venerdì 25 marzo 2022

Soundelirio - Mostralgia (Boleskine House Records, 2021)



Soundelirio è un duo musicale composto da Alessandro Tacchini e Francesco Quinto nato nel 2019 ma agli esordi discografici solo dallo scorso novembre con questo "Mostralgia", sorta di semi-concept album dedicato ai "mostri" intesi come personaggi che, per via della loro storia o personalità, si sono allontanati da quella che è vista come la normalità. Sebbene non ci sia una title-track, il pezzo che sintetizza al meglio questo concetto è l'auto esplicativa "Ode all'anomalia" dedicata ai "dispersi, gli smarriti, a voi figli e ai mai nati, a quei passi falsi, ai caduti" e "agli animali soli che cercano perdono". Le liriche raggiungono sufficientemente lo scopo prefissato dagli autori e hanno la giusta drammaticità, in particolare nel pezzo di chiusura "Storia di A", piuttosto efficace e con il quale ci si può identificare sia con il narratore sia con il protagonista.

Con delle premesse di questo tipo, a livello musicale ci si potrebbe aspettare un lavoro tormentato e sperimentale, ma in realtà si finisce per trovarsi davanti ad un album di rock tipico che strizza l'occhio soprattutto ad alcune produzioni classiche Italiane. Delle dodici canzoni qua contenute, le più notevoli sono sicuramente "La pioggia sopra Yago", basata su riff azzeccati e ritmi trascinanti, "Goodbye Mr. Grey", altro pezzo molto aggressivo nel quale sono presenti anche alcuni interessanti trucchi di produzione come il suono del disco rovinato posto in apertura e "Madeleine", più delicata e malinconica e un buon momento di respiro.

La produzione del disco è valida e adeguata alla musica proposta. Buone anche le performance strumentali: in particolare i riff di chitarra sono presentati con mordente e con timbriche che li rendono convincenti ed accattivanti. Le parti cantate, affidate ad Alessandro Tacchini, sono sicuramente un  elemento che dà personalità alle canzoni, grazie ad una timbrica espressiva e caratteristica, sebbene in alcuni momenti (la già citata "Madeleine") forse sarebbe stato preferibile un cantato più morbido e meno ruvido.

"Mostralgia" appare come un disco dalle premesse ambiziose che però, al momento dell'ascolto, tendono un po' a passare in secondo piano per via della natura del prodotto più improntato verso un certo tipo di rock aggressivo. Per fortuna, da quel punto di vista funziona piuttosto bene e contiene abbastanza materiale solido da garantire una certa memorabilità.

mercoledì 23 marzo 2022

Santo e Stone - Cronico (Vero x Vero, 2022)



Santo e Stone, al secolo Davide Sanfratello e Federico Dipasquale, sono due musicisti Torinesi che, nonostante la giovane età, hanno dei buoni trascorsi nell'ambiente rap e hip hop: il primo pubblicando a nome Sanguefreddo, il secondo come produttore. In tempi più recenti hanno deciso di collaborare insieme, pubblicando alcune uscite indipendenti e, per finire, il loro primo album in studio intitolato "Cronico" e uscito nel gennaio di questo anno.

Il disco è composto da nove riflessioni esistenzialiste nelle quale il duo si pone domande sul significato della vita o, perlomeno, delle azioni che compongono la vita quotidiana. L'atmosfera generale è parecchio tormentata già a partire dai due pezzi di apertura, la sardonicamente intitolata "Outro" (seguendo lo stesso ragionamento, la chiusura del disco è affidata a "Intro") e "Farfalle" che proiettano l'ascoltatore in un clima travagliato e di tensione: la prima dedicata ai danni causati dalle azioni dell'uomo ("se volere è potere e il potere uccide, sono allora un peccatore che non può voler la morte"), la seconda un grido di angoscia e un tentativo di dare una soluzione alla sensazione di smarrimento in un mondo apparentemente insensato nella sua cupezza ("vorrei dipingere ogni cosa che provo, è una messa alla prova quella vera dell’uomo, così posso vedere le emozioni che provo"). Detto questo, ci sono anche pezzi come "Vita" e "Caramelle gommose", due inni all'amore visto come un faro in mezzo all'oscurità, che sebbene mantengano una veste malinconica, aiutano un po' a spezzare la tensione e ad evitare di dare a tutto il lavoro un imprinting troppo disfattista.

Il passato di Dipasquale come produttore si fa sicuramente sentire: dal punto di vista dei suoni e degli arrangiamenti il disco si presenta solido. Certamente non manca una certa varietà: in particolare, si possono gustare delle chitarre sognanti in "Voce dell'essere", delle ritmiche più vicine al pop moderno che al rap su "Caramelle gommose" e della convincenti atmosfere dance su "Ciricado". Questi accorgimenti funzionano bene anche a livello di sequenza, dando così all'album coerenza oltre che doversità.

In definitiva, nel suo genere, "Cronico" è un lavoro che si presenta con una certa credibilità e che raggiunge abbastanza con successo gli scopi prescritti. Non è esente da difetti: in effetti, a volte, certe liriche appaiono un po' ingenue e, forse, un po' semplicistiche rispetto ai loro intenti. Detto questo, è un rischio nel quale forse è inevitabile cadere affrontando tematiche di questo tipo e che, comunque, viene compensato da una certa convinzione nella realizzazione, in particolare per quanto riguarda le voci dei due artisti che lo rendono piuttosto personale e sincero.

lunedì 21 marzo 2022

Tiberio Ferracane - Magaria (MoovOn, 2022)


"Magaria" è il quarto album in studio di Tiberio Ferracane, cantautore Torinese figlio di genitori Siciliani nati a Tunisi. Proprio dalle sue radici l'artista ha preso l'ispirazione per realizzare questo nuovo lavoro, a partire dal titolo che in Siciliano significa "incanto". Coerentemente, il disco pesca a piene mani dalla vita artistica e privata di Ferracane, sia nel linguaggio utilizzato (abbondano le parti cantati in Francese e in Siciliano), sia a livello musicale e compositivo e, per finire, anche a livello di struttura. 

