E' strano vivere in un periodo in cui gli artisti tentano sempre più di affermarsi con il revival, rivisitando il passato con una DeLorean e portandosi a casa momenti del nostro patrimonio musicale per consegnarlo ai posteri attualizzato. O scopiazzato. In ogni caso, sono scorciatoie che vengono prese sempre più spesso, ottenendo un lasciapassare per l'interesse dei media che trovano più facile commentare l'ennesima cover di Modugno piuttosto che analizzare una novità discografica sana e genuina.
Francess, nome d'arte della ventottenne italo-giamaicana nata a New York Francesca English, ha dalla sua la multiculturalità genetica, ambientale, reale, e questo sicuramente la assiste nel portare a casa uno splendido risultato pur facendo l'ennesima riproposizione di vecchi classici italiani. Prima di tutto, si è permessa il lusso e l'audacia di rendere contemporanei brani ormai scolpiti nella roccia, immutabili, conosciuti anche fuori dal Belpaese così come sono, anche senza la necessità di adulterarli in qualche modo. In seconda battuta, l'ha fatto con testa e dignità, non scegliendo nuovamente vesti swing, jazz, orchestrali, ma andando a navigare nei linguaggi lounge, latini, tropicali, mantenendo l'elettronica protagonista, in primo piano, ma conservando una natura timida e poco aggressiva. Niente casse dritte da serata a Riccione, per intenderci. E così, tra una versione latin pop con chitarre in levare di "Attenti al Lupo" e una "Vacanze Romane" vagamente industriale, notturna, cerebrale, le sue reinterpretazioni in inglese colgono nel segno, andando a unire due mondi separati da un oceano con una traduzione dignitosa, che rispetta la metrica, e una voce clamorosamente azzeccata. Lo stesso avviene per Buscaglione ("Guarda che Luna"), Gino Paoli ("Il Cielo in una Stanza") e soprattutto "Vengo Anch'io No Tu No" di Jannacci, Dario Fo e Fiorentini, divertente nell'originale del 1967, divertente qui. L'inedito "Good Fella", che si legge nella cartella stampa essere una dichiarazione d'intenti / manifesto sul proprio modo di intendere la pluralità di input culturali a cui è sottoposta l'autrice, non risuona tra i migliori momenti dell'album, ma restituisce comunque l'immagine di un'artista fervida, visionaria, che potrebbe riservare per il futuro uno squisito album di musica originale contemporanea e in equilibrio tra più mondi.
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