sabato 28 marzo 2009
Chris Cornell - Scream (Interscope, 2009)
sabato 21 marzo 2009
Pete Doherty - Grace/Wasteland (Emi, 2009)
Grace/Wasteland è effettivamente un album vario e piuttosto valido. Si tratta di una serie di ballate, dodici per l'esattezza, alcune con il solo Pete da protagonista, che spaziano dal rock con influenze post-punk che siamo abituati a sentire dalle sue band, al pop inglese di Blur (“Last Of The English Roses”, il singolo, un pezzo molto orecchiabile sebbene cupo ed in puro stile brit-pop, ci ricorda i Blur di prima generazione) e The Good, The Bad & The Queen. Le canzoni fondate sulla chitarra e la voce di Doherty, da “Arcadie” a “1939 Returning”, passando per “Salome”, sono pezzi discreti, intimistici e valorizzati soprattutto dalla presenza di alcune orchestrazioni di sottofondo. “A Little Death Around The Eyes” è un pezzo più classico, con sonorità che abbiamo apprezzato in versione più pop negli anni 2000 dai Garbage. Piccole perle a loro modo sono “Through The Looking Glass”, con dei cambi inaspettati che la deviano dalla sua anima lenta e malinconica, e la successiva “Sweet By And By”, che si presenta come la canzone più “diversa” dell'album, vicina a generi più classici come il swing ed il jazz, quasi tutta basata su un piano saltellato che conferisce un tono meno scuro a questa parte del disco. “Broken Love Song” ricorda molto da vicino alcune produzioni dei Manic Street Preachers, soprattutto nel ritornello, e si presenta come un ottima ballata nonostante sia il pezzo meno statico del disco. Le tre tracce non citate non passano comunque inosservate e non tolgono nulla ad un album originale ed apprezzabile, in particolar modo per come testimonia una certa evoluzione artistica nel percorso di questo artista.
Unico difetto dell'album probabilmente la piattezza di alcuni pezzi che sono tutti godibili ma che a volte, soprattutto quelli più calmi, sembrano tutti simili tra loro. Inoltre Doherty, che in concerto ha dimostrato più volte di non possedere una tecnica vocale così esagerata, riesce a divincolarsi bene tra i piccoli cambi di atmosfera che ha sapientemente inserito in questo disco, e quindi pollice alzato per la sua performance. In ogni caso con una produzione all'altezza e un mix di suoni del tutto adatto questo album raggiunge un livello stilistico ed artistico notevole, che può potenzialmente piacere a tutti anche se chi sperava nelle influenze più punkeggianti dei Libertines rimarrà a bocca asciutta.
Così, mentre ci si aspettava un album oltremodo autoreferenziale da un artista sopra le righe come Doherty, ci imbattiamo in un'uscita completa e polivalente, che sicuramente sarà ricordata come una delle migliori di questo 2009 tra le uscite major inglesi. Consigliato ai fan del pop inglese e a chi vuole un sincero disco cantautorale.
Voto: 7,5
*Questa recensione è stata scritta per www.impattosonoro.it
venerdì 20 marzo 2009
Riaffiora - French Kiss EP (No-Pop/Emi, 2008)
L'EP French Kiss dei Riaffiora, trio pop/rock padovano già in circolazione da qualche anno, arriva in un momento in cui la scena italiana si sta riprendendo dalla crisi che l'aveva colpita nei primi anni del nuovo millennio. Già da qualche tempo la scena underground italiana si è rimessa in moto con l'evasione dalle sale prove di numerose band più o meno meritevoli che hanno trovato l'appoggio in quella ventata di fresco portata anche da internet. I Riaffiora sono uno dei tanti gruppi che si stanno proponendo al pubblico italiano, con notevoli meriti evidenziati dal prodotto che mi appresto ad analizzare più dettagliatamente.
