giovedì 13 luglio 2017

Lo Yeti - Le Memorie dell'Acqua (SRI Productions, 2017)

Pierpaolo Marconcini è il vero nome de Lo Yeti, musicista emiliano che ha deciso di esordire in questo artisticamente spoglio duemiladiciassette italiano con un lavoro di nove brani intitolato "Le Memorie dell'Acqua". La prima sfida durante l'ascolto è stata quella di capire se fosse una strizzata d'occhio oppure una critica all'omeopatia, ma non si tratta certo di questo: fin da subito, si percepiscono le origini rock del trentaquattrenne bolognese, ben spalmate tra Wire, Pavement e Wilco, gli elementi meno noise (lo so, è un paradosso...) dei Sonic Youth, per poi arrivare in Italia tra Mauro Ermanno Giovanardi, Moltheni, qualche sferzata più grunge - nelle intenzioni più che nei suoni (Ritmo Tribale, Estra) -  e infine aderendo a quell'obbligo morale di ogni buon progetto rock italiano che sembra essere, ultimamente, quello di avere un arco in formazione. A suo favore, in questo senso, va senza dubbio la scelta di Daniela Savoldi, violoncellista ed autrice italiano-brasiliana già al lavoro con molti nomi di chiara fama nella musica underground (Le Luci della Centrale Elettrica, Le Man Avec Les Lunettes, Mannarino) ma anche nel mondo più mainstream (Paola Turci, Nada), e che impreziosisce molto arrangiamenti a tratti spogli se pur completi e complessi nella loro rudimentalità. "Santa Madre dei Miracoli" ha un sapore folk'n'roll, quasi bucolico, distante dalle effusioni rockabilly sbarazzine e sentimentaliste che ammorbano molti progetti analoghi, e con un'ottima narrazione. Il contesto blues è qui solamente introdotto, ma viene sicuramente approfondito meglio nel breve pezzo di chiusura "Sotto Effetto della Luna", pungente ma etereo quanto basta per lasciare una scia emozionale positiva al termine del'ascolto, e chi lo sa, fare da rampa di lancio per un secondo disco che riprenda proprio da qui.
Il testo di "Anidride" è un trip che procede per immagini e metafore, e ben si attaglia all'ironia spontanea di "Rita", entrambi, questi, brani dove l'interpretazione vocale supera la qualità del songwriting strumentale. L'equilibrio tra le due parti è comunque spesso ben rispettato, ed è proprio questo a svolgere un po' la matassa durante il disco, rendendolo più leggero e digeribile. 

Esternare le proprie sensazioni non è facile, soprattutto se lo si vuole fare in musica e con un primo lavoro che potremo definire proemiale. Marconcini sembra in grado di farlo, non risultando banale, non finendo per incarnare l'ennesimo innamoramento per il turpiloquio cantautoriale, circondandosi delle persone giuste (basti pensare a Pierluigi Ballarin e al più che distinguibile contributo da lui offerto qui), facendosi una promozione non urticante ma settoriale, ricavandosi in definitiva una nicchia che lo glorifichi più che lo divori. "Le Memorie dell'Acqua" è sicuramente autocelebrativo, ma in un certo senso è questo elemento autoreferenziale a dargli pasta, grana, ricchezza di trama, sostanza. Un gran bel colpo di scena.

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