now" e "City of Tiny Lites" tutte dotate di eccellenti prestazioni chitarristiche, e qualche brano nuovo tra cui, appunto, "Mudd Club" un divertissement nel quale Frank narra di tutte le stranezze che avvengono nel club tra le risate del pubblico. La registrazione è stata effettuata in maniera molto artigianale semplicemente piazzando un registratore Nagra a poca distanza dal palco, più precisamente vicino al registratore di cassa del bar del locale: il risultato è sorprendentemente nitido e l'ambiente sonoro del club viene catturato perfettamente.

La seconda performance è stata registrata a Monaco il 3/7/1980: l'ultima data del tour e l'ultimo concerto mai eseguito da questa formazione. Stavolta, ci troviamo di fronte ad una registrazione più professionale e, ad essere precisi, è la prima volta in assoluto che Frank provava a registrare in digitale. Nel 1981 un estratto di un'ora di questo live editato e montato da Zappa stesso venne mandato in onda sul programma radio Americano King Biscuit Flower Hour, divenendo uno dei suoi bootleg più comuni ma questa è la prima volta che l'intero concerto viene tirato fuori dagli archivi. Come intuibile, l'atmosfera è completamente diversa da quella del Mudd Club: stavolta ci troviamo all'interno di uno stadio e di fronte ad una performance meno intimista ma più lunga e con un repertorio più ampio. Di conseguenza, la selezione ha molto più respiro e c'è più spazio per l'improvvisazione: si comparino, ad esempio, le versioni di "Pound For A Brown" registrate nei due concerti. Sono inoltre presenti alcune chicche come un divertente rifacimento reggae di "Nite Owl", romantica canzone originariamente pubblicata da Tony Allen nel 1955, e una citazione alla sequenza di accordi utilizzata spesso da Santana durante i suoi assolo su "City of Tiny Lites", l'origine della quale è spiegata sul libretto nelle note di copertina del bassista Arthur Barrow. Per il resto, la scaletta si alterna ancora una volta tra classici ("Keep it Greasy", "Joe's Garage", "Bobby Brown Goes Down", "Ms. Pinky", "Dancin' Fool") a piste di lancio per intensi assolo di chitarra ("Pick Me I'm Clean", "Easy Meat", "The Illinois Enema Bandit"). La registrazione è stata mixata in diretta dal tecnico Mick Glossop e presenta pregi e difetti: la qualità audio è cristallina e molto più dettagliata del live al Mudd Club ed è un ottimo ascolto in cuffia perché permette di sentire molto bene quali sono le parti di chitarra eseguite da Ike Willis e Ray White. In compenso, però, purtroppo le voci soliste spesso risultano un po' coperte rispetto agli altri strumenti.

Questi due concerti fungono da ottima retrospettiva per capire il sound di questa particolare line-up: si tratta, indubbiamente, di musica eseguita con grande energia e precisione da una band di musicisti di classe superiore. Non è, però, materiale esente da difetti: il repertorio non è uno dei più interessanti portati in tour da Frank Zappa e la scelta dei suoni di tastiera di Tommy Mars tende spesso a dare al materiale un sound un po' troppo sintetico. Tuttavia, l'impasto vocale tra le voci di Zappa, White e Willis è eccellente, il sound più scarno fa risaltare particolarmente l'ottimo playing bassistico di Arthur Barrow e si tratta di un tour che vede uno Zappa particolarmente ispirato alla chitarra. Vale la pena anche spendere due parole sul batterista David Logeman, uno degli alumni di Zappa meno conosciuti, la cui militanza nel gruppo è durata solo per questi due tour e per le session in studio per "You Are What You Is": si tratta di un musicista di ovvio talento, soprattutto perché è stato un po' un rimpiazzo dell'ultimo secondo che ha dovuto imparare il repertorio in relativamente poco tempo, ed è un batterista dotato di ottima tecnica, feel e precisione che, inoltre, utilizza dei suoni che lo rendono immediatamente riconoscibile. Allo stesso tempo, però, non ha la personalità di un Terry Bozzio o un Vinnie Colaiuta, al quale è subentrato e che riprenderà il suo posto più tardi lo stesso anno, e il suo supporto durante i vari assolo di chitarra non ha quella dinamicità tipica dei batteristi di cui Zappa si circondava. Detto questo, la sua versatilità e precisione nelle parti scritte sono un po' precorritrici dello stile di Chad Wackerman, il batterista che entrerà nella band di Zappa nel 1981 e che resterà al suo posto per il resto della carriera concertistica di Zappa.

