Yes (2021) Steve Howe, Jon Davison, Billy Sherwood, Alan White, Geoff Downes |
martedì 19 ottobre 2021
Yes - The Quest (InsideOut Music, 2021)
venerdì 28 maggio 2021
Mauto - Il Tempo Migliore (Acustico) (Eea Publishing, 2021)
"Il Tempo Migliore (Acustico)" è la riedizione acustica del lavoro già pubblicato sul finire dell'anno scorso dall'artista romano Gianfranco Mauto, un cantautore che ha già saputo dimostrare al pubblico quanto importanti siano le parole, in un paese dove per tradizione la musica di questo genere ha sempre saputo far emergere grandi nomi, mettendo spesso in risalto le liriche rispetto agli arrangiamenti. In questo caso, anch'essi risultano molto curati, sebbene nella semplicità di una costruzione acustica che intende spogliare i brani di tutte le sovrastrutture estetiche per lasciare spazio, appunto, al contenuto. E l'esperimento è senz'altro riuscito, dando maggior lustro a brani che avevano probabilmente bisogno di respirare di più e di convogliare l'attenzione sull'anima dello scrittore, su quello che aveva da dire.
L'interpretazione notevole di Mauto riesce a consegnare nelle mani (e nelle orecchie) dell'ascoltatore esperienze vissute che impattano subito per la concretezza, il realismo, quell'essere terra terra che quasi richiama il verismo di Giovanni Verga ma anche le lancinanti sofferenze d'amore di Luigi Tenco. Il vero punto forte è infatti proprio la capacità di trasmettere le emozioni suscitate di volta in volta dai vari brani, che parlino di cuori spezzati ("Un Po' Di Te"), di ottimismo sul futuro ("Il Tempo Migliore", quasi una "Il Meglio Deve Ancora Venire" di Ligabue, però scritta da un autore che sa scrivere anche fuori dalle esigenze radiofoniche), fino anche ai drammi legati al morbo di Parkinson ("Le Mani Nel Vento"). Splendida anche la collaborazione con la cantante friulana Miranda Martino in "Nero Bianco e Blu", presente nel disco anche in una versione senza di lei, una vera gemma preziosa, soprattutto per come le due voci si intersecano armoniosamente trascinando chi ascolta DENTRO il pezzo, letteralmente.
Insomma, Mauto recapita al pubblico un lavoro raffinato, curatissimo, emozionante e profondo, contribuendo a richiamare l'attenzione sulla lingua italiana e sul saper scrivere, sul saper raccontare. Virtù, queste, sempre più relegate dietro le quinte. Per questo lo ringraziamo e aspettiamo la prosecuzione di questo viaggio nella sua vita.
sabato 15 maggio 2021
Alberto "caramella" Foà - Basta Unire I Puntini (Engine Records, 2021)
La raffinatezza degli arrangiamenti, lasciati interamente in mano al maestro Massimo Germini, incornicia perfettamente il racconto, sottolineando i passaggi più emotivamente coinvolgenti e quelli più scanzonati e allegri, mantenendo generalmente una leggerezza che in un genere come questo è merce rara. Sì perché questo album sa essere anche orecchiabile, radio-friendly, sebbene sicuramente poco adatto ad un pubblico giovane. Il milanese sa il fatto suo anche quando è il caso di piegare la voce al significato, usando questo mezzo espressivo per dare maggior risalto proprio a quei frangenti lirici ("L'Anima", "Come Le Onde del Mare") dove sentimenti ed emotività hanno bisogno non solo di una scrittura complessa e dettagliata, ma anche di far arrivare il messaggio all'ascoltatore.
Musica seria.
Musica fatta come Dio comanda.
Musica di cui c'è bisogno.