Il disco è, infatti, suddiviso in due sezioni precise: la prima è composta da canzoni originali. Molte di queste sono autobiografiche come la toccante "Dall'altra parte della notte", dedicata alla difficile storia dei genitori, costretti dalla guerra ad abbandonare l'Africa, la dolceamara "Carlo" e il pezzo che dà il titolo al disco e "La casa sognata", permeate di nostalgia e malinconia. Non manca lo spazio, però, anche per l'autoironia, come nella leggera e divertente "Il mio amore di rosso vestita". La seconda parte dell'album è invece dedicata a rivisitazioni di composizioni altrui che sono state importanti per la crescita artistica di Ferracane in vari momenti della sua vita, spaziando da canzoni popolari ad artisti come Celentano, Modugno e Califano. È in questo punto dell'album che le capacità interpretative del cantante vengono messe maggiormente in risalto, in particolar modo nella versione a cappella di "U' pisci spada". L'album viene, infine, aperto e chiuso da due versioni di "Valse à Rocco", pregevole composizione strumentale di Philippe Troisi, musicista Marsigliese di origini italiane e collaboratore di Ferracane, scomparso a pochi giorni dall'inizio delle session di registrazione, al quale è dedicato l'intero album.

Musicalmente l'album funziona bene grazie a degli arrangiamenti molto ben riusciti e di classe e, soprattutto, alla ruvida ma allo stesso tempo gradevole e decisamente personale voce di Tiberio Ferracane, le cui doti di interprete riescono ad elevare le canzoni ad un livello successivo e, allo stesso tempo, a dare importanza e forza alle liriche. Tuttavia, il disco risente anche di una sequenza che forse non sempre funziona in maniera ottimale, soprattutto nel passaggio tra la parte contenente le composizioni originali e quella di reinterpretazioni che, più che uno spartiacque, rischia di essere percepita come un rallentamento del ritmo. In generale, comunque, resta un lavoro ben studiato e ben realizzato che sicuramente è dotato di un certo fascino, non ultimo per via della genuinità negli intenti, percepibile all'ascolto.

mercoledì 9 febbraio 2022

Sasha Vinci - Mercurio (aA29 Project Room, 2021)



Sasha Vinci è un artista siculo con un notevole curriculum che spazia dalla scultura al disegno le cui opere sono esposte in diversi musei e luoghi artistici d'Europa. Con "Mercurio" l'artista inserisce anche la musica al suo bagaglio artistico e, visto il suo interesse verso la 'performance', era un'aggiunta che effettivamente non poteva mancare. L'album è stato concepito durante il lockdown che ha congelato l'Italia e il mondo intero per un paio di mesi nel 2020 a seguito dell'esplosione della pandemia di Covid-19 e vuole essere una risposta al silenzio e all'isolamento di quel periodo. L'album è stato realizzato con l'aiuto di Vincent Migliorisi, musicista collaboratore da tempo con Vinci all'interno delle sue performance. 

I testi sono stati scritti nello stile dell'artista, da sempre interessato al simbolismo, e sono un viaggio personale nelle sue ispirazioni e ossessioni. Lo stile lirico utilizzato è improntato verso l'evocativo e, come tale, a volte è reso in maniera un po' astratta e non di immediata comprensione. È sicuramente una scelta voluta: l'artista, in realtà, si apre molto più di quanto possa sembrare a prima vista. Oltre a mettere nero su bianco le sue ispirazioni principali (Pier Paolo Pasolini su tutti), pezzi come "Castelli di sabbia""Il magnifico volo" e "Penna e calamaio" dimostrano anche una certa sensibilità umana. Tutto ciò, però, non viene mai reso in maniera esplicita ma affidandosi, appunto, a simboli e metafore. Se da un lato questo spinge l'ascoltatore a ragionare sulla prosa, dall'altro chi si trova davanti questo disco come introduzione all'opera di Vinci potrebbe non avere tutti gli strumenti per capirlo e l'ascolto potrebbe rivelarsi difficoltoso. A ciò va aggiunto il fatto che il cantato e le melodie vocali risultano particolarmente monocordi, a volte anche un po' indistinguibili. Con questo, comunque, non si intende dire che l'album suoni tutto uguale: gli arrangiamenti sono ben realizzati e aiutano a dare dinamicità al prodotto finale. Notevoli, soprattutto, le musiche di "Silenzio", "Poesia della crudeltà" e "Un giorno senza ore"

Giudicare questo prodotto risulta abbastanza difficile. Da un punto di vista strettamente musicale, il disco si presenta di più come un recitativo in musica e, a livello melodico o canoro, non offre poi molto. Certamente, come dimostrato da una fetta di cantautorato e da gruppi come Massimo Volume, nel panorama musicale c'è spazio anche per lavori di questo tipo ma il risultato finale è un po' troppo derivativo, soprattutto in momenti come "Il magnifico volo" che sembrano pescare a piene mani dallo stile di Franco Battiato. Dall'altro, più che un'opera a sé stante, questo disco è stato presentato come parte di un ciclo di opere realizzate in vari stili e, come tale, per comprenderlo del tutto sarebbe necessario avere una conoscenza almeno generale del percorso artistico di Sasha Vinci. Tenendo conto di tutto ciò possiamo giudicarlo come un album interessante negli intenti, dietro il quale sicuramente ci sono persone che hanno lavorato molto per la sua realizzazione, ma forse non del tutto riuscito nei contenuti.

lunedì 7 febbraio 2022

1000STREETS - Electro Way (EPOPS Music, 2021)



Primo album in studio da parte di questo collettivo di talentuosi musicisti di Trieste. Come indicato dal nome stesso del progetto, anche se il lavoro prosegue in una direzione artistica omogenea, questa strada si dirama in tanti generi musicali quanti sono quelli che hanno influenzato i membri dell'ensemble. Questo tipo di varietà si riflette, ovviamente, anche nella musica proposta e il risultato finale è decisamente pregevole.

