Michele Salvemini, alias Caparezza, è presente da circa il 1998 sulla scena Italiana portando quella sana dose di umorismo, intelligenza e cultura di cui tanto abbiamo bisogno. Caparezza, nel suo panorama musicale, è senza dubbio un artista un po' atipico. E' uno dei pochi che presta attenzione ai contenuti musicali, oltre che quelli lirici, ed è praticamente l'unico che non si prende troppo sul serio, rendendo la sua musica una delle poche e vere e proprie ventate di aria fresca nel panorama musicale Italiano attuale. "Museica" è il suo sesto album in studio, uscito tre anni dopo "Il Sogno Eretico", intelligentissimo concept album basato sull'imposizione della credenza comune rispetto alla realtà e i suoi relativi danni.
Questo "Museica", come al solito, si occupa di pesanti (e, in molti casi, giustissime) critiche alla società. Il filo conduttore dell'album è la storia dell'arte (comprendendo anche la musica) e, dal punto di vista concettuale, l'album regge al 100%. Anzi, a dire il vero, da un punto di vista obbiettivo, il nuovo album di Caparezza, non può certo essere considerato brutto di per sé (a parte un paio di episodi molto poco ispirati, per usare un eufemismo; nello specifico "Comunque Dada" e "Giotto Beat"). Il problema principale è che, questo disco, purtroppo, sembra seguire uno schema ormai prefissato: la canzone d'entrata (letteralmente) che ha il compito di far entrare l'ascoltatore nello scenario del disco, vari testi umoristici con ampio uso di metafore ("Capa io canto le mie canzoni fiero! Si, mi ricordano un'opera di Manzoni, credo, e non parlo di Alessandro, ma Manzoni Piero", "Vivo solo a metà come quel disco di Brian Wilson, la sua grandezza: l'incompiutezza, non avrebbero dovuto pubblicarlo mai. Non avrebbero dovuto pubblicare Smile"), qualche intermezzo umoristico per poter introdurre meglio i brani (all'inizio di "Compro Horror", ad esempio) e la solita, inconfondibile, voce nasale che ci ha accompagnato fino ad ora. Sia chiaro: chi scrive non si aspettava certo che Caparezza facesse una svolta di 180°, ma, perlomeno, che il disco avesse qualche elemento che lo contraddistinguesse, cosa che, purtroppo, non avviene. Un altro difetto del disco è probabilmente la sequenza dei brani, troppo sbilanciata: gli episodi meno interessanti stanno prevalentemente all'inizio del disco (tra questi va incluso il singolo "Non me lo posso permettere", brano trascinante, ma che non sarà ricordato come uno dei migliori singoli di Caparezza), dando l'impressione di un disco un po' comatoso, mentre le cose migliori e più trascinanti sono verso la fine, tanto per lasciare un sapore migliore in bocca. Un ordine diverso, probabilmente, avrebbe giovato molto di più. Ci sono, comunque, degli episodi notevoli che valgono certamente l'acquisto del disco: "China Town", l'unico pezzo veramente atipico dell'album, la carica "Mica Van Gogh", "Troppo Politico", il cui messaggio è uno dei più azzeccati e condivisibili dell'intera carriera di Salvemini, "Kitaro", la personalissima versione di Caparezza della sigla dell'anime "Kitaro dei cimiteri", e soprattutto l'esaltante "Argenti Vive", violentissimo brano che, sicuramente, darà i suoi frutti migliori dal vivo.
A conti fatti è un disco che vale certamente la pena ascoltare, pur senza troppe aspettative, perlomeno da un punto di vista relativo. Il prodotto, infatti, offre ben poco di nuovo; qualche episodio pregevole, ma niente che devii troppo dalla carriera del rapper di Molfetta. Sicuramente è un album che potrà piacere molto a chi si avvicina per la prima volta al personaggio e ha compatibilità con lui: gli ingredienti, come già menzionato, ci sono tutti. Certo è che a noi che l'abbiamo scoperto con i suoi lavori precedenti ("Verità Supposte" nel caso di chi scrive), è andata molto meglio!
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