Grazie Alberto.
martedì 6 aprile 2021
Tallis - In Alia Musica Spero (A New Day Records, 2021)
Barlow formerà i Tandoori Cassette con i quali pubblicherà un 45 giri nel 1982 e presterà i suoi servigi ad artisti come Yngwie Malmsteen, Robert Plant e Jimmy Page. David Palmer (oggi Dee), che oltre ad essere tastierista era anche stato arrangiatore e co-compositore non accreditato di molto materiale classico dei Jethro Tull, decide di dare vita ad un progetto musicale a cui stava già pensando da tempo, che mischiasse rock e classica con utilizzo predominante di sintetizzatori. Evans viene integrato nel progetto e l'organico viene completato dal cantante e bassista Bill Worrall, dal batterista Mickey Barker e da un terzo tastierista, Dave Bristow; come nome della band viene scelto Tallis, in omaggio al compositore rinascimentale Thomas Tallis. Dopo un paio di concerti nel Surrey che destano l'interesse di case discografiche quali EMI, Decca e Virgin, i Tallis si recano negli Redan Recorders Studios di Londra tra il gennaio e il febbraio 1981 con l'intenzione di incidere il proprio album di debutto. Tuttavia, durante le registrazioni del disco Bristow riceve un invito da parte della Yamaha per collaborare alla creazione della DX7, la prima tastiera musicale interamente digitale in commercio. A questo punto, Palmer si rende conto di non essere in grado di gestire le dinamiche di gruppo e il progetto subisce una battuta d'arresto: il materiale viene riposto nel cassetto con l'intenzione di riprenderlo in mano in un futuro che, purtroppo, però non arriva. Il disco rimane così inedito per quarant'anni: solo uno dei brani incisi ("Disturbed Air") vede la luce nel 2001 all'interno della compilation "It's For You!" venduta in allegato alla fanzine Tulliana "A New Day". Il resto del materiale viene presentato per la prima volta in questa nuova pubblicazione.
L'album può essere diviso in due parti: tre brani originali e tre rivisitazioni di composizioni classiche. "Disturbed Air", posta in apertura all'album, è la più riuscita del primo blocco: un pezzo con accenni classici che ben si sposano alla natura rock della composizione, con un arrangiamento che consente ai sintetizzatori di primeggiare senza andare a scapito della sapiente sezione ritmica Worrell/Barker che qua dà il meglio di sé. La successiva "Urban Apocalypse" per anni è stata un po' uno dei tesori introvabili dei Jethro Tull: integralmente composta da Palmer ed incisa durante le session di "Stormwatch", rimase inedita fino al Settembre 2019 con la pubblicazione del cofanetto "The 10 Force Edition" per il quarantennale del disco. Il pezzo era stato comunque eseguito dal vivo nel 2001 da Palmer con la coverband Tulliana Beggar's Farm al raduno del fan club Italiano Itullians a Fidenza ed è in seguito stato incluso nel suo album solista "Through Darkened Glass" uscito nel 2018. La versione qui presentata è cantata da Palmer e, come arrangiamento, è un ponte tra l'originale inedito dei Jethro Tull e la sua rivisitazione di quarant'anni dopo, con qualche accenno alle atmosfere tipiche dell'epoca. Infine, "Worcester Man" è un breve godibilissimo affresco per piano e voce che verrà recuperato ed esteso con il titolo "At The Still Point" su "Through Darkened Glass". Per quanto riguarda le composizioni classiche, i Tallis presentano il loro personale medley di due movimenti di due sinfonie di Beethoven (la prima e la nona), un rondo di Mozart e, soprattutto, il canone di Thomas Tallis che, come atmosfera e arrangiamento, sarebbe potuto benissimo costituire una sezione centrale di qualche brano classico dei Jethro Tull senza sfigurare troppo. In appendice al CD troviamo una sorta di bonus tracks: le versioni strumentali di "Disturbed Air" e "Urban Apocalypse" e, soprattutto, una ottima riedizione del canone di Pachelbel incisa nel 1978 da Palmer, la sezione ritmica dei Jethro Tull Glascock/Barlow e il chitarrista Robert Foster.
