domenica 21 agosto 2016

Misero Spettacolo - Porci, Pecore e Pirati (Zeta Factory, 2016)


"Porci, Pecore e Pirati" del quintetto nato a Bologna Misero Spettacolo è il terzo lavoro all'attivo e forse quello che più si avvicina ad alcuni dei nomi citati tra le loro influenze. Liricamente sono le venature malinconico-depressive di Luigi Tenco e l'impegno politico di Fabrizio De André a distinguersi di più, anche se con striature più polemiche nell'accezione negativa del termine come piace molto ai compositori italiani degli ultimi anni. Quante volte l'italiano medio è stato già bersagliato nei testi ultimamente? Va da sé che occorre farlo in maniera diversa se si desidera abbattere le mura di diffidenza innalzate ormai di default da critica e pubblico e ci sono inizialmente molti dubbi su quanto i cinque riescano a farlo, perlomeno al primo ascolto. 
Tuttavia, la maturità è evidente nella stesura dei brani, che mescolano stili molto distanti tra loro facendone un calderone originale, divertente, energetico. Possiamo sentire country, bluegrass, jazz, psichedelia, rock anni sessanta e settanta, rock'n'roll, cantautorato, evitando il facile passo falso di rendere il tutto troppo poco omogeneo. La sezione ritmica in alcuni momenti regge il gioco più degli altri, ma è evidente l'intesa tra tutti gli strumentisti abili a creare un collante verosimile e credibile. I momenti migliori sono quelli in cui anche le parole raggiungono il loro punto più alto: molto amara, potremo dire stavolta à la Tenco - o addirittura à la Santercole - "Mia Cantina", brano che parla di una fuga dal mondo rinchiudendosi in sé stessi nella cantina di casa, scappando da tutto ciò che non possiamo mandare giù del nostro paese, i cui problemi, pungenti quanto insopportabili per gli autori, riaffiorano prepotentemente nella splendida "Emigrante", forte di una satira mordace e salace memore di un certo cinema nostrano meno volgare (più Monicelli, meno Neri Parenti, per capirci). 

In sintesi, questo lavoro mette in luce la maestria nel songwriting, una capacità interpretativa del presente sicuramente profonda e d'impatto, e come ciliegina sulla torta la straordinaria virtù della varietà, anello debole della musica italiana da molto tempo. Manca ancora qualcosa per parlare di capolavoro, ma la strada prescelta è quella giusta, indubbiamente. 

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