martedì 17 agosto 2010

King Crimson - Red (E.P. Records, 1974)


Red è l'album della maturazione Crimsoniana. E' il primo album dai tempi di Island (1971) che riutilizza musicisti esterni come session man che variano in ogni traccia. E' il lavoro in cui si notano tutte (o la maggior parte ) delle caratteristiche principali che influenzano i Re Cremisi. E alla fine dell'ascolto di questo album viene veramente da dire che sono dei "Re".


Il tutto inizia con la title track che diventerà successivamente un simbolo live del gruppo, proposta e riproposta molte volte e sempre con un effetto devastante. Il riff carica e il suono è reso più potente dalle diverse tonalità e dalla sovraincisione che il gruppo ha eseguito in studio (sembra ci siano più chitarre ma è lo stesso Fripp a suonare) . Da qui emerge la prima caratteristica del gruppo, il brano completamente strumentale che si era imposto decisamente nel precedente album Larks' Tongues In Aspic (1973) e le sue rispettive title track. Non manca nel pezzo centrale la collaborazione di musicisti esterni con il violino di David Cross, elemento musicale in alcuni gruppi come i Kansas quasi dominante. Primo brano completato e l'effetto è quello di un inizio alquanto spumeggiante. Il secondo pezzo è il primo cantato, Fallen Angel; lì emerge la voce di John Wetton che sembra calzante a pennello, lui che di lì a poco diventerà il frontman per alcuni anni degli Uriah Heep (da notare la sua voce come sia simile a quella del passato Greg Lake e del futuro Adrian Belew). L'oboe di Robin Miller e la cornetta Mark Charig rendo le strofe così sinuose e quasi celestiali per poi arrivare ai tratti più duri e marcati dove da protagonista la fanno Robert Fripp con la sua chitarra e Ian McDonald (non suonava con i King Crimson da In The Court Of The Crimson King (1969)) con il suo sassofono "pazzo" che verrà preso come esempio da altri gruppi come gli Zu in Italia. Dopo il pezzo "dolce" si passa a una canzone dai tratti più hard fino ad arrivare alla classica sperimentazione-psichedelia che fa di loro dei maestri. One More Rednightmare ha un riff iniziale coinvolgente dove si esprime in tutta la sua bravura e fantasia anche Bill Bruford, e stiamo parlando di un batterista che ha fatto la storia anche con gli Yes. E' il brano dove ancor di più si percepisce la padronanza del Sax di McDonald. Peccato che si interrompa cosi bruscamente per la fine del nastro. Probabilmente chi ha ascoltato ques'album per la prima volta prima di arrivare alla canzone successiva, ha pensato che mancava un elemento tipico dei King Crimson, quello della completa improvvisazione. Questo è Providence, una canzone completamente improvvisata in live e rielaborata in studio come loro stile dove ognuno dà sfogo alla propria fantasia. Manca un ultimo tocco per rendere l'album eccezionale. Una pietra miliare del Progressive. Starless è l'ultima canzone dell'album, un brano epico per una fine epica. In questo pezzo Fripp si diletta nell'utilizzo del Mellotron, strumento classico del Prog, che carratterizza la prima parte della traccia. Se si ascolta la canzone attentamente si nota come il pezzo quasi vada in progressione, dal dolce al più marcato ma comunque lineare nella sua struttura. Nella parte centrale il tutto è caratterizzato da accordi ripetuti che accompagnano le percussioni di Bruford che aumentano di ritmo mano a mano per poi avere un brusco cambio di velocità all'ultimo. Ed è proprio quando si finisce di ascoltare questa canzone che si può definire l'album una pietra miliare. Un estremo capolavoro Progressive. Uno di quelli che andava ad arricchire la collezione visti quanti all'epoca se ne producevano.


Dopo Red i King Crimson si sciolsero per qualche anno, tornando con una formazione del tutto diversa solo nel 1981 in cui cambiò lo stile ma il tipo di approccio alla musica rimase sempre quello che li ha contraddistinti come uno dei gruppi più innovativi mai esistiti e lasciarono i loro fan con la bava alla bocca ma soprattutto con stile come fanno le vere leggende. L'album viene classificato dalla rivista Q Magazine come 19esimo album più duro della storia ma di citazioni nelle classifiche di Rolling Stone manco a parlarne. Si dice che questo lavoro sia uno di quelli che ha influenzato in maniera netta Kurt Cobain e i Nirvana. Come per le grandi opere d'arte spesso viene citato nel panorama musicale e si ha l'impressione che verrà citato sempre.


Voto: 9+

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