Don Van Vliet, meglio conosciuto come Captain Beefheart, assieme a
Frank Zappa (suo grande amico e allo stesso tempo suo grande rivale) è il musicista più originale che io abbia mai sentito.
Non c'è nessuno nella storia della musica moderna che suoni come uno di questi due artisti. Molto spesso si parla di un raffronto tra la musica di Zappa e quella di Vliet, ma è ingiusto verso entrambi paragonarli. Sono due artisti originalissimi con la propria personalità. Una delle differenze è che mentre Zappa è sempre stato lucido (nonostante la follia della sua musica), Vliet è sempre stato un visionario. Nonostante abbia già recensito un suo disco (consultare gli archivi) credo che il buon Capitano (ritiratosi dalle scene musicali dal 1982) meriti molto più che una recensione, ma un completo editoriale.
Come al solito parlerò strettamente degli album dal punto di vista musicale: non mi interessa far sapere al lettore dov'è nato Vliet, dove ha trascorso la sua infanzia o con che gruppi suonava prima di diventare Capitano Cuordibue (se volete sapere l'origine del suo nome leggetevi l'autobiografia di Frank Zappa).
Altre precisazioni: poiché non vi sono molti virtuosismi, a parte rari casi, non parlerò dei musicisti presenti negli album, ma mi soffermerò di più sulla musica in se. E' una scelta brutta, ma Vliet ha avuto così tanti musicisti diversi che distinguerli non solo è difficile, ma è quasi praticamente impossibile. Ignoreremo inoltre tutti i prodotti usciti dopo il 1982 (a parte qualche citazione).
Captain Beefheart inizia la sua carriera discografica non nel 1967 e non con "Safe as Milk" come si pensa, ma due anni prima, nel 1965, con due 45 giri:
"Diddy Wah Diddy"/"Who Do You Think You're Fooling?" e
"Moonchild"/"Frying Pan". La cosa curiosa è che soltanto il lato B di entrambi i singoli è stato scritto da Vliet. "Diddy Wah Diddy" è infatti uno standard di Willie Dixon, e "Moonchild" (pezzo notevole) è opera del produttore Dave Gates. Non c'è ancora traccia di sperimentalismo e si tratta di più di blues che altro. Ciònonostante sono due prodotti gradevoli che consentono di apprezzare la voce del Capitano quando canta blues e la sua maestrale abilità con l'armonica. I due 45 giri sono stati ristampati nel 1984 assieme a una b-side scartata proveniente dalle stesse session (
"Here I Am, Always Am", scritta da Vliet) in un EP intitolato
"The Legendary A&M Sessions", in seguito ristampato anche su CD. Passano due anni e finalmente Captain Beefheart & His Magic Band pubblicano il loro primo LP...
Safe As Milk (Buddah, 1967)
Il primo disco di Captain Beefheart non è ancora così sperimentale: il Capitano è infatti ancora molto legato al blues e (in minor parte, contrariamente a Zappa) al doo woop. Ciònonostante un po' di sperimentazione (ma non psichedelia) si avverte, soprattutto in brani come
"Electricity" nel quale Vliet canta con un intonazione ai limiti del dissonante, e nella quale, soprattutto, è presente un lungo assolo di theremin, strumento verrà usato in maniera melodica nel brano conclusivo dell'LP,
"Autumn's Child". Il resto dell'album è composto da ritmi tribali (
"Abba Zaba"), ballate doo woop (
"I'm So Glad"), brani flower power (
"Call On Me") e addirittura una bizzarra cover del bluesman Robert Pete Williams (
"Grown So Ugly"). Un buon debutto, che magari suona ancora acerbo, ma sicuramente non manca di varietà e di freschezza. Da segnalare, tra i musicisti, un giovane chitarrista (che qua in alcuni brani suona anche il basso) allora sconosciuto, ma che presto avrebbe fatto parlare di se:
Ry Cooder.
