venerdì 31 dicembre 2010

Iori's Eyes Live @ Tetris, Trieste 11 Dicembre 2010



Il Tetris, uno degli unici club del capoluogo giuliano a proporre rock di un certo livello, porta a casa un ottimo risultato accaparrandosi questo duo milanese che si presenta a Trieste con il valore aggiunto del batterista. Gli Iori's Eyes riempiono il piccolo localino, proponendo il loro intelligente miscuglio di synth/dream-pop, alternative ed elettronica, sparsa a piene mani sul prodotto finito grazie agli ottimi apporti della tastierista, confluendo poi nel viscerale pot-pourri di grondanti vibrazioni distorte della Gibson del cantante/chitarrista dall'appeal quasi garage rock, etichetta dalla quale ruba soprattutto la pesantezza, più che il sound.

Tutti i brani eseguiti nel breve set di tre quarti d'ora circa sono stati suonati molto bene, giocando sui suoni con ottime dosi di precisione e di tecnica, seppur limitata ad un raggruppamento in verità limitato di pattern (soprattutto dal punto di vista ritmico, più che compositivo). Si ottengono così svariati effetti tra cui il palesarsi concreto di un'atmosfera shoegaze che puzza presuntuosamente di post-rock, seppur annacquata dal timbro vagamente "effeminato" della voce del frontman (se possiamo chiamarlo così). Se non è nulla di originale né di estremamente coinvolgente a livello fisico, il pubblico è spinto a recepire il messaggio più sul piano uditivo ed emotivo, rendendo un loro concerto un'esperienza da provare (per credere), soprattutto per l'onestà di facciata che ricorda certo pop cantautorale come ultimamente va più di moda fare che ascoltare. 
Se capitano dalle vostre parti, dategli una chance, se lo meritano.

* dal loro profilo ufficiale

giovedì 30 dicembre 2010

Piermatteo Carattoni - Pagine Strappate (PMS Studio, 2010)



Tracklist:
1. Romanza
2. H6+
3. Babbo Natale Esiste
4. Samba Dei Ricorsi D'amore
5. Pagine Strappate
6. Cattiva-mente
7. Cantaurora
8. Da Soli
9. L'Asfalto
10. E Poi Mi Rivivrei

Piermatteo Carattoni, autore dell'intera opera Pagine Strappate (perché di opera si tratta), è un artista poco noto nella scena italiana, e ci tengo a specificare che tutto ciò è profondamente triste, perché il suo disco è molto valido. Cantautore con un curriculum di tutto rispetto, propone un disco che imbarca tonnellate di storia del pop/rock italiano tradizionale rivangandolo e trasformandolo a modo suo in maniera più che discreta, perlomeno se lo inquadriamo in un contesto di ricerca di un'originalità espressiva che sia di rilievo per una critica o una recensione.
Il disco è presentato alla stampa come un concept album, e questo lo si capisce solo dopo aver analizzato con attenzione la profondità dei testi, squarciando il sigillo superficiale che li ammanta e andando a vedere parola per parola fin dove arriva il loro valore letterario e poetico. Così facendo si riesce a capire pienamente di cosa parla: di una storia d'amore che inizia, scorre (con tutto ciò che comporta) e finisce, sgretolandosi piano ma con un impeto che solo con le parole delle sue canzoni si poteva spiegare in maniera così efficace. Esaminando il disco al contrario ci si accorge che l'intensità aumenta con un ottimo crescendo, interrotto solo dalla furia dai toni gravi di "Cattiva-Mente", mentre tutto il resto vive una sorta di accelerazione concettuale che si conclude con la frenata finale di "E Poi Mi Rivivrei", brano intensissimo che considera quell'esatto momento della nostra vita in cui ci guardiamo indietro per fare un bilancio di cosa abbiamo fatto e cosa ci rimane ancora da fare, con tutti i pregi e i difetti del nostro operato. In questo caso, ci sono da vedere i momenti più sereni, da ricordare con nostalgia, narrati in "H6+", quelli eterei e concepibili solo in un mondo di sogno come "Babbo Natale Esiste", e poi gli episodi tetri che iniziano a lanciare gli oscuri presagi dell'interruzione della propria felicità, come la title-track o prima ancora "Samba dei Ricorsi d'Amore". Dalla quinta traccia in poi ci si occupa di una sorta di esame di coscienza, di autoesplorazione, che porta dove prima già dicevamo. E' abbastanza interessante notare anche la scelta dei titoli, che giocano con la forma delle parole e l'unione dei concetti (cattiva e mente, il fatto di "riviversi", canta+aurora). 

Musicalmente, l'ispirazione di Carattoni è abbandonata ad un buon pop/rock di stampo italiano che però affonda le radici nella cantautorale, con un'intimità e una versatilità che paradossalmente traccia una linea diretta che va da Luigi Tenco a Lucio Battisti. L'atmosfera generale è tutta gonfiata di toni soft, e per questo non risulta pesante, ma regala al disco un'immediatezza che gli garantirà di certo una facile digestione da parte di tutti gli organismi, quelli abituati a cibarsi di musica semplice e d'impatto e quelli più introspettivi, complicati, intricati ed esigenti. Magari il modo migliore di avvicinare le due personalità di ascoltare è proprio ascoltare Pagine Strappate? Noi, effettivamente, pensiamo di si. Perché se non si inventa niente non vuol dire che la musica non sia bella, finché ci tocca corde che tanti altri, quelli del pop e delle chart, non ci sfiorano neppure e lo fa unendo letteratura ad arte musicale con grande passionalità e personalità. Ascoltatelo. 

Voto: 7.5

mercoledì 29 dicembre 2010

Love in Elevator - Il Giorno dell'Assenza (Go Down Records, 2010)

Recensione di Fabio Gallato (www.impattosonoro.it)
Fa strano pensare di doversi affidare ai Love In Elevator per rifarsi di cocenti delusioni, dai 2 dischi all’anno, che non sanno di niente, dei Motorpsycho, ai mezzi passi falsi dei Verdena (“Requiem”) e ai loro silenzi più o meno infiniti, alla fine ormai annunciata di una gioventù sonica tutta italiana che non è più nè tanto giovane nè tanto sonica. 
“Il Giorno Dell’Assenza”, terzo disco per questo trio veneziano, un tempo figlio più che incerto del girl power, ora figlio di un Veneto sempre più prolifico dal punto di vista musicale, è una sorprendente summa stilistica di sonorità a cavallo tra due decenni, tra due epoche, tra due modi di pensare la musica così continui, così contigui e così diversi. Dream pop e stoner, shoegaze e post-punk, noise e grunge, gli Scisma che incontrano i Sonic Youth e si soffermano sui migliori Verdena, revival intelligente ed espressione di uno stile proprio e sorprendente al tempo stesso. Vent’anni di rumori risputati fuori in un soffio, in un sogno psichedelico, tanto rischioso quanto affascinante, magari non sempre equilibrato e digeribile, ma certamente sempre coraggioso ed ammirabile. I Love In Elevator riescono ad inserire senza grossi intoppi la voce delicata, a tratti stucchevole, ma quasi sempre funzionante e funzionale, di Anna Carazzai in un’atmosfera monolitica e trascinante fatta di ritmiche urticanti (con la collaborazione del minore dei fratelli Ferrari), valanghe stoner, derive noise ed effluvi punk.

 Un album onesto e completo, dove, ad ogni esplosione melodiosa corrisponde sempre un attacco frontale, diretto e di puro vandalismo sonoro, non può che risultare sorprendente.


Voto: 7

martedì 28 dicembre 2010

Most Underrated Albums




E' chiaro che nella vita di un artista ci sarà sempre qualche opera che non piacerà alla critica o ai fan (salvo rari casi, come i Beatles o i Police). Ma spesso alcune di queste pecore nere della discografia sono ingiustamente considerate tali. Magari si tratta soltanto di un album di transizione, oppure di un disco nel quale l'artista ha deciso semplicemente di provare un genere nuovo. Noi di GTBT vogliamo offrire qualche esempio:


Afterhours - I milanesi ammazzano il sabato (Universal, 2008)

Manuel Agnelli ha forgiato una piccola perla con un disco in realtà compreso da pochi. La sensualità e la sessualità come elementi dominanti nei testi, utilizzate in maniera provocatoria e non volgare, gli conferiscono un valore letterario notevole, forse superiore anche agli album più quotati della formazione milanese. Molti hanno criticato la forma troppo melodica di alcuni brani, ma le contaminazioni dal pop americano e dallo stoner (in chiave soft) giovano molto alla band che riesce così ad abbattere la barriera del già sentito, confermandosi continuatori di una scena alternative di cui ad ogni disco si presentano come cardini innovatori, perlomeno in Italia.


CSI - Tabula Rasa Elettrificata (Polygram, 2010)

Visto da alcuni come la svolta commerciale della band di Giovanni Lindo Ferretti, uscito in testa alle classifiche nel momento in cui il rock alternativo se ne usciva dalla nicchia, da altri come una pietra miliare di assoluta importanza nel settore, è un disco completo, con una produzione molto curata (aspetto positivo al contrario di quanto molti dicono), testi leggermente più "random" del solito ma comunque con un buon valore letterario, ispirati al viaggio in Oriente compiuto dal frontman con Massimo Zamboni, viaggio del quale rimane una grande testimonianza musicale e lirica all'interno del disco. E' un punto cruciale nella loro carriera e se non è il lavoro migliore del progetto Consorzio Suonatori Indipendenti è solo perché si doveva confrontare con giganti imprescindibili come Linea Gotica e Ko' De Mondo. Un classico da non trascurare mai.


Curved Air - Airborne (BTM Records, 1976)

Questo disco, il lavoro finale dei Curved Air fino a "Reborn" del 2008, viene spesso considerato l'album più debole della loro discografia. In realtà, questo disco, benché non sia ai livelli di "Phantasmagoria" o di "Air Cut", ad esempio, è sicuramente superiore al precedente "Midnight Wire". Il brano cardine del disco è chiaramente la suite di undici minuti "Moonshine", dove atmosfere paradisiache, riff agressivi e jam di violino e chitarra riportano quasi a certe sezioni dello Zappiano "Hot Rats", ma convincono anche le più semplici "Desiree", "Juno" e "A Touch of Tequila", rese ancora più interessanti dalla splendida voce di Sonja Kristina e dalle feroci pennate di violino di Darryl Way. Una curiosità: su questo disco suona anche Stewart Copeland, futuro batterista dei Police, qua con uno stile un po' diverso, ma comunque altamente distintivo che potrebbe interessare ai suoi fan.


Deep Purple - Come Taste the Band (EMI/Purple, 1974)

Fondatori dell’hard rock assieme ai Led Zeppelin e dei primi spunti heavy metal, nel 1974 cambiano formazione con l’abbandono di Ian Gillan e Roger Glover sostituiti da David Coverdale e Glenn Hughes che formeranno un mix di voce profonda e acuta perfetto. Sforneranno due bellissimi album, rispettivamente alla posizione 3 e 6 della classifica di Billboard, Burn e Stormbringer prima di comporre Come Taste The Band con Tommy Bolin alla chitarra. Possiamo considerarlo uno degli album più sottovalutati del gruppo, forse dovuto all’abbandono di Ritchie Blackmore. L’album presenta risvolti blues e il classico virtuosismo della band, brani come "Love Child" e "You Keep On Moving" diventeranno simbolo di questa formazione prima di lasciare la scena dopo la tragica morte di Bolin. Su billboard l’album si classifica diciannovesimo ma a distanza di tempo è molto apprezzato dai fan.


