Sarà l'aria di mare, la particolare conformazione di un territorio chiacchierato ma in parte isolato, o più banalmente la storia culturale ed artistica della regione, ma l'area ligure dimostra da sempre, anche quando si slancia verso ovest abbandonando il suo capoluogo, una tradizione di musica d'autore che innerva anche chi è orientato ad altri generi musicali. Da Albenga, provincia di Savona, Davide Geddo porta a casa un risultato più che dignitoso tendendo l'ennesimo filo tra Duluth e Roma - dunque tra Bob Dylan e Francesco de Gregori - senza risultare ripetitivo né un clone dell'autore de "La Leva Calcistica del '68". Lo fa con sporadiche incursioni nel folk vero e proprio, ma rimanendo legato ad un suo linguaggio, imparagonabile ad altri nomi, che come già visto nei due precedenti lavori pesca da stili distanti ma consonanti ispirazioni che possano rendere il tutto originale: country (quasi western), blues, jazz, classic rock, synth-pop anni '90 e l'elenco potrebbe continuare per almeno qualche paragrafo. Cosa rende il tutto omogeneo e quindi coeso, compatto, ben amalgamato? La voce di Davide, i testi, la scelta di scrivere in una lingua semplice e d'impatto, ma senza ricercare citazioni politiche banalotte e i classici tuffi nella storia che tanti cantautori italiani ci hanno cacciato in gola facendoci sognare ma poi stancare (De André, Guccini, ecc.). Il contenuto lirico è infatti moderno, e ciò traduce un'opera musicalmente non così contemporanea (che dire dei flauti à la Ian Anderson di "Lampi di Settembre"?) in un organismo sintetico e che vive di luce propria, trovando un equilibrio difficile che chiaramente può non piacere a tutti. Lontano dunque dall'essere pop da classifica, forzato e spietato verso le orecchie dell'ascoltatore disabituato all'analisi musicale e a contesti armonici più elaborati. Si concede anche leggeri virtuosismi, senza eccessi, parlando di social network e dell'influsso negativo che stanno avendo su questa società sempre più neghittosa ("Non Dirmelo"), e momenti di tiepida quanto pungente ironia.
Un lavoro ben ponderato, che non scade mai nel triviale e nemmeno nel pomposo. Il giusto metro di misura che mancava nella scena cantautorale italiana degli ultimi anni.
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