mercoledì 16 febbraio 2011

No Strange Delight - Un approfondimento sui Roxy Music



Il primo album dei Roxy Music è stato pubblicato nel Giugno 1972, ma la storia inizia nel Novembre 1970, quando Bryan Ferry, giovane insegnante di ceramica in una scuola femminile viene licenziato perché, invece di fare lezione, fa ascoltare musica alle sue studentesse. Il giovanotto, che nel tempo libero suona il pianoforte e canta, decide assieme al suo amico bassista Graham Simpson di pubblicare un annuncio per cercare un tastierista con cui portare avanti un progetto musicale. Contemporaneamente, Ferry fa un audizione per entrare nei King Crimson (si parla più o meno del periodo antecedente a "Islands"). Robert Fripp e Peter Sinfield decidono che la voce di Ferry non va bene per i King Crimson, ma restano abbastanza impressionati da lui da garantirgli un contratto con la E.G. Records, nel caso avesse bisogno.
Poco tempo dopo risponde all'annuncio un giovane insegnante di musica della Holland Park School, Andy Mackay, il quale però non suona le tastiere, bensì il sassofono e l'oboe anche se è possessore di un sintetizzatore VCS3. Mackay già che c'è porta a bordo un amico di università che presto farà parlare di se, Brian Eno, il quale anche se non è un vero e proprio musicista ha una visione interessante dell'arte, è in grado di adoperare il VCS3 di Mackay per manipolare i suoni del gruppo e sa cantare abbastanza bene da riuscire a fare i cori. Inizialmente Eno ha puramente funzione come tecnico del suono, ma ben presto diventa membro ufficiale. Dopo qualche tentativo fallito, vengono reclutati anche il batterista Paul Thompson e il chitarrista Davy O'List, precedentemente membro dei The Nice. Il gruppo prende così il nome di Roxy, un miscuglio tra "rock" e "sexy", ma dopo aver appreso che un gruppo Americano chiamato così esiste già, il nome del gruppo viene mutato in Roxy Music.
Grazie alla pubblicità del giornalista di Melody Maker Richard Williams, e al supporto del mitico DJ della BBC John Peel, la band registra la sua prima BBC session il 4 Gennaio 1972 (con i brani "Re-Make/Re-Model", "If There Is Something", "The Bob (Medley)", "Would You Believe?" e "Sea Breezes", tutti pezzi che in arrangiamenti leggermente differenti appariranno sul primo album). Poco dopo la session, in seguito ad alcuni fraintendimenti con il batterista Thompson, O'List lascia e viene sostituito permanentemente da un chitarrista mezzo Inglese mezzo colombiano, Philip Geoffrey Targett-Adams, che si fa chiamare Phil Manzanera. Con questa formazione la line-up classica dei Roxy Music (Bryan Ferry alla voce solista e al piano, Phil Manzanera alla chitarra, Andy Mackay ai fiati, Graham Simpson al basso e Paul Thompson alla batteria) nel Marzo 1972 registra il primo omonimo album.


FOR YOUR PLEASURE: THE EXPERIMENTAL YEARS (1972-1973)





Roxy Music (Island, 1972)

Fin dal primo album era chiaro che i Roxy Music volevano unire i loro differenti background musicali per creare un sound unico che però attingesse da diversi stili. "If There is Something", un brano dove per sei minuti succede di tutto, e nei quali diverse sezioni musicalmente diverse tra di loro sfociano l'una nell'altra in maniera pressoché perfetta, è parecchio esemplificativo. Un altro brano degno di nota, per lo stesso motivo, è l'ostica e avanguardistica "The Bob (Medley)", il brano dove la presenza di Eno è maggiore, contente un ottima prova chitarristica di Manzanera. Tale contrapposizione, un po' diluita, è presente anche in "Ladytron", che, dopo un introduzione atmosferica alterna ad una strofa pop, degli interventi strumentali tipicamente prog. "Sea Breezes" in un certo senso si potrebbe definire un po' il magnum opus del disco, maestosa nell'involucro e cervellotica nell'interno. Tra le canzoni più tradizionali sicuramente spicca "2HB", affettuoso omaggio a Humphrey Bogart, con la sua cadenza rilassata, quasi acquatica. Sicuramente i Roxy Music sono partiti col piede giusto, e questo disco è certamente uno tra i migliori album d'esordio di ogni gruppo.