Il materiale presente su questo disco non è senza meriti: la musica è godibile, ben arrangiata, eseguita impeccabilmente e presentata con una produzione tutto sommato appropriata, a parte qualche eccessiva punta di compressione nel mastering. Allo stesso tempo, è difficile giudicarlo come un lavoro compiuto dato che, evidentemente, non lo è: la sequenza non funziona molto bene e, a parte "Disturbed Air", i brani suonano quasi tutti come se avessero bisogno di altre rifiniture. Comunque, si tratta di un documento preziosissimo per i fan dei Jethro Tull che finalmente riesce a fare luce ad una parte mancante della carriera di Palmer. Soprattutto, però, la pubblicazione di questo album serve a finanziare la registrazione in studio del balletto "The Water's Edge", composto da Palmer, Anderson e Barre nel 1979, presentato dal vivo e mai inciso ufficialmente. In sostanza, acquistando l'album non ci si porta a casa solo un interessante documento d'archivio ma si fa anche un'opera di bene che potrebbe portare alla realizzazione di un importante tassello mancante alla storia dei Jethro Tull.
L'album può essere acquistato in copia fisica tramite Burning Sheds, oppure dal merchandising ufficiale di A New Day, e in digitale (flac) presso Alfold Rock-Blues Music.
Tallis (1980) Dave Bristow, Bill Worrell, Dee Palmer e John Evans |
lunedì 5 aprile 2021
Rejecto - Prima, Durante e...Dopo? (Autoproduzione, 2021)
Le quattordici tracce finiscono un po' a fatica, se analizzate sul piano prettamente musicale e del facile ascolto, ma dall'altro lato ciò che salva questo disco è la sua collocazione nel panorama rap, il suo significato. Da lavoro evidentemente di protesta, di denuncia, di rottura, rifugge ogni estetica e ogni dettame della contemporaneità per essere di conseguenza un prodotto originale, diretto e genuino, relegando così in secondo piano la necessità di essere orecchiabile e facilmente fruibile. La personalità dell'artista erutta in maniera vulcanica in ogni brano, una peculiarità che gli dona senz'altro fotta, carattere e credibilità come poche volte si è sentito ultimamente. La scrittura, le barre, i riferimenti culturali sono tutti azzeccati, anche quando macabri e triviali, tutti funzionali al raggiungimento del risultato. Certo, siamo lontani dall'efficacia di testi di protesta ben più alti di vecchie glorie come gli Assalti Frontali, i Sangue Misto de "Lo Straniero" e i 99 Posse, o ancor di più del primo fenomenale Frankie Hi Nrg, ma la motivazione non manca e i risultati arriveranno. Un po' di gavetta e una maggiore attenzione a rimanere "in griglia" e questo ragazzo potrà combinarne delle belle. Senza dubbio.
lunedì 29 marzo 2021
Ysé - Pezzi (San Luca Sound, 2021)
Le sue esperienze di vita e le personali visioni del mondo entrano a piè pari in un sestetto di brani molto variegato, dove spicca anche una toccante rivisitazione di "Rapide" di Mahmood, ma ciò che risalta è principalmente la voce della cantautrice, pienamente a suo agio in sonorità che ricordano quello che andava nelle radio a inizio millennio, ma con un occhio a quel folk sporcato di indie che sta dominando le classifiche negli ultimi anni. Il brano più riuscito è "Due Stelle In Mezzo all'Universo", un viaggio nel concetto d'amore e la sua capacità di essere pervasivo, di permeare nelle vite delle persone, condizionandole e, in alcuni casi, riempiendole. "Re e Regine (des Erreurs)" si permette di fare un lavoro molto difficile, ovvero narrare la condizione dell'umanità in lotta con la pandemia, mettere in evidenza le responsabilità del singolo, ricordando all'uomo che possiede per natura il dono di plasmare la sua vita e quella del pianeta che lo ospita. Tutto ciò, tra l'altro, rimanendo radio-friendly e senza scivoloni populisti. Un po' di girl power in "Waiting for Me", il capitolo più grintoso in quanto ad interpretazione e forza del messaggio, giustamente scelto come singolo vista la sua leggerezza e la durata al passo coi tempi dello streaming.
