Il nuovo progetto di Andrea Van Cleef punta al stoner e al rock pesante, trasferendo il tiro rock'n'roll dei Bogartz (ex gruppo di Andrea) ad un sound più possente ed intenso, con più di qualche elemento di contatto con i Queens of the Stone Age e altre band che hanno collaborato con Homme (i recenti Them Crooked Vultures, qualcosa dei Kyuss e dei Mondo Generator).
Simili nei riff e nelle strutture proprio ai QOTSA sono brani come “Then She Said” e “Fire In My Bones”, pese al punto giusto per immaginarsi gran coinvolgimento ai concerti. Un riarrangiamento piuttosto Husker Du di “Moonlight Shadow” del sempreverde Mike Oldfield fa da spartiacque tra la parte aggressiva del disco (su cui spicca “Junior Bonner”, quasi british nei riff, anche se riproposti con sonorità grunge quasi vicine alle vecchie glorie di Cornell coi Soundgarden), e quella più melodica di “In a Red Room” (con atmosfere soffuse grazie ad alcune parti di piano dagli accenti blues) e “Skulls”, con sonorità di chitarra quasi noise. Un intermezzo pseudoelettronico di novanta secondi taglia quasi in due il disco, e si tratta di “Anna Lee”, porzione new wave/dark di un disco, se non lo avete capito, piuttosto vario.
Il sound di questi Van Cleef Continental perlustra gli ambiti più diversi del rock più figo, dallo stoner, al rock'n'roll, all'indie, al grunge fino a quello influenzato dai beat del britpop. C'è bisogno di una marcia in più per parlare di capolavoro, certo, ma questo disco insegna che con una chitarra distorta al punto giusto e la voce che gratta quando serve la tecnica può anche andare a farsi fottere. In sé, un disco suonato decentemente e composto poco meglio, ma con un tiro pazzesco. Dateci un ascolto. Merita.
Voto: 7+
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