Come corollario alla musica, questa pubblicazione presenta un packaging compilato con estrema cura nel quale possiamo leggere delle interessanti note di copertina scritte dall'archivista Joe Travers, che spiega i motivi che l'hanno spinto a scegliere di pubblicare questo materiale e alle difficoltà riscontrate durante la produzione, soprattutto per quanto riguarda il fragile stato di conservazione dei nastri del concerto di Monaco, dal fotografo George Alper, dal chitarrista Steve Vai che era uno dei fortunati spettatori al Mudd Club e, infine, dal bassista Arthur Barrow che racconta la sua esperienza con Zappa e commenta brano per brano la scaletta dei due concerti.

In definitiva, "Zappa '80" è una pubblicazione che si ritaglia il giusto spazio tra quelle di archivio ed è l'ennesima dimostrazione dell'enormità della mole di materiale che il musicista Italoamericano ha prodotto in meno di trent'anni di carriera. L'ascolto è consigliato soprattutto ai fan del maestro ma essendo il materiale non eccessivamente complesso per gli standard Zappiani, può essere facilmente apprezzabile anche dai neofiti.

Il disco è acquistabile su Amazon o dallo Zappa Store.


La band di Frank Zappa nel 1980:
Frank Zappa, Ike Willis, Ray White, Tommy Mars, Arthur Barrow, David Logeman
(foto tratta dal libretto di questa pubblicazione)

lunedì 6 marzo 2023

Paul Man - I.N.T.L. Live (Paul Man Project, 2022)



Paul Man è il nome d'arte del Fiorentino Paolo Mancini, cantautore e chitarrista che con questo "I.N.T.L.", il cui acronimo significa "It's Never Too Late", ci tiene a dimostrare che non esistono limiti di età per imparare a cimentarsi in cose nuove. In questo disco Mancini canta, suona la chitarra e compone canzoni in Inglese, tutte attività che ha imparato a fare a 50 anni. Tutto ciò è sicuramente indice di una personalità ammirevole di chi non solo sa puntare in alto ma capisce anche qual è il metodo migliore per raggiungere i propri obiettivi. Ma, da un punto di vista musicale, come regge il risultato finale?

Per fortuna, la risposta è "sorprendentemente bene". Le nove canzoni che compongono questo lavoro presentano tutte una struttura interessante, basata su un riuscito abbinamento tra degli accattivanti riff dal gusto rock blues e delle variazioni di dinamica che rendono l'ascolto molto piacevole, cosa notabile soprattutto in "My Butterfly" e "What Do You Need My Friend", forse i due brani che possono essere considerati come l'epicentro del disco. Altre canzoni degne di nota sono l'opener "Different Points of View", supportata da un orecchiabile giro di basso e chitarra, "J.C", omaggio a John Coltrane dai sapori quasi gospel e "Five Nights" contenente anche una valida prova strumentale bassistica. La musica, registrata live, suona, per l'appunto, vitale e diretta, grazie anche alla produzione che dà all'album delle atmosfere molto intimiste, quasi da nightclub, ed è eseguita in maniera valida e competente.

La buona riuscita di "I.N.T.L." non è dovuta soltanto alle premesse dell'album: si tratta, come prevedibile, di un lavoro che ripesca molto dal rock classico, ma i contenuti vengono proposti con abbastanza convinzione da rendere il disco convincente e non banale.

lunedì 27 febbraio 2023

Five Hundred - Romantici (Autoproduzione, 2023)



"Romantici" è il disco di debutto dei Five Hundred, trio Torinese esistente dal 2015 e con all'attivo alcuni singoli ed EP. Come intuibile dal titolo stesso, nelle sue otto canzoni l'album tematicamente tratta di storie d'amore in tutte le sfaccettature possibili, in modo da attraversare il vasto spettro di emozioni generate da questo sentimento.

