lunedì 28 novembre 2022

Bardomagno - Li Bardi Son Tornati In Locanda (Feudalesimo e libertà Records, 2022)

 



Chi frequenta Facebook sicuramente avrà visto almeno una volta qualche post di Feudalesimo e Libertà, pagina satirica che, con grande intelligenza e senso dell'umorismo, tratta temi sociali e di attualità immaginandoli in un contesto medievale. Da questa community nasce il progetto Bardomagno, qui giunto al secondo lavoro in studio, dopo un primo "Vol 1" uscito nel 2019. Lo scopo dichiarato di questo disco è quello di offrire un po' di "conforto e sollazzo" in questi tempi difficili dominate da pandemie e guerre e, per farlo, si sono circondati di altri illustri ospiti tra cui spiccano Don Alemanno, autore del webcomic Jenus, il comico Renato Minutolo, già autore di una divertente parodia di Alessandro Barbero, la cantante Nicoletta Rossellini e Mr. Baffo dei Nanowar of Steel.

Lo spirito del disco è perfettamente in linea con quello della community da cui deriva: offre, infatti, lezioni di storia, satira politica e critica sociale in chiave medievale mantenendo sempre una buona dose di umorismo. Da questo melange scaturiscono dei veri propri gioielli di comicità tra cui l'irresistibile "La prima cotta", il cui testo gioca sulle assonanze tra "cotta" inteso come innamoramento e la cotta di maglia che indossavano i crociati, "Cerveza y latifondo", nella quale il Reggaeton viene equiparato ad una epidemia che causa morte e distruzione e "Magister Barbero", un inno di affetto e di stima verso l'omonimo studioso di storia. Vi sono, però, ovviamente, anche brani dedicati allo studio della storia vero e proprio, ovviamente affrontati sempre in chiave ironica e cercando di trovare punti di contatto tra il passato e il presente, il più riuscito dei quali è "Game of signorie". Da un punto di vista musicale, il disco si muove utilizzando una filosofia simile: se, ad un primo ascolto, suona tutto più o meno simile ed omogeneo, successivamente le canzoni rivelano, invece, una diversità di generi piuttosto notevole, reinterpretata, però, sempre in chiave folk e medievale. A concludere il disco dopo i nove brani originali, nell'album sono anche presenti anche tre cover-parodie, la più notevole delle quali è "Federico II c'è", rifacimento dell'ormai famigerato inno berlusconiano "Meno male che Silvio c'è" (e nonostante tutto, risulta molto meno trash dell'originale!). 

"Li bardi sono tornati in locanda" è un lavoro brillante, eseguito e realizzato con grande cura. Se al primo ascolto sono la comicità e il ritmo spigliato a colpire, successivamente ci si rende conto di quanto sia, soprattutto, un lavoro raffinato, divertente ma non banale, goliardico ma non sciocco, parodistico ma non di cattivo gusto, a dimostrazione che, quando si ha talento, evitare di prendersi sul serio paga sempre molto bene.

giovedì 10 novembre 2022

Michele Fenati - Dall'altra parte del mare (I dischi di Beatrice, 2022)

 



Il nuovo album in studio del cantautore Romagnolo Michele Fenati raccoglie canzoni da lui scritte nel corso degli scorsi 25 anni, alcune più recenti, altre meno, tutte unite insieme da atmosfere intimiste e malinconiche. Si tratta perlopiù di brani scritti dal cantautore e arrangiati dal musicista Fabrizio Tarroni, anche se in alcuni casi i testi sono stati scritti da collaboratori esterni e uno ("Sensazioni piccolissime") è stato composto integralmente da Paolo Neri.

I testi sono volti perlopiù verso la malinconia, come nelle dediche alla patria nativa ("Il mio nome è Aurelio"), agli affetti familiari ("Dall'altra parte del mare") o ad una generale sensazione di nostalgia ("Lettera") anche se abbondano anche i riferimenti alle storie d'amore ("Sensazioni piccolissime", "Pezzo imbavagliato", "Mille volte buonanotte"). Lo stile utilizzato per le liriche è abbastanza poetico, con un lessico certamente non banale e in un certo senso di alta ispirazione. Allo stesso tempo, però, presenta un difetto che ha anche ogni altra componente del disco: risulta, infatti, un po' forzato e privo di spontaneità. La stessa cosa si potrebbe dire del cantato di Fenati: sicuramente intonato, con una voce non priva di potenza e di capacità interpretativa ma, allo stesso tempo, anche a volte un po' troppo artefatto. Inoltre, nelle intenzioni dell'autore, come esplicitato chiaramente nella "special track" di ringraziamenti che chiude il disco, l'album dovrebbe presentare anche una certa diversità, sia nelle tematiche, sia nella stesura musicale, complice anche il fatto che, come già detto, la scrittura della canzoni si è protratta per un lungo periodo di tempo. Di fatto, però, ciò non si rispecchia del tutto al momento dell'ascolto e benché le canzoni siano abbastanza distanti dall'essere tutte uguali, si può certamente affermare che i punti stilistici in comune tra di loro non siano pochi.

