Ettore Diliberto ha cominciato montando i palchi per Edoardo Bennato, lavorato nel mondo del cabaret e iniziato a imporsi come nome fondamentale della scena musicale già negli anni '80. Negli anni ha collaborato, sul palco e in studio, con nomi di ogni genere e calibro, e citiamo tra i più popolari Elio e Le Storie Tese (su disco nella celeberrima "Tapparella"), Eugenio Finardi, Gianluca Grignani, Max Gazzé e Franco Battiato, ma è una sintesi ingenerosa rispetto alla lunghezza del reale elenco che andrebbe fatto. Da vent'anni cavalca l'onda di un discreto successo con la sua band, le Custodie Cautelari, che hanno fatto della collaborazione attiva con molti dei personaggi chiave del nostro panorama artistico una cifra stilistica. Per "Notte Delle Chitarre (e altri incidenti)" le personalità toccano principalmente la scena rock italiana, ma anche quella del cantautorato e del progressive (per l'elenco completo vedere la copertina).
Cesareo degli EELST svolge un prezioso lavoro ritmico insieme al validissimo Alex Polifrone alle pelli per un pezzo d'apertura al fulmicotone, "Tic Tac (la vita che passa), dove la magnifica voce di Clara Moroni - nota ai più per i tour con Vasco Rossi - si sposa perfettamente con quella di Diliberto. In "Parte della Musica" le atmosfere ricordano un po' il Lucio Dalla degli anni '80, e l'ospitata ripesca proprio da quel periodo, con Marco Ferradini che nonostante il suo timbro riconoscibile e un brano cucito su misura per lui non contribuisce al punto dal renderlo il pezzo più memorabile. Discorso ben diverso invece per il momento più rock del disco, "Aria", con un ritmo incalzante e snervante che con altri suoni potremmo accostare al metal, e un entusiasmante lavoro di riff di Stef Burns, che riescono a dare ulteriore colore ad una canzone già di per sé eccezionale grazie alla grinta del frontman. "Chiudi gli Occhi e Senti" sembra un omaggio al rock più moderno. Riecheggiano qui chitarre à la Edge, i cambi energici dei primi Muse e una costruzione del pezzo molto R.E.M., pur senza fare risultare in alcun modo derivativo il tutto. E' strano ma gradevole l'apporto di Alberto Radius nel frangente più melodico e radiofonico del disco, "Se Poi Dio C'è", forte di momenti soul e gospel che regalano al disco l'ennesima impennata qualitativa a fronte di una moltitudine di generi per cui Ettore Diliberto ha rischiato di pagare il caro scotto dell'eterogeneità.
Questo lavoro delle Custodie Cautelari trova la sua forza nell'estrema professionalità degli innumerevoli pezzi da novanta che ne sono complici, unica garanzia per evitare che si trasformasse in una sfilata di celebrità e veterani senza capo né coda. E' invece la sintesi perfetta di quarant'anni di musica italiana, con passaggi di straordinaria qualità, nuotate nel mare calmo dell'orecchiabilità ma anche scelte di fatto molto particolari di chi evidentemente ama il rischio di sbagliare ma sa di poterlo affrontare a testa alta.
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