Emerson, Lake & Palmer - Love Beach (Atlantic Records, 1978)

Questo disco di brutto ha solo tre cose: la copertina, il titolo e "The Gambler". Per il resto, pur non essendo un capolavoro, la sua fama di disco inascoltabile è totalmente ingiustificata. Il primo movimento della suite "Memoirs of an Officer and a Gentleman" (intitolato "Prologue / The Education of a Gentleman") è una delle cose più commoventi di tutta la discografia, e anche in brani relativamente minori come la title-track e "A Taste of My Love", vi sono elementi di interesse, nel primo caso una linea di chitarra memorabile, e nel secondo un drumming furioso e azzeccatissimo. Non sarà una delle prove migliori di Emerson, Lake & Palmer, ma non merita certo la sua fama!


Grand Funk Railroad - E Pluribus Funk (Capitol, 1971)

Una band che negli USA dava filo da torcere ai Led Zeppelin e ai Deep Purple ma che al di fuori della nazione è sempre stata semisconosciuta. La bravura dei componenti è invidiabile, soprattutto la voce incredibile del loro chitarrista Mark Farner. Un gruppo sottovalutato che conseguentemente ha prodotto album sottovalutati come lo splendido "E Pluribus Funk". Quest’album oltre che essere di prelibata fattura ha lasciato canzoni come "Footstompin’ Music" e "Loneliness" che sono diventate pezzi fondamentali in ogni concerto. E’ un album dotato di grande energia ma anche elaborato in alcuni frangenti che rimandano al tipico progressive della loro era,gli anni ’70. Canta spesso anche Don Brewer, il batterista, dotato di una voce più potente ma meno alta rispetto a Farner. Il gruppo e lo stesso album sono raramente citati nelle riviste di settore e nella musica in generale.


Jethro Tull - A (Island Records, 1980)

Questo disco originariamente doveva essere l'esordio solista di Ian Anderson, ma la casa discografica lo volle come un disco dei Jethro Tull (il gruppo si era sciolto subito dopo il tour di "Stormwatch), rimandando così il primo disco di Anderson nel 1983. Spesso definito freddo e calcolato, "A" non è nessuna delle due cose. Si tratta soltanto di musica diversa da quella che ci era stata data fino all'album precedente, ma pur sempre geniale. "Black Sunday", "Uniform" (che grazie al violino del mitico Eddie Jobson sembra un brano degli UK) e "And Further On" sono tre brani che non potrebbero essere definiti in altra maniera.


Le Orme - Il Fiume (Tring, 1996)

Uno dei più grandi gruppi Progressive della scena Italiana che si perde parzialmente cosi come praticamente tutti gli altri negli anni ’80 quando il pop tornava alla ribalta insieme alla nascita della New Wave e del Punk. Tornano nel 1996 con un nuovo tastierista, Michele Bon, e con un disco di meravigliosa bellezza, "Il Fiume". Le copie vendute saranno presso meno 50.000 considerando anche la piena rinascita del gruppo colmata anche da un nuovo suono orientale con l’utilizzo del Sitar, tipico strumento indiano che Aldo Tagliapietra osservava da tempo. "Madre Mia" e la title track diventeranno anche brani riproposti nelle track-list di numerosi live. E’ la conferma che, quando si tratta di certa musica, il talento e lo stile inconfondibile non muoiono mai.


Roxy Music - Manifesto (EG Records, 1979)

Dopo un breve ibernamento di tre anni, i Roxy Music sono usciti con un disco un po' diverso dai loro standard, e quindi a volte visto un po' con disprezzo. "Manifesto" è infatti il classico disco di transizione, tra l'Art Rock di "Siren" e il futuro romanticismo di "Flesh + Blood" e "Avalon". E' invece un ottimo disco, un buon equilibrio tra le due fasi. Alcuni brani degni di nota sono "Still Falls The Rain", "Dance Away", "Spin Me Round" e soprattutto "Stronger Through The Years", essenziale per qualsiasi bassista.


Subsonica - L'Eclissi (EMI, 2007)

L'Eclissi è uno di quei dischi che la critica non ha mai saputo digerire appieno. Chi lo reputa troppo commerciale e fiacco a livello di testi, fa da contraltare a chi invece lo considera uno dei migliori della band. Restando su una posizione intermedia, possiamo senz'altro dire che a livello melodico e di "vendibilità" questo è il disco più pop della band, ma senza le perle che trovavamo in Microchip Emozionale e Amorematico. Nonostante questo, alcuni pezzi, come "Veleno", "Canenero", il singolo "La Glaciazione" e "Nei Nostri Luoghi" sono degni dei migliori lavori dei Subsonica e confermano come anche questo disco sia in realtà un'opera più che buona meritevole almeno di lodi relative al songwriting, alla produzione e alle linee vocali di Samuel che riesce, nonostante il timbro glielo impedisca molto spesso, a infilare un paio di metriche originali. Buon disco.


(Editoriale a cura di Jacopo Muneratti [Curved Air, Emerson Lake & Palmer, Jethro Tull, Roxy Music], Alessandro Leone [Deep Purple, Grand Funk Railroad, Le Orme] e Emanuele Brizzante [Afterhours, CSI, Subsonica])

lunedì 27 dicembre 2010

Apoteosi - Apoteosi (Said, 1975)


Apoteosi, un nome sconosciuto a moltissimi. Sono un gruppo Progressive Italiano, precisamente Calabrese, degli anni '70 che probabilmente è conosciuto solo da chi è appassionato del genere e chi, assatanato di Prog, cerca di conoscerlo nei minimi particolari. La band è formata da un quintetto per 3/5 rappresentato dai fratelli Idà, Silvana (voce), Massimo (tastiere) e Federico (basso, flauto), alla batteria Marcello Surace, alle chitarre e alla voce in un caso particolare Franco Vinci, che è leader dell'unica cover band Italiana di Eric Clapton. Sembrano tutti nomi sconosciuti ma notando la loro bravura nella composizione del loro unico album omonimo pubblicato nel 1975 viene da chiedersi il perchè di questa così poca conoscenza. Per prima cosa questo elemento è dovuto al fatto che l'album, prodotto dal padre Idà che sarà poi anche direttore della trasmissione Sarabanda condotta da Enrico Papi, è stato prodotto in un numero limitatissimo, infatti probabilmente oggi varrebbe una fortuna; forse tutto questo è dovuto dal fatto che questi musicisti avevano più che altro l'intenzione di "provare" invece che di iniziare un vero e proprio cammino.

Come detto l'album degli Apoteosi dal nome Apoteosi è un album di grandissimo valore, colmato dalla bravura dei partecipanti e dalla bellezza di tutte le canzoni che ne fanno parte. Fondamentale è il ruolo delle tastiere di Massimo Idà che addirittura allora aveva soltanto 15 anni e sentendolo suonare con tale leggerezza viene da pensare a un talento immenso della musica, quasi come un dono naturale. La voce di Silvana Idà è molto simile a quella di Anna Rita Luceri degli Abash ma non è amata da molti, questa caratteristica infatti è stata una delle motivazioni della poca conoscenza dell'album pur essendo una voce bellissima, ed è stata anche una novità. La voce femminile si era vista, infatti, in pochissimi gruppi Prog in Italia, tra i più importanti ricordiamo la voce lirica degli Opus Avantra.
La prima canzone intitolata Embryon è un autentico brano di introduzione a quello che sarà il vero capolavoro di un album sensazionale. Già si riesce a percepire l'importanza delle tastiere e soprattutto l'influenza del pianoforte che viene molto utilizzato così come nel Banco Del Mutuo Soccorso. Lasciata l'introduzione si perviene nel pezzo più bello dell'intero album diviso in due capitoli o parti come voi preferiate. Il primo, dal titolo Prima Realtà ha un introduzione in pianoforte che poi lascia il posto alla voce che per la prima volta si sente nell'album, tutte le volte in cui la voce femminile è presente vuol dire che è in atto un momento più soft, quindi più lento e melodico. Dopo il cantato si arriva ad una lunga parte strumentale con continui cambi di ritmo dove si riprende l'introduzione. E' molto suggestivo anche il tocco quasi Jazz che in alcuni casi caratterizza la batteria di Marcello Surace; come in molte parti interviene il pianoforte che spesso contrassegna un cambio di ritmo verso il più lento. Il secondo capitolo, Frammentaria Rivolta, inizia esattamente dopo la ripresa dell'introduzione del capitolo precedente, il piano si fa sentire nell'introduzione prima di arrivare ad un ritmo velocissimo che lascia di nuovo il posto ad un emozionante finale cantato. E' un brano questo assolutamente non facile da capire per il motivo che è molto variegato, neanche il ritmo è facile da seguire ma il tutto è sicuramente affascinante e lascia sempre una voglia di riascoltare perchè si è sempre convinti di aver perso qualcosa o di non aver capito un determinato frangente. Il secondo brano dell'album è diviso in tre capitoli. Il primo, Il Grande Disumano, come da caratteristica dell'intero album inizia con l'introduzione di Massimo Idà, qui chi canta è il chitarrista Franco Vinci che pur per poco si rende protagonista di un ottima prova vocale dall'impronta più hard alla Ian Gillan che soft. Il secondo capitolo, Oratorio (Chorale), è un inno di stampo religioso dove si invoca Dio pregandolo di una sofferenza interiore, tutto caratterizzato ovviamente da un accompagnamento tipicamente da Chiesa e da cori gregoriani. Notare che tutti i capitoli non spezzano mai il brano ma sono uniti perfettamente tra di loro. Arriviamo all'ultimo capitolo, Attesa, che è uno strumentale dove si alternano chitarra e tastiere. Il quarto brano è Dimensione Da Sogno, un lento, un brano soft, dai toni pacati, uno di quei brani dalla durata più corta che quasi tutti i gruppi Prog usano, basta pensare a Still You Tour Me On degli Emerson, Lake and Palmer, a proposito di ELP, si sente anche l'impronta di Keith Emerson sulle tastiere, oppure possiamo pensare anche ad I Know What I Like dei Genesis; comunque sia è un brano per la maggior parte cantato che lascia poi il posto alla canzone finale interamente strumentale. Il quinto ed ultimo atto omonimo, dal titolo Apoteosi si svolge su una base di basso uguale per l'intera durata della canzone ma è come se non fosse mai ripetuto. Si parte da una prima atmosfera iniziale a toni più marcati nel finale. Questo brano segna la fine dei 35 minuti che contrassegnano quest'album, dalla stessa durata quindi di Felona E Sorona de Le Orme e di YS de Il Balletto Di Bronzo.