Nel corso del disco si respirano atmosfere leggere e solari, generando un prodotto ben azzeccato sia melodicamente sia dal punto di vista della produzione. L'impressione che si ha in primis è quella di un lavoro efficacemente congegnato: ogni cosa è al posto giusto, dalla gradevole voce di Riccardo Ceccarelli alla sezione ritmica composta dal bassista Federico Currà e il batterista Erik Brienza che supportano la musica in maniera molto solidamente, regalando qualche groove interessante nei quali spiccano particolarmente i giri di basso che, molto spesso, risultano essere la cosa migliore delle canzoni. Tutto ciò è tassello di un sound che si pone a metà strada tra il vintage ed il moderno, proponendo un miscuglio che suona abbastanza convincente e organico, soprattutto in brani come "Noi due e basta" e "Wilson", dotati di melodie orecchiabili e funzionanti. Il rovescio della medaglia, però, è la poca presenza di diversità  che, verso la fine del disco, rischia di far perdere l'attenzione all'ascoltatore anche se in questo aiuta la breve durata dell'album (28 minuti).

"Romantici" è, in definitiva, un lavoro sicuramente ben realizzato che denota delle valide competenze da parte dei musicisti coinvolti e che, nella sua leggerezza, può sicuramente risultare molto piacevole a chi lo ascolta.

martedì 21 febbraio 2023

Andrea Mirò - Camere con vista (Anyway Music, 2023)

 


Andrea Mirò, al secolo Roberta Mogliotti, è un'artista che sicuramente non è mai rimasta con le mani in mano: dal suo esordio artistico fino ad oggi, è rimasta attiva in vari campi, ricoprendo nel corso degli anni in egual misura ruoli di cantante, autrice e addirittura direttrice d'orchestra. "Camere con vista" è un doppio CD che ripercorre alcuni dei tratti salienti di questa poliedrica carriera in 38 selezioni, scelte proprio per dare un quadro più completo possibile di questa produzione ai neofiti, dando spazio tanto ai vari ruoli ricoperti dalla cantautrice quanto alle tematiche liriche e musicali che accomunano ogni sua produzione.

La diversità che ha caratterizzato il percorso musicale di Mirò è facilmente riconoscibile semplicemente anche dando un'occhiata ai featuring accreditati: Enrico Ruggeri, Neri Marcoré e Dargen D'Amico, tre nomi stilisticamente completamente diversi che, però, risultano coerentemente in linea con quanto l'artista propone. All'ascolto di questa retrospettiva, saltano principalmente all'orecchio due cose: la prima è la capacità interpretativa della cantautrice, molto versatile e ben adatta a ricoprire ogni ruolo necessario a seconda della situazione. La seconda è una grande diversità stilistica nel materiale presentato, alternando momenti più rock ("L'ultimo uomo", "Hey cowboy", "Ordine - disordine") ad altri più delicati e malinconici ("Come la luna", "Avversario", "Romanzo popolare"), passando in mezzo a strade più sperimentali ("Database", dal piglio quasi psichedelico), canzoni conosciute ("Primavera a Sarajevo" che nel 2002 fu discreta hit per Enrico Ruggeri dopo averla presentata al festival di Sanremo e il medley live "Notte di Praga/La canzone del perdono") e persino qualche momento umoristico ("Preghierina dell'infame", gustoso duetto con Neri Marcoré e la conclusiva "Reo confesso" che affronta tematiche cupe con una buona dose di umorismo macabro). Allo stesso tempo, l'impressione che si ha all'ascolto è di coerenza stilistica e non di qualcuno che sta saltando di palo in frasca. 

