domenica 20 novembre 2016

Dedo - Cuore Elettroacustico (Believe, 2016)

Il "Cuore Elettroacustico" di Massimo Dedo è un muscolo cardiaco variopinto, multiforme. Dalle variegate esperienze in tour e in studio con moltissimi nomi tra i più noti della nostra scena (ne citiamo alcuni, Elio e Le Storie Tese, Nomadi, Niccolò Fabi, Arisa) deriva l'eterogeneità, forse risultato delle troppe influenze di cui giocoforza il suo percorso musicale è imbevuto, mentre la precisione chirurgica nel suonare e comporre è senz'altro diretta conseguenza del suo passato da orchestrale, tra gli altri con il maestro Riccardo Muti e al Festival di Sanremo.
Prima di tutto, Dedo - così lo dobbiamo chiamare - è un trombonista, e risulta strano, ma non troppo, che questo strumento non sia l'elemento essenziale del disco. In "Piango alla TV", Faso ruba la scena all'autore principale di questo lavoro, ma uno dei momenti più incisivi di questo album è "Il Ballo del Maiale Ingrifato", conclusione ironica, dalla costruzione tortuosa ma saggia, in definitiva un viaggio strumentale che ha molto da dire. 
Il funk e lo ska, sparsi senza pretese lungo tutto il disco, ci donano le porzioni più divertenti e simpatiche, con una virata surf sferzante e malinconica solo in "Inverno Maledetto", eccellente dimostrazione di caparbietà autoriale. Max Gazzè in "Taggami il Nervo dell'Amore" disperde energie positive con il suo basso e la sua voce, duettando con Dedo in un episodio - di questi tempi immancabile - di satira moderna, con obiettivo i social network e l'uso che se ne fa. 

Non è un disco di cui viene naturale discutere a lungo. Scivola liscio, tra una risata e una lacrima, appena scolorito da una produzione freddina, modernizzata in maniera imprecisa con il risultato opposto. In ogni caso, non si può parlare di un lavoro anonimo, grazie alla presente e pregnante personalità di Dedo, che riesce a lasciare il segno e dare un'immagine sempre più completa del suo essere artista.  

domenica 6 novembre 2016

Pier Mazzoleni - Gente di Terra (autoproduzione, 2016)

Se ci dessimo l'obiettivo di individuare una lista dei mali emblematici del popolo italiano, anche lasciandoci alle spalle gli stereotipi e i pregiudizi da bar, non potremo mai trascurare e misconoscere l'assenza di un'identità comune. La patria esiste solo nominalmente, mentre è indiscutibile la presenza pervasiva di un campanilismo profondo e radicato che sovente sfocia in una sorta di "razzismo interno", tra nord e sud, tra regioni, province, comuni, infine tra quartieri della stessa cittadina. "Gente di Terra" discorre anche di questo, e il cantautore bergamasco Pier Mazzoleni, giunto al suo quarto sforzo discografico, utilizza un italiano accurato, forbito e riverente verso la medesima madrepatria cui molti - troppi - italiani rivolgono un debole o addirittura striminzito spirito di appartenenza. 
Entrando nel merito, l'album è più forte liricamente che musicalmente, e laddove è considerevole l'influenza dei cantautori italiani, lo è invece meno la devozione ad un universo, a un genere ben determinato. Si passa da arabeschi in bilico tra flamenco e farruca ("Dolce Maddalena") al violino Irish su folk toscano (la Bandabardò ha un influsso sicuramente consistente per "Il Terrorista Jo"), senza disdegnare capatine nel pop beatlesiano più etnico, nel jazz in salsa ragtime e infine nei tipici quattro accordi della canzone d'autore nostrana.  Di difficile comprensione la scelta di includere segmenti cantati in altre lingue, come il portoghese della pre-conclusiva "Cambiamento", ma i riferimenti geografici e culturali di questo lavoro sono talmente abbondanti ed eccentrici che tutto viene assorbito come simbolismo, scelta stilistica prodigiosa, frutto di un'erudizione ineccepibile. 

In linea di massima, non è indelicato asserire che di dischi come "Gente di Terra" ne abbiamo sentiti parecchi negli ultimi decenni. Mazzoleni però, contaminato da un terreno musicalmente iper-fertile come la bergamasca, colpisce per l'essere personificazione dell'artista a trecentosessanta gradi, teso a guadagnare la massima ampiezza del ventaglio delle scelte artistiche senza mai uscire da un'identità ben definita e tratteggiata con mano ferma. Lo aspettiamo alla quinta prova con enorme curiosità.