I suoni sono curati, spinti al punto giusto, sempre tenendo presente la necessità di mantenere alta l'orecchiabilità di tutto il pacchetto. Il lessico è vario anche se scontato, ma in questo tipo di musica conta di più veicolare il messaggio in maniera chiara, senza eccedere con la ricercatezza delle parole. Del resto, pure la semplicità va spesso a braccetto con l'immediatezza.
Che aggiungere? La giovane autrice sassolese è agli inizi ma sembra navigare saggiamente nella sua arte, non uscendo dalla sua zona di comfort ed evitando così di fare la fine di Icaro. Dopo questo EP, si spera in un album che ne articoli meglio le doti canore e di scrittura.
martedì 2 marzo 2021
Bruno Caruso - Assolutamente (Bruno Caruso & 9 Produzioni, 2020)
"Assolutamente" di Bruno Caruso, nato in Germania da genitori italiani e poi cresciuto in Calabria, esce sul finire del duemilaventi, l'anno che ha stravolto le vite di tutto il mondo ma che non ha, per ovvi motivi, rinunciato alla musica, spostatasi sul web, nelle camere da letto, nelle sale prove dei pochi fortunati possessori di spazi idonei alla propagazione e al concepimento della propria arte. La composizione, in ogni caso, non si è mai arrestata e artisti di ogni genere hanno dato sfoggio della propria creatività, spesso raccontando la propria condizione, in un anno che verrà ricordato, artisticamente, per il ritorno ad una concezione molto autobiografica della musica, fatta di racconti intimi, personali, sentimentali, alle volte anche politicamente e socialmente impegnati.
Bruno parla di sé stesso, della sua voglia di riscatto, delle sue opinioni su questo mondo e su come trascorrere la propria esistenza all'interno di esso, con un cantautorato prettamente pop/rock, strutture che non rinunciano a far coesistere melodia, ritornelli e aperture di stampo più alto, con una certa importanza riservata, giustamente, anche agli arrangiamenti, oltre che alle parole, vero centro nevralgico di questo lavoro. "Con Un Brivido", "Bisognerà" e "Domani", sono belle esortazioni all'ottimismo e alla scoperta di sé all'insegna del carpe diem e del buonumore, forse i pezzi più sentiti, dove l'interpretazione dell'autore permea il brano superando anche la rotondità e la consistenza delle parole in termini di significato. "M'abituerò" è un pezzo da genitori per genitori, ma non per questo banale né già sentito, forse da curare maggiormente sulle parti strumentali per rendere di più in termini di emozioni, in ogni caso efficace dal punto di vista del contenuto e della resa. "Metamorfosi" spiazza e tocca le corde di chi si sente interprete di vite che potrebbero aver preso pieghe migliori, tra i rimpianti e le nostalgie, la voglia di riscrivere alcune pagine.
In generale, nulla sorprende per originalità e genuinità, ma l'evidente aderenza stilistica tra il proprio percorso, le proprie liriche e la propria vita rende il tutto un pacchetto omogeneo, riuscito da tutti i punti di vista. Non servono del resto lo shock value a tutti i costi, la ricerca di momenti esplosivi o facilmente trasformabili in meme, quando si ha qualcosa da raccontare che trasuda coraggiosamente, quasi come un flusso naturale e incontrollato, dal proprio io interiore
. Un ottimo album, personale e rifinito, elegante e completo.