"Camere con vista" riesce bene nell'intento di riassumere i punti salienti del percorso stilistico di Andrea Mirò, grazie ad una selezione di brani che risulta, allo stesso tempo, variegata ed esaustiva, dando così la possibilità di esplorare ogni sfaccettatura di questa interessante carriera.

giovedì 26 gennaio 2023

Giulio Spagnolo - Beato chi (iMD, 2022)



"Beato Chi" è il primo disco in studio del cantautore Giulio Spagnolo, un album liricamente basato su un filo conduttore specifico: il viaggio e tutto ciò che porta con sé, tra cui la scoperta di sé stessi e la ricerca di una risposta ai propri dilemmi esistenziali. All'interno di queste tematiche troviamo testi come "Shaila", una sorta di autointerrogativo su come mantenere viva la propria felicità nel corso del tempo, "Pour le rues", dedicata all'infanzia difficile e "Chi se ne frega", che ha il compito di incarnare lo spirito ribelle. Il tutto è aperto e chiuso da due pezzi ("Giro del mondo" e "Lupi di mare") volti a simboleggiare la partenza e la conclusione di un viaggio.

L'ascolto del disco è piacevole sotto diversi punti di vista. Innanzitutto, presenta un songwriting piuttosto ben riuscito, volto a rendere le canzoni orecchiabili e non poco coinvolgenti: il che si nota particolarmente in "Lupi di mare" e "Buongiorno Capitano", due canzoni che sembrano studiate specificamente per una possibile riproposizione dal vivo, ma anche nei due pezzi di apertura "Giro del mondo" e "Shaila", ben costruite e con il giusto mordente. Le canzoni sono, inoltre, vestite da dei buoni arrangiamenti che le rendono molto raffinate e ancora più gradevoli all'orecchio, con delle sonorità vintage ma allo stesso tempo ben incastonate in un contesto moderno.

Tuttavia, il disco non è esente da difetti. Benché si percepisca chiaramente del talento lirico ascoltando e leggendo i testi, la stesura risulta a tratti un po' troppo affettata e rigida. Inoltre, anche se la voce di Spagnolo ha senza dubbio il pregio di essere molto personale ed espressiva, si tratta allo stesso tempo di una timbrica atipica che può risultare non immediatamente apprezzabile ad un primo ascolto. 

"Beato chi", in definitiva, è un lavoro interessante prodotto da un artista che ha senza dubbio una visione molto accurata delle sue idee ma che, forse, non ha ancora trovato la giusta strada per poterle esprimere al meglio.

lunedì 23 gennaio 2023

Gabriele Masala - Avevamo ragione (MegachipMusica, 2022)


Gabriele Masala è un cantautore e scrittore sassarese il cui metodo di composizione ha la peculiarità di anteporre la stesura dei testi alla musica. Nel suo nuovo album, il nono nella sua discografia, si è avvalso della collaborazione di Enrico Ruggeri che, oltre a donargli otto testi inediti da musicare, partecipa anche in veste di ospite nella title-track e in "La borghesia", il brano che apre il disco.

La linea tematica del disco è incentrata su racconti che narrano storie di vita di personaggi diversi tra di loro, tra cui un politico corrotto ("La fine dell'impero"), il giovane che partecipa ai talent scout ("Anime in vendita"), gli innamorati ("Noi due" e "La canzone delle mani") e il ceto borghese Italiano ("La borghesia"). All'interno di queste narrative emerge in particolar modo la critica sociale, sia verso i potenti del mondo, sia verso i lati negativi della società, tra cui l'incomunicabilità spinta dai social.

Da un punto di vista musicale si tratta di otto canzoni pop di facile ascolto, con una buona varietà negli arrangiamenti che le rende discretamente godibili. I brani che saltano immediatamente di più all'orecchio sono "La borghesia", dal piglio accattivante e melodico, l'aggressiva "La fine dell'impero" e la conclusiva e delicata "Una parola". Il disco è prodotto in maniera piuttosto adeguata, con scelte di mixaggio e di arrangiamento che fanno particolarmente risaltare la voce di Masala, molto raffinata e gradevole. Allo stesso tempo, però, questa visione va anche un po' a scapito del resto dell'impasto sonoro e momenti come l'assolo di chitarra al termine di "Una parola" non hanno il giusto mordente che dovrebbero avere.