Strictly Personal (Blue Thumb, 1968)
Terminate le registrazioni dell'album precedente, l'idea era di fare un secondo disco intitolato
"It Comes to You in a Plain Brown Wrapper", ma divergenze contrattuali costrinsero Captain Beefheart & His Magic Band a cambiare label, e a riregistrare tutto quello che avevano fatto in quelle sesson (più avanti la Buddah Records farà uscire un album con parte di queste session, senza il consenso di Vliet). La musica è stranamente più "grezza" rispetto al precedente "Safe As Milk", ma questo fatto è stato ridotto dal produttore Bob Krasnow che infarcì di "effetti psichedelici" l'album. Inizialmente Vliet appoggiò questa scelta, per poi rinnegarla quando l'album era ormai già uscito. Questo album si potrebbe quindi definire un disco di "acid blues", inferiore al precedente, ma non per questo non godibile. Il fulcro dell'album sta in due brani: uno posto a metà del primo lato (
"Trust Us", una lunga e trscinante cavalcata) e l'altro posto al termine del secondo (
"Kandy Korn", un brano che inizia come uno spot di caramelle, ma che si trasforma in una ipnotica jam). Degne di nota sono anche
"On Tomorrow" e
"Safe As Milk", inspiegabilmente non presente nel disco precedente. Alcune scelte di Krasnow sono assai discutibili (alcuni nastri mandati al contrario a casaccio, il disco zeppo di reprise del primo brano dell'album
"Ah Feel Like Ahcid"), ma in definitiva non rovinano troppo l'atmosfera.
Trout Mask Replica (Straight Records, 1969)
Questo è sicuramente il disco più famoso di Captain Beefheart, e il primo a mostrare chiaramente il suo lato sperimentale e dissonante. Famosamente prodotto da Frank Zappa, e osannato in ognidove, è considerato il capolavoro di Captain Beefheart. Stupirò molti dicendo però, che secondo me, questo album è inferiore ai due precedenti e a molti di quelli che verranno. 2 LP zeppi di questa roba (definita da qualcuno "musica tritata e macinata") sono decisamente troppi. Chiariamoci: è un disco che ha fatto storia,
"Moonlight on Vermont" e
"Pachuco Cadaver" sono tra le cose migliori mai scritte da Vliet (
"The Blimp", "Pena", "Orange Claw Hammer", "When Big Joan Sets Up" e
"Frownland" sono altri brani degni di nota), e ascoltare questo album integralmente almeno una volta nella vita è essenziale. Io ho già dato però, e preferisco di gran lunga il successivo
"Lick My Decals Off, Baby".
Lick My Decals Off, Baby (Straight Records, 1970)
Ovvero, come riprendere, migliorare, togliere parti inutili e aggiungerne nuove migliori e modificare "Trout Mask Replica". Nonostante non vada assolutamente comprato come primo acquisto, questo album è uno dei migliori mai usciti di Captain Beefheart & His Magic Band. Le deliranti note di
"The Clouds Are Full of Wine (not Whiskey or Rye)", "Doctor Dark", "Peon", "Japan in a Dishpan", "I Wanna Find a Woman That'll Hold My Big Toe Till I Have To Go", "The Smithsonian Institute Blues (or the Big Dig)" e
"Space-Age Couple" confondono e magnetizzano la mente che è un piacere. Questo disco, purtroppo, è stato ristampato in CD solo a fine anni 80, e trovarlo oggi è praticamente impossibile. Da allora molte ristampe sono state annunciate, ma solo una in vinile è stata realizzata, nonostante le numerose petizioni. Un peccato perché è un disco che non dovrebbe mancare.
Mirror Man (Buddah Records, 1971)
Forse in seguito alla crescente popolarità di Vliet, la Buddah Records decide di pubblicare (senza nemmeno chiederlo al gruppo stesso) un LP ricavato da una sola session una notte a Los Angeles nel 1967 (e non nel 1965 come riporta erroneamente la copertina) per l'LP abortito "It Comes to You in a Plain Brown Wrapper". Si tratta di quattro lunghi brani, di cui uno già pubblicato su "Strictly Personal" (
"Kandy Korn", lunga il doppio). I tre brani rimanenti sono più che altro tre jam blues, che durano forse più del dovuto, e che alla fine del brano hanno la stessa intensità di quando è iniziato. Il fatto che questo lavoro sia grezzo non è una colpa di Vliet però, perché, come abbiamo già detto, non aveva intenzione di pubblicare queste session ufficialmente. Ciònonostante, dall'uscita del disco, iniziò a proporre la
title-track dell'album live. Nel 1999 il disco è stato ristampato con altri brani da altre session per "It Comes to You in a Plain Brown Wrapper" rendendolo un lavoro più godibile.
The Spotlight Kid (Reprise Records, 1972)
Altro cambio di stile per il Capitano, che pur rimamendo bizzarro decide di provare ad approcciare il suo sperimentalismo e il suo modo unico di vedere la musica al rock tradizionale. Il risultato è un disco di hard rock, dominato dalla splendida voce di Vliet e da chitarre distorte. Se ci fosse vita su Marte sono sicuro che il loro rock sarebbe un disco come questo. Brani come
"I'm Gonna Booglarize You Baby", "Click Clack", "There Ain't No Santa Claus on the Evenin' Stage" e la strumentale
"Alice in Blunderland" sono di qualità sopraffina e non fanno altro che testimoniare la genialità del nostro.
