domenica 6 novembre 2016

Pier Mazzoleni - Gente di Terra (autoproduzione, 2016)

Se ci dessimo l'obiettivo di individuare una lista dei mali emblematici del popolo italiano, anche lasciandoci alle spalle gli stereotipi e i pregiudizi da bar, non potremo mai trascurare e misconoscere l'assenza di un'identità comune. La patria esiste solo nominalmente, mentre è indiscutibile la presenza pervasiva di un campanilismo profondo e radicato che sovente sfocia in una sorta di "razzismo interno", tra nord e sud, tra regioni, province, comuni, infine tra quartieri della stessa cittadina. "Gente di Terra" discorre anche di questo, e il cantautore bergamasco Pier Mazzoleni, giunto al suo quarto sforzo discografico, utilizza un italiano accurato, forbito e riverente verso la medesima madrepatria cui molti - troppi - italiani rivolgono un debole o addirittura striminzito spirito di appartenenza. 
Entrando nel merito, l'album è più forte liricamente che musicalmente, e laddove è considerevole l'influenza dei cantautori italiani, lo è invece meno la devozione ad un universo, a un genere ben determinato. Si passa da arabeschi in bilico tra flamenco e farruca ("Dolce Maddalena") al violino Irish su folk toscano (la Bandabardò ha un influsso sicuramente consistente per "Il Terrorista Jo"), senza disdegnare capatine nel pop beatlesiano più etnico, nel jazz in salsa ragtime e infine nei tipici quattro accordi della canzone d'autore nostrana.  Di difficile comprensione la scelta di includere segmenti cantati in altre lingue, come il portoghese della pre-conclusiva "Cambiamento", ma i riferimenti geografici e culturali di questo lavoro sono talmente abbondanti ed eccentrici che tutto viene assorbito come simbolismo, scelta stilistica prodigiosa, frutto di un'erudizione ineccepibile. 

In linea di massima, non è indelicato asserire che di dischi come "Gente di Terra" ne abbiamo sentiti parecchi negli ultimi decenni. Mazzoleni però, contaminato da un terreno musicalmente iper-fertile come la bergamasca, colpisce per l'essere personificazione dell'artista a trecentosessanta gradi, teso a guadagnare la massima ampiezza del ventaglio delle scelte artistiche senza mai uscire da un'identità ben definita e tratteggiata con mano ferma. Lo aspettiamo alla quinta prova con enorme curiosità. 

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