domenica 19 dicembre 2010
Aedi - Aedi Met Heidi (Seahorse Recordings, 2010)
Tracklist:
1. Easy Easy Tale
2. On The Second Floor
3. She Is Happy
4. Peter and Clara
5. Monster
6. Black Keys
7. Geometric Plane
8. Heidi
9. The History of a Funky Nanny Goat
10. Tin Tun Tan
Qualcuno nel 1994 parlava di un "naturale processo di eliminazione". Nella musica questo tetro concetto prende le difese delle produzioni migliori, lasciando marcire, e pertanto eliminando, ciò che vale poco e lasciando spazio a quello che invece ha un valore artistico e musicale notevole. Peccato che sia un processo che funziona solo per scelta dell'ascoltatore e non per scelta discografica, altrimenti chi si prenderebbe il rischio di produrre robaccia come l'ultimo dei Dari?
La Seahorse Recordings però deve aver preso spunto da questa mia teoria, seppur non conoscendola, perché numerose loro release risultano essere album di grande livello, e Aedi Met Heidi non fa certo differenza. Questi ragazzi propongono una formula fresca, condita da tonnellate di inventiva ed espedienti atmosferici che lasciano da parte gli estremismi tecnici per far parlare le emozioni. Lo fanno in primis grazie alla splendida voce femminile, con quella timbrica altalenante tra Bjork e Dolores O' Riordan, entrambe placate dal dolce ma rigoroso tentennare del pianoforte che accompagna gran parte del disco. Questa sorta di dream-pop dall'aria sbarazzina si fonde quando meno lo si può prevedere con sferzate di alt-rock e punk, grazie ad alcune distorsioni di grande presa, taglienti e profonde al punto giusto, che come uno squarcio sul terreno separano due sponde, quella del comparto pop e quella più rock, roboante e nervosa. Il "nervosismo" è un aspetto che si vede soprattutto nei passaggi aggressivi di brani come "On The Second Floor", tra i migliori di tutto il lavoro, e nella costruzione di "Monster, tra i pezzi più easy-listening. In realtà questa traccia si presenta come un intelligente collage, seguendo uno stile di songwriting il cui filo conduttore nell'intero disco sarà chiaro ai più solo verso il terzo o quarto ascolto. "Black Keys" ricorda certo pop inglese come i Keane, sarà per il piano, però funziona. Meno delle altre ma funziona, più che altro per qualche elemento di "già sentito", sfumature che nella complessità della trama del disco possiamo anche ignorare in blocco. "The History Of A Funky Nanny Goat" rivive le strutture dei brani post-rock più classici con il sound più placido degli Aedi, e questo la rende un piccolo masterpiece. Si vivono anche attimi di inatteso trip-hop, che la voce sempre ricorda in qualsiasi secondo del disco (forse i sussurri della troppo celebre "Teardrop" dei Massive Attack?), tra gli echi di "Peter and Clara" ad esempio).
Paragoni a parte gli Aedi producono un disco di indubbio valore artistico, incastonato all'interno di un panorama che in Italia ha sempre proliferato poco proprio perché funziona poco. Ci penseranno loro a portarlo alla ribalta? Sinceramente non sta al sottoscritto deciderlo, ma quello che è certo è che un album come questo merita di essere ascoltato da più persone possibile, grazie allo splendido mix di atmosfere che sa ricreare, rendendosi automaticamente adatto ad un insieme infinito di situazioni tra le più disparate. In sintesi, un'ottima uscita per questo duemiladieci giunto al finale.
Voto: 8
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