lunedì 24 gennaio 2011

Officine Lumière - Cali di Serotonina (Play!, 2010)


1. Casa Lumière


2. Geometria Analitica
3. Caterpillar
4. Audrey H.
5. Panta Kala
6. Autunno
7. Pioggia
8. Facoltà di Irrilevanza Comparata
9. Nervi
10. Pace Armata
11. Baudelaire

RECENSIONE:
Le Officine Lumière sono una formazione torinese (da Villar Perosa, a dir la verità) che da qualche anno calca le scene del rock italiano con la loro miscela originale di testi sperimentali e diversioni elettroniche (in realtà, quest’ultima, novità di Cali di Serotonina, secondo disco della loro collezione). Se dovessimo raffrontarli a qualcuno, ma proprio se ci dovessero obbligare a farlo, per la musica ricorderebbero i Bluvertigo, per le liriche Subsonica, per la metrica delle linee vocali leggeri accenni a Pau dei Negrita (anche a livello timbrico in realtà). A concentrarsi sul contenuto musicale dell’album, si scopre che c’è molto nel disco: si incontrano i diversi orizzonti del vintage e del moderno, come nella ballad “Autunno” che rimanda ampiamente ad atmosfere puramente seventies, alternando levare di ispirazione jazz ad un ritornello orecchiabile che strizza l’occhio più al pop moderno che a quello ormai storico delle ballatone di qualche decennio fa. Non è l’unico esempio di evidente collisione tra generi, e lo dimostrerà anche il brano più “radiofonico” del lotto, cioè “Caterpillar”, una canzone che sembra arrangiata da Morgan ma che in realtà nasconde un’anima molto meno complessa, che punta tutto sull’impatto della semplicità. E’ poi ascoltando “Nervi” e “Panta Kala” che si sentono le calde mescolanze di ingredienti che la band riesce a mettere in campo: lo fa con un certo
savoir faire, quasi a volerlo palesare senza sottolinearlo troppo, quasi a voler raggiungere un’omogeneità che fa senz’altro bene al prodotto.
Il disco di per sé non aggiunge niente di nuovo in una scena italiana che alterna momenti di ristagno a momenti di copiosa rinascita, però come in una situazione di quiete dopo la tempesta è un prodotto rilassato che testimonia un ottimo songwriting, aiutato da un’autoproduzione che fa il suo lavoro senza gli eccessi tipici delle major né i grotteschi immobilismi del sound garage. E “il vuoto pneumatico della politica”, mentre “il mondo straborda di finto piacere”, è quanto ci resterà in testa di un insieme di liriche che è contemporaneamente ben scritto ma anche esageratamente random, nel senso che suscita piccoli dubbi circa la natura del significato dei testi per l’assurdo accostamento di concetti diversi ma che possono, sforzandosi, trovare un unico contenitore di significato dopo un’opportuna ricerca di comunanza semantica. Ma, ciò che importa in un genere come questo, è che il messaggio arrivi all’ascoltatore. E gli Officine Lumière sanno suonare, eccome se sanno suonare (e comporre, che non è poco), e nel 2009 hanno sfornato un disco di sicuro impatto, valevole anche per gli anni successivi. Come un buono per uscire di prigione a Monopoli.

Voto: 7

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