Clear Spot (Reprise Records, 1972)
Al termine dell'anno, Vliet ci regala un altro disco sulla falsariga del precedente. Si tratta ancora di hard rock "marziano", ma stavolta vi è la presenza di qualche gradevole ballata (come la belle
"My Head Is My Only House Unless It Rains" e
"Her Eyes Are A Blue Million Miles"). I brani degni di nota sono
"Low Yo Yo Stuff", "Nowadays a Woman's Gotta Hit a Man", "Crazy Little Thing" e soprattutto
"Big Eyed Beans from Venus", un vero e proprio inno, trascinante e coinvolgente. Un ottimo brano di queste session, intitolato
"Little Scratch" (con un ottima armonica e inusuali sovraincisioni vocali di Vliet, quasi Ian Andersoniane), rimase fuori dall'album ma venne pubblicato nel 2002 nella compilation "The Dust Blows Foward". Questo disco e il precedente sono disponibili in CD solo insieme.
Unconditionally Guaranteed (Virgin Records, 1974)
L'idea era probabilmente quella di fare un album come i precedenti due, ma il tentativo è finito male. Si tratta di un disco mediocre, infarcito di ballad sentimentali che mai e poi mai ci si aspetterebbe da Captain Beefheart & His Magic Band. Brani come
"New Electric Ride", "Full Moon, Hot Sun", "Peaches" e
"I Got Love on My Mind" sono certamente le cose peggiori che si possano trovare nella sua discografia. Due i brani da salvare:
"Upon the My-O-My" riuscito brano rock che non si discosta poi tanto dalla musica dei due album precedenti e
"This Is the Day", l'unico brano romantico del disco che suona genuino e che contiene un riff di chitarra molto più che interessante. Tutta la Magic Band al termine delle registrazioni pianta Vliet in asso, che sarà costretto a formare una nuova Magic Band prendendo musicisti tecnicamente competenti, ma non familiari con la sua musica (non a caso molti fan definirono quell'incarnazione della band Tragic Band). Un live album dal tour venne preparato, ma rimase inedito fino al 1994 (intitolato
"Live in London 1974"). Ascoltandolo si può capire perché.
Bluejeans & Moonbeams (Virgin Records, 1974)
La Virgin stava rigirando Captain Beefheart un po' come voleva. Questo disco è infatti stato pubblicato senza il consenso del Capitano, e soffre molto di arrangiamenti voluti dal produttore DiMartino, che rendono questo disco più tradizionale del solito. Vliet è particolarmente deluso da questo album, che secondo lui avrebbe potuto essere stato un bel lavoro se gli avessero lasciato fare quello che voleva. Per capire quanto la Virgin avesse considerazione di Vliet, la strumentale
"Captain's Holiday" non è stata scritta ne da Vliet, ne da nessun'altro membro del gruppo e in quel brano appare solo sporadicamente in veste di armonicista (anche se ci sono addirittura dubbi che sia lui a suonare!). Dulcis in fundo, Vliet aveva reclutato il suo vecchio chitarrista Elliot Ingber per dargli una mano a rendere il sound più Beefheartiano, e la casa discografica ha cancellato ogni traccia di Ingber dai master. Eppure nonostante tutto questo, e nonostante brani fiacchi come
"Further Than We've Gone" e
"Twist Ah Luck" questo album non è così male, quasi al livello dei due hard rock marziano del 1972. Ballate come la
title-track o
"Observatory Crest" non suonano ridicole come nell'album precedente ma escono invece interessanti e raffinate e convince anche il rock bizzarro di
"Party Of Special Things To Do", "Pompadour Swamp" e
"Rock'n Roll's Evil Doll". Non uno dei migliori, ma da rivalutare.
Bongo Fury (DiscReet Records, 1975)
Dopo l'ultima uscita della Virgin, Vliet ne ebbe abbastanza: ruppe il contratto, dichiarò i suoi ultimi album "orribili e volgari" e addirittura chiese ai fan che li restituissero. Vliet per risolvere alcuni problemi contrattuali (e salvare la faccia con i suoi fan) decise di ricucire il suo rapporto con Zappa (che si era deteriorato nel 1970 circa) e gli chiese aiuto. Zappa assunse Vliet come membro del gruppo ed iniziarono un tour a nome "Zappa/Beefheart/Mothers". Questo album è bello e interessante se siete interessati a Zappa, che effettivamente da una grande performance, ma se siete interessati a Captain Beefheart suona sottotono. Molto meglio procurarsi le registrazioni del tour (i due concerti d'apertura del tour a Claremont nel 1975 sono favolosi). Comunque un buon album, e il team Vliet-Zappa su
"Advance Romance" è favoloso. Fino al 1989 non venne pubblicato in Inghilterra perché la Virgin deteneva ancora diritti sulla musica di Captain Beefheart.