Ad un primo ascolto la cosa che si nota di più, oltre alla gradevolezza della musica, è la buona resa della commistione tra vintage e moderno. Le dimostrazioni più lampanti sono "Mainerio", dedicata al compositore cinquecentesco Giorgio Mainerio nella quale musica da camera, rap e swing creano un connubio musicale tanto improbabile quanto funzionale e "Golden Tank #1000" che vede la partecipazione dei Radio Zastava che suona come musica prodotta da qualche orchestra jazz di un secolo fa che ha in qualche modo avuto accesso ad attrezzature moderne. Oltre alla superba capacità musicale dei componenti dell'ensemble, l'album vanta anche di una buona scelta per quanto riguarda il cantato, affidato a diversi ospiti per ogni brano: di questi vale la pena citare soprattutto il trio vocale Les Babettes nella divertente "Tommy on the Bone". La sequenza del disco funziona molto bene, in particolar modo la pausa chill di "Intermission" posta a metà disco e la conclusiva "To Kolophio", un po' hip hop, un po' cinematica. La durata dell'album è anche particolarmente azzeccata: con i suoi 30 minuti il disco non solo non rischia di diventare indigeribile, un pericolo in cui questo tipo di musica può facilmente cadere, ma lascia anche spazio a ripetuti ascolti in modo da poterlo assimilare e goderselo più in fretta. In aggiunta alle considerazioni musicali, un'altra cosa che colpisce ad un ascolto attento è quanto l'album suoni piacevole all'orecchio a livello di suoni: la cosa smette di stupire quando ci si rende conto che il mastering è stato fatto agli Abbey Road Studios di Londra. Non mancano, comunque, i classici trucchi di produzione, come la simulazione di un grammofono che perde i giri su "Golden Tank #1000", usati però in maniera intelligente ed efficace.

"Electro Way" si presenta come un lavoro ben confezionato, realizzato da un team di musicisti e produttori validi e perfettamente consci dei propri obiettivi e di come raggiungerli. Il risultato sicuramente ripaga le aspettative e si presenta come un lavoro frizzante ma non frivolo, apprezzabile sia ad un ascolto superficiale sia ad uno più profondo. Con queste premesse, sicuramente un secondo lavoro sarebbe altrettanto interessante: speriamo di non doverlo attendere troppo a lungo. Nel frattempo, l'ascolto è consigliato.

mercoledì 2 febbraio 2022

Helle - Disonore (Volume!, 2021)



Helle è il nome d'arte di Lisa Brunetti, cantautrice bolognese che, nonostante la giovane età, ha un curriculum notevole che vanta collaborazioni con Ricky Portera e Bruno Mariani. Dopo la pubblicazione di diversi singoli finalmente è uscito "Disonore", lavoro nel quale l'artista intende fare una solta di viaggio interiore nell'ipocrisia nei comportamenti quotidiani per mettere l'ascoltatore di fronte ai compromessi che chiunque è costretto ad accettare nella vita di tutti i giorni per poter andare avanti. 

Certamente le esperienze musicali di Helle si riflettono nella realizzazione del disco: quello che colpisce l'orecchio in primis è quanto questo album, a livello di melodie, cantato e produzione, sia credibile nel contesto della musica pop odierna. La musica offerta è un electro-pop maturo, orecchiabile e ben congegnato che, benché a livello di dinamica si mantenga più o meno tutto sullo stesso territorio, presenta una eccellente produzione con delle sonorità che all'orecchio suonano assai piacevoli e, soprattutto, adatte ai testi della giovane cantautrice. Le canzoni stesse sono decisamente melodiose e in alcuni casi particolarmente accattivanti come "Barbie" la cui cantilena nel ritornello risulta irresistibile e contagiosa. La cosa più interessante nel quadro sonoro di questo album, però, è senza dubbio il cantato: la voce di Brunetti, impeccabile a livello di intonazione, ha una timbrica distintiva che ad un primo ascolto può non colpire particolarmente ma che in seguito diventa l'elemento musicale predominante che aiuta a rendere le canzoni più personali e intime ma allo stesso tempo molto vicine all'ascoltatore. Ciò è un bene dato che alcune delle liriche ("Tom""Figli delle nube", "Chimere" su tutte) suonano parecchio catartiche, come se fossero state scritte come sfogo in un momento di particolare rabbia. Il linguaggio, in generale, è colloquiale e netto senza essere insulso o stupido e fa apparire il personaggio di Helle rabbioso ma sincero e autoironico con un mordente che ricorda il Morrissey degli Smiths dei tempi d'oro, non tanto a livello di stile quanto nelle intenzioni.

Tutti questi ingredienti rendono "Disonore" un lavoro di buona caratura che, con una diffusione adeguata, potrebbe riscuotere parecchia attenzione ed interesse nel pubblico di massa. Helle ha infatti abbastanza talento e comprensione delle esigenze del consumatore di pop Italiano moderno e, per questo motivo, potrebbe essere un nome di cui sentiremo parlare a livello più mainstream tra non molto tempo.

lunedì 31 gennaio 2022

Marco Augusto - Per amore alla vita (Halligalli Records, 2021)



Nuovo disco in studio del cantante italotedesco Marco Augusto, veterano in attività dagli anni '90. Benché non si tratti di un concept album in sé, le canzoni sono legate dal filo conduttore della speranza e della vita intesa come tale e non come semplice esistenza. Non si tratta, però, di ottimismo fine a sé stesso ma di un lavoro nel quale trovano spazio anche tematiche più sofferte come l'amore non corrisposto ("Tranne te") o spaventoso ("Il nostro amore"), la malinconia ("Milano") o l'ecologia ("Terra tremante") affrontate però, appunto, non in maniera disfattista ma propositiva. Ciò che manca ad alcuni di questi testi in sofisticatezza viene compensato dall'efficacia grazie ad una prosa non pretenziosa e a tratti autoironica che li rende gradevoli all'orecchio e impedisce loro di cadere nella facile trappola del moralismo forzato. 

Stilisticamente l'album si muove più o meno tutto nella stessa direzione: si tratta di musica pop che in primis fa affidamento sull'orecchiabilità. Detto questo, l'ascolto non appare particolarmente monotono o stancante perché arrangiamenti, sequenza e produzione sono perfettamente funzionali al materiale proposto. A livello sonoro, la strumentazione si sposa bene con le canzoni e, in quanto ai punti di riferimento, si sentono echi di vari professionisti del pop tra cui Samuele Bersani e Police, soprattutto notabile in "Tranne te", chiaramente ispirata liricamente e musicalmente alla celebre "Every Breath You Take". Il cantato è decisamente azzeccato: le canzoni sono state sicuramente cucite addosso alla timbrica vocale di Marco Augusto e per questo motivo la voce suona naturale e piacevole. Tra i brani più degni di nota ci sono la canzone ecologista "Terra tremante", che vede la partecipazione di Julia Bless, cantante tedesca in attivo in Spagna, la cui voce calda e morbida duetta piuttosto efficacemente con quella di Marco Augusto, "Due cuori" nella quale trova posto anche una buona sezione strumentale supportata da una pregevole prestazione chitarristica, il rock tirato e melodico di "Vai" e la ballata intimista di "Pace" che funziona bene anche posta come pezzo di chiusura. 