domenica 21 febbraio 2021
Beppe Cunico - Passion, Love, Heart & Soul (Autoproduzione, 2020)
Beppe Cunico, per il suo esordio nel panorama discografico italiano, investe del tempo e rilascia il suo "Passion, Love, Heart & Soul" a tre anni dal concepimento del primo brano. La stesura di un lavoro così sfacciatamente convoluto, lungo, dispendioso in termini di energie sia per la composizione che per l'esecuzione, richiede per l'ascoltatore un notevole investimento di tempo e una soglia dell'attenzione altissima, che solo gli estimatori del prog duro e puro conservano ancora nell'epoca in cui spopolano principalmente pezzi al di sotto dei tre minuti. Sono invece tutti sopra i cinque minuti di durata gli undici episodi di un lavoro che assume immediatamente caratteristiche epiche nelle sonorità, rifacendosi ai suoi numi tutelari, dichiaratamente Steven Wilson (citato nel titolo della traccia numero quattro, "An Evening with Steven Wilson")), i Genesis, i Marillion ("The Beginning"), sicuramente anche i Pink Floyd e la seconda metà della loro carriera ("Silent Heroes", ambientato a Chernobyl). In realtà, ciò che sorprende maggiormente è l'impasto sonoro che si genera grazie alla contaminazione con il pop rock di formazioni come U2 e i The Cure ("Reinvent Yourself", il momento più leggero e orecchiabile del lotto), in particolar modo nelle orchestrazioni e nei frangenti più tranquilli e posati, come la ballad "My Life", doveroso capitolo romantico che risulta, in fondo, il più riuscito. Stupiscono i cambi d'atmosfera, la capacità di usare musica e parole come un caleidoscopio, mettendo in scena tonalità cupe ma anche solari, tragedie e guizzi di speranza e candore, oscurità, malinconia, ma anche gioia di vivere, di esserci, di avere la possibilità di dire la propria con questi mezzi.
Testi, arrangiamenti, pasta sonora, missaggio, interpretazioni strumentali e vocali: tutto quadra, tutto è al suo posto, senza mai uscire dagli schemi. Una perfezione che può risultare quasi un difetto, quasi il mascheramento di un'umanità che invece, ripetendo gli ascolti, pervade tutto l'album e di fatto serve a rappresentare un amore per la musica che solo un compositore come il vicentino Cunico poteva incanalare in una maniera così emozionante, senza mai annoiare nonostante la prolissità e la verbosità di alcuni costrutti. Un album necessario, per capire che la musica non è solo istantanee mordi e fuggi, ma anche elaborazioni complesse, da digerire con cognizione di causa.
domenica 14 febbraio 2021
Boavista - Lì Dove Ci Sono le Stelle (Nutone Lab, 2020)
I bolognesi Boavista debuttano sul mercato discografico con un piacevole pop/rock scanzonato e leggero, senza pretese. "Lì Dove Ci Sono Le Stelle" strizza l'occhio a quella contaminazione tra rock ed elettronica orecchiabile e radiofonica che ha fatto la fortuna di formazioni come i Subsonica, senza tralasciare l'hard rock e il grunge degli esordi di Afterhours, Scisma, Timoria e Ritmo Tribale e un po' di indie britannico, per i momenti più allegri e ballabili.
In otto brani, c'è modo di sentirli ruggire e pestare in brani più aggressivi ("Alibi"), dare più importanza alle parole pur mantenendo un tappeto strumentale notevole (cosa che, a dire il vero, non capita in tutti i pezzi), come nel splendido synth-pop di "Il Mondo Che Vorrei" e nella title-track, e spiazzare con la visione antitetica dell'uomo e della donna di "Penelope". Liricamente, c'è un bel vocabolario, qualche immagine forte e qualcuna più annacquata, ma in ogni caso risalta un'identità ben distinta e facilmente individuabile, che se non altro fa assaporare originalità e freschezza. Alcuni arrangiamenti fanno forse percepire troppo nitidamente quali sono i numi tutelari e le influenze di questi ragazzi ("Ruggine" e "Vedrai") ma guardando il lavoro nel complesso nessuna canzone suona male, sicuramente grazie anche alle giuste scelte sonore e ad un mastering che rende giustizia. Anche l'interpretazione vocale dona lustro alle parole in maniera ineccepibile, con un timbro che da solo riesce ad arrivare anche dove alcune scelte nel songwriting avrebbero rischiato di impoverire il risultato finale. In tutto questo, il tema del ricordo affrontato in "Come Supereroi" riesce ad emozionare, elevando questo capitolo alla posizione di brano più riuscito e toccante.