Bat Chain Puller (DiscReet Records, 1976)
Sebbene faccia parte della discografia ufficiale, questo disco è tutt'ora inedito. Nel 1976 Zappa e Vliet continuarono il loro sodalizio con una collaborazione a la "Trout Mask Replica". Ovvero, Zappa produsse l'album di Captain Beefheart & His Magic Band. Purtroppo, sempre per colpa della Virgin che continuava a sostenere di detenere diritti su Captain Beefheart, l'album non potè uscire e rimase inedito (anche se alcune copie vennero spedite ai giornali di musica permettendo all'album di essere distribuito). Musicalmente si trattava di un parziale ritorno allo stile di "Lick My Decals Off, Baby" aggiungedoci però una nuova componente moderna. Degne di nota sono
"Seam Crooked Sam" e
"Odd Jobs", gli unici brani a non essere riregistrati in futuro. Dopo quest'ennesima batosta da parte della Virgin, Vliet decide di ritirarsi temporaneamente dalla musica...
Shiny Beast (Bat Chain Puller) (Warner Bros. Records, 1978)
... per poi finalmente tornare due anni dopo più incavolato che mai. Questo album consiste in alcuni brani del "Bat Chain Puller" originale ri-registrati (e, credetemi, ne risultano infintamente superiori) e altri nuovi. Per un approfondimento migliore vi rimando alla mia recensione
qua, ma vi basti sapere che questo e i due seuccessivi secondo me sono i migliori album di Captain Beefheart & His Magic Band. Sublime. Dal tour di questo album, tra l'altro, è uscito un ottimo live nel 2000 intitolato
"I'm Going To Do What I Wanna Do".
Doc at the Radar Station (Virgin, 1980)
Due anni dopo Vliet inaspettatamente ritorna con la Virgin, che però questa volta gli lascia fare quello che vuole per merito anche del suo valente manager Gary Lucas, che suona anche la chitarra su questo e il successivo disco. Le aspettative non vengono deluse, e questo disco è solo leggerissimamente inferiore al precedente. Il rock marziano ritorna, e si accoppia felicemente allo sperimentalismo del 1972. Mentre
"Hot Head", "Ashtray Heart, "Sheriff of Hong Kong", "Dirty Blue Gene", "Sue Egypt", "Sheriff of Hong Kong", "Run Paint Run Run" e
"Making Love to a Vampire with a Monkey on My Knee" sono pietre miliari del rock sperimentale,
"A Carrot Is as Close as a Rabbit Gets to a Diamond" e
"Flavor Bud Living" sono deliziosi intermezzi bizzarri solo per chitarra che suonano come aria fresca in mezzo alla psicosi mentale che offrono gli altri brani. Ancora una volta, sublime.
Ice Cream for Crow (Virgin, 1982)
E con questo album, Vliet decide di abbandonare la musica e dedicarsi all'altro suo grande amore, la pittura, senza nemmeno organizzare un tour per esso. Questo album è un eccellente modo di andarsene dalle scene. La
title-track, "Skeleton Makes Good" (scritta il giorno delle registrazioni),
"The Host the Ghost the Most Holy-O", "The Past Sure Is Tense" (eccellente rifacimento della già eccellente "Litte Green Scratch" che abbiamo menzionato prima),
"Ink Mathematics", "The Thousandth and Tenth Day of the Human Totem Pole" e
"Hey Garland, I Dig Your Tweed Coat" sono tra le cose migliori dell'intera discografia e
"Semi-Multicoloured Caucasian" è semplicemente il miglior strumentale che sia apparso su un album di Vliet. Per l'ultima volta: sublime.
Dopo questo album Vliet si è dedicato più che altro alla pittura, fino a ritirarsi a vita privata e fare pochissime apparizioni dal vivo (oltre a concedere pochissime interviste). Attualmente pare che soffra di sclerosi multipla, anche se alcune persone in contatto con lui negano. Quello che è certo è che Don Van Vliet non inciderà mai più un disco, viste le continue delusioni e strapazzi avuti dalle varie case discografiche (e i conseguenti continui cambi di label).