In definitiva "Per amore alla vita" è sicuramente un lavoro di buona fattura. Benché a livello di scrittura o di arrangiamento non presenti nulla di eccezionalmente originale, l'obiettivo principale di questa pubblicazione sembra essere piuttosto quello di offrire della musica pop ben congegnata e questo scopo è stato raggiunto abbastanza con successo. Per questo può risultare nelle corde anche di chi non è generalmente interessato a questo tipo di prodotto dato che suona professionale e realizzato non da amatoriali ma da chi fa questo mestiere da tempo e sa come far risaltare le proprie qualità esecutive e di composizione.

mercoledì 26 gennaio 2022

Luca Fogliati - Per Te (Autoproduzione, 2021)

 


"Per Te" è la prima pubblicazione solista dell'Astigiano Luca Fogliati, frontman e fondatore della band I Volume in attivo dal 2007, e segna un riepilogo della sua carriera partendo dagli inizi e passando per le varie tappe attraversate. All'interno del disco il cantautore parla di tematiche che più l'hanno colpito e segnato a livello personale, affrontate però a manica larga, in modo che l'ascoltatore possa identificarsene più facilmente. In effetti, gli argomenti di cui si parla non sono solo universali ma anche quotidiani: l'ipocrisia, l'incertezza, l'indecisione, la fragilità con posti d'onore dedicati allo scorrere del tempo e alle dinamiche sociali. C'è anche spazio per i contenuti autobiografici: "A vent'anni", ad esempio, è una riflessione sulla fragilità e sulla temporaneità scaturita dalla prematura scomparsa di una sua conoscente in un incidente stradale e la conclusiva "Musica" è un omaggio al parroco di Callano d'Asti, figura che fu di grande ispirazione umana per Fogliati. 

Il cantante non fa mistero delle sue influenze legate alla musica Italiana. Più che al cantautorato classico, però, sembra che il peso sia dato soprattutto ad artisti come Ligabue e Piero Pelù, cosa che peraltro si riflette anche nell'utilizzo della voce baritonale di Fogliati. I testi sono infatti scritti in maniera diretta, senza dare spazio alcuno a metafore o ad ermetismi, con un linguaggio molto terra-terra, che fa risaltare le intenzioni liriche in maniera netta senza dare spazio ad ambiguità o interpretazioni alternative. Musicalmente, il disco si presenta con una discreta varietà, non tanto dal punto di vista compositivo, quanto a livello di arrangiamenti: l'opener "Vertigine" è dominata dal sintetizzatore, il pianoforte evidenzia la drammaticità di canzoni come "A vent'anni" e "Il folle volo", "La tua maschera" e "Ad un passo da te" sono più intime e minimaliste e c'è addirittura posto per l'elettronica ("In tutto questo tempo") e per qualche semplice, ma efficace e apprezzabile, assolo di chitarra.  

"Per te" è un disco che, a discapito del titolo, forse non è proprio per tutti. Nonostante le intenzioni dell'autore siano rivolte ad un pubblico più ampio, sicuramente è un lavoro che risulta più interessante a chi ha seguito la carriera dell'artista rispetto a chi si ritrova ad approcciarlo ex novo. Detto questo, chi è appassionato alla musica leggera Italiana sicuramente lo troverà comunque godibile, se non altro per la convincente presentazione di quel determinato stilema.


martedì 19 ottobre 2021

Yes - The Quest (InsideOut Music, 2021)

Quando, in seguito ai numerosi e continui cambi di formazione, venne chiesto ad Mark E. Smith cosa rendesse una formazione dei The Fall vera e propria, egli seraficamente rispose che "se ci siamo io e tua nonna ai bonghi allora siamo i The Fall". In questo momento, la situazione con gli Yes è abbastanza simile. Con l'uscita dal gruppo di Jon Anderson nel 2009 (per saperne di più potete leggere su questo blog l'intera disavventura all'interno della recensione di "Fly From Here") e la scomparsa di Chris Squire nel 2015, bassista, fondatore, anima e colonna portante del gruppo, nonché l'unico ad essere rimasto in ogni formazione, la band da un po' di tempo sta procedendo senza nessun membro fondatore e sotto il comando dello storico Steve Howe, chitarrista dal 1970 al 1980 e di nuovo nel 1991 e dal 1996 fino ai giorni nostri e presente in tutti gli album classici. Ovviamente, il paragone con i Fall è volutamente esagerato: oltre a Howe, negli Yes attuali sono presenti anche Alan White, batterista dal 1972 e il tastierista Geoff Downes che aveva militato negli Yes di "Drama" nel 1980 ed è rientrato in pianta stabile nel 2011. Questo per sottolineare che, nonostante la totale assenza di membri originali (questa line-up e quella dei primi due album usciti a nome Yes non hanno alcun membro in comune), c'è comunque una continuità con la storia della band. A completare il nucleo ci sono Jon Davison, cantante e frontman dal 2012, e Billy Sherwood, che aveva già prestato i suoi servigi come chitarrista ritmico dal 1997 al 2000 e che è stato eletto dallo stesso Squire come suo erede. Come immaginabile, non tutti i fan accettano di buon grado questi drastici cambi di formazione e la percezione che si tratti più che altro di una coverband di lusso, accentuata anche dai numerosi dischi dal vivo pubblicati negli anni precedenti (ben cinque dall'uscita di Anderson!), non è rara. Non solo, ma il fatto che dal 2016 Jon Anderson, Rick Wakeman e Trevor Rabin hanno legalmente il diritto di esibirsi a nome Yes ha creato una seconda band rivale con conseguenti antipatie tra i fan degne delle più appassionate tifoserie di calcio. Dal punto di vista affaristico, Howe è sicuramente colui che esce vincitore all'interno di questa diatriba: con l'uscita di questo album in studio, questa line-up è stata definitivamente consacrata come valida e canonica e, come se non bastasse, è lui a detenere i diritti sullo storico logo disegnato da Roger Dean e ad avvalersi delle sue splendide copertine. Inoltre, parrebbe che la versione degli Yes capitanata da Anderson, Rabin e Wakeman si sia di fatto sciolta. In ogni caso, le polemiche sull'utilizzo del nome Yes sono tutto sommato sterili: la presenza o l'assenza di alcune personalità chiave comunque non dice molto sulla qualità della musica proposta. 