Alla fine di quest'opera più la si ascolta e più ci si innamora. Possiamo affermare che sia uno dei tanti capolavori del Progressive Italiano, un movimento che resiste ancora oggi. E' un album che meriterebbe di essere ascoltato non solo dagli amanti Progressivi ma anche dagli esterni, quelli che amano tutta la buona musica in generale. Apoteosi rimarrà comunque sia e purtroppo un nome semisconosciuto ma importante per chi lo conosce, al di là del fatto che ad una persona non possa piacere la voce per esempio; è un grande album e merita grande considerazione per la bellezza, per la complessità e per la bravura dei componenti della band.

Voto: 9

domenica 26 dicembre 2010

Il 2010 se n'è andato - Classifica dell'anno

Il 2010 è stato un anno molto intenso musicalmente ma probabilmente inferiore al 2008 e al 2009 in quanto a uscite. I tempi stanno peggiorando e molti artisti stanno dando il peggio di loro, invadendo però anche lo spazio di quelli che si meriterebbero di occuparlo con molta più lode (ad esempio, con molta più lode dei Linkin Park). 
Quest'anno ho apprezzato però moltissimi dischi e qui sotto ho stilato una lunghissima lista di dischi (quasi tutti recensiti su GTBT) che vi consiglio assolutamente di ascoltare perché sono tra i migliori dei centinaia che ho, e avete, ascoltato. E' stato difficile però fare una sacrosanta scelta di quali siano esattamente i dischi più belli del 2010 e quindi mi sono appellato al mio gusto personale, lasciando fuori tanti dischi che meriterebbero premi su premi, e che effettivamente a volte li hanno pure vinti.
In fondo trovate anche un paio di "delusioni dell'anno", alcuni "poteva andare meglio", che sarebbe meglio dire "doveva andare meglio", e un premio della critica, chiamiamolo così, che ho intitolato "disco dell'anno d'autore", affidato ad un disco molto bello che però non fa parte dei miei gusti e quindi ho deciso di escludere dalla top dell'anno. 


Ecco tutti i dischi che vi consiglio di ascoltare, ce ne sono davvero una marea:

STANISLAO MOULINSKY - Y
MASSIMO VOLUME - CATTIVE ABITUDINI
SAKEE SED - ALLE BASI DELLA RONCOLA
NICHELODEON - IL GIOCO DEL SILENZIO
DOMENICO CATALDO - THE WAY OUT
KIPPLE - THE MAGICAL TREE AND THE LAND OF PLENTY
VERLAINE - RIVOLUZIONI A POCHISSIMI PASSI DAL CENTRO
JULES NOT JUDE - ALL TREES ARE RED, EXCEPT FOR THOSE WHICH ARE NOT RED
16 BIT - 16 BIT
TURZI - B
SIN - SIN
NICOLAS JOSEPH RONCEA - NEWS FROM BELGIUM
MELISSA AUF DER MAUR - OUT OF OUR MINDS
FUH - DANCING JUDAS
TRABANT - TRABANT
...A TOYS ORCHESTRA - MIDNIGHT TALKS
MULTICOLOR - FIRST SPACESHIP ON VENUS
SERJ TANKIAN - IMPERFECT HARMONIES
SUCCEDE UNA SEGA - IL CAVALLO DI TROIA
EDIPO - HANNO RAGIONE I TOPI
DEFTONES - DIAMOND EYES
MASSIVE ATTACK - HELIGOLAND
BLONDE REDHEAD - PENNY SPARKLE
BALMORHEA - CONSTELLATIONS
ERRORS - COME DOWN WITH ME
ZIDIMA - COBARDES
FOUR TET - THERE IS LOVE IN YOU
AMOR FOU - I MORALISTI
ALESSANDRO FIORI - ATTENTO A ME STESSO
THE NATIONAL - HIGH VIOLET
MOTORPSYCHO - HEAVY METAL FRUIT
PIANO FOR AIRPORT - ANOTHER SUNDAY ON SATURN
NEVICA SU QUATTROPUNTOZERO - LINEARE
LUNARIA - SPECCHI PER ALLODOLE
DEAD WEATHER - SEA OF COWARDS
PORTLAND SOUVENIR - PORTLAND SOUVENIR EP
TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI - PRIMITIVI DEL FUTURO
LE VIBRAZIONI - LE STRADE DEL TEMPO
LETHERDIVE - THE CLOSET
MAVIS - MAVIS
ANDREA CARBONI - LA TERAPIA DEI SOGNI
EELS - END TIMES
KOBAYASHI - IN ABSENTIA
SIMONA GRETCHEN - PENSA TROPPO FORTE
OK GO - OF THE BLUE COLOUR OF THE SKY


E i vincitori sono:
1. MASSIMO VOLUME - CATTIVE ABITUDINI (La Tempesta)
2. AMOR FOU - I MORALISTI (Emi)
3. NICHELODEON - IL GIOCO DEL SILENZIO (Lizard)
4. ERRORS - COME DOWN WITH ME 
5. FOUR TET - THERE IS LOVE IN YOU
6. SAKEE SED - ALLE BASI DELLA RONCOLA
7. TURZI - B
8. MARLOWE - FIUMEDINISI
9. OK GO - OF THE BLUE COLOUR OF THE SKY
10. FUH - DANCING JUDAS
(seguiti a breve distanza da) 
11. STANISLAO MOULINSKY - Y
12. MOTORPSYCHO - HEAVY METAL FRUIT
13. BLONDE REDHEAD - PENNY SPARKLE
14. BALMORHEA - CONSTELLATIONS
15. MELISSA AUF DER MAUR - OUT OF OUR MINDS
16. ZIDIMA - COBARDES

Il premio "disco d'autore" va a:
1. DOMENICO CATALDO - THE WAY OUT
2. KOBAYASHI - IN ABSENTIA
3. NICOLAS JOSEPH RONCEA - NEWS FROM BELGIUM

DELUSIONI DELL'ANNO
:
Linkin Park - A Thousand Suns
Interpol - Interpol
Hole - Nobody's Daughter

POTEVA ANDAR MEGLIO
Brandon Flowers - Flamingo
Ministri - Fuori
Le Luci della Centrale Elettrica - Per Ora Noi La Chiameremo Felicità
Korn - Korn III: Remember Who You Are
Marlene Kuntz - Ricoveri Virtuali e Sexy Solitudini
Skunk Anansie - Wonderlustre


sabato 25 dicembre 2010

The Ministro - Tempi Moderni (Fridge/Enzone Records/Lunatik, 2010)


Tracklist:
1. Elezioni a Little Garden
2. Comizio all'Italiana
3. Tutti al Ministero
4. Una Storia Disonesta
5. La Cospirazion
6. Ponte Si Ponte Boh?
7. Tempi Moderni
8. Da Domani Smetto
9. Il Paese Mio
10. Si Maritau Rosa

Io per fare questa recensione vorrei quasi scatenare una guerra tra webzine, sfidando Rockit a dirmi perché hanno praticamente stroncato il disco mediocremente paragonandolo ad un lavoro completamente diverso come Tempi Bui dei Ministri solo per le similitudini di nome della band e titolo dell'album. Sinceramente mi sembra riduttivo perché nonostante il genere proposto dai The Ministro non lasci tanto spazio ad originalità né ad evoluzioni che si possano davvero chiamare tali (ed esaminare come tali), la definizione di "più che dignitoso" gli si addice solo con un'accezione positiva, al contrario di quanto lì riportato. Speriamo che questo invito a prendere più sul serio la musica che esaminano sia ben accetto. 

La band propone un disco simpatico, che saggiamente infila la via della "politica" schierandosi, in maniera più o meno aperta e più o meno dichiarata, con una parte che ultimamente non ha molto successo. Lo starter invece di sparare a salve colpisce, in questo caso, un paio di maratoneti, azzoppandoli: scusate la metafora, per chi vuole una spiegazione, trattasi di un disco che utilizza dei metodi abbastanza subdoli per mettere fuori gioco la concorrenza. Questa accozzaglia ben costruita di swing, reggae e blues, senza parlare degli esperimenti country che ne popolano più che altro gli angoli più remoti (quelli che fanno solo da sottobosco e che non si possono apprezzare nei primi due ascolti), si fregia infatti di un'estetica di facciata che gli permette di battere alla porta del nemico e mostrargli il dito medio senza neppure giustificarsi. Lo fa con l'artwork, coi titoli delle canzoni, con discutibili inserimenti di cover e testi provocatori, ma fino a un certo punto. O almeno io, in frasi come Mi rallegro se poi parte la briscola oppure Chiedo a un pescator: "il tempo come sarà?", mi risponde che ha visto su internet e peggiorerà", ci vedo dei cenni critici che gli giovano parecchio, anche se essenzialmente il valore letterario dei testi si abbassa di molto con alcune sviste d'italiano e pecche di lessico.
Fino a qui sembra che la band abbia pochi motivi di vantarsi di avere dato alle stampe questo Tempi Moderni, ma bando alle ciance, come potete evincere dalla prima sezione della recensione non è così: l'appeal di base del lavoro è essenzialmente commerciale, anche se approccia in maniera originale una corrente che trova la sua manifestazione più efficace nei club e nelle feste estive (molto più che su disco), ed è evidente la presenza di alcune scelte di sound che giocano questa carta in maniera costruttiva, vivace ed esauriente. Parlo di brani come "Comizio all'Italiana", per citarne uno. E un altro aspetto molto funzionale all'allontanare con discrezione le ombre è la presenza dei fiati di Antonio Valentino, che non a caso creano un'atmosfera piuttosto festosa, ricollegandoci all'argomento della frase precedente. Declinano il sound, in particolar modo, verso una direzione più ska che smorza le tonalità più cupe dei pochi riferimenti blues di cui è comunque costellato uniformemente.
E se sotto il sole ci mettono anche alcuni passaggi che dal punto di vista contenutistico ricordano il Gaber più acuto, non possiamo però accostarli a certe perle del cantautorato italiano, per la palese scarsezza di alcune critiche troppo bambinesche, anche se si apprezza sempre in maniera molto positiva la presenza di opinioni unite ad una buona dose di musica che non dimentica mai gli accenti autoreferenziali dell'essere siciliani, in un momento in cui sono la Toscana e le due isole a sfornare il maggior numero di band rivelazione. Sarà così anche per loro?

Voto: 6.5

venerdì 24 dicembre 2010

Isabelle Urla - La Ballata Delle Mosche (Autoproduzione/Wondermark/Lunatik, 2010)



Tracklist:
1. Il Panchinaro del Sistema
2. La Ballata delle Mosche
3. Uno Zingaro
4. La Tua Polvere
5. Old Oraibi
6. Un Maestro
7. La Canzone delle Nuove Musiche
8. La Morsa

Gli Isabelle Urla sono nient'altro che la trasposizione del rock d'autore italiano in un rock d'autore italiano dall'anima punk. La definizione potrà essere letta anche in chiave riduttiva se siete particolarmente puntigliosi, ma la verità è che dischi con una carica così esplosiva almeno sul piano contenutistico, che luccicano come parte di un insieme più ampio, composto da almeno tre elementi (songwriting, valore letterario dei testi e capacità tecniche) non se ne vedevano da tempo.
La formazione (un quintetto molto standard a livello di strumenti utilizzati, caratteristica che ne accentua le connotazioni più rock) fa centro gli indicatori di cui sopra, e non a caso La Ballata delle Mosche è un disco che piacerà a molti, anche a chi tende a storcere il naso davanti alla musica cantata in italiano.