Il bassista Graham Simpson diviene ogni giorno sempre meno interessato al gruppo e alla musica e sempre di più al Sufismo, cosicchè viene sostituito da Rik Kenton. Poiché l'album d'esordio non conteneva nessun 45 giri, il gruppo, con questa formazione, torna in studio di registrazione per registrare "Virginia Plain", un allegra canzoncina, tanto orecchiabile quanto bizzarra che diventerà presto uno dei classici del gruppo; apparirà inoltre in quasi tutte le ristampe (LP comprese) dell'album di esordio. Kenton però, inaspettatamente, lascia il gruppo, il quale decide che da ora in avanti non avrà più un bassista stabile. Viene reclutato come special guest John Porter, e il gruppo registra un nuovo album, intitolato "For Your Pleasure", degno di nota anche perché la gentil donzella che appare in copertina altri non è che Amanda Lear. Il disco viene anticipato dall'uscita del 45 giri "Pyjamarama", che segue le orme di "Virginia Plain" quanto canzone orecchiabile e bizzarra, ma i risultati di vendita ottenuti non sono gli stessi e il brano non viene inserito su album.


For Your Pleasure (Island, 1973)

Meno variegato del primo album, "For Your Pleasure" resta comunque un disco di grande interesse, non solo per la pregevolezza delle composizioni, ma anche perché il disco è intriso di un sound oscuro, quasi gotico, che non si ripeterà più nei dischi successivi. Il che è particolarmente notabile su "In Every Dream Home a Heartache", uno dei più alti vertici mai raggiunti dai Roxy Music, una disperata invocazione di una persona che vive nel lusso, la cui unica compagnia femminile è rappresentata da una bambola gonfiabile (vi sembra ridicolo? leggete il testo e sentite la musica e il tono di voce che lo accompagnano), ma anche sul lungo racconto di uno stupro "The Bogus Man" e sull'invocazione post mortem "Strictly Confidential". Impossibile non citare anche la splendida title-track, dove le personalità di Ferry e di Eno si scontrano bruscamente, il primo rassicurante e galante, il secondo inquietante e sperimentale.

Se queste differenze tra Eno e Ferry funzionavano dal punto di vista musicale, senza dubbio non lo facevano dal punto di vista umano. A Eno piaceva sempre di meno stare sul palco, e le divergenze con Ferry diventano ogni giorno più grandi fino a che Eno non esce dal gruppo. Manzanera, Mackay e Thompson non sono soddisfatti per niente di questo e per poco non lasciano a loro volta.


SERENADE: THE ART ROCK YEARS (1973-1976)




Il sostituto di Brian Eno è un giovane diciannovenne, Eddie Jobson, che chi segue questo blog ormai dovrebbe conoscere bene. Nonostante la giovane età, Jobson aveva già sul curriculum i Curved Air, e si trova a coprire il ruolo di Eno, quello di Ferry al piano (che si concentrerà unicamente sul canto) e il suo, innovando il sound dei Roxy Music con l'aggiunta del violino elettrico. Nonostante Manzanera, Mackay e Thompson siano estremamente irritati per l'abbandono di Eno e per la manipolizzazione di Ferry, riconoscono in Jobson un grande talento e infatti nei loro progetti solisti, tra i vari musicisti comparirà anche il nome del giovane Eddie. Il basso, per tutti gli anni successivi, in studio è suonato da John Gustafson, bassista parecchio talentuoso che però decide di non entrare in pianta stabile nel gruppo. Dal vivo il ruolo di bassista, oltre che dallo stesso Gustafson, è ricoperto da Sal Maida, Rick Wills e soprattutto John Wetton, un nome una garanzia.


Stranded (Island, 1973)