Rispetto al precedente "Heaven & Earth", "The Quest" è sicuramente un album più devoto alle sonorità e agli stili tipici degli Yes e, in quanto tale, sembra essere studiato al millimetro per compiacere i fan storici. Perlomeno, questa è l'impressione che si ha ascoltando brani come "Dare To Know", che sembra citare direttamente alcuni frammenti di "Tales From Topographic Oceans" e che, pur essendo in sé di fattura pregevole, sembra essere un omaggio agli Yes da parte di qualche nuova leva del prog. Più convincenti sono gli otto minuti di "Leave Well Alone", sapientemente posti a metà album in modo da risultarne l'epicentro: si tratta di un'avventurosa composizione divisa in tre parti che utilizza al meglio questa line-up e che suona bene sia come pezzo degli Yes classico sia come moderno, contenendo soprattutto una interessante sezione centrale nella quale Howe dimostra ancora di essere in perfetta forma. Il fatto che il chitarrista sia chiaramente il protagonista di questa incarnazione degli Yes non sorprende particolarmente: oltre ad essere colui che risalta di più dal punto di vista strumentale, le sue parti in "Future Memories" e nella coda dell'opener "The Ice Bridge" danno credibilità all'utilizzo del nome Yes e sono distanti anni luce dalle noiose e statiche performance del precedente "Heaven & Earth"."Minus The Man" e "The Western Edge", composte dalle due 'nuove leve' Davison e Sherwood sono canzoni interessanti che ben si amalgamano con il resto di "The Quest", la prima più melodica e orecchiabile, nonostante venga resa un po' più intricata dagli arrangiamenti orchestrali di Paul K. Joyce, la seconda più variegata ed energica. Viceversa, il disco è meno convincente nei momenti più saccarini e ruffiani come le conclusive "Music to My Ears", colpevole di utilizzare in maniera martellante ed ossessiva un refrain non troppo bello in sé, e "A Living Island", un po' troppo pomposamente verso l'epico-melodico. L'album contiene anche un secondo CD con un quarto d'ora di musica extra, posto separatamente per sottolineare che si tratta di un post scriptum più che un finale dell'album. L'esclusione dalla scaletta regolare dei tre pezzi ivi contenuti è stata una scelta felice: sono senza dubbio i meno degni di nota presenti nel pacchetto, in particolar modo il goffissimo omaggio Beatlesiano "Mystery Tour", e la lunghezza principale dell'album arriva così a circa cinquanta minuti, durata giusta per questo tipo di materiale.

In generale la produzione del disco è abbastanza buona e dettagliata e l'ascolto risulta gradevole, soprattutto in cuffia. Detto questo, non è esente da difetti: in particolare, le voci soliste di Davison e Sherwood risultano colpite da un eccessivo utilizzo di autotune, cosa che si può notare soprattutto in "The Western Edge". Purtroppo, un discorso simile va anche fatto per Alan White, in passato uno dei batteristi più potenti della storia del rock: da qualche anno le sue condizioni di salute gli impediscono di esibirsi per l'intera durata dei concerti e, sebbene abbia effettivamente eseguito tutte le parti presenti sul disco, molto spesso si ha il sospetto che siano state quantizzate e in momenti come "The Ice Bridge" non riescono a dare alla musica il supporto che meriterebbe. Inoltre, per quanto il bilanciamento dei suoni sia generalmente buono, spesso le tastiere di Downes finiscono per risultare un po' soffocate.

In definitiva, "The Quest" è un album che nonostante tutto riesce a ritagliarsi il suo spazio nella discografia degli Yes. Tenendo in considerazione l'era post Anderson, "Fly From Here", per quanto di buona fattura, non era rappresentativo della direzione attuale della band in quanto composto per buona parte da recuperi di idee composte anni prima e "Heaven & Earth" poco aveva fatto se non dimostrare che Roy Thomas Baker non è un produttore adatto per gli Yes"The Quest" si pone un po' come un ponte tra le due uscite: il recupero di idee passate persiste (a questo proposito, a questo link si può leggere riguardo una potenzialmente imbarazzante diatriba concernente i credits di "The Ice Bridge", fortunatamente conclusasi con un signorile lieto fine da parte di tutte le parti coinvolte) ma sono state contestualizzate in una direzione che certamente ha più senso all'interno della storia del gruppo. Chi è non ha problemi con il proseguimento della carriera degli Yes dopo la scomparsa di Chris Squire o, semplicemente, chi ama Steve Howe sicuramente troverà molto da apprezzare all'interno del disco. Per tutti gli altri, invece, si tratterà perlopiù di un prodotto che probabilmente appare più ambizioso di quanto lo sia effettivamente, ma che in sé non è affatto disprezzabile.


Yes (2021)
Steve Howe, Jon Davison, Billy Sherwood, Alan White, Geoff Downes


"The Quest" è acquistabile su Amazon o Burning Shed.

venerdì 28 maggio 2021

Mauto - Il Tempo Migliore (Acustico) (Eea Publishing, 2021)


"Il Tempo Migliore (Acustico)
" è la riedizione acustica del lavoro già pubblicato sul finire dell'anno scorso dall'artista romano Gianfranco Mauto, un cantautore che ha già saputo dimostrare al pubblico quanto importanti siano le parole, in un paese dove per tradizione la musica di questo genere ha sempre saputo far emergere grandi nomi, mettendo spesso in risalto le liriche rispetto agli arrangiamenti. In questo caso, anch'essi risultano molto curati, sebbene nella semplicità di una costruzione acustica che intende spogliare i brani di tutte le sovrastrutture estetiche per lasciare spazio, appunto, al contenuto. E l'esperimento è senz'altro riuscito, dando maggior lustro a brani che avevano probabilmente bisogno di respirare di più e di convogliare l'attenzione sull'anima dello scrittore, su quello che aveva da dire. 