In definitiva si tratta di un lavoro piacevole, ben strutturato e realizzato nel quale sicuramente le sensibilità artistiche di Masala e Ruggeri hanno la possibilità di emergere e di creare un buon mélange.

giovedì 22 dicembre 2022

Carovana Tabù feat. Fabrizio Bosso - Miles To Go (Icona s.r.l, 2022)


Carovana Tabù è un ensemble formato da otto musicisti di grande talento che, in questo lavoro, sono affiancati dal trombettista Italiano Fabrizio Bosso per omaggiare l'arte del grande Miles Davis. Il disco si divide in due sezioni ben distinte: la prima, comprendente i primi sette brani del disco, è costituita da rivisitazioni di alcune delle sue composizioni mentre la seconda consiste in tre impressioni inedite basate sui quadri dell'omonimo artista.

Già da questa descrizione si può evincere che si tratti di un tributo spinto dalla passione e da un amore genuino verso il trombettista Americano, sicuramente una delle figure chiave e più poliedriche della storia della musica del XX secolo. Gli arrangiamenti, ad opera del pianista Stefano Proietti, sono efficaci a più livelli. Innanzitutto, rivedono le composizioni in chiave personale, prendendo lo spirito degli originali ma senza rifarsi necessariamente in particolare a nessuno dei "periodi" di Davis né, allo stesso tempo, cercando di modernizzarle eccessivamente pur contenendo delle contaminazioni moderne, cosa che, paradossalmente, porterebbe con sé il grande rischio di renderle molto più datate degli originali. Inoltre, viene assegnato ai vari componenti della band il giusto spazio per cui, oltre ad offrire numerose gustose prove solistiche, ogni membro dell'ensemble è anche di ottimo supporto agli altri, permettendo così alla musica di respirare e di regalare momenti di grande dinamicità. A parere di chi scrive, nel quadro sonoro risaltano in particolar modo le performance della sezione ritmica (Nicole Brandini al basso e Davide di Giuseppe alla batteria) che consentono alla musica di avere un portamento elegante, raffinato e solido. Molto interessante anche la seconda suite composta, come già detto, da inediti scritti cercando di mettere in musica le atmosfere di tre dipinti realizzati da Davis stesso. Il primo di questi, "New York By Night", nei suoi dieci minuti, è costituito da una introduzione di piano della durata di due minuti e mezzo, alla quale segue un intenso brano multiparte con dei riff azzeccati che, come stile compositivo, ricordano molto alcuni album della tradizione fusioni degli anni 70 e 80. "Dancer", come dice il titolo stesso è una composizione più ritmata con i fiati come protagonisti assoluti mentre "Roots" è un altro brano complesso, segnato da numerosi cambi di atmosfera.

"Miles To Go" è un successo sotto molti punti di vista. Come prima cosa, dimostra che la musica di Miles Davis, come quella degli altri grandi del '900 è davvero senza tempo: la si può eseguire in qualsiasi epoca, secondo i canoni moderni, e suonerà sempre avventurosa e stimolante. In secondo luogo, è sicuramente un piacere sentire un ensemble di musicisti così giovani eseguirla con questa passione e questa professionalità. Un plauso va anche alla produzione del disco: quando si tratta di mixare degli ensemble così corposi che, per giunta, suonano una musica parecchio ricca e armonicamente complessa, il rischio è quello di rendere il suono finale un pastone. Su questo album, invece, tutto suona splendidamente nitido e, allo stesso tempo, ben lontano dall'essere asettico. Un lavoro consigliato che merita sicuramente successo ed esposizione nei suoi ambienti.

mercoledì 14 dicembre 2022

Atipico - Eterno (Autoproduzione, 2022)



L'album di debutto del giovane cantautore abruzzese Andrea D'Orazio, in arte Atipico, è un disco composto da sette canzoni personali e intimiste. Il modello di scrittura esplicitato del cantautore è Max Pezzali, la cui band 883 viene citata anche nel brano di apertura "Passerà", e si sente: oltre ad una certa somiglianza nell'interpretazione (anche se non molto nella timbrica vocale), lo stile ricorda molto le canzoni di cantante simbolo degli anni '90, soprattutto perché sono brani con i quali i giovani tenderanno ad identificarsi. Una differenza è che Atipico tende a muoversi quasi unicamente in una direzione malinconica e a lasciare molto meno spazio alla leggerezza e all'ironia, a parte nella breve "Tu mi sai comprendere".