Ci vorrebbe più grinta, ma per questa hanno tempo. Del resto è solo il primo album. Avanti così.
domenica 7 febbraio 2021
Gregorio Mucci - Non È Un Problema EP (Agnus Records, 2020)
"Non È Un Problema" per il cantautore toscano Gregorio Mucci debuttare in maniera così ambiziosa sul mercato discografico, farlo con un EP coraggioso, breve ma intenso. L'immagine di un artista impavido sovviene alla mente dello scrivente più che altro per la forza che Mucci trasmette con le sue parole, un messaggio di resistenza, di speranza, di sopravvivenza, perfetto contrasto al grigiore del periodo storico che stiamo, e sta, vivendo.
In verità, le tematiche sono banali, seppur trattate in un modo personale e con un lessico ricco, che permette all'autore di spaziare in diversi umori, non disdegnando nemmeno qualche capatina nel cinismo e nel sarcasmo. L'amore è quasi obbligatorio in un prodotto d'autore di questa risma ("E Aspetto Te", il brano più radio-friendly dell'EP), ma la sua versione più angelicata sorprende meno di quella più generalista, non necessariamente legata ai rapporti di coppia ma più alle relazioni come concetto cardine delle nostre vite, del pezzo che più colpisce emotivamente, forte di un'interpretazione molto accorata e quasi aggressiva negli intenti e nella realizzazione: "Non E' Un Problema", la title-track, mette in chiaro la cifra stilistica di questo artista, dotato di una penna mordace ma chiara, resa vocalmente senza inutili svolazzi e riuscendo a delineare con timbro, intonazione e variazioni armoniche il contesto emotivo/sentimentale da cui ha tratto spunto, con tutta probabilità (noi non lo sappiamo) la sua vita. Sì perché ciò che arriva forte e chiaro di questo esordio è proprio la personalità presente in maniera preponderante in ogni nota, quella sensazione di spontaneità ed autenticità cui il panorama musicale nostrano ci ha disabituato.
Con un'apertura ("Il Jaguaro") e una chiusura ("Bambola Gonfiabile") forse meno a fuoco del corpo centrale, nasce e muore un'inizio di carriera al fulmicotone, curato in tutti i suoi dettagli, che sfugge alla stravaganza per rimanere con i piedi a terra, nella quotidianità in cui tutti ci possiamo riconoscere. Si può tranquillamente prenotare l'ascolto dei futuri lavori con relativa curiosità, dove si spera il nostro abbia modo di esprimersi in un discorso più articolato, magari approdando al suo primo full-length e con un budget maggiore per dare più lustro anche ai suoni, forse il punto debole di questa produzione.
giovedì 4 febbraio 2021
Celeste Caramanna - Antropofagico III (Offline Artistic Productions, 2020)
Scendendo nel vivo delle tracce, "Fill It Up" osa e colpisce col funk, fa sculettare e quindi funziona. "Hilarious" scaccia la noia e le preoccupazioni dati dalla nostra situazione attuale con un buonumore contagioso, mentre con "Let Me Pray" Celeste si e ci trasporta in un universo parallelo, molto distante dalle altre sonorità del disco con tonalità più buie e travolgenti, per il frangente di intimità più profondo dell'intera tracklist. Meno efficaci gli altri brani, senza comunque togliere niente al risultato finale.
