giovedì 23 settembre 2010
Camp Lion - La Teoria di Romero (New Model Label, 2010)
Tracklist:
1. Dimmi Cosa Ho Detto
2. Lo Stesso Punto
3. Lettera A M
4. Etere
5. Rattvik Parte 1
6. Rattvik Parte 2
7. Vuoti a Rendere
8. 45
9. Ombra
10. Deja Vu
11. Viale Mazzini
12. Meno di Uno Zero
13. Clever
Recensione:
Una volta messo nello stereo il disco dei Camp Lion ti scompare dalla mente che, nel titolo, compare il nome Romero. Il guru degli horror movies, citato anche nella presentazione per la stampa dell'album, sembra aver dato grande ispirazione alla band ma tutto ciò non sembra essere così lampante all'ascolto. Per dare una chiave di lettura più ampia della cosa, copiamo qui la loro spiegazione del concetto di "teoria di Romero:
"I film di George Romero hanno un'idea di fondo: il consumismo che dilaga violentemente e che rimane impresso negli uomini, come un marchio. Quando questi poi, vengono trasformati in Zombie (per ragioni che non ci interessano) tendono a ripetere le stesse azioni e gli stessi comportamenti di quando erano umani. Esempio eccitante fu "Zombi", "Dawn of the Dead" nell'originale, quando la popolazione zombie ritornava al centro commerciale come se l'abitudine malata fosse rimasta in loro anche dopo la trasformazione...un concetto piuttosto attuale!"
Il concetto è attuale, condivisibile e senz'altro di pubblico interesse. Il fatto che nei testi non ci sia particolare traccia di tutto ciò lo classifica più come uno spreco, ma non vogliamo considerare inutile lo sforzo della band di dare un senso al titolo del loro disco, poiché in esso troviamo anche tantissimi ottimi spunti. Di per sé ciò che propongono i Camp Lion è un pop/punk senza fronzoli, diretto, spoglio (in senso positivo) e assolutamente radio-friendly, evitando sperimentalismi, complicazioni chirurgiche e presenze esagerate di assoli o tecnicismi. Il risultato è che i brani, nella loro semplicità che costituisce a più riprese un pro e un contro per la buona riuscita del tutto, scorrono fluidi, veloci, e questo li aiuta nel penetrare a fondo nell'orecchio degli ascoltatori, che li fagocitano tanto velocemente da rimanere, qualche volta, illesi. E' il caso di "Dimmi Cosa Ho Detto", brano che ricorda i Jimmy Eat World più commerciali ma che con il testo in italiano, effettivamente, ci rammenta di più gli ultimi beniamini delle teenagers italiane (Lost, Finley, Broken Heart College) e straniere (All Time Low, Fall Out Boy). Lo stesso si ripeterà in "Lettera a M" e "Ombra", pezzi realizzati senza particolari pretese e in effetti piuttosto sfuggevoli alla mente, niente di evidentemente meritevole di essere ascoltato più di qualche volta. Ma da questo universo pop ci si sposta poi a quella "passione" per i Tre Allegri Ragazzi Morti che la stessa band ammette. Coniugando il loro interesse per l'alternative italiano con un sound vagamente brit-pop e power punk, si ottengono ottime canzoni come "45" e la doppia "Rattvik", divisa in due parti.
La band non sembra suonare male, anzi in alcuni momenti rivela una certa sensibilità nel realizzare alcuni passaggi e nell'incastro di riff di facile presa. Sterili batteria e basso, che comunque svolgono il loro lavoro egregiamente. Anche il sound è buono, azzeccato per il genere, coadiuvato da una produzione ottima per essere un debut.
Ricordano i Paramore, ma con la voce maschile, prima di scendere a patti con l'indie da classifica e passare a quel panorama italoinglese che recentemente ha sfornato gente come i Plastic Made Sofa. Che in effetti, a volte, gli assomigliano. Nei testi si scorge una certa voglia di puntare alla "facile comprensione", nonostante il loro appeal da lirica intimista che funziona per chi è abituato con certe ballad melense delle band emo-punk di cui sopra (quelle italiche soprattutto), e che, dopotutto, non si meritano di essere snobbate così tanto.
Ciò che si salva in questo disco è la freschezza degli arrangiamenti, sempre piuttosto limpidi, mai troppo rarefatti, perfetti per lo scopo che si prefigge la band. Se è quello di puntare in alto. Di negativo abbiamo l'inevitabile banalità di alcuni episodi del disco (soprattutto quelli più veloci) e quindi una difficoltà a digerirlo per chi non mastica questo tipo di linguaggio pop. Un disco senza particolari sorprese, ma che si può apprezzare sulle brevi distanze.
Voto: 6+
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