giovedì 19 marzo 2009
Papa Roach - Metamorphosis (Interscope, 2009)
Il quinto album in studio dei Papa Roach non merita un'introduzione tanto vasta semplicemente perché definirlo "l'ennesimo album dei Papa Roach" è il massimo che si possa fare. Effettivamente questo lavoro di Shaddix e soci non propone nulla che non avessimo già sentito soprattutto con "Getting Away With Murder" e "The Paramour Sessions", dove i quattro avevano iniziato ad abbandonare le origini legate al rapcore e al nu-metal per navigare verso lidi più alternative e più rockeggianti, senza mai lasciare da parte i riff potenti e graffianti che li contraddistinguono. Il risultato, che mi appresto ad analizzare più nel dettaglio, è un album omogeneo ma purtroppo senza nessuna innovazione.
Il disco si apre con una marcia dal tono epico, "Days Of War", un'introduzione di quasi 2 minuti che sembra dare veramente un taglio nuovo al disco, come il titolo "Metamorphosis" potrebbe suggerire, ma purtroppo tutti i cliché del quartetto di Vacaville tornano subito nei primi due pezzi. "Change Or Die" è un pezzo molto tirato, potente, tra i migliori del CD, anche se non regala niente ad un progetto ormai stantìo. "Hollywood Whore", primo singolo, ha un ritornello piuttosto melodico che ci ricorda le produzioni come "Scars" con le quali i Papa hanno provato, con successo, a penetrare nel mondo di MTV che già li aveva ospitati all'epoca di "Last Resort". La maggior parte dell'album è composta da pezzi catchy e dall'assoluta mancanza di spunti creativi, perché diciamocelo, questo genere è morto da anni. E' cosi che il singolo "Lifeline", il cui riff principale suona come un plagio della melodia di pianoforte di "Everybody's Changing" di Keane, è il pezzo migliore dell'album, con un ritornello molto trascinante ed adatto a perseguire uno degli scopi preferiti di Shaddix: il pogo ai concerti. Molti pezzi piuttosto banali passano inosservati, come "Live This Down" e "Carry Me", ripetizioni di numerosissimi pezzi già visti nei precedenti dischi. "I Almost Told You That I Loved" è un brano saltellato che sembra una cover di un recente successo dei Fall Out Boy, così come il pezzo conclusivo, "State Of Emergency", mediocre pseudoballata rock che conclude coerentemente un album che non arriva alla sufficienza, che si rifa molto ai primi Hoobastank. Insomma, un'accozzaglia di spunti che i Papa hanno tentato di utilizzare per rinnovarsi, senza riuscire nel tentativo di una "metamorfosi".
Dal punto di vista della produzione l'album è buono, sicuramente, grazie all'esperienza di Baumgardner che ha già lavorato con artisti del calibro di Evanescence e Sevendust, anche se ci si chiede se alcune canzoni siano adatte ad essere riprodotte in concerto per la stratificazione di distorsioni che richiederebbero più di un backliner per essere rese in tutto il loro barocchismo nei live. La tecnica del gruppo ha sempre lasciato leggermente a desiderare, se escludiamo la voce di Shaddix, sempre potente e precisa. La batteria di Palermo effettivamente è sempre la stessa dal primo disco e non trova mai modo di rinnovarsi, così come i riff che si basano sui soliti power chord che hanno usato ed abusato in tutta la carriera. Infine, i testi, che non meritano più di una letta, sono piuttosto banali e toccano i soliti temi che questo genere ormai ha riproposto in ogni modo, vale a dire qualche storiella sentimentale e un po' di riferimenti al sesso. Niente di nuovo neanche qui. Jacoby poteva a tutti gli effetti lavorare di più.
Insomma un disco che può essere sicuramente goduto e digerito dai fans più accaniti che avranno apprezzato anche il precedente The Paramour Sessions, a sua volta piuttosto banale, ma di poco impatto su chi ascolta altro, soprattutto il punk ed il metal di cui questi ragazzi hanno più volte dichiarato di volersi contaminare. Consigliato solo ai fans, per il resto...metamorfosi fallita.
Voto: 5-
mercoledì 18 marzo 2009
Ministri - Tempi Bui (Universal, 2009)
Voto: 8