L'interpretazione notevole di Mauto riesce a consegnare nelle mani (e nelle orecchie) dell'ascoltatore esperienze vissute che impattano subito per la concretezza, il realismo, quell'essere terra terra che quasi richiama il verismo di Giovanni Verga ma anche le lancinanti sofferenze d'amore di Luigi Tenco. Il vero punto forte è infatti proprio la capacità di trasmettere le emozioni suscitate di volta in volta dai vari brani, che parlino di cuori spezzati ("Un Po' Di Te"), di ottimismo sul futuro ("Il Tempo Migliore", quasi una "Il Meglio Deve Ancora Venire" di Ligabue, però scritta da un autore che sa scrivere anche fuori dalle esigenze radiofoniche), fino anche ai drammi legati al morbo di Parkinson ("Le Mani Nel Vento"). Splendida anche la collaborazione con la cantante friulana Miranda Martino in "Nero Bianco e Blu", presente nel disco anche in una versione senza di lei, una vera gemma preziosa, soprattutto per come le due voci si intersecano armoniosamente trascinando chi ascolta DENTRO il pezzo, letteralmente.

Insomma, Mauto recapita al pubblico un lavoro raffinato, curatissimo, emozionante e profondo, contribuendo a richiamare l'attenzione sulla lingua italiana e sul saper scrivere, sul saper raccontare. Virtù, queste, sempre più relegate dietro le quinte. Per questo lo ringraziamo e aspettiamo la prosecuzione di questo viaggio nella sua vita.  

sabato 15 maggio 2021

Alberto "caramella" Foà - Basta Unire I Puntini (Engine Records, 2021)


"Basta Unire I Puntini" è la prima prova da cantautore di Alberto "caramella" Foà, efficace dal primo ascolto nel riportare l'attenzione sulla musica scritta bene. Riflettori puntati non solo sui suoni, sugli arrangiamenti, sulla tecnica e sull'interpretazione ma soprattutto sulle parole, che godono di un'attenzione e di una cura quasi maniacale, come nella migliore tradizione italiana (Conte, Cammariere, Guccini, De André, Pino Daniele, ma se ne potrebbero citare tanti altri). L'abilità di paroliere di Foà è fuori discussione fin dal primo pezzo, "Dimentica le Mie Canzoni", passando per l'ironia di "Mi Sono Dato All'Ippica (e al Ciclismo)", la splendida title-track (perfetta come singolo) e "Volevo Dirtelo Adesso", una delle perle inattese che arrivano come una stilettata al cuore, imprevista, quasi alla fine del disco. Un'altra è senza dubbio "I Ricordi (Come il Cielo)", dove la profondità delle parole si sposa alla perfezione con un'esecuzione sciolta e sentita, coinvolgente, in grado di trascinare tutti nel viaggio che sta effettuando Foà. Anche l'artwork contribuisce, in questo senso, a dare l'idea di movimento e di esplorazione, con un cavallo che tra l'altro farà capolino fisicamente e concettualmente anche all'interno dell'opera

La raffinatezza degli arrangiamenti, lasciati interamente in mano al maestro Massimo Germini, incornicia perfettamente il racconto, sottolineando i passaggi più emotivamente coinvolgenti e quelli più scanzonati e allegri, mantenendo generalmente una leggerezza che in un genere come questo è merce rara. Sì perché questo album sa essere anche orecchiabile, radio-friendly, sebbene sicuramente poco adatto ad un pubblico giovane. Il milanese sa il fatto suo anche quando è il caso di piegare la voce al significato, usando questo mezzo espressivo per dare maggior risalto proprio a quei frangenti lirici ("L'Anima", "Come Le Onde del Mare") dove sentimenti ed emotività hanno bisogno non solo di una scrittura complessa e dettagliata, ma anche di far arrivare il messaggio all'ascoltatore.

Musica seria.
Musica fatta come Dio comanda.
Musica di cui c'è bisogno.
Grazie Alberto. 

martedì 6 aprile 2021

Tallis - In Alia Musica Spero (A New Day Records, 2021)

Al termine di un sofferto tour Europeo tra marzo e maggio del 1980 la formazione classica dei Jethro Tull accusa un momento di stanchezza e depressione. La band stava attraversando un momento di profonda crisi personale, soprattutto dopo la prematura scomparsa del bassista John Glascock nel novembre 1979 a causa di un difetto cardiaco congenito anche se le tensioni personali erano già alle stelle. Con questi pretesti, il leader e  frontman Ian Anderson decide di prendersi una pausa e di incidere il suo primo album solista, chiamando a rapporto i suoi colleghi Tulliani Martin Barre, chitarrista della band dal 1969, e David Pegg, che aveva sostituito Glascock a partire dall'Ottobre dell'anno precedente. L'organico viene completato dal polistrumentista Eddie Jobson, la cui band UK aveva fatto da supporter ai Jethro Tull durante il corso dell'anno precedente, e dal batterista Mark Craney, già al servizio di Tommy BolinJean-Luc Ponty e Gino Vannelli. Il materiale prodotto da queste session soddisfa la casa discografica Chrysalis che decide che dovrà uscire a nome Jethro Tull, rendendo di fatto questa line-up una nuova formazione: l'album, intitolato "A" uscirà nell'agosto dello stesso anno. Purtroppo, a causa di pessime scelte di management, non vengono avvisati i rimanenti membri della formazione originale (i tastieristi John Evans e David Palmer e il batterista Barriemore Barlow) che lo scoprono a mezzo stampa e, come prevedibile, i dissapori non si fanno attendere. 

Barlow formerà i Tandoori Cassette con i quali pubblicherà un 45 giri nel 1982 e presterà i suoi servigi ad artisti come Yngwie Malmsteen, Robert Plant e Jimmy Page. David Palmer (oggi Dee), che oltre ad essere tastierista era anche stato arrangiatore e co-compositore non accreditato di molto materiale classico dei Jethro Tull, decide di dare vita ad un progetto musicale a cui stava già pensando da tempo, che mischiasse rock e classica con utilizzo predominante di sintetizzatori. Evans viene integrato nel progetto e l'organico viene completato dal cantante e bassista Bill Worrall, dal batterista Mickey Barker e da un terzo tastierista, Dave Bristow; come nome della band viene scelto Tallis, in omaggio al compositore rinascimentale Thomas Tallis. Dopo un paio di concerti nel Surrey che destano l'interesse di case discografiche quali EMI, Decca e Virgin, i Tallis si recano negli Redan Recorders Studios di Londra tra il gennaio e il febbraio 1981 con l'intenzione di incidere il proprio album di debutto. Tuttavia, durante le registrazioni del disco Bristow riceve un invito da parte della Yamaha per collaborare alla creazione della DX7, la prima tastiera musicale interamente digitale in commercio. A questo punto, Palmer si rende conto di non essere in grado di gestire le dinamiche di gruppo e il progetto subisce una battuta d'arresto: il materiale viene riposto nel cassetto con l'intenzione di riprenderlo in mano in un futuro che, purtroppo, però non arriva. Il disco rimane così inedito per quarant'anni: solo uno dei brani incisi ("Disturbed Air") vede la luce nel 2001 all'interno della compilation "It's For You!" venduta in allegato alla fanzine Tulliana "A New Day". Il resto del materiale viene presentato per la prima volta in questa nuova pubblicazione.

