Sono già parecchi anni che il panorama musicale siciliano sembra vivere un proprio Rinascimento, con progetti di diversa estrazione e tipologia, uniti però dalla cura al dettaglio e sicuramente da una tendenza alla contaminazione. Sarà l'aria che si respira nella provincia dell'impero, in un'isola caleidoscopica ma insieme cupa, lambita da venti africani che ne influenzano finanche i connotati culturali, ma ciò che esce da questa terra così lontana dal Nord iper-industrializzato è sempre più sovente sinonimo di qualità. In merito ai Karbonica, bastano artwork, definizione dei suoni, precisione del mastering e strategie promozionali selezionate a capire che ci sono dietro ragazzi con la smania di raggiungere un obiettivo, insomma, di spaccare.
Addentrandoci nell'analisi di questo "Quei Colori", ci imbattiamo subito nella sua struttura monolitica, dieci brani diretti al cuore, intensi, con pochi momenti di distensione ben piazzati a sciogliere i nervi. Liricamente, si tende al testo impegnato, ma senza eccessi populistici o pomposi, come sa mettere in musica in maniera impeccabile solo un nativo di queste terre ("Pezzo d'Africa", "La Tua Rivoluzione"). Sonorità piuttosto moderne ("Ti Racconterò", "Scappo Via") attualizzano un sound tendenzialmente piantato fermamente negli anni ottanta (la title track, che può ricordare i primi Diaframma o Litfiba, ma anche "La Tua Città"). I Karbonica, comunque, funzionano meglio quando tentano di avvicinarsi ai costumi musicali degli ultimi tempi, abbandonando i linguaggi grunge, hard rock e new wave. Questo è fondamentalmente il loro limite (anche un po' il look à la primi Timoria), lasciando trasparire che con una bella operazione di sacrosanto ammodernamento potrebbero trovare il loro posto fisso nell'olimpo dell'alternative/indie rock italiano, uscendo dalle retrovie. Per ora, sembrano aver paura di saltare dal trampolino, sebbene in tribuna gli astanti siano tutti sicuri delle loro possibilità.