L'aggressività verbale di certi testi, votati ad un certo impegno pseudopolitico che evita di essere troppo diretto per essere comunque genuinamente verosimile, utilizzando termini semplici in un'ottica realista/verista, assume un evidente valore artistico quando la si analizza come messaggio, più che come linee melodiche, che sono comunque valide. E' il caso di brani come il singolo "La Ballata delle Mosche" o la opener "Il Panchinaro del Sistema", che squarciano il velo del politically correct senza gli eccessi di certe punk band italiane che mi guardo dal citare. Si continua volentieri a citare il termine punk perché, come già detto, l'anima degli Isabelle Urla pulsa di vibrazioni punk, almeno per l'appeal nervoso ed istintivo di molte parti di chitarra e per le costruzioni dei pezzi stessi, spesso tese a sottolinearne una nervatura decisamente graffiante, nerboruta e solida, mai trascurata ma al contrario scolpita con attenzione d'artista puntinista in ogni minimo settore della loro struttura. Un po' di esempi li possiamo anche fare, come in "Un Maestro" e "La Tua Polvere", oppure quando si parla anche di fenomeni storici come la distruzione della città della tribù degli Hopi ad opera degli yankees, in "Old Oraibi". Nei pezzi citati è già evidente la possibile, ideale, suddivisione del disco in due sezioni, quello più energico e rock, e quello più drammatico, dove regnano una certa tensione vibrante e le note sommesse della nostalgia. Squarci di cantautorale, per effetto di qualche influenza che lascia volutamente e nitidamente il segno, sporcano i brani più intimistici e delicati come la conclusiva "La Morsa", che la presentazione del disco per la stampa definisce con un termine che meglio non la poteva descrivere: "inquietante". E' proprio così che molto spesso la voce del frontman Anelli rappresenta i concetti di cui vuole disseminare l'intero La Ballata delle Mosche, un disco dai contenuti forti, crudi e volontariamente costellato di magnifiche figure che si lasciano ascoltare e proiettare come vivaci trasposizioni in immagini. Magari gli stiamo anche dando un'idea.

Veramente un ottimo lavoro.

Voto: 8.5

giovedì 23 dicembre 2010

System Of A Down: videografia

I video dei System Of A Down non sono mai stati particolarmente "belli" né a livello visivo né sul piano dei contenuti. Abbiamo deciso comunque di dedicargli un articolo a corredo dello speciale di ieri sulla loro discografia.

Molti dei video di seguito sono stati girati dal bassista della band armena, Shavo Odadjian, utilizzando delle te
cniche particolari. Diciamo la verità, di tutti il migliore è Question! 


1997: War?
1998: Sugar (vedi sotto)
1999: ">Spiders
2001: Chop Suey! (vedi sotto)
2002: Toxicity
2002: Aerials
2003: Boom!
2005: B.Y.O.B.
2005: Question!
2005: Hypnotize
2006: Lonely Day





mercoledì 22 dicembre 2010

System of A Down: discografia



I System of A Down si formavano nel pieno degli anni '90 (1994) dall'unione di quattro americani di discendenza armena nel sud della California. La loro provenienza geografica non è stata solo un catalizzatore per l'impegno politico di alcuni di loro (vedasi genocidio armeno, cercate sulla Wikipedia), in particolare il frontman Serj Tankian (in realtà nato in Libano), ma anche un motivo di interesse da parte di molte persone, stimolato sia da questo aspetto particolare che dalla loro musica vagamente influenzata dai suoni orientali. 
I S.O.A.D. pubblicavano il primo disco nel 1998, un full-length che spiazzò la critica con una miscela di rock e metal totalmente nuova che non si sapeva come catalogare. Il self-titled fu effettivamente una bomba ad orologeria: in poco tempo riempivano locali e la gente si ammazzava di pogo ai loro concerti urlando inni politici come "P.L.U.C.K." o i singoli "Sugar" e "Spiders", supportati da una buona programmazione nelle emittenti alternative americane ed europee. Ingiustamente definiti nu-metal, furono comunque tra gli esponenti di punta di un nuovo modo di intendere la musica alternativa dagli accenti metal, così come i Korn, i Papa Roach, i Disturbed, i Linkin Park e tanti altri, tutte band che hanno avuto in comune una forte componente di innovazione nei primi dischi e un buon interesse mediatico già alla nascita.
"System Of A Down", un disco che era quasi un programma politico, un manifesto di quello che loro volevano fare, è già un disco storico per chi ascolta questo genere, con le sue nuances arabeggianti, gli sfrenati urli di Tankian quando meno ce lo si aspetta, liriche velocissime che sfidano i migliori rapper e ritmiche devastanti dell'ottimo Dolmayan. A comporre tutti i brani, Daron Malakian, un chitarrista tecnicamente mediocre ma che è riuscito a scrivere alcuni dei pezzi più popolari degli ultimi quindici anni, soprattutto se andiamo ad analizzare il disco successivo, "Toxicity". Da sottolineare, all'interno del primo disco, il modo in cui molti brani sono costruiti, con un continuo alternarsi di parti potenti a sezioni più melodiche che non seguono nessuno schema, scatenando una crisi di identità che la band non saprà mai risolvere, sempre altalenanti tra brani lenti strappalacrime e sfuriate power metal sempre più furenti man mano che passavano gli anni.
Dopo un ottima comparsata nella soundtrack di Dracula 2000 con la splendida "The Metro" e una stupefacente cover di "Snowblind" dei Black Sabbath, esce nel 2001 il loro disco più celebre, più apprezzato, più venduto e, dal punto di vista critico, più bello. Parlo di "Toxicity", un disco che scatenò gli adolescenti di mezzo mondo con tormentoni da chart come l'omonima "Toxicity", "Chop Suey!" e "Aerials", salvo poi diventare in toto un must elevato a cult da un ammasso di fan irriducibili che conoscono per filo e per segno ogni nota e ogni parola. In canzoni come "Prison Song" e "X" è ancora presente tutta la verve aggressiva del primo disco, ma in questi come in tutti gli altri brani dell'album è evidente una svolta melodica che comunque non gli fa perdere la grinta che ancora nei live riesce a coinvolgere migliaia di fans con un'aggressività degna delle peggiori metal band scandinave, e anche un pizzico di ironia. Lo dimostrano brani come "Psycho", "Shimmy" e la bonus-track "Johnny", canzoni veramente fuori di testa sia dal punto di vista compositivo che per le parole scritte dal buon Serj. 
Nel 2002, cavalcando l'inarrestabile successo dei singoli del disco precedente e di un tour interminabile (che effettivamente durerà fino a 2006 inoltrato), pubblicano "Steal This Album!", raccolta di brani esclusi dalle versioni definitive dei primi due dischi. Questa release, con un nome che è stato ingiustamente additato dai moralisti dell'ultim'ora, è in realtà una ventata di umorismo e buonumore, con episodi come "Chic'n'Stu" e "Fuck The System" che uniscono graffianti distorsioni e furiose sezioni ritmiche a testi simpaticissimi e paranoici, che scendono, defilati, i gradini dell'humor per poi risalire nella politica di "Boom!", altro inno che per qualche settimana riempì le classifiche di televisioni come Kerrang. Nel disco tantissimi brani degni di nota, come "Bubbles" e la commovente "Roulette", che quasi non sembrano scarti dei dischi precedenti per quanto riescono a risultare elementi distintivi se considerati nell'intera discografia dei System Of A Down. Ci ridurremo a dire che questo disco potrebbe benissimo essere considerato un album a parte, composto ad hoc per questa release, e non un CD di scarti, ma queste sono considerazioni che ci limiteremo a lasciare a voi.
Nel 2005 il quartetto fa un colpaccio e pubblica un doppio disco (in realtà proveniente da un'unica sessione di registrazione, e non è un caso che la durata complessiva dei due album uniti sia inferiore agli ottanta minuti) che però, per la prima volta, spacca la critica. L'entusiasmo dei primi tempi, in cui la band era riuscita a scrivere qualcosa "di nuovo" era finito e ora si doveva tentare una svolta se non si voleva finire nell'autocitazione. Infatti ci sono riusciti, utilizzando il più diretto dei metodi, cioè estremizzando le loro due componenti più palesi: in Mezmerize e Hypnotize le ballad commerciali sono diventate terribilmente melense (anzi, solo "Lonely Day" lo è, poiché "Soldier Side" e "Lost In Hollywood" risultano invece ottimi brani) e i pezzi più aggressivi sono diventate taglienti sfuriate power metal dove regna il blast beat di John alle pelli e l'urlato più inafferrabile di Serj (è il caso di "Attack" e "Sad Statue", di "Dreaming" e di "Cigaro"). A seguire questa ultima sfumatura, quella che comunque i fan preferiscono, ci sono una serie di canzoni più o meno dense, e più o meno violente, che colpiscono in particolar modo per la genialità della composizione, la virulenza dei ritornelli e la stranezza delle linee vocali di Serj, il cui timbro è ormai diventato un inimitabile marchio di fabbrica che decine di cover band in ogni paese del mondo non riusciranno a copiare del tutto. E così nascono perle come "Revenga", "Vicinity of Obscenity", "U-Fig", "Question!" e "Violent Pornography". Un paio di passi falsi si trovano alla fine dei due dischi, e parliamo di "Old School Hollywood" e "She's Got Heroine", brani che a dirla tutta non ci si aspettava da una band come i SOAD (comunque nel complesso hanno un loro perché). A dover scegliere, si preferisce per forza Mezmerize, del resto brani come "Radio/Video" e "B.Y.O.B." li puoi trovare solo qui. 


La carriera dei SOAD era giunta nel 2006 ad un subitaneo punto fermo. Non si capiva se la fine del tour fosse uno "hiatus", uno scioglimento o chissà che cosa. Fatto sta che con un anno di ritardo rispetto a quanto detto all'ora, nel 2011 è stata confermata la reunion con una tournée europea che debutterà in giugno in Italia (e noi di GTBT ci saremo). Ciò che mi aspetto è, dopo aver scritto la storia del rock e del metal recenti, venga fatto un concerto vecchio stile, meno imborghesito del previsto, magari concentrato sui primi due dischi. Questo non avverrà, e "Lonely Day" ce la dovremo sorbire tutta, con le stonature di Daron e pure i suoi scazzi alla chitarra, ma sarà un evento imperdibile per tutti quelli che non hanno mai avuto la possibilità di vederli prima della pausa che lasciò l'amaro in bocca a molti.
System Of A Down, semplicemente questo. 


SYSTEM OF A DOWN - SYSTEM OF A DOWN - 8.5
SYSTEM OF A DOWN - TOXICITY - 9.5
SYSTEM OF A DOWN - STEAL THIS ALBUM! - 7.5
SYSTEM OF A DOWN - MEZMERIZE - 7.5
SYSTEM OF A DOWN - HYPNOTIZE - 6.5

martedì 21 dicembre 2010

Frank Zappa II




Oggi, 21 Dicembre 2010, Frank Vincent Zappa se fosse stato ancora vivo, avrebbe compiuto 70 anni. Di lui abbiamo già parlato l'anno scorso, nell'anniversario della sua morte. Oggi cerchiamo invece di ripercorrere le sue uscite postume, quelle di cui si parla di meno, pubblicate dallo Zappa Family Trust.