Fin dalle interviste e dalle presentazioni per la stampa, la Caramanna viene comunque ripetutamente dipinta come un'artista variegata, ed è tipico di chi si fregia di tale titolo voler strafare e fare la fine di Icaro. Non è assolutamente il caso di "Antropofagico III", che chiude (?) una terna divertente, quasi sempre spensierata, ma multiforme come l'anima della sua compositrice. I leitmotiv ci sono, e questo è senz'altro positivo, com'è ovviamente positivo riuscire ad individuare una personalità coerente nel deus ex machina di un progetto artistico. Rimane un po' da limare qualche volume, anche in termini di mastering, e di songwriting, perché qualche arrangiamento risulta troppo spoglio. In ogni caso, un lavoro di buon livello che grazie anche alla sua breve durata arriva forte e chiaro.
mercoledì 3 febbraio 2021
Daniele Fortunato - Quel Filo Sottile (Believe Digital, 2020)
Musica e amore. Amore e musica. Un fil rouge unisce questi due concetti da sempre, in tutte le forme artistiche in cui l'uomo ha saputo esprimersi nella storia. Due mondi che riescono ad abbracciarsi e ad assumere molteplici tonalità, filtrate attraverso le sensibilità e gli animi più differenti, incarnando percezioni soggettive con le sfumature che solo esistenze vissute da attori e non da spettatori possono saper dipingere con cognizione di causa. "Quel Filo Sottile, l'ultima produzione del cantautore romagnolo Daniele Fortunato, fuori da Settembre 2020, è un disco totalmente incentrato sui vari stadi del romanticismo, da quando sboccia timido con le prime tenere manifestazioni adolescenziali a quando, dopo aver attraversato le sofferenze e le delusioni più lancinanti, l'essere umano gli attribuisce significati più maturi, tinteggiando ricordi e cimeli con colori più tenui ma non per questo meno brillanti, regalandogli un'importanza che trova una collocazione ancor più individuale, un senso mai replicabile, unico per ognuno di noi.
Grazie all'apporto di musicisti validi, decisamente sul pezzo in tutte le sette tracce, e la sapiente regia di Daniele Marzi, il nostro Fortunato mischia country (in "Aurora"), pop elegante ("Le Prime Pagine") a tratti sporcato da venature jazz di rara ricercatezza ("L'Intelligenza delle Sfumature"), e tutta la tradizione folk e cantautorale italiana, mantenendo sempre il giusto bilanciamento tra la doverosa centralità delle parole e la presenza di momenti strumentali e più studiati, sia per dimostrare capacità tecniche che potrebbe non essere necessario esibire in un disco del genere, ma anche per donare varietà e policromia al tutto. Il brano con più mordente, stilisticamente, liricamente ma anche in termini di arrangiamento, contenuto e messaggio è "Barafonda", richiamo ad un avvenimento realmente accaduto di una balena spiaggiatasi sul litorale riminese nel 1943, qui descritta dagli occhi di due innamorati che si interrogano sulle conseguenze dei comportamenti umani sulla natura con uno sguardo quasi noir.
Daniele Fortunato non espone niente di nuovo in questa interminabile galleria di dischi d'amore che in tutto il globo permea tanto i vertici delle classifiche quanto le produzioni emergenti, ma si fregia di capacità espressive e di scrittura notevoli, che possono inscriverlo senz'altro sopra quell'oceano sterminato di artisti mediocri, gonfi di stereotipi sporchi di finzione. Il timbro vocale funziona quasi sempre, ed è da segnalare senz'altro anche l'interpretazione, emotivamente trasparente, credibile. Un viaggio in un cuore che ha molto da raccontare, e ne sente l'esigenza. Chissà se il filo sottile che lega le esistenze di tutti noi porterà tanti ascoltatori ad affezionarsi alle sue parole. Qui, per oggi, ha funzionato.