Il "Cuore Elettroacustico" di Massimo Dedo è un muscolo cardiaco variopinto, multiforme. Dalle variegate esperienze in tour e in studio con moltissimi nomi tra i più noti della nostra scena (ne citiamo alcuni, Elio e Le Storie Tese, Nomadi, Niccolò Fabi, Arisa) deriva l'eterogeneità, forse risultato delle troppe influenze di cui giocoforza il suo percorso musicale è imbevuto, mentre la precisione chirurgica nel suonare e comporre è senz'altro diretta conseguenza del suo passato da orchestrale, tra gli altri con il maestro Riccardo Muti e al Festival di Sanremo.
Prima di tutto, Dedo - così lo dobbiamo chiamare - è un trombonista, e risulta strano, ma non troppo, che questo strumento non sia l'elemento essenziale del disco. In "Piango alla TV", Faso ruba la scena all'autore principale di questo lavoro, ma uno dei momenti più incisivi di questo album è "Il Ballo del Maiale Ingrifato", conclusione ironica, dalla costruzione tortuosa ma saggia, in definitiva un viaggio strumentale che ha molto da dire.
Il funk e lo ska, sparsi senza pretese lungo tutto il disco, ci donano le porzioni più divertenti e simpatiche, con una virata surf sferzante e malinconica solo in "Inverno Maledetto", eccellente dimostrazione di caparbietà autoriale. Max Gazzè in "Taggami il Nervo dell'Amore" disperde energie positive con il suo basso e la sua voce, duettando con Dedo in un episodio - di questi tempi immancabile - di satira moderna, con obiettivo i social network e l'uso che se ne fa.
Non è un disco di cui viene naturale discutere a lungo. Scivola liscio, tra una risata e una lacrima, appena scolorito da una produzione freddina, modernizzata in maniera imprecisa con il risultato opposto. In ogni caso, non si può parlare di un lavoro anonimo, grazie alla presente e pregnante personalità di Dedo, che riesce a lasciare il segno e dare un'immagine sempre più completa del suo essere artista.