mercoledì 23 maggio 2018

Inschemical - Inschemical (B Music Records, 2018)

La nostra patria è da sempre percorsa in lungo e in largo da un gomitolo fittissimo di rock band pregne di significato, di stimoli, di sensazioni diverse. Bravissimi nel fare nostro quello che viene da oltremanica e oltreoceano, consapevoli che non siamo allo stesso livello, abbiamo sempre puntato sul contenuto, rendendo originali solo in questo modo progetti come Timoria, Ritmo Tribale, Marlene Kuntz, Afterhours, i Litfiba prima de "Il Mio Corpo Che Cambia", che sono riusciti a fare la storia grazie al trasferimento ineccepibile di concetti e vibrazioni sentimentali. Gli Inschemical all'esordio dimostrano di avere imparato molto bene questa lezione, e si presentano srotolando sul tavolo un progetto intenso, dove ottimi strumentisti non nascondono le proprie influenze (le band citate sopra + qualcosa di leggermente più attuale, ad esempio Negrita, Il Teatro degli Orrori) e le parole scovano tragitti non nuovi ma in ogni caso rilevanti, come Giuseppe Impastato ("Controinformazione") e la guerra vista da entrambe le parti ("La Spirale senza Fine"), addentrandosi invece in terreni meno comuni con la bellissima "Un Nuovo Inizio", che analizza la vita difficile dei padri single. Un ottimo uso delle parole, con solo qualche barlume di banalità che forse meritava un'ulteriore attenzione. 
Musicalmente, non c'è dubbio, la band è ancora acerba, le soluzioni odorano largamente di già sentito, le influenze sono troppo eterogenee, le strutture ovvie.  Il songwriting ne risente in maniera più grave, perché i singoli musicisti dimostrano di avere già le carte in mano per suonare alla perfezione, probabilmente anche dal vivo, e con queste premesse basterà poco per farlo notare anche alla critica. La produzione è pregevole, riesce a far pompare anche i pezzi più debolucci (quelli verso la fine), ma in generale il sound è da affinare, per non farlo risultare né troppo pop (come appare ora), né svogliato. 
La Calabria ha dato i natali a poche band di grande successo e speriamo che gli Inschemical trovino la formula per essere tra i primi, visto che la grinta c'è e il messaggio pure: un po' di studio e il prossimo disco sarà la svolta. 

venerdì 18 maggio 2018

Furia - Cantastorie (Real Music/Keep Hold, 2018)

Tania Furia, cantautrice milanese al suo esordio con questo "Cantastorie", ha un suo personale quadro della situazione sociale ben chiaro in mente, un'analisi che ondeggia tra un'amara presa di coscienza della realtà, la disillusione continua dei nostri tempi e la sempre ineccepibile e riconoscibile forza tipica di una femminilità prudente ma sfacciata. Il concetto arriva non in maniera veemente, ma dolce, pur veicolando un contenuto scuro, ostico, talvolta brutale. Si denuncia il maschilismo possessivo in "Tu Sei Mio", lo si riprende in una virata strappalacrime à la Barbara d'Urso di domenica pomeriggio con la tragica storia di Sara Di Pietrantonio ("Manchi"), assassinata dal fidanzato, si esamina il confronto e il rapporto transgenerazionale in "Troppo Facile", ma si approda sfrontatamente anche dalle parti della politica, salutando nostalgicamente il compianto Marco Pannella in "Pa Paya Ya - Ya (Ciao Marco)" e riprendendo un femminismo più sessantottino in"Ce La Invidiano Tutti". 
Uscendo dall'impianto tematico, recuperiamo un certo sprone all'ascolto grazie ad un set di stimoli musicali ben preciso, che si abbevera di elettronica, di blues, di cantautorato anni settanta. Tra i migliori brani spicca "Robot", un chiaro tributo ai migliori Kraftwerk diventati seminali contaminando nomi come gli Orchestral Manoeuvres in the Dark e i The Human League, che pure sentiamo nei momenti più sintetici di questo lavoro di Furia. La discesa nei toni più intimi e discreti avviene nella sua forma più smagliante con l'arrangiamento e l'interpretazione impeccabili di "Giulietta", mentre suona di pregevole fattura nonostante possa nel complesso risultare frutto di un'aggiunta posticcia l'energetica "Prendi Tutto".

Di cose se ne potrebbero aggiungere tante, richiamando citazioni, ispirazioni, contesti che hanno condizionato la stesura di quest'opera. Tuttavia, si può tagliare corto dicendo che come molteplici dischi del nostro passato recente, sempre più frequentemente spinti solo grazie alla disponibilità economica, "Cantastorie" non spicca per nessun elemento in particolare, risultando quantomeno simile a moltissime altre pubblicazioni recenti. Un contesto di musica d'autore imbastardata con tutto e niente che non lascia intravedere né un'appartenenza ad un filone, né lo sbocciare di una nuova gemma che brilli per originalità e proprietà individuali. Nonostante tutto questo, Furia ha grinta, scrive bene, interpreta ancora meglio, e probabilmente con le prossime uscite darà prova di quella grande maturità già percepibile a distanza.