Da Brescia con un disco fantastico. Gli Annie Hall, cinque ragazzi giunti già al secondo full-length per Pippola Music, hanno molto da dire e lo dimostrano con un disco per nulla superficiale, complesso pur sé basato su linee piuttosto melodiche ed orecchiabili, dai lineamenti rock nonostante si tratti di una commistione, piuttosto omogenea, di pop e folk (come essi stesso ammettono). Scivola via veloce al primo ascolto, ma abbisogna di almeno tre o quattro ripetizioni prima di svelare tutte le sue sfaccettature. Si prende a piene mani da Beatles, i The Byrds e Bob Dylan, ma non si osi parlare di copiatura. La carta carbone non è lo strumento ideale degli Annie Hall che anzi rielaborano tutta la scena del rock classico con una serietà ed un'originalità che poche volte si è vista negli ultimi anni (in questo simili agli Wilco, dai quali li separa, a tratti, solo la provenienza geografica). In tutti i pezzi, dal primo “Rainy Day”, all'ultimo breve “Grandmother's Smile”, svolazzano arpeggi semplici ma non semplicistici, linee vocali cupe alternate ad altre più spensierate, con un comparto ritmico di alto livello. E' così che in “Paralyzed” ci si avvicina ai toni british delle band più recenti (l'ultimo degli Arctic Monkeys o di Peter Doherty ad esempio, anche se gli italiani sono molto meno “radio-friendly”, se possibile), come in “Do You Wanna Dance With Me?”, altra saggia pop-ballad che unisce benissimo i condizionamenti degli ascolti della band con la loro personale vena creativa in sé molto malinconica (e lo si percepisce ancora più nitidamente nella successiva, in tracklist si intende, “Here Is Love”, molto neilyoungiana). Le saltellate ballad sostenute dal piano, in pura tradizione à-la-Beach Boys, sempre sapientemente rielaborata à-la-Annie Hall (e qui ricordano un po' i recenti The Coral o i Fool's Garden), come “Jelly's Dream” o “Violet”, continuano la sequenza di calmo relax che infonde ascoltare alcuni tratti di questo disco, quasi simile a certa musica da camera. E questo, lo sottolineo, è un bene.
Strumentalmente ottimi, così come è ottima la produzione, questi ragazzi hanno veramente tanto da dire, ed un disco come “Carousel” lo dimostra appieno. Le ballate più distese, staccate l'una dall'altra dalla vena triste ed affliggente della maggior parte dei brani, sono costruite con un interesse particolare per tutti i dettagli più minuti, come tutto il disco; nota per nota è uno stillicidio di emozionante musica composta in maniera eccelsa, utilizzando un linguaggio proprio seppur fatto di un sistema di simboli che già è conosciuto a chi seguiva il panorama anni '60 e '70, non solo in Inghilterra.
Ascoltate e supportate gli Annie Hall perché meritano veramente, e in un panorama veramente stagnante come quello italiano questi dischi sono sintomo di uno status di ripresa notevole. Vera perla di fine 2009.
Voto: 9+
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