Anche se, chiaramente, i Roxy Music erano più Ferry che Eno, l'abbandono di quest'ultimo sicuramente ha fatto cambiare un po' le cose. Le composizioni contenute in questo ottimo "Stranded" hanno tutte l'inconfondibile timbro Roxy Music, ma appunto risentono della mancanza dell'elemento bizzarro che la presenza di Eno dava. Tuttavia la presenza di Eddie Jobson dà una certa professionalità e solidità che prima non c'era, che in parte bilancia le cose. Se da un lato è il primo album a contenere il primo vero passo falso dei Roxy Music (l'insopportabilmente lunga e pomposa "Psalm", anche se pare che sia stato il primo brano in assoluto composto da Ferry), i rimanenti sette brani sono tutti di qualità sopraffina, e rappresentano un evoluzione perfetta, che ha consentito al gruppo di cambiare stile pur rimanendo sempre se stessi. Per la prima volta, i brani non sono tutti solo di Ferry, ma è aiutato anche da Manzanera e Mackay. Con il primo compone "Amazona", una sorta di suite in quattro minuti, con il secondo la stupenda "A Song for Europe", uno dei momenti più toccanti dell'intera discografia. Doveroso citare anche il capolavoro del disco "Mother of Pearl", un brano di raro gusto e raffinatezza, l'energica "Street Life" e la conclusiva "Sunset", un brano il cui titolo è perfettamente appropriato, ottimo modo di concludere un ottimo album.

A parte il solito tour promozionale, tra le registrazioni di questo album e di quello successivo non accade nulla di importante. Come già detto prima, il basso sul seguente "Country Life" è sempre suonato da Gustafson.


Country Life (Island, 1974)

Ciò che al momento dell'uscita del disco ha provocato più scalpore è stata ovviamente la copertina, che se non altro non è un pretesto per nascondere musica mediocre. I passi falsi, purtroppo, continuano ("If It Takes all Night", "Three and Nine"), ma come per il precedente "Stranded", il resto del disco si mantiene a livelli più che buoni. Inoltre, finalmente il violino di Eddie Jobson comincia a farsi sentire, soprattutto nell'eccellente "Out of the Blue", il cui finale resta una delle migliori prove di tutta la carriera del giovane musicista. Country Life si può anche considerare il disco più rock dei Roxy Music, fatto evidenziato dalle trascinanti e coinvolgenti "Casanova", "The Thrill of it All", "All I want is You" e "Praire Rose". Nell'eccitazione si tira nel calderone anche un bizzarro e curioso canto medioevale, con armonizzazioni vocali che portano alla memoria i Beach Boys ("Triptych"). Un plauso anche alla produzione dell'album che contribuisce a rendere il disco molto solare.


Siren (Island, 1975)

Ad un primo ascolto "Siren" può apparire come una copia carbone di "Country Life". Ad un ascolto più approfondito, ci si accorge invece di quanto sia studiata la musica dei Roxy Music, e particolarmente, di quest'album. La ricetta è la stessa dei due album precedenti, ma migliorata, raffinata e quasi totalmente priva di errori. E' indubbiamente l'album migliore di questa fase, ed è facile capire perché dopo di questo disco i Roxy Music si siano presi una pausa di tre anni: o avrebbero prodotto una copia carbone di questo album, o avrebbero cambiato stile (cosa che avverrà, di fatto, tre anni dopo) e il che sarebbe stato rischioso. La prima impressione che lascia questo album è che sia un disco fiacco e con pochi punti d'interesse. Per fortuna tale impressione è largamente smentita ad un analisi approfondita. Non si tratta solo dell'eccellenza delle composizioni, quanto anche del collocamento dei brani nell'album (si ascolti ad esempio il modo in cui sono collegate "End of the Line" e "Sentimental Fool", o la contrapposizione tra l'ottimista e leggera "Love is the Drug" a inizio disco e la pessimista e amara "Just Another High" al termine dell'album). Tra i brani di maggior rilievo spiccano la già menzionata "Sentimental Fool", le incredibilmente energiche "She Sells" e "Whilrwind", la proto-disco di "Both Ends Burning" e "Nightingale", il brano meglio arrangiato del disco, probabilmente. Bisogna, inoltre, notare come Bryan Ferry sia di colpo evoluto vocalmente; le armonie vocali sono infatti una delle maggiori attrative di questo album. Un disco da gustare insomma e da sviscerare bene per poterlo apprezzare completamente, ma che, una volta fatto, da i suoi frutti!


Dopo di "Siren", i Roxy Music intraprendono un tour, finalmente con Gustafson anche live, dopodiché si concedono un periodo sabbatico. Nell'Agosto 1976 esce il primo live album del gruppo, compilato da concerti dal 1973 al 1975.