Difficile dare un giudizio netto a questo album. Da un lato, non è certamente un lavoro disprezzabile: i due pezzi che aprono e chiudono il disco ("Il mio nome è Aurelio" e la title-track) riescono abbastanza bene nel loro intento di trasmettere sensazioni agrodolci e gli arrangiamenti sono piuttosto raffinati e credibili. Dall'altro, però, l'eccessiva seriosità di fondo che caratterizza tutte le canzoni, associata ad una presentazione che, benché teoricamente coinvolga vari stili musicali, finisca per omogenizzarli tutti, rende l'ascolto dell'album a tratti un po' pesante.

martedì 8 novembre 2022

Bob Balera - Pianeti (Dischi Soviet Studio, 2022)




Bob Balera è il nome di un duo composto dal cantante Romeo Campagnolo e il polistrumentista Matteo Marenduzzo. All'attivo dal 2014, "Pianeti" è il loro secondo album in studio, realizzato assieme al produttore Sandro Franchin. Non è esattamente un disco a tematica unica ma la sua lavorazione segue schemi prefissati: nostalgia per dei sapori musicali un po' vintage, testi che parlano di rapporti umani e volontà di far ballare l'ascoltatore.

Secondo le intenzioni degli autori, l'album dovrebbe essere un tributo alla scuola del cantautorato Italiano degli anni '70, in particolar modo al duo Mogol/Battisti. Di fatto, però, risulta più vicino a certe produzioni indie degli ultimi anni, soprattutto nella stesura dei testi più seri anche se, probabilmente, ciò è l'inevitabile risultato di voler tradurre quel particolare stile in canoni più attuali. Il che non è necessariamente un male, soprattutto se l'intenzione è, per l'appunto appunto, quella di voler colpire emotivamente l'ascoltatore: in effetti il sottofondo malinconico che si respira in canzoni come "L'astronave" e "Perdersi tra gli alberi" non lascia indifferenti e coinvolge abbastanza efficacemente. Non mancano, comunque, i momenti un po' più scanzonati, come "Ogni domenica" la cui leggerezza del testo risulta abbastanza divertente e aiuta a sgonfiare un pochino l'aria di seriosità artistica che permea un po' troppo il resto dell'album. Musicalmente, il disco regge piuttosto bene: le basi musicali ricatturano convincentemente le sonorità stile anni '70 e, allo stesso tempo, suonano come un prodotto dei giorni nostri. C'è inoltre anche una discreta varietà negli stili proposti, per cui si passa da ballate a ritmi più funk, pur mantenendo una certa matrice rock di sottofondo. Da un punto di vista strettamente sonoro, la voce di Campagnolo è senza dubbio il vero filo conduttore di tutte le canzoni. Si tratta sicuramente un cantante con delle qualità particolari e che, dalla sua parte, ha il pregio di avere una timbrica riconoscibile che dà un colore particolare alla musica e che rende le sue interpretazioni dei testi abbastanza personali.

Nonostante in determinati momenti, la stesura del disco risulti un po' troppo rigida e artefatta, "Pianeti" di base rimane un lavoro leggero e senza troppe pretese che si lascia ascoltare piuttosto bene e che di certo ha le carte in regola per far divertire l'ascoltatore.

venerdì 4 novembre 2022

Marilena Anzini - Gurfa (Autoproduzione, 2022)



Classe 1964 e all'attivo professionalmente da circa il 1998, Marilena Anzini ha basato buona parte della sua carriera sullo studio della voce, studiando con la cantante Rhiannon, andando in tour con ensemble internazionali di improvvisazioni vocale e lavorando come docente. "Gurfa", parola araba che identifica la quantità d'acqua che si può tenere in una mano, è il suo secondo lavoro discografico ed è una sorta di operazione concettuale nella quale si cerca di trovare parallelismi tra l'acqua, intesa come sorgente di vita, e la musica. Il contenuto lirico, a volte in Italiano, a volte in Inglese, è soprattutto improntato verso una matrice filosofica, come in "Belli numeri" e "Details", ma lascia anche spazio a sensazioni più umane come la malinconia di "Due febbraio" e la love story di "Ink and Tea"