L'album può essere diviso in due parti: tre brani originali e tre rivisitazioni di composizioni classiche. "Disturbed Air", posta in apertura all'album, è la più riuscita del primo blocco: un pezzo con accenni classici che ben si sposano alla natura rock della composizione, con un arrangiamento che consente ai sintetizzatori di primeggiare senza andare a scapito della sapiente sezione ritmica Worrell/Barker che qua dà il meglio di sé. La successiva "Urban Apocalypse" per anni è stata un po' uno dei tesori introvabili dei Jethro Tull: integralmente composta da Palmer ed incisa durante le session di "Stormwatch", rimase inedita fino al Settembre 2019 con la pubblicazione del cofanetto "The 10 Force Edition" per il quarantennale del disco. Il pezzo era stato comunque eseguito dal vivo nel 2001 da Palmer con la coverband Tulliana Beggar's Farm al raduno del fan club Italiano Itullians a Fidenza ed è in seguito stato incluso nel suo album solista "Through Darkened Glass" uscito nel 2018. La versione qui presentata è cantata da Palmer e, come arrangiamento, è un ponte tra l'originale inedito dei Jethro Tull e la sua rivisitazione di quarant'anni dopo, con qualche accenno alle atmosfere tipiche dell'epoca. Infine, "Worcester Man" è un breve godibilissimo affresco per piano e voce che verrà recuperato ed esteso con il titolo "At The Still Point" su "Through Darkened Glass". Per quanto riguarda le composizioni classiche, i Tallis presentano il loro personale medley di due movimenti di due sinfonie di Beethoven (la prima e la nona), un rondo di Mozart e, soprattutto, il canone di Thomas Tallis che, come atmosfera e arrangiamento, sarebbe potuto benissimo costituire una sezione centrale di qualche brano classico dei Jethro Tull senza sfigurare troppo. In appendice al CD troviamo una sorta di bonus tracks: le versioni strumentali di "Disturbed Air" e "Urban Apocalypse" e, soprattutto, una ottima riedizione del canone di Pachelbel incisa nel 1978 da Palmer, la sezione ritmica dei Jethro Tull Glascock/Barlow e il chitarrista Robert Foster.

Il materiale presente su questo disco non è senza meriti: la musica è godibile, ben arrangiata, eseguita impeccabilmente e presentata con una produzione tutto sommato appropriata, a parte qualche eccessiva punta di compressione nel mastering. Allo stesso tempo, è difficile giudicarlo come un lavoro compiuto dato che, evidentemente, non lo è: la sequenza non funziona molto bene e, a parte "Disturbed Air", i brani suonano quasi tutti come se avessero bisogno di altre rifiniture. Comunque, si tratta di un documento preziosissimo per i fan dei Jethro Tull che finalmente riesce a fare luce ad una parte mancante della carriera di PalmerSoprattutto, però, la pubblicazione di questo album serve a finanziare la registrazione in studio del balletto "The Water's Edge", composto da Palmer, Anderson e Barre nel 1979, presentato dal vivo e mai inciso ufficialmente. In sostanza, acquistando l'album non ci si porta a casa solo un interessante documento d'archivio ma si fa anche un'opera di bene che potrebbe portare alla realizzazione di un importante tassello mancante alla storia dei Jethro Tull

L'album può essere acquistato in copia fisica tramite Burning Sheds, oppure dal merchandising ufficiale di A New Day, e in digitale (flac) presso Alfold Rock-Blues Music.


Tallis (1980)
Dave Bristow, Bill Worrell, Dee Palmer e John Evans

lunedì 5 aprile 2021

Rejecto - Prima, Durante e...Dopo? (Autoproduzione, 2021)

Esordisce così, con questo "Prima, Durante e...Dopo?", il rapper Rejecto, artista senza volto che sceglie l'anonimato per muovere il suo primo passo in questo mondo. Un contesto, quello del rap, sempre più saturo ma non per questo privo di spazio in cui muoversi. Il primo aspetto a colpire l'attenzione è la varietà delle basi, per niente modaiole, con un occhio di riguardo al synth pop, all'electro anni '90, con dei buoni bassi da gustare su un ottimo impianto, mentre la voce (giustamente ben in evidenza rispetto al resto, visto il genere) si presenta come un elemento molto più arduo da digerire, con un timbro poco musicale e l'utilizzo di parole non sempre così semplici che possono rendere il tutto un po' sibillino. Immagini, citazioni e calembour colgono di sorpresa fin da subito con l'ottima "Fastfood", con il rappato di Rejecto che procede sbilenco, storto, con quell'incedere molto cadenzato e per niente scontato che calamita l'attenzione in un labirinto di concetti criptici ed enigmatici. "Rejecto", con un beat e un break/ritornello a dir poco fastidiosi, arriva meno ma contiene uno dei concetti cardine dell'opera ("non rappresento nessuno") e lascia spazio ad uno dei momenti più riusciti di questo lavoro, ovvero "Too Skinny", un pezzo molto club-oriented ma contemporaneamente scuro, oscuro, caustico. "Pretty Vacant" ha il beat più tradizionalmente hip-hop ma un ritornello quasi atonale, per non dire stonato, la rende un po' pesante da assimilare. "Spy" ha lo stesso difetto di molti altri brani, sembrando Fabri Fibra che tenta di rappare un po' sopra le sue capacità, e spesso si presenta al limite delle capacità tecniche. La società dipinta da Rejecto è cupa, perduta, piena di contraddizioni e ci pensano "Lockdown, Odio Casa Mia!" e "I Hate Bill Gates" a sottolinearlo nel modo più arrogante possibile. Ovviamente, nell'accezione positiva del termine. 