Viva! (Island, 1976)

Ciò che colpisce di più di questo live è la selezione dei brani: due da "Roxy Music", tre da "For Your Pleasure", nessun brano da "Stranded", uno a testa da "Country Life" e "Siren", più il singolo del 1973 "Pyjamarama". Insomma, 6 brani su 8 fanno parte del periodo Eno del gruppo; e il che è curioso visto che le scalette dell'epoca riportano principalmente brani degli anni successivi. Comunque sia, "Viva!" è un ottimo documento live, che dimostra un gruppo compatto e solido e che non esegue copie carbone dei brani in studio. Tra le migliori esecuzioni si ricordano due versioni lunghe e ispirate di "In Every Dream Home a Heartache" e "If There is Something" e "The Bogus Man", un po' riarrangiata, ma con la sua aura inquietante riprodotta perfettamente.


Come dicevamo prima, i Roxy Music si prendono un periodo sabbatico. Eddie Jobson va a suonare con Frank Zappa, prima, poi forma gli UK e in seguito entra nei Jethro Tull. Insomma, ha ottimi motivi per non tornare nel gruppo quando si riformerà tre anni dopo.


WHILE MY HEART IS STILL BEATING - THE ROMANTIC YEARS (1979-1983)




A metà 1978 Ferry, Manzanera, Mackay e Thompson, che nel frattempo non erano rimasti con le mani in mano ma si erano dedicati tutti a progetti solisti, tornano in studio di registrazione a nome Roxy Music, aiutati dal grande Paul Carrack alle tastiere e al basso due grandi bassisti: Gary Tibbs e Alan Spenner. In questa ultima fase dei Roxy Music c'è appunto da evidenziare che, sebbene continuino a non avere un bassista ufficiale (Spenner sarà quello più usato), il basso per la prima volta è molto presente e spesso è proprio ciò che porta avanti i pezzi.


Manifesto (E.G. Records, 1979)

Dal punto di vista concettuale, "Manifesto" riprende un po' la ricetta di "Siren", cercando di espanderla un po' verso nuovi orizzonti. Da questo punto di vista, piazzato nel contesto storico del gruppo, l'album può quindi quasi considerarsi un fallimento. Dal punto di vista musicale però è un album molto buono, nonostante un paio di brani mediocri ("Cry, Cry, Cry" e "My Little Girl" su tutte). Tuttavia impossibile non notare la strana costruzione (e allo stesso tempo orecchiabile) della title-track, o l'ottimo fluido improvvisativo che colpisce l'ascoltatore su "Stronger Through the Years". Anche le canzoni pop non deludono, come dimostrano "Dance Away" e "Spin Me Round", così come convincono anche "Angel Eyes" e "Still Falls The Rain", più movimentate.


Va notato che nella maggior parte delle edizioni CD di "Manifesto", le versioni originali di "Angel Eyes" e "Dance Away" sono state sostituite con le versioni su singolo. Mentre la seconda era essenzialmente un mix e un edit diverso della stessa versione, la prima era un arrangiamento completamente diverso della medesima composizione: hard rock su album e discomusic su singolo. L'ultima versione in CD mantiene la versione su singolo di "Dance Away", ma ripristina la "Angel Eyes" originale. Il motivo di questa scelta fu che le versioni su singolo dei due brani diventarono delle hit, superando di popolarità le versioni album. Chi volesse sentire le due versioni originali insieme su CD, si procuri il boxset "The Thrill of It All", che include anche le interessanti B-side del gruppo. Per il tour di questo album troviamo al basso Gary Tibbs e al piano David Skinner. Paul Thompson si rompe un dito in un incidente in moto successivo al tour di "Manifesto" e non parteciperà alle session del seguente "Flesh + Blood". I Roxy Music quindi, già assotigliati dalla partenza di Jobson, vengono ridotti ad un trio composto da Ferry, Mackay e Manzanera. Per la realizzazione di questo album, i tre vengono aiutati oltre che dai soliti Carrack, Tibbs e Spenner, anche da Neil Hubbard alla chitarra, Neil Jason al basso e Allan Schwartzberg, Andy Newmark e Simon Phillips alla batteria.