Gli altri sei pezzi contenuti sono delle ballate nelle quali si respira una forte aria nubilosa e, a tratti nostalgica, soprattutto nel caso di "Eterno" e di "Fotografie", anche se non mancano le canzoni d'amore come "A noi va bene così". Come già menzionato, ascoltando questo disco salta immediatamente alle orecchie il confronto tra il cantato di D'Orazio e quella di Pezzali. Il che non è necessariamente un male, soprattutto considerando la giovanissima età del cantautore, e il fatto che abbia cominciato a comporre canzoni proprie relativamente da poco tempo. Inoltre, anche se non è ancora riuscito a staccarsi del tutto dai suoi modelli di partenza, dispone di una voce con una timbrica abbastanza personale che, se dovesse continuare a creare musica, gli consentirà sicuramente in futuro di creare dei contenuti meno derivativi. Gli arrangiamenti e le sonorità del disco dimostrano anche un buon orecchio musicale che gli permette di vestire le canzoni con degli abbellimenti che ne fanno risaltare positivamente sia l'atmosfera e il testo, soprattutto nel crescendo della title-track.

Come disco di debutto "Eterno" è un buon lavoro, soprattutto per essere un'autoproduzione, che mostra un certo talento nel songwriting inteso non soltanto come scrittura di canzoni ma soprattutto come realizzazione di un prodotto. Detto questo, per prestare poter fede al suo nome d'arte, nelle sue prossime produzioni Atipico dovrà cercare di smaccarsi un po' di più dalle sue influenze.

martedì 6 dicembre 2022

Le rose e il deserto - Cocci sparsi (PFMusic, 2022)



"Cocci sparsi" è il nome del secondo album del progetto Le Rose e il Deserto, ad opera del cantautore Luca Cassano. A livello stilistico, questo lavoro è incentrato soprattutto sul testo: si tratta di dieci vignette ispirate da varie tematiche, viste tutte in chiave personale e a tratti un po’ autobiografica.

La vena poetica del cantautore risalta piuttosto bene nelle liriche dell'album: sono, in gran parte, riflessioni intimiste e personali, a volte ispirate da vicende legate alla propria vita ("Gino ed Alice", una dolce riflessione sull'esistenza del vero amore, data da due conoscenti o la title-track, nella quale le esperienze di vita vengono equiparate ad una collezione di conchiglie dell'autore) oppure a fattori esterni (la conclusiva "Australe", ispirata al declassamento del pianeta Plutone da pianeta del sistema solare a pianeta nano: un tema che chi fa parte della generazione di chi sta scrivendo questa recensione conosce bene), presentate con un linguaggio dotto ma scorrevole e non criptico. A questi testi viene associato un cantato molto delicato, a tratti quasi declamato, che rende il prodotto finale ancora più vicino all'ascoltatore. Come nello spirito del cantautorato classico, la musica tende ad avere più la funzione di un sottofondo raffinato ai testi che ad avere un ruolo di primo piamo. Cionondimeno, gli arrangiamenti ad opera di Martino Cuman rendono bene, risultando delicati e interessanti, soprattutto nel caso di "Aprile", con delle influenze un po' jazzate, "Per ricordarmi com'eri", forse il brano più orecchiabile del disco, e della minimalista "Magellano".