Partiamo da "The Lost Episodes" del 1996, uno degli ultimi album ad essere usciti per la Rykodisc e il primo d'archivio ("Civilization Phaze III" venne preparato da Zappa stesso e, benché uscito postumo, è considerato a tutti gli effetti come il suo vero ultimo disco). Oltre a questo disco, da questo articolo sono stati esclusi "Läther" (che merita un editoriale a parte) e "Mystery Disc" (una ristampa di due album speciali preparati da Zappa per il suo cofanetto "The Old Masters" e quindi non considerabile postumo). Nel 2002 avviene il distacco definitivo dalla Rykodisc, la casa discografica incaricata ristampare in CD i lavori di Zappa.

The Lost Episodes (Rykodisc RCD 45073)
Data di pubblicazione: 27 Febbraio 1996

Prima vera e propria pubblicazione d'archivio Zappiana. Sicuramente, molto di questo materiale proviene dai nastri che Frank intendeva usare nei primi anni '70 per il cofanetto di 12 LP "The Collected History and Improvisation of the Mothers of Invention", preparato e completato più volte, ma mai pubblicato a causa delle difficoltà di stampa per un lavoro del genere. Il disco contiene 30 tracce, e si può dividere in varie sezioni: dalla prima fino alla 14, vengono rappresentati gli anni dei pre-Mothers e dello studio Z. Tra le varie cose interessanti contenute in questa sezioni vi è "Lost in a Whirpool", registrata nel 1958 e primissima registrazione di Zappa disponibile, uno scurrile brano blues suonato da Frank e da suo fratello Bobby e cantato da un giovanissimo Don Van Vliet (che dopo sarebbe diventato Captain Beefheart), in un tono di voce che ricorda le cantanti blues del delta degli anni '30, un estratto dal "Mount St. Mary's Concert" del 1963, ossia il primo concerto orchestrale di Zappa in assoluto, frammenti della colonna sonora del film western "Run Home Slow" e versioni embrionali di alcuni futuri classici dei Mothers, come "Take Your Clothes Off When You Dance" (in versione jazz), "Anyway The Wind Blows" e "Fountain of Love" (registrate allo studio Z, con Zappa che suona tutti gli strumenti e Ray Collins alla voce solista). Il secondo estratto del disco (tracce 15-22), riguarda i Mothers e, in generale, il periodo degli anni '60, e tra le varie cose, vi troviamo una bella rivisitazione dei tradizionali "Wedding Dress Song" e "Handsome Cabin Boy", un litigio del gruppo con dei poliziotti agli Apostolic Studios ("Cops and Buns") e "Alley Cat", ovvero una jam con alcuni membri della Magic Band di Captain Beefheart, sicuramente incisa durante le session di "Trout Mask Replica" Infine, la parte rimanente del disco, offre qualche sunto degli anni successivi: una favolosa versione di "Wonderful Wino" incisa durante le session di "Overnite Sensation", con un graffiante Ricky Lancillotti alla voce, "Kung Fu", "RDNZL" e "Inca Roads" risalenti alle stesse session e con una maggior concentrazione sullo Zappa più jazz e fusion, l'interessante esperimento elettronico "Basement Music #1" e una splendida e lunghissima versione di "Sharleena" incisa nei primi mesi del 1970, cantata da Don "Sugar Cane" Harris. Il disco, come intuibile dal titolo, è una manna per gli storici Zappiani, ma coloro che si avvicinano alla musica di Zappa per la prima volta potrebbero uscirne un po' perplessi. Per questo motivo, è meglio aspettare di avere una conoscenza basica di Zappa prima di avventurarsi in questo album. Comunque, un ottimo documento di archivio!

Voto: 8

Frank Zappa Plays The Music of Frank Zappa - A Memorial Tribute (Barking Pumpkin, UMRK 02)
Data di pubblicazione: 31 Ottobre 1996

Stando alle note di copertina di Dweezil, che ha compilato il CD, Frank aveva dichiarato di preferire tre delle sue composizioni sopra ogni altra: "Black Napkins", "Zoot Allures" (entrambe su "Zoot Allures") e "Watermelon in Easter Hay" (su "Joe's Garage"), tre strumentali che, da questo momento in poi diventeranno conosciuti come i "signature tunes" di Zappa. Dweezil accosta alle versioni album le primissime versioni di ciascuno di questi brani reperibili nella vault (all'epoca, perlomeno), facendo così il raffronto tra i due arrangiamenti. Le differenze per "Black Napkins" erano molto marginali e, infatti, la versione definitiva risale al tour successivo rispetto alla "early version" qua pubblicata, tratta da uno dei due concerti che Zappa fece nell ex-Jugoslavia nel Novembre 1975, ma "Zoot Allures" era molto differente e le sue esecuzioni erano molto meno controllate e più spontanee di quelle future. Infine, "Watermelon in Easter Hay", qui eseguita dalla band di fine 1977-inizio 1978 è completamente diversa, con un'altra metrica e un'atmosfera più seriosa e meno romantica rispetto alla versione finita. Per cercare di rompere un po' la monotonia degli schemi, Dweezil inserisce nella scaletta "Merely a Blues In A", che, come dice il titolo stesso, non è altro che una interessante improvvisazione blues in tonalità di La, registrata nel 1974. Un disco concettualmente ineccepibile ma che, col tempo, è invecchiato male, alla luce delle numerose registrazioni d'archivio uscite. La difficile reperibilità e i prezzi piuttosto alti che raggiunge oggi lo rendono ancora meno appetibile per i fan ma, in ogni caso, ascoltandolo, ci si ricorda subito di uno dei tanti lati che hanno reso Zappa un grande.

Voto: 7,5

Have I Offended Someone? (Rykodisc RCD 10577)
Data di pubblicazione: 8 Aprile 1997

Una compilation preparata da Zappa stesso qualche anno prima di morire, che contiene 15 dei brani che, secondo lui, potevano essere considerati tra i più offensivi della sua discografia. Alcuni sono estremamente cervellotici: cosa ci sia di così offensivo in "Goblin Girl" che abbia addirittura dato la precedenza rispetto ad altre cose come "The Illinois Enema Bandit" e "Magdalena" è inspiegabile, ma, effettivamente, il disco contiene alcune litiche in grado di far accapponare la pelle ai puritani. La cosa interessante di questa compilation, comunque, è il fatto che quasi tutti i brani differiscono dalle loro versioni originali: ad esempio, "Dinah Moe Humm" contiene un minuto in più con un estensione dell'assolo di George Duke, qualche brano contiene le sovraincisioni di batteria di Chad Wackerman, "Dumb All Over" è in una versione live precedentemente inedita e, in generale, praticamente tutti i brani sono stati remixati. Questa compilation potrebbe essere considerata una buona iniziazione per i fan di Zappa, perché contiene alcuni dei brani più semplici (ma nel suo stile) e, una volta che avranno comprato anche gli album originali, non sarà un doppione nella loro discografia. Tuttavia, perpetua il mito che Zappa non fosse altro che un rockettaro che faceva melodie complicate su testi scurrili e il che è semplicemente sbagliato, per cui va presa con le pinze. Ovviamente, lo humour adolescenziale non è una componente ignorabile in Zappa, ma sicuramente, la sua importanza è stata molto sopravvalutata.

Voto: 7

Everything is Healing Nicely (EIHN) (Barking Pumpkin, UMRK 03)
Data di pubblicazione: 21 Dicembre 1999

Quale miglior modo di festeggiare il 59esimo compleanno di Zappa se non pubblicando materiale registrato nel Luglio 1991 con l'Ensemble Modern, l'ultimo su cui Frank dedicò le ultime energie? Questo album permette di capire come è iniziata la fortunata collaborazione tra tale Orchestra e il compositore e consiste di alcuni elementi preparati da Zappa stesso e altri scelti in date postume dall'ingegnere del suono Spencer Chrislu, che aveva lavorato con lui a queste registrazioni. Il risultato finale è decisamente ottimo e necessario a tutti i fan di Zappa, anche perché contiene alcune lunghe composizioni di cui non vi è traccia in nessun altro progetto ("Library Card", "Nap Time", "Naked City" e "Wonderful Tattoo!"). Non solo: molte delle composizioni conosciute sono in veste completamente diversa ("T'Mershi Duween", "Amnerika Goes Home", "Whitey", "None of The Above") e, come se non bastasse, è presente anche l'ultima testimonianza su nastro di un assolo di chitarra di Zappa ("Roland's Big Event/Strat Vindaloo"). Alcune delle idee orchestrali sono ancora in fase iniziale, ma il lavoro suona comunque incredibilmente fresco, segno che Zappa, nonostante la malattia e la coscienza di essere arrivato al termine della sua vita, stava vivendo una nuova rinascita come compositore, con tutto l'entusiasmo che potesse avere. Un'uscita di scena che aiuta anche a digerire meglio l'oscurità e la drammaticità di "Civilization Phaze III", il vero finale della discografia Zappiana (e, comunque, un grandissimo capolavoro).

Voto: 8,5


FZ:OZ (Vaulternative VR 2002-1)
Data di pubblicazione: 16 Agosto 2002


Dopo tre anni di silenzio, viene inaugurata l'etichetta Vaulternative, che si occupa delle pubblicazioni di archivio di Zappa. Questo doppio CD, contiene il 95% del concerto a Sydney del 20 Gennaio 1976. Sebbene non si tratti il miglior tour di Zappa, questa uscita è comunque di notevole interesse perché rappresenta un periodo poco rappresentato nella discografia ufficiale: una formazione contenente Zappa come unico chitarrista, Roy Estrada, primo mitico bassista dei Mothers, Napoleon Murphy Brock al sax e alla voce, André Lewis alle tastiere e Terry Bozzio alla batteria. Particolarmente riuscite le versioni di "Advance Romance", "Chunga's Revenge" e "Zoot Allures", e interessantissime le versioni embrionali di "Keep It Greasey", "The Illnois Enema Bandit" e "Let's Move to Cleveland", qua pubblicata col suo titolo originale "Canard Toujours". A coronare il tutto c'è anche un inedito, il rock bizzarro di "Kaiser Rolls", pubblicata addirittura due volte nel CD: una versione tratta dal concerto e un altra da una prova in studio. Buona anche la qualità audio, anche se alcune parti sono state prese da una versione audience.

