"Una Statua sulla Cattedrale". Citiamo subito il pezzo più classico e tradizionale nel lavoro della siciliana Rossella Aliano, anche perché l'unico, al netto di inflessioni dialettali e riferimenti espliciti, a rivelare la provenienza della cantautrice. Il disco, in verità, ha pochissimi tratti siculi e mediterranei, e vira più verso una musica d'autore moderna, sporca di elettronica, lasciando da parte le influenze più folk, da decenni tipiche dei songwriter di queste terre. In "Ali di Ferro" subentra anche un gusto quasi omerico, una narrativa da epopea, che allontana le sonorità elettroniche sintetiche à la Battiato per rientrare nel mondo del folklore, già circumnavigato dalla stessa Aliano nel suo precedente progetto Liberadante. In generale, il punto forte del disco è sicuramente la virata verso suoni contemporanei, synth, beat, contaminazioni interessanti e che sferzano via il sentore di essere di fronte all'ennesimo racconto di paese messo in musica dal cantastorie di turno. L'interpretazione vocale è ottima, con un unico tasto dolente - la chiusura in inglese - e tantissimi picchi d'intensità. Non virtuosismo barocco ma sentimentalismo, convinzione nel messaggio, emotività. Il singolo "Giuda", come si addice ai brani tipicamente radiofonici, è ballabile, banale, ma rimane in testa, e le soluzioni ritmiche scelte appaiono semplicistiche quanto martellanti ed efficaci.
"Blood Moon" pecca di mancanza di entusiasmo, di dinamiche, di saliscendi emozionali. Risulta un po' piatto, anche nelle scelte estetiche extra-musicali, ma in ogni caso si presenta come un pacchetto interessante, sicura anticamera di qualcosa di più denso e concreto.
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