Per quanto riguarda, invece, il contenuto musicale, si può fare tranquillamente riferimento alla copertina del disco: si tratta di una produzione molto delicata, nella quale la voce fa da padrona, talvolta a cappella, talvolta con strumentazione che coinvolge basso, batteria ma anche violoncello e didgeridoo utilizzati in maniera discreta in modo da rimanere comunque sempre in sottofondo. Delle otto canzoni contenute nell'album, quelle che rendono meglio sono sicuramente le quattro cantate in Italiano: non tanto per un discorso compositivo, quanto perché la voce di Anzini sembra adattarsi meglio alla  lingua Italiana e a cantare con maggior convinzione interpretativa. Molto spesso, i brani digrediscono verso momenti corali e questi risultano i momenti più apprezzabili del disco, soprattutto in "Nuvole e rose" e "Filligree", le cui sezioni centrali sembrano composizioni a sé stanti, di gran lunga superiori alle canzoni di cui fanno parte. Un discorso a parte lo merita la conclusiva "Marea", intesa come opus magnum del disco: una composizione multiparte, integralmente eseguita a cappella che culmina in una prestazione vocale del tenore Oskar Boldre.

Nonostante si tratti di un lavoro che certamente ad un primo ascolto non manca di lasciare impressionati, se non altro perché suona abbastanza originale ed è prodotto e arrangiato in maniera molto gradevole, "Gurfa" ha però il difetto di mancare un po' troppo di immediatezza. Il che, a seconda della sensibilità dell'ascoltatore, può portarlo a voler approfondire di più ma anche a ritenere che un solo ascolto sia sufficiente. Resta comunque un lavoro piuttosto ambizioso e abbastanza riuscito nella realizzazione: la stesura è studiata piuttosto bene, Marilena Anzini dà l'idea di essere un'artista che non ha solo delle idee precise del tipo di contenuto che vuole creare ma anche di come cercare di realizzarlo al meglio. 

mercoledì 2 novembre 2022

The Rocker - Keep Rock'n Roll Alive (Autoproduzione, 2022)


La prima cosa che colpisce l'occhio approcciandosi a questo disco, il terzo di questo progetto capitanato dal cantante Edo Arlenghi, è quanto sia diretto nelle intenzioni. Il nome della band, il titolo dell'album e persino i titoli nella tracklist ("Keep Rock'n Roll Alive", "Let the Music Take Control", "They Can't Kill Your Idols") non lasciano spazio a nessuna interpretazione alternativa: si tratta di un lavoro consacrato alla musica rock, intesa non solo come genere musicale ma anche come filosofia di vita. Musicalmente, le dieci canzoni incluse, nove originali più una cover di "Police on My Back" degli Equals ripresa anche dai Clash nel loro "Sandinista!", sono infatti chiari omaggi al rock più classico, energico ed aggressivo e anche liricamente il disco si muove nella stessa direzione: gli argomenti trattati nei testi si suddividono tra dichiarazioni d'amore al mondo del rock, soprattutto i due pezzi di apertura: la title-track e "Let the Music Take Control", e altri argomenti classici di questo tipo di musica, tra cui il racconto di delinquenza di "One Minute" e la critica sociale di "Under the Low Lights".

Da un punto di vista esecutivo, queste idee vengono realizzate abbastanza coerentemente. La musica proposta è martellante, sostenuta da orecchiabili riff di chitarra che di tanto in tanto sfociano in gradevoli prestazioni solistiche e solidi 4/4 di batteria, sempre con in primo piano la voce graffiante di Arlenghi che dimostra delle valide capacità interpretative in questo contesto. Se il lato positivo di questa ricetta è quello di offrire una prodotto trascinante eseguito in maniera abbastanza convincente, il rovescio della medaglia è senza dubbio quello di rendere l'operazione di scegliere i momenti salienti del disco piuttosto difficile. Con ciò non si intende necessariamente dire che le canzoni in sé siano tutte uguali ma c'è uno schema di base compositivo che fa in modo che nessuna di loro risalti o, nel caso questo stile piaccia particolarmente, che siano tutte a risaltare anche se, a onor del vero, la tracklist aiuta inserendo a metà album due brani più delicati ("Restless Soul" e "Under the Low Lights") che consentono di prendere respiro e che danno un senso di dinamicità maggiore all'ascolto.

Se visto come esercizio di stile, "Keep Rock'n Roll Alive" è un album apprezzabile: si percepisce senza dubbio una certa genuinità nelle intenzioni e, soprattutto, un amore sincero verso la musica rock e, date le premesse, ciò è già considerabile un successo di per sé. Allo stesso tempo, però, suona anche un po' troppo come un compendio di ciò che dovrebbe offrire il rock e, in quanto tale, purtroppo manca di una delle caratteristiche fondamentali del genere: l'essere avventuroso.