Voto: 8


Halloween (Vaulternative/DTS 1101)
Data di pubblicazione: 4 Febbraio 2003


I concerti di Halloween al Palladium di NYC di Zappa erano leggendari, ancora di più quello del 1978, durante il quale la band di Zappa si esibì per 235 minuti filati! Purtroppo però, questa uscita è solo una "compilation" di 74 minuti tra le varie date di fine Ottobre al Palladium che si concentra maggiormente sui brani più semplici di Zappa, senza dare molta preferenza alle improvvisazioni e ai lunghi e ispiratissimi assolo di quei concerti. Questa pubblicazione è un DVD-Audio, formato che per alcuni è abbastanza scomodo, ma che consente, però, di ascoltare queste registrazioni anche in sorround, sicuramente non una cosa negativa. Nonostante il criterio di selezione dei concerti avrebbe potuto essere stato un po' diverso, il valore musicale di certe cose in questo album è innegabile, soprattutto nel gran finale di 17 minuti di "Black Napkins", che include anche "The Deathless Horsie". Altri brani degni di nota sono l'assolo iniziale "Ancient Armaments", una brillante "Stinkfoot", "Conehead" in versione embrionale con uno splendido assolo di violino di L. Shankar, e una versione di "Easy Meat" con l'arrangiamento diverso dal solito. Il resto dell'album contiene i classici brani che troviamo in quasi tutti i live di Zappa ("Dinah-Moe Humm", "Camarillo Brillo", "Don't Eat The Yellow Snow", "Muffin Man"), in buone versioni, ma che nulla aggiungono a quanto possiamo sentire in altre pubblicazioni. Citiamo la formazione: FZ, Denny Walley alla chitarra e alla voce, Tommy Mars e Peter Wolf alle tastiere, il già citato L. Shankar al violino, Arthur Barrow e Patrick O'Hearn al basso, Ed Mann alle percussioni e Vinnie Colaiuta alla batteria. I più esperti avranno sicuramente notato l'assenza di Ike Willis che, stando alle parole di Ed Mann, in quel periodo era temporaneamente in pausa dal tour a causa di una brutta influenza.

Voto: 7,5


Joe's Corsage (Vaulternative VR 20041)
Data di pubblicazione: 30 Maggio 2004


Con questa pubblicazione inizia la "Joe's Corsaga", che cerca di fare uscire quelle cose storicamente importanti che però sono destinate solo ai fan più accaniti perché possono dare qualche problema all'ascoltatore medio, per vari motivi. Questo primo CD della saga è un caso a parte perché si tratta di qualcosa di grande interesse e con qualità audio professionale: le registrazioni dei Mothers of Invention del 1965, prima di "Freak Out!", alcune delle quali contenenti il mitico Henry Vestine alla chitarra, più avanti chitarrista dei Canned Heat. Il resto della formazione consisteva in FZ, Ray Collins alla voce, Roy Estrada al basso e Jimmy Carl Black alla batteria. Particolarmente interessante la versione qua contenuta di "I Ain't Got No Heart" (trasformata a quasi uno shuffle) e "I'm So Happy I Could Cry" che non è altro che una versione innocente di quella che poi diventerà la scanzonata "Take Your Clothes Off When You Dance". Nel CD è presente anche una sequenza dal vivo dove i Mothers si cimentano in qualche brano R'n'B, probabilmente registrata al Broadside di Pomona. Gli altri brani del disco sono simili alle loro versioni definitive e il disco in sé è abbastanza breve, ma si tratta comunque di un documento storico essenziale e irripetibile.

Voto: 8,5


QuAUDIOPHILIAc (Barking Pumpkin/DTS 1125)
Data di pubblicazione: 14 Settembre 2004


Come "Halloween", anche questo è un DVD-A,  contenente alcuni missaggi quadrofonici effettuati da Zappa nel corso della sua carriera (e rimasti inediti). Questo spiega come mai nella scaletta vi siano presenti molti brani nelle loro versioni originali ("Naval Aviation in Art", "Ship Ahoy", "Wild Love"...). Il disco contiene anche molte chicche come "Chunga Basement" (una lunga versione in studio di "Chunga's Revenge"), una versione alternativa di "Waka/Jawaka", "Rollo", che si collega alla parte finale della "Yellow Snow" suite e "Basement Music #2". I mixaggi quadrofonici sono generalmente molto azzeccati e il disco scorre fluido, musicale e apprezzabile anche in stereo, per cui ve lo consigliamo caldamente.

Voto: 8,5


Joe's Domage (Vaulternative VR 20042)
Data di pubblicazione: 1 Ottobre 2004


Una prova in studio del 1972 registrata durante il periodo in cui Zappa si trovava costretto su una sedia a rotelle per via di un incidente con uno spettatore accaduto al Rainbow Theatre di Londra nel Dicembre 1971. I musicisti sono FZ, Tony Duran alla chitarra e alla voce, Ian Underwood all'organo, Alex Dmochowski (detto Erroneous) al basso, i fiatisti Sal Marquez, Malcolm McNab, Ken Shroyer e Tony Ortega e Aynsley Dunbar alla batteria. Questa non è una delle formazioni andate in tour (documentate successivamente su "Wazoo" "Imaginary Diseases"); il disco sembra contenere una delle prove per la registrazione dei due album incisi da Zappa in quell'anno ("Waka/Jawaka" e "The Grand Wazoo). Questo album ha ricevuto molte critiche, per via della qualità audio scadente e perché il materiale musicale è un po' frammentario (si tratta pur sempre di una prova in studio) per cui è meglio che chi ha uno standard molto alto, si tenga alla larga da questo CD. Lo scolaro Zappiano, invece, troverà molto interessante sentire il metodo di lavoro di Zappa e dove questi (straordinari) musicisti avessero più difficoltà nelle composizioni. Certe sequenze sono di fattura veramente eccellente, come ad esempio il medley "Blessed Relief/The New Brown Clouds", mai eseguito dal vivo. Forse l'unica vera critica che si può fare all'album è che, guardando la scaletta, ci si aspetta di trovare molti inediti, anche in realtà ve n'è uno solo (la bella "Another Whole Melodic Section"). Chi vuole fare l'avvocato del diavolo, può giustificare la cosa facendo notare che si tratta semplicemente dei titoli originali delle composizioni (ad esempio "Think it Over" non è altro che "The Grand Wazoo", intitolata così per via del testo originale, poi eliminato per la versione ufficiale), ma specificarlo non avrebbe certo fatto arrabbiare nessuno.

Voto: 7


Joe's XMASage (Vaulternative VR 20051)
Data di pubblicazione: 21 Dicembre 2005


Pubblicato per quello che avrebbe dovuto essere il sessantacinquesimo compleanno di Zappa, questa uscita contiene cose del periodo Studio Z (1962-4). Purtroppo, spesso, il valore storico delle selezioni è più alto di quello musicale: il 75% dell'album è costituito da dialogo registrato in varie occasioni e il rimanente 25% sono jam sconclusionate (suonate anche maluccio) e altri esperimenti sonori. Poche le cose veramente gradevoli all'orecchio: la versione originale di "Why Don'tcha Do Me Right?", il mixaggio alternativo di "Mr. Clean" (uscita come singolo all'epoca) e, soprattutto, la puntata dell'"Uncle Frankie Show", un programma radio che Zappa aveva nel 1964 in un collage di Pomona, soppresso quando si scoprì che non era uno studente. La puntata qui pubblicata contiene varie informazioni storiografiche molto utili, un po' dello humour Zappiano dell'epoca e un interessante assolo di chitarra blues improvvisato. Non avendo accesso alla Vault è difficile capire se sia un disco selezionato male o se tutto il materiale dell'epoca sia più o meno così ma, in ogni caso, è consigliabile solo al fan più accanito. In effetti, chi mai ascolterà più di una volta gli 11 minuti di "The Purse", nei quali Frank e i suoi amici descrivono i contenuti di una borsa di una cheerleader con un atteggiamento tale che ricorda gli adolescenti del film "Porky"?

Voto: 5


Imaginary Diseases (Zappa Records ZR 20001)
Data di pubblicazione: 13 Gennaio 2006


Un potpourri di registrazioni tratte dal Petit Wazoo tour di fine 1972, mai rappresentato ufficialmente nella discografia di Zappa e quindi inedito a tutti coloro che non sono collezionisti di nastri. La formazione: FZ, Tony Duran alla chitarra, Dave Parlato al basso, Jim Gordon alla batteria e una sezione fiati comprendente Malcolm McNab, Gary Barone, Tom Malone, Bruce Fowler, Glenn Ferris e Earle Dumler. Tra improvvisazioni ("Been to Kansas City in A Minor", "DC Boogie" e soprattutto, il vorticoso crescendo di "Montreal") e composizioni non presenti in nessun'altra parte della discografia ("Farther O'Blivion", in seguito smembrata in varie composizioni Zappiane tra cui "Be-Bop Tango", parti di "The Adventures of Greggery Peccary" e "Cucamonga", e la title-track, vera e propria gemma rimasta all'oscuro per 44 anni), ci si trova per le mani un disco che, per la prima volta in molto tempo, presenta materiale integralmente completamente inedito. Poco da dire, ma da avere assolutamente! Prima della pubblicazione di "Imaginary Diseases", lo ZFT aveva annunciato due pubblicazioni dedicate al Petit Wazoo ("Wazoo", pubblicato nell'Ottobre 2007, non conta perché è un altro tour) e, in effetti, rappresenta solo una piccola parte di quello che veniva eseguito all'epoca e si concentra squisitamente su materiale strumentale. Tra le cose più gustose che mancano all'appello di questo tour, ci sono l'inedita "Little Dots", "Waka/Jawaka" e i primissimi arrangiamenti di "Don't You Ever Wash That Thing?" e "Montana". Speriamo bene!

Voto: 8,5


Trance-Fusion (Zappa Records ZR 20002)
Data di pubblicazione: 7 Novembre 2006


Questa pubblicazione è stata preparata da Zappa stesso prima della sua morte, e si tratta semplicemente del terzo capitolo della saga "Shut Up 'n' Play Yer Guitar" e "Guitar", ovvero una collezione di assoli di chitarra tratti da vari tour, in questo caso dal 1979 al 1988. Gli assolo sono tutti ottimi e variegati ("Bowling on Charen" è una delle migliori prove di Zappa, sia in quanto tecnica sia in quanto intensità) e ci sono anche due commoventi duelli tra Frank e il figlio Dweezil registrati alla Wembley Arena di Londra il 19 Aprile 1988: la già famosa "Chunga's Revenge" e "Bavarian Sunset". Dei due lavori preparati da Zappa contemporaneamente ("Dance Me This" "The Rage and the Fury", contenente partiture di Edgar Varese dirette dallo stesso Zappa), invece, ancora nessuna traccia. Gail ha recentemente detto che saranno pubblicate entro il 2012 e speriamo di poterle ascoltare presto! (NOTA: al momento della revisione di questo articolo, nel 2014, i due album sono ancora inediti)

Voto: 8+


The MOFO Project/Object (Zappa Records ZR 20005 [2 CD], Zappa Records ZR 20004 [4 CD])
Data di pubblicazione: 5 Dicembre 2006 (2 CD), 12 Dicembre 2006 (4 CD)


Per il quarantennale del primo album dei Mothers of Invention "Freak Out!", lo ZFT comincia la serie "Project/Object", dedicata ai making of degli album. Il primo CD contiene il mixaggio originale del disco presente in vinile (tutte le edizioni CD riportano un parziale remix e remaster del 1987), precedentemente inedito in digitale. Il secondo, si concentra sui vari pre-mix, tracce base e take vocali non usati, alcuni interessanti, altri meno, e contiene un brano scartato ("Groupie Bang Bang", parodia di "Not Fade Away", brano impossibile da pubblicare perché troppo volgare e con una satira troppo pungente verso certi gruppi dell'epoca, sicuramente non tollerabile da un gruppo al primo disco). Il terzo è diviso in due parti: la prima è un riassunto della session che ha scaturito "The Return of the Son of Monster Magnet", e consiste di varie improvvisazioni condotte, vocali e percussive, e altra musica suonata apposta in modo che i "freak" potessero scatenarsi (emblematico il commento di Zappa alla fine della session: "per favore, lasciate lì dove sono gli strumenti quando uscite: non sono nostri!"), mentre la seconda è una breve ma bellissima testimonianza dal vivo al Fillmore East il 25 Giugno 1966, quando il gruppo si esibiva prima del comico Lenny Bruce. Infine, il quarto CD presenta mixaggi alternativi preparati da Zappa dopo la pubblicazione del disco (e quasi tutti mai usati, a parte la versione 45 giri di "Trouble Every Day" e "It Can't Happen Here" da "Mothermania") e qualche intervista di varie epoche di Zappa, interrogato, in generale, su questo periodo, anche sociologicamente. Una manna insomma, per chi conosce "Freak Out!", e alcune parti ci fanno sentire presenti mentre i Mothers registrano il tutto. Caldamente consigliato, essendo un ascolto molto interessante che non si fermerà dopo una volta. Piuttosto, quello che speriamo non si ripeta mai più è l'infelice l'idea di includere sulla versione doppio CD 7 brani non disponibili sull'altra, costringendo i fan più accaniti a procurarsele entrambe.