Lavoro di un'indubbia eleganza e comunque generalmente apprezzabile, "Cocci sparsi" ha purtroppo il difetto di apparire a tratti un po' troppo autoreferenziale e, forse proprio per le esplicite intenzioni dell'autore di rendere il testo protagonista assoluto, la diversità stilistica negli arrangiamenti non risolve del tutto il problema di una leggera monotonia di fondo che rischia di rendere l'ascolto generale del disco un po' faticoso.

giovedì 1 dicembre 2022

Lucio Matricardi - Non torno a casa da tre giorni (Udedi Musica & Cultura, 2022)


Lo scopo del titolo di questo secondo disco del cantautore Marchigiano Lucio Matricardi, nelle intenzioni dell'autore, è quello di rappresentare un piccolo viaggio con tutte le sensazioni, i personaggi e gli stati mentali che si incontrano strada facendo. Non è, tuttavia, definibile un concept album: nonostante si possano trovare punti in comune, ad esempio, tra il destino tragico dei protagonisti dei testi di "Hanno ammazzato Lino", dedicata a personaggi reietti della società, e "La manna dal cielo" che racconta la triste vicenda di Paola Clemente, bracciante morta per fatica sul lavoro, ma in definitiva si tratta più di una cornice per mettere insieme 11 canzoni che trattano di vicende dai sapori simili che di qualcosa di legato.

A livello di liriche, i testi sono in prosa interessante, poetica e abbastanza malinconica, con qualche punta di nostalgia e, addirittura, di erotismo in "Che stupida l'immensità" e "Quello che non sai". Musicalmente, il disco rende anche meglio: gli arrangiamenti sono tutti di caratura pregevole, con sonorità e soluzioni armoniche molto gradevoli che rendono l'ascolto del disco piuttosto scorrevole. Matricardi stesso è un valido interprete, dotato di una timbrica vocale naturalmente piacevole e di una buona capacità nel trovare delle melodie vocali interessanti che ben si sposano al mélange sonoro. In questo, tre canzoni risaltano particolarmente sulle altre: la frizzante e danzereccia "Mozambico" che apre l'album, la già citata "La manna dal cielo" che oltre ad avere probabilmente il miglior testo del disco, ha anche una struttura variegata alternando momenti più meditativi ad altri più ritmati e la raffinata e romantica "Leviatano". Tuttavia, l'album non raggiunge del tutto lo scopo di diversità che sembra porsi; benché le canzoni siano spesso diverse tra di loro, sono un po' tutte ritagliate dallo stesso tessuto e, nonostante comunque non ci siano pezzi di qualità minore rispetto ad altri, dopo un inizio abbastanza coinvolgente, il ritmo del disco risulta inevitabilmente molto più lento e difficoltoso verso la fine.

Nonostante ciò, "Non torno a casa da tre giorni" rimane un lavoro abbastanza pregevole, composto bene e, soprattutto, realizzato in maniera credibile, cosa aiutata anche da una produzione azzeccata che rende il tutto molto delicato e di classe.

lunedì 28 novembre 2022

Bardomagno - Li Bardi Son Tornati In Locanda (Feudalesimo e libertà Records, 2022)

 



Chi frequenta Facebook sicuramente avrà visto almeno una volta qualche post di Feudalesimo e Libertà, pagina satirica che, con grande intelligenza e senso dell'umorismo, tratta temi sociali e di attualità immaginandoli in un contesto medievale. Da questa community nasce il progetto Bardomagno, qui giunto al secondo lavoro in studio, dopo un primo "Vol 1" uscito nel 2019. Lo scopo dichiarato di questo disco è quello di offrire un po' di "conforto e sollazzo" in questi tempi difficili dominate da pandemie e guerre e, per farlo, si sono circondati di altri illustri ospiti tra cui spiccano Don Alemanno, autore del webcomic Jenus, il comico Renato Minutolo, già autore di una divertente parodia di Alessandro Barbero, la cantante Nicoletta Rossellini e Mr. Baffo dei Nanowar of Steel.

