Progetto caratteristico quello di Beppe Dettori, di cui abbiamo già parlato su queste pagine, e Raoul Moretti, arpista italo-svizzero, in omaggio all'artista folk sarda Maria Carta, concepito insieme alla Fondazione Maria Carta di Siligo, paese natale dell'interprete. Il frontman dei Tazenda ha la possibilità, in questo contesto sonoro pesantemente influenzato dal folklore mediterraneo, di fare sfoggio di tutto lo studio applicato nei decenni alla sua voce ed evocare anche così, oltre che con le parole, immagini oniriche e molto colorate, dotate anche di un'aura quasi sacrale, sempre eleganti e ben dosate per una massima resa. L'arpa impreziosisce il tutto, in particolare con il calore e la ritmica dei pizzicati.
I brani sono otto, sette già interpretati dalla Carta, l'ultimo un inedito ("Ombre") che, anche se suona strano dirlo per il suo ruolo naturale di pesce fuor d'acqua, potrebbe essere il più riuscito del lotto (o sicuramente il più radiofonico). "A Bezzos de Iddha Mia" potrebbe essere il manifesto del disco, un contrasto continuo tra un'anima tradizionale e dagli orizzonti ristretti, e una più moderna e affacciata in un mondo ormai cosmopolita. Non mancano contaminazioni elettroniche (loop gestiti da Moretti, perlopiù), incisi più rockeggianti pur senza averne mai la grinta (in ogni caso non neceessaria), il tutto servendo sempre il fine di dare il massimo risalto all'intento popolare e contemporaneamente celebrativo di questo lavoro.
La candidatura al Premio Tenco era più che meritata e, anche se la vittoria non è arrivata, questo "(In)Canto Rituale" rimarrà comunque impresso come un segno indelebile nel nostro panorama musicale, come un tributo di pregevole fattura ad un nome importante, ma forse poco conosciuto, che potrà anche così essere riscoperto, realizzato da musicisti di livello che sanno come imbastire un prodotto di alto livello.