Voto: 9.5


The Frank Zappa AAAFNRAA Birthday Bundle (Zappa Records/iTunes)
Data di pubblicazione: 15 Dicembre 2006


Primo dei Birthday Bundle, una serie di pacchetti pubblicati esclusivamente su I-tunes contenenti brani di Zappa e del resto della famiglia. Lo scopo dell'articolo è di trattare delle pubblicazioni postume del padre, quindi ignoreremo i pezzi dei figli. Le cinque selezioni qui presentate tra l'altro non sono particolarmente interessanti, a parte una eccellente versione dal vivo del 1988 di "Bamboozled by Love" e, forse, da un punto di vista storico, il remix di "Fine Girl" con Chad Wackerman alla batteria. Gli altri brani, ovviamente, non sono disprezzabili, ma non è ben chiaro il motivo per il quale sono stati scelti e con che criterio. Tra l'altro non è nemmeno stato pubblicato il giorno stesso del compleanno di Zappa.

Voto: 5


Buffalo (Vaulternative VR 2007-1)
Data di pubblicazione: 1 Aprile 2007


Questo doppio CD contiene la registrazione integrale di un concerto tenuto a Buffalo (New York) il 25 Ottobre 1980. FZ, Steve Vai (al suo primo tour) alla chitarra "stunt", per via della difficoltà delle parti suonate, Ray White e Ike Willis alla chitarra e alla voce solista, Tommy Mars e Bob Harris alle tastiere, Arthur Barrow al basso e Vinnie Colaiuta alla batteria. Chi scrive non è particolarmente un fan di questo tour e il punteggio viene chiaramente penalizzato da questo. Sconcertanti i ritmi iper-veloci di molte delle composizioni, quasi a volerle terminare più in fretta possibile in modo da poter iniziare quella successiva. Questo non significa che non ci siano motivi sufficientemente validi per ascoltare l'album (uno su tutti i 23 minuti di "The Torture Never Stops", nei quali succede di tutto) o che non vi siano certe sezioni ispirate, ma, personalmente, questo è l'unico tour di Zappa che definirei quasi freddo e calcolato. In ogni caso, questa release è stata apprezzata da moltissimi fan, quindi, coloro a cui piace il disco "Tinseltown Ribellion", sicuramente ameranno questo doppio concerto integrale, registrato professionalmente e, di conseguenza, con qualità audio da disco ufficiale.

Voto: 7,5


The Dub Room Special! (Zappa Records ZR 20006)
Data di pubblicazione: 24 Agosto 2007


In occasione della ripubblicazione su DVD dell'omonima VHS che Zappa pubblicò nel 1982, venne pubblicata anche una colonna sonora che conteneva parte della musica pubblicata nel video, tratta da un concerto speciale registrato nei KCET Studios il 27 Agosto 1974 e i due concerti al Palladium di New York a Halloween del 1981. Nonostante ci sia la scusante che questa colonna sonora sia stata preparata da Zappa stesso in vita, chi ha il DVD non ha necessariamente bisogno del CD, nonostante la versione di "A Token of My Extreme" non sia presente sul video. Se dovessimo valutarlo come disco in sé, risulterebbe cervellotico l'accostamento delle due tracce del 1981 con il resto del materiale del 1974, anche il livello musicale rimarrebbe molto alto, vista la qualità delle esibizioni e dei brani contenuti. Come pubblicazione in sé, invece, non c'è altro da dire.

Voto: 7


Wazoo (Vaulternative VR 2007-2)
Data di pubblicazione: 31 Ottobre 2007


Mentre "Imaginary Diseases" conteneva un breve riassunto del Petit Wazoo tour, "Wazoo" contiene la registrazione integrale di un concerto a Boston il 24 Settembre 1972 durante il Grand Wazoo tour. La differenza tra le due formazioni può essere ricavata facilmente dal titolo: il Grand Wazoo (Settembre) era di 20 elementi, mentre il Petit (Ottobre - Dicembre) era una formazione ridotta di 10. A costo di essere eccessivamente meticolosi, riportiamo ancora una volta la formazione completa: FZ, Tony Duran alla chitarra, Ian Underwood al piano e alle tastiere, Dave Parlato al basso, Jim Gordon alla batteria, Tom Raney e Ruth Underwood (alla sua prima apparizione sul palco con Zappa) alle percussioni e la sezione fiati costituita da Mike Altschul, Jay Migliori, Earle Dumler, Ray Reed, Charles Owens, Joann McNab, Malcolm McNab, Sal Marquez, Tom Malone, Glenn Ferris, Bruce Fowler e Kenny Shroyer. L'album permette di sentire un'inedita versione big jazz band di Frank Zappa, con tutti i pregi (arrangiamenti impeccabili, improvvisazioni ispirate, assolo di chitarra intensi) e i difetti (esecuzioni a volte un po' traballanti) che ne conseguono. I momenti maggiori di interesse sono "Variant Professional March", che verrà in seguito "Regyptian Strut" e l'esecuzione integrale della suite "The Adventures of Greggery Peccary", mai più proposta dal vivo. Una delle critiche che ha ricevuto di più questo lungo brano è che avesse un eccessivo sovraccarico di parole e che sacrificasse la musica per fare posto alla storia. In realtà, ascoltando attentamente, si possono sentire tutti gli ingredienti tipici della musica Zappiana e, nel caso ci fosse bisogno di aiuto, questa versione dal vivo strumentale permette di gustarsi meglio le intricate e squisite tecniche musicali apportate da Zappa (a onor del vero manca uno dei momenti migliori della suite, la "Steno Pool", ma all'epoca, quella sezione del brano faceva parte di "Farther Oblivion" e non era stata pensata per "Greggery Peccary"). Un altro disco postumo importante ed essenziale per lo scolaro Zappiano.

Voto: 8,5


One Shot Deal (Zappa Records ZR 20007)
Data di pubblicazione: 13 Giugno 2008


Tra le pubblicazioni postume, questa è senza dubbio quella che suona di più come un disco finito e, il che è facilmente spiegabile dal fatto che si tratti di due blocchi editati e costruiti da Frank finché era in vita, chissà per quale progetto. Tra le due sezioni vengono inseriti un paio di bonus track, a mo' di sandwich. La prima parte (tracce 1-4) consiste da quattro improvvisazioni di vari anni: il blues di "Bathtub Man" (1974, sicuramente tratto da un'esecuzione di "Cosmik Debris"), il folle rumorismo di "Space Boogers" (1974, rock) e "Heritage" (1975, orchestrale ed elettronico), e la jazz/fusion di "Trudgin' Across The Tundra" (1972, Grand Wazoo), che contiene quella che in futuro diventerà la linea di basso di "Don't Eat The Yellow Snow". Seguono tre bonus track, non meno interessanti, incentrate sullo Zappa chitarristico; "Occam's Razor" è l'assolo di chitarra di "Inca Roads" tratto da un'esibizione a Eppelheim, in Germania, il 21 Marzo 1979. Questo assolo è stato pubblicato xenocronamente all'interno di "Toad-O-Line" su "Joe's Garage", e nel suo contesto originale suona completamente diverso. "Heidelberg" è un'eccellente improvvisazione di Febbraio 1978, precedentemente pubblicata ufficialmente sull'audio cassetta del 1987 "The Guitar World According to Frank Zappa" rimasta inedita in digitale fino a questa pubblicazione, mentre questa versione di "The Illinois Enema Bandit" registrata il giorno di Halloween del 1981 al Palladium di New York, probabilmente è stata pubblicata solo per pubblicizzare il DVD "The Torture Never Stops", che contiene estratti di quei concerti. Infine, il secondo blocco editato e preparato da Zappa contiene una versione embrionale e molto diversa da quella definitiva della "Yellow Snow Suite", registrata a Sydney nel Giugno del 1973, con il finale della "Rollo" pubblicata in seguito su "QuAUDIOPHILIAc". Un album che affascinerà soprattutto coloro che hanno comprato gli album originali in diretta, per via della sua natura.

Voto: 9


Joe's Menage (Vaulternative Records VR 20081)
Data di pubblicazione: 26 Settembre 2008


55 minuti di un concerto a Williamsburg il 1 Novembre 1975. 7 di questi 8 brani sono presenti su "FZ:OZ", la formazione è praticamente la stessa e la qualità audio, anche se nitida e comprensibile, non è professionale (si tratta di una stage recording, che cattura anche il riverbero della sala in cui stavano suonando). Perché allora pubblicare questo CD? Tre i motivi: uno musicale, uno storiografico, e uno che può entrare in entrambe le categorie. Partiamo dal più importante: questa è l'unica pubblicazione ufficiale dove possiamo trovare la sassofonista e corista Norma Bell, che pur essendo tecnicamente dotatissima venne lasciata a casa a metà del tour per via di comportamenti "poco professionali". Secondo, questo concerto deriva da una cassetta che Zappa diede al suo fan e amico Ole Lysgaard nel 1978, uno dei pochi privilegiati ad avere dei souvenir dal Maestro stesso. Terzo motivo, non sottovalutabile, le esecuzioni di questi brani sono di gran lunga superiori a quelle trovabili su "FZ:OZ", con Zappa ispiratissimo e aggressivo: i suoi vari assolo su "Carolina Hard-Core Ecstasy", "The Illinois Enema Bandit", "Lonely Little Girl" e soprattutto quello di "chitarra ritmica" su "Chunga's Revenge" sono un vero e proprio pugno in faccia, con uno Zappa che non è mai stato così rock prima di allora. Che dire, inoltre, della splendida e poetica versione di "Zoot Allures", qui ancora nel suo primissimo arrangiamento, addirittura antecedente a quella di "Frank Zappa Plays The Music of Frank Zappa"? Se siete in grado di sopportare una qualità audio non esattamente perfetta (anche se comunque, ribadiamo, nitida e comprensibile), non lasciatevelo sfuggire!