Lo spirito del disco è perfettamente in linea con quello della community da cui deriva: offre, infatti, lezioni di storia, satira politica e critica sociale in chiave medievale mantenendo sempre una buona dose di umorismo. Da questo melange scaturiscono dei veri propri gioielli di comicità tra cui l'irresistibile "La prima cotta", il cui testo gioca sulle assonanze tra "cotta" inteso come innamoramento e la cotta di maglia che indossavano i crociati, "Cerveza y latifondo", nella quale il Reggaeton viene equiparato ad una epidemia che causa morte e distruzione e "Magister Barbero", un inno di affetto e di stima verso l'omonimo studioso di storia. Vi sono, però, ovviamente, anche brani dedicati allo studio della storia vero e proprio, ovviamente affrontati sempre in chiave ironica e cercando di trovare punti di contatto tra il passato e il presente, il più riuscito dei quali è "Game of signorie". Da un punto di vista musicale, il disco si muove utilizzando una filosofia simile: se, ad un primo ascolto, suona tutto più o meno simile ed omogeneo, successivamente le canzoni rivelano, invece, una diversità di generi piuttosto notevole, reinterpretata, però, sempre in chiave folk e medievale. A concludere il disco dopo i nove brani originali, nell'album sono anche presenti anche tre cover-parodie, la più notevole delle quali è "Federico II c'è", rifacimento dell'ormai famigerato inno berlusconiano "Meno male che Silvio c'è" (e nonostante tutto, risulta molto meno trash dell'originale!). 

"Li bardi sono tornati in locanda" è un lavoro brillante, eseguito e realizzato con grande cura. Se al primo ascolto sono la comicità e il ritmo spigliato a colpire, successivamente ci si rende conto di quanto sia, soprattutto, un lavoro raffinato, divertente ma non banale, goliardico ma non sciocco, parodistico ma non di cattivo gusto, a dimostrazione che, quando si ha talento, evitare di prendersi sul serio paga sempre molto bene.

giovedì 10 novembre 2022

Michele Fenati - Dall'altra parte del mare (I dischi di Beatrice, 2022)

 



Il nuovo album in studio del cantautore Romagnolo Michele Fenati raccoglie canzoni da lui scritte nel corso degli scorsi 25 anni, alcune più recenti, altre meno, tutte unite insieme da atmosfere intimiste e malinconiche. Si tratta perlopiù di brani scritti dal cantautore e arrangiati dal musicista Fabrizio Tarroni, anche se in alcuni casi i testi sono stati scritti da collaboratori esterni e uno ("Sensazioni piccolissime") è stato composto integralmente da Paolo Neri.

I testi sono volti perlopiù verso la malinconia, come nelle dediche alla patria nativa ("Il mio nome è Aurelio"), agli affetti familiari ("Dall'altra parte del mare") o ad una generale sensazione di nostalgia ("Lettera") anche se abbondano anche i riferimenti alle storie d'amore ("Sensazioni piccolissime", "Pezzo imbavagliato", "Mille volte buonanotte"). Lo stile utilizzato per le liriche è abbastanza poetico, con un lessico certamente non banale e in un certo senso di alta ispirazione. Allo stesso tempo, però, presenta un difetto che ha anche ogni altra componente del disco: risulta, infatti, un po' forzato e privo di spontaneità. La stessa cosa si potrebbe dire del cantato di Fenati: sicuramente intonato, con una voce non priva di potenza e di capacità interpretativa ma, allo stesso tempo, anche a volte un po' troppo artefatto. Inoltre, nelle intenzioni dell'autore, come esplicitato chiaramente nella "special track" di ringraziamenti che chiude il disco, l'album dovrebbe presentare anche una certa diversità, sia nelle tematiche, sia nella stesura musicale, complice anche il fatto che, come già detto, la scrittura della canzoni si è protratta per un lungo periodo di tempo. Di fatto, però, ciò non si rispecchia del tutto al momento dell'ascolto e benché le canzoni siano abbastanza distanti dall'essere tutte uguali, si può certamente affermare che i punti stilistici in comune tra di loro non siano pochi.

Difficile dare un giudizio netto a questo album. Da un lato, non è certamente un lavoro disprezzabile: i due pezzi che aprono e chiudono il disco ("Il mio nome è Aurelio" e la title-track) riescono abbastanza bene nel loro intento di trasmettere sensazioni agrodolci e gli arrangiamenti sono piuttosto raffinati e credibili. Dall'altro, però, l'eccessiva seriosità di fondo che caratterizza tutte le canzoni, associata ad una presentazione che, benché teoricamente coinvolga vari stili musicali, finisca per omogenizzarli tutti, rende l'ascolto dell'album a tratti un po' pesante.