Le quattordici tracce finiscono un po' a fatica, se analizzate sul piano prettamente musicale e del facile ascolto, ma dall'altro lato ciò che salva questo disco è la sua collocazione nel panorama rap, il suo significato. Da lavoro evidentemente di protesta, di denuncia, di rottura, rifugge ogni estetica e ogni dettame della contemporaneità per essere di conseguenza un prodotto originale, diretto e genuino, relegando così in secondo piano la necessità di essere orecchiabile e facilmente fruibile. La personalità dell'artista erutta in maniera vulcanica in ogni brano, una peculiarità che gli dona senz'altro fotta, carattere e credibilità come poche volte si è sentito ultimamente. La scrittura, le barre, i riferimenti culturali sono tutti azzeccati, anche quando macabri e triviali, tutti funzionali al raggiungimento del risultato. Certo, siamo lontani dall'efficacia di testi di protesta ben più alti di vecchie glorie come gli Assalti Frontali, i Sangue Misto de "Lo Straniero" e i 99 Posse, o ancor di più del primo fenomenale Frankie Hi Nrg, ma la motivazione non manca e i risultati arriveranno. Un po' di gavetta e una maggiore attenzione a rimanere "in griglia" e questo ragazzo potrà combinarne delle belle. Senza dubbio. 

lunedì 29 marzo 2021

Ysé - Pezzi (San Luca Sound, 2021)

L'esordio della giovane Ysé (all'anagrafe Francesca Madeo) è un EP molto colorato e al passo coi tempi, un tuffo nel pop con un un'impronta internazionale, sia grazie ad un sound fresco e genuino che alla presenza di ben tre lingue diverse (italiano, inglese e francese), a volte miscelate tra loro nello stesso pezzo creando forse confusione ma soprattutto richiamando l'attenzione sulle parole.
 
Le sue esperienze di vita e le personali visioni del mondo entrano a piè pari in un sestetto di brani molto variegato, dove spicca anche una toccante rivisitazione di "Rapide" di Mahmood, ma ciò che risalta è principalmente la voce della cantautrice, pienamente a suo agio in sonorità che ricordano quello che andava nelle radio a inizio millennio, ma con un occhio a quel folk sporcato di indie che sta dominando le classifiche negli ultimi anni. Il brano più riuscito è "Due Stelle In Mezzo all'Universo", un viaggio nel concetto d'amore e la sua capacità di essere pervasivo, di permeare nelle vite delle persone, condizionandole e, in alcuni casi, riempiendole. "Re e Regine (des Erreurs)" si permette di fare un lavoro molto difficile, ovvero narrare la condizione dell'umanità in lotta con la pandemia, mettere in evidenza le responsabilità del singolo, ricordando all'uomo che possiede per natura il dono di plasmare la sua vita e quella del pianeta che lo ospita. Tutto ciò, tra l'altro, rimanendo radio-friendly e senza scivoloni populisti. Un po' di girl power in "Waiting for Me", il capitolo più grintoso in quanto ad interpretazione e forza del messaggio, giustamente scelto come singolo vista la sua leggerezza e la durata al passo coi tempi dello streaming. 

I suoni sono curati, spinti al punto giusto, sempre tenendo presente la necessità di mantenere alta l'orecchiabilità di tutto il pacchetto. Il lessico è vario anche se scontato, ma in questo tipo di musica conta di più veicolare il messaggio in maniera chiara, senza eccedere con la ricercatezza delle parole. Del resto, pure la semplicità va spesso a braccetto con l'immediatezza. 

Che aggiungere? La giovane autrice sassolese è agli inizi ma sembra navigare saggiamente nella sua arte, non uscendo dalla sua zona di comfort ed evitando così di fare la fine di Icaro. Dopo questo EP, si spera in un album che ne articoli meglio le doti canore e di scrittura.  

martedì 2 marzo 2021

Bruno Caruso - Assolutamente (Bruno Caruso & 9 Produzioni, 2020)

"Assolutamente" di Bruno Caruso, nato in Germania da genitori italiani e poi cresciuto in Calabria, esce sul finire del duemilaventi, l'anno che ha stravolto le vite di tutto il mondo ma che non ha, per ovvi motivi, rinunciato alla musica, spostatasi sul web, nelle camere da letto, nelle sale prove dei pochi fortunati possessori di spazi idonei alla propagazione e al concepimento della propria arte. La composizione, in ogni caso, non si è mai arrestata e artisti di ogni genere hanno dato sfoggio della propria creatività, spesso raccontando la propria condizione, in un anno che verrà ricordato, artisticamente, per il ritorno ad una concezione molto autobiografica della musica, fatta di racconti intimi, personali, sentimentali, alle volte anche politicamente e socialmente impegnati. 

Bruno parla di sé stesso, della sua voglia di riscatto, delle sue opinioni su questo mondo e su come trascorrere la propria esistenza all'interno di esso, con un cantautorato prettamente pop/rock, strutture che non rinunciano a far coesistere melodia, ritornelli e aperture di stampo più alto, con una certa importanza riservata, giustamente, anche agli arrangiamenti, oltre che alle parole, vero centro nevralgico di questo lavoro. "Con Un Brivido", "Bisognerà" e "Domani", sono belle esortazioni all'ottimismo e alla scoperta di sé all'insegna del carpe diem e del buonumore, forse i pezzi più sentiti, dove l'interpretazione dell'autore permea il brano superando anche la rotondità e la consistenza delle parole in termini di significato. "M'abituerò" è un pezzo da genitori per genitori, ma non per questo banale né già sentito, forse da curare maggiormente sulle parti strumentali per rendere di più in termini di emozioni, in ogni caso efficace dal punto di vista del contenuto e della resa. "Metamorfosi" spiazza e tocca le corde di chi si sente interprete di vite che potrebbero aver preso pieghe migliori, tra i rimpianti e le nostalgie, la voglia di riscrivere alcune pagine. 

In generale, nulla sorprende per originalità e genuinità, ma l'evidente aderenza stilistica tra il proprio percorso, le proprie liriche e la propria vita rende il tutto un pacchetto omogeneo, riuscito da tutti i punti di vista. Non servono del resto lo shock value a tutti i costi, la ricerca di momenti esplosivi o facilmente trasformabili in meme, quando si ha qualcosa da raccontare che trasuda coraggiosamente, quasi come un flusso naturale e incontrollato, dal proprio io interiore
. Un ottimo album, personale e rifinito, elegante e completo.