venerdì 22 gennaio 2010

Ok Go - Of The Blue Colour Of The Sky (Capitol Records, 2010)


Se siete di quelli che giudicano un gruppo dal singolo di debutto o dall'estetica, passate parola. Gli OK GO non fanno per voi. Il panorama indie inglese (americano se parliamo di loro) partorisce sempre progetti interessanti impacchettati già per passare di moda, ma gli OK GO di QUESTO disco non fanno certo parte di quel gruppetto. Se parlassimo del periodo “tapis roulant”, seppur buono, saremo ancora in quell'ambito abbastanza “indie rock insipido” da gustare solo se sei un lettore di NME, ma qui si inizia a sperimentare. Non come hanno fatto gli Strokes per il terzo disco. Di più, molto di più.
Il singolo, WTF?, in apertura di disco, spiazza immediatamente. Il gruppo è completamente cambiato. Poco commerciale per essere uno degli estratti, ma con un groove da paura (un cinque quarti come non se ne sentivano da tempo nelle chart), anacronistico, elegante. Salti nel passato continui (All Is Not Lost e Back From Kathmandu), intermezzi da country del triste cantastorie di turno (Last Leaf), giochi di vocoder neanche troppo aggraziati (Before the Earth Was Round). L'unico pezzo che si avvicina al vecchio stile della band è Needing/Getting, anche se non contiene nulla di quel power pop fin troppo melodico da essere ricordato. In effetti brani come questi ci fanno capire dove sta la differenza: i coretti quasi beatlesiani, i tempi più complessi, una struttura generalmente molto studiata, suoni incredibilmente pieni. Tutto quadra. Anche la semi-elettronica assolutamente fuori dal tempo (citiamo i Bluvertigo su un disco americano, eh beh?) di White Knuckles e End Love stupisce, e il caleidoscopio un po' si scalda con toni di reminiscenza nostalgica da eighties. Con i suoni dei novanta. Ma ve lo aspettavate? Psichedelia in ogni forma. A concludere In The Glass, tra Grandaddy e Wilco, duo comprensibile se pensate che poteva cantarla Bjork e sarebbe stato comunque un brano memorabile (nulla contro l'eccentrica islandese, per essere chiari).
Esperimento riuscito, azzeccato in ogni dettaglio, colpevole di venire fuori dalle menti di quattro musicisti simpatici, con una particolare attenzione ai videoclip che li ha catapultati nello star system prima ancora di poter dimostrare la loro vera vena artistica, la maturità che questo “Of The Blue Colour of the Sky” dimostra appieno. Superdisco. 

Voto: 8.5 

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