Flesh + Blood (E.G. Records, 1980)

Proseguono le innovazioni nel sound introdotte su "Manifesto" e vengono abbandonate le vecchie sonorità definitivamente. E' importante notare quanto Paul Thompson fosse essenziale al sound caratteristico di questo gruppo. E' indubbia e indiscutibile la bravura dei session man che suonano su questo disco, ma le parti di batteria non suonano più così personali, bensì semplici scansoni ritmiche che portano avanti i brani. Dal punto di vista musicale, è un disco più spento rispetto ai precedenti, forse anche dovuto al cambio di formazione e di direzione. Un solo accenno allo sperimentalismo ("No Strange Delight"), accostato a qualche convincente ballata ("Oh Yeah", "My Only Love"), qualche ottimo brano movimentato ("Same Old Scene", "Flesh and Blood", "Over You") e purtroppo, i soliti episodi incerti e discutibili (la cover dei The Byrds "Eight Miles High" e la conclusiva "Running Wild"). Generalmente parliamo di un buon disco, ma non al livello dei precedenti e soprattutto, il classico disco di transizione, abbastanza buono da non provocare disinteresse, troppo poco innovativo per essere totalmente interessante.


Prima del tour, Paul Thompson, guarito dall'incidente, torna brevemente nel gruppo, ma dopo aver sentito cos'hanno realizzato i suoi compari senza di lui, esce definitivamente. Il suo sostituto definitivo dal vivo sarà Andy Newmark, eccellente batterista dal punto di vista tecnico, ma probabilmente inadatto per le vecchie parti di Thompson (basti sentire il suo drumming su brani come "Out of the Blue"). Al basso ci sarà Alan Spenner e alle tastiere, come nel tour precedente, David Skinner. Il Lunedì 8 Dicembre 1980, un pazzo, Mark Chapman, spara e uccide quasi sul colpo John Lennon. I Roxy Music, come tributo, incidono la loro versione di "Jealous Guy" e la pubblicano come 45 giri. Sarà il primo e unico singolo dei Roxy Music a raggiungere il primo posto in Inghilterra. Subito dopo questo nuovo successo, i Roxy Music tornano in studio di registrazione per il loro ultimo (fino ad oggi) album in studio. Il personnel per "Avalon" è troppo lungo per essere citato tutto, ma a parte i fidi Spenner e Newmark, è bene citare almeno il fatto che Neil Hubbard diventa quasi un secondo chitarrista ufficiale, piuttosto che un ausiliario.


Avalon (E.G. Records, 1982)

Per "Avalon", sostanzialmente, possiamo fare lo stesso discorso che abbiamo fatto per "Siren". E' indubbiamente il disco migliore di quest'ultima fase del gruppo, e anche se personalmente non lo reputo tra uno dei migliori dischi dei Roxy Music, è senza dubbio uno dei più acclamati, ed è facile capire il perché. E' il disco più curato del gruppo, in ogni cosa: sia dal punto di vista della composizione, sia da quella degli arrangiamenti, sia dalla produzione impeccabile e persino dell'esecuzione. La voce di Ferry, magari non più personale come un tempo, sicuramente è molto più matura e versatile, così come gli interventi di Manzanera e Mackay sono più professionali (e meno calorosi) del solito. Per questi motivi, non si trova un vero punto debole del disco, mentre è facile notare gli sbocchi positivi, come "More Than This", il brano più celebre del gruppo, un ottimo brano melodico, piacevole, semplice, ma non ripetitivo o banale. Irresitibli le atmosfere notturne di "The Main Thing" e "The Space Between", e poco da aggiungere a ciò che già la musica esprime per quanto riguarda "Take a Chance With Me" e la splendida title-track.


The High Road (Polygram, 1983)

Mini-album registrato dal vivo a Glasgow il 27 Agosto 1982, pubblicato al termine del tour, che nulla aggiunge e nulla toglie alla discografia dei Roxy Music, a parte una splendida versione, estremamente superiore a quella in studio, di "My Only Love". Il calore presente su "Viva!" è scomparso. In cambio si può sentire una grande professionalità che però non da particolari segni di originalità o di unicità, come invece faceva il live album precedente. I quattro brani inclusi in questo EP saranno ristampati nel 1990 sul live album "Heart Still Beating", una poco interessante (per i motivi già spiegati qua sopra) prospettiva del tour del 1982. Un omonimo video viene pubblicato, ma le performance in esso contenute differiscono da quelle di questo album.


Probabilmente, proprio per aver completato brillantemente ancora una volta la ricerca di una nuova strada, dopo il tour di "Avalon" i Roxy Music vanno ancora una volta in pausa, in modo che ognuno dei membri possa occuparsi dei propri progetti solisti. Una pausa però che questa volta durerà per un bel pezzo.