Voto: 8



The Frank Zappa AAAFNRAAA Birthday Bundle (Zappa Records/iTunes)
Data di pubblicazione: 21 Dicembre 2008


E mentre tutti aspettavano impazientemente "Lumpy Money" (vedi disco successivo), la cui pubblicazione veniva continuamente posticipata per chissà quali motivi, lo ZFT ha fatto uscire su Itunes un altro "Birthday Bundle". Come giò detto anche per l'altro, le parti che non sono di Frank Zappa non sono rilevanti ai fini di questo articolo, quindi, verranno ancora una volta ignorate. Anche questa volta abbiamo solo 5 brani, più interessanti degli altri, ma sempre non proprio essenziali. A parte una stranamente onesta, sentita e non parodistica versione di "America the Beautiful", citiamo almeno "Gorgeous Inca", un assolo tratto da "Inca Roads" appunto, veramente eccellente e curiosamente introspettivo. Per il resto, niente di esattamente magnifico, ma neanche scarso.

Voto: 5,5


The Lumpy Money Project/Object (Zappa Records ZR20008)
Data di pubblicazione: 21 Gennaio 2009


Triplo CD e secondo volume della serie "Project/Object", dedicato agli album "Lumpy Gravy" e "We're Only in It For The Money", considerati da Zappa come collegati (il terzo capitolo della trilogia è "Civilization Phaze III"). Il primo CD è riservato alle rarità: la prima parte è dedicata alla prima versione di "Lumpy Gravy", uscita brevemente nel 1966-7 su 4-tracce. Le copie stampate furono pochissime e l'oggetto divenne una rarità: Zappa stesso nel 1971 disse di tenersi strette quelle copie perché avevano un valore inestimabile e le poche volte che questi nastri finiscono su e-bay, vengono venduti a cifre altissime. La differenza tra quella prima versione dell'album e quella uscita nel 1968 per la Verve era che non si trattava tanto di un esperimento sonoro, quanto di un vero e proprio disco orchestrale, diviso in movimenti. Quasi tutto il materiale è poi finito sulla versione Verve, ma rimontato e, in entrambi i casi, ci sono alcune sezioni non presenti nell'altra. Il resto del primo CD contiene la versione in mono di "We're Only In It For The Money", con sostanziali differenze nel mixaggio, fuori stampa dal 1968 e inedita in digitale prima d'ora (rimangono fuori stampa le versioni in mono di "Freak Out!" e "Absolutely Free", gli unici altri due album dei Mothers ad avere un mixaggio a parte per il vinile monofonico). Il secondo CD si occupa dei due remix degli album effettuati negli anni '80, con sovraincisoni di basso e batteria di Arthur Barrow e Chad Wackerman rispettivamente. Questa versione di "Lumpy Gravy" rimase nel cassetto fino al 2009, per un ripensamento dell'ultimo secondo, ed è interessante perché le sovraincisioni di basso e batteria sono state effettuate prevalentemente sui dialoghi, rendendo l'effetto simile al disco "Thing-Fish", coevo di questa nuova versione. "We're Only In It For The Money", invece, è stato completamente rimontato e rimaneggiato e, ovviamente, tolto di ogni tipo di censura avvenuta nel 1968. Questa versione fu il primo CD di Zappa ad essere stampato e fu la versione disponibile per qualche tempo, con molta ira dei fan. Solo nel 1995, quando la Rykodisc ristampò l'intero catalogo si tornò alla versione originale, lasciando quella rimaneggiata fuori stampa fino al 2009. Il terzo CD, invece, contiene session orchestrali (incredibile il brano iniziale di 25 minuti intitolato "How Did That Get In There?"), che si alterna tra sezioni quasi di musica classica moderna e il jazz più puro, così come i due frammenti identificati come "Unit 3A, Take 3", basato su un tema composto da Zappa intorno al 1961 per la colonna sonora del film "The World's Greatest Sinner" e "Section 8, Take 22", una versione embrionale della splendida "King Kong", futuro cavallo di battaglia di Zappa), tracce base, prime versioni e alcuni frammenti di studio dalle session "We're Only In It For The Money" e, come su "The MOFO Project/Object", interviste a Zappa dove parla dei due album. Imperdibile!

Voto: 9,5


Philly '76 (Vaulternative Records VR 20091)
Data di pubblicazione: 15 Dicembre 2009


Un'altra pubblicazione che copre una formazione poco rappresentata nella discografia Zappiana. Qui si parla del gruppo di fine 1976, con FZRay White alla chitarra e alla voce, Patrick O'Hearn al basso, Eddie Jobson alle tastiere e al violino, Terry Bozzio alla batteria e Bianca Odin, cantante e tastierista che, come la già citata Norma Bell, non riuscì a rimanere fino alla fine del tour. L'unico brano dell'intera discografia a contenere la cantante, fino ad ora, era "Wind Up Working In A Gas Station" su "You Can't Do That On Stage Anymore, Vol. 6", tratto dal concerto di Philadelphia il 29 Ottobre 1976. Questo doppio CD è dedicato proprio a quel concerto, integrale e senza nessun taglio. La Odin dà una buona prova delle sue capacità soprattutto nella versione di "You Didn't Try To Call Me", veramente da brividi. Bianca, però, non è l'unico motivo per prendere questo disco: vi sono altri momenti pregevolissimi, come l'intensissima versione di "Black Napkins", con uno splendido assolo di violino di Jobson, "Advance Romance" con un O'Hearn in formissima, il classico r'n'b "Stranded in the Jungle" e una versione super-funky di "City of Tiny Lights", qui ancore nel suo stadio iniziale. Il concerto è stato registrato professionalmente su multitraccia, quindi la qualità audio è assolutamente incredibile e la performance è ottima, con Zappa e Jobson che risaltano in maniera particolare. Da avere, non solo per i fan sfegatati!

Voto: 9,5


Greasy Love Songs (Zappa Records ZR20010)
Data di pubblicazione: 19 Aprile 2010


Terzo volume della serie "Project/Object", dedicato al omaggio/parodia del doo-wop anni '50 "Cruising with Ruben & The Jets" uscito nel 1968. Così come "We're Only In It For The Money", questo album, al momento della sua ristampa nel 1984, fu pesantemente rielaborato, con le sovraincisioni di basso e batteria di Barrow e Wackerman, il contrabbasso suonato da Jay Anderson e un mixaggio radicalmente diverso, che in alcuni casi, utilizzava dei take diversi. Prima di questo album, il disco originale era inedito su CD e, nel corso del tempo, uscirono molti bootleg con la versione originale dell'album. Finalmente, dopo 42 anni, con questa pubblicazione, il disco originale ha rivisto la luce, non più da vinili consumati, ma dai master tape originali, con una chiarezza del suono ineccepibile. Oltre al disco originale, c'è qualche bonus track relazionata al disco e tra le cose più interessanti abbiamo una versione di "Stuff Up The Cracks" con l'assolo di chitarra integrale, senza tagli, la versione 45 giri di "Jelly Roll Gum Drop" e la primissima versione di "Love of My Life" risalente ai tempo dello Studio Z, nel 1962! Pubblicazione essenziale, a chi si avventura nella discografia di Zappa per la prima volta consigliamo di procurarsi questo prima del CD con il titolo originale del disco, che contiene tutt'ora il remix degli anni '80.

Voto: 9,5


Congress Shall Make No Law (Zappa Records ZR20011)
Data di pubblicazione: 20 Settembre 2010


Questo CD era stato pubblicizzato come "le udienze contro il PMRC del 1986 e pezzi inediti di synclavier". Quando i titoli sono stati resi disponibili si pensava che i primi due brani fossero la testimonianza e il resto i pezzi inediti per synclavier. Sbagliato: 12 brani su 13 sono parlati con 10 secondi di synclavier all'inizio di ogni traccia. L'unico brano non parlato, "Reagan at Bitburg Some More" dura poco più di un minuto. Questo rende il totale musicale a meno di cinque minuti di musica in un CD di un'ora. D'accordo, Zappa non era solo un musicista, ma anche un idealista e in un certo senso un filosofo. Ma perché far pagare per queste cose, quando la testimonianza (ovvero le prime due tracce) era già di dominio pubblico, e quindi disponibile gratuitamente in rete per chiunque fosse interessato? Senza contare, inoltre, che per poter capire ciò che viene detto bisogna avere una conoscenza Inglese perlomeno decente, cosa non scontata per i fan di Zappa non Americani che, tra l'altro, potrebbero pure essere poco interessati ad una faccenda del genere: Zappa stesso sostituì "Porn Wars", brano satira del PMRC, con tre brani diversi nell'edizione non-Americana di "Frank Zappa Meets The Mothers of Prevention". Tutto sommato c'è spazio anche per album di questo tipo, ma questo progetto rimane un'operazione ingiudicabile, interessante solo da un punto di vista storico, e che avrebbe meritato una pubblicità migliore e una campagna di marketing più onesta.

Voto: N/A


Hammersmith Odeon (Zappa Records VR20101)
Data di pubblicazione: 6 Novembre 2010


Forse, calcolando cos'avrebbe potuto causare la pubblicazione di "Congress Shall Make No Law" o forse in seguito a minacce di morte e quant'altro, dopo neanche due mesi esce un mastodontico triplo CD in grado di soddisfare i fan. Dal 24 al 27 Gennaio e il 25 Febbraio del 1978, la formazione del gruppo di Zappa contenenti Adrian Belew alla chitarra e alla voce, Patrick O'Hearn al basso, Tommy Mars Peter Wolf alle tastiere, Ed Mann alle percussioni e Terry Bozzio alla batteria, tenne cinque concerti all'Hammersmith Odeon di Londra che vennero registrati professionalmente in modo da ricavare le basic track per quello che nel 1979 diventerà l'album "Sheik Yerbouti", completato in studio. Questa pubblicazione contiene un mix di quattro di quei cinque concerti ed è una vera manna. Oltre alle eccellenti "The Torture Never Stops", "Pound for a Brown", "Punky's Whips", "Muffin Man" e "Black Napkins", vi sono anche versioni primordiali di "Flakes", dove al posto della parte finale cantata vi sono improvvisazioni chitarristiche di Belew e duelli di chitarra tra lui e Zappa, "Envelopes", originariamente era un brano cantato e soprattutto "Watermelon in Easter Hay" mancante della drammaticità della versione definitiva, ma comunque di grande bellezza e diversa dall'altra versione primordiale presente su "Frank Zappa Plays The Music Of Frank Zappa". Nessuno dei brani presenti su "Sheik Yerbouti" è la versione da cui sono derivate le backing tracks, probabilmente perché Zappa aveva tagliato fisicamente i brani dal master. Comunque sia, "Hammersmith Odeon" è una delle migliori pubblicazioni postume, e chi apprezza Terry Bozzio sarà felice di sapere che oltre ad avere un assolo di batteria ("Terry Firma"), è anche molto presente nel mixaggio generale. Da avere!

Voto: 9




NOTA: Questo articolo è stato modificato nel 2014, per renderlo un po' più esauriente e ha avuto, nel frattempo, tre seguiti, contenenti recensioni delle altre pubblicazioni postume di Zappa:

- Frank Zappa II 2.0
- The Return of the Son of Frank Zappa II
- Frank Zappa's continuing voyage into the twilight realm of his own secret thoughts

Potete comprare gli album al BARFKO-SWILL SHOP!