RE-MAKE/REMODEL: REUNION (2001-now)




Dopo 18 anni di silenzio, i Roxy Music tornano a varcare le scene. Ferry, Manzanera e Mackay vengono raggiunti dal loro vecchio amico e compagno Paul Thompson, che col suo drumming potente e personale confermerà quanto espresso sopra, ovvero la sua enorme importanza per il gruppo. Tuttavia, Eno e Jobson non partecipano alla reunion. Da allora i Roxy Music hanno pubblicato "Live at the Apollo" (includendo anche un DVD), registrato all'ultima data del tour del 2001, ma nessun disco in studio (anche se nell'ultimo album di Bryan Ferry, uscito nel 2010 compaiono Mackay, Manzanera e Eno).
Attualmente i Roxy Music sono impegnati in un interessante "For Your Pleasure" tour, nel quale, oltre ai soliti classici, hanno anche rispolverato anche qualche classico dimenticato, come "Sentimental Fool", "2HB" e "Amazona". Speriamo in un nuovo album, anche se nessuno dei membri del gruppo smentisce o conferma (o meglio, fa entrambe le cose).


martedì 15 febbraio 2011

GTBT presenta: i live di Febbraio - parte 2

17.02 THE WOMBATS @ Magazzini Generali, Milano
18.02 THE WOMBATS @ Circolo degli Artisti, Roma
18.02 VERDENA @ Tunnel, Reggio Emilia
18.02 GIOVANNI LINDO FERRETTI canta CCCP, CSI e PGR con gli USTMAMO' - Live Club, Trezzo Sull'Adda (MI)
18.02 THE HURTS @ Estragon, Bologna
18.02 MINISTRI @ I Candelai, Palermo
18.02 CALIBRO 35 @ Fillmore, Cortemaggiore (PC)
19.02 CALIBRO 35 @ Flog, Firenze
19.02 MINISTRI @ Mercati Generali, Catania
19.02 MARLENE KUNTZ @ Estragon, Bologna
19.02 VERDENA @ Alcatraz, Milano
21.02 FRAN HEALY @ Tunnel, Milano
22.02 ALL TIME LOW @ Estragon, Bologna
23.02 FRAN HEALY @ Circolo degli Artisti, Roma
24.02 CALIBRO 35 @ Ratatoj, Saluzzo (CN)
24.02 FRAN HEALY @ Bronson, Madonna Dell'Albero (RA)
24.02 MINISTRI @ Bloom, Mezzago (MB)
25.02 ROBERTO ANGELINI @ Diavolo Rosso, Asti
25.02 CALIBRO 35 @ Hiroshima Mon Amour, Torino
25.02 VERDENA @ Locomotiv Club, Bologna
25.02 RHAPSODY OF FIRE @ Estragon, Bologna
25.02 FRAN HEALY @ New Age, Roncade (TV)
25.02 THE JOY FORMIDABLE @ Covo, Bologna
26.02 THE JOY FORMIDABLE @ Circolo degli Artisti, Roma
26.02 CALIBRO 35 @ Alcatraz, Milano
26.02 VERDENA @ Wohlen AG, Wohlen (Svizzera)
26.02 MINISTRI @ CSO Rivolta, Marghera (VE)

martedì 8 febbraio 2011

GTBT presenta: i live di Febbraio - parte 1

01.02 WOODEN HAND @ Bronson, Madonna Dell'Albero (RA)
01.02 THIN LIZZY @ Estragon, Bologna
03.02 COMANECI @ Arci Blob, Arcore (MB)
03.02 MASSIMO VOLUME @ L'Altro Teatro, Cadelbosco (RE)
04.02 PENNYWISE @ Estragon, Bologna
04.02 VERDENA @ Velvet, Rimini
04.02 THE FIRE @ Padiglione 14, Collegno (TO)
04.02 MINISTRI @ Poseidon, Poggiomarino (NA)
04.02 ADLER'S APPETITE @ New Age, Roncade (TV)
04.02 SLEIGH BELLS @ Covo, Bologna
05.02 MASSIMO VOLUME @ Interzona, Verona
05.02 THE FIRE @ Revolver Club, San Donà di Piave (VE)
05.02 SLEIGH BELLS @ Tunnel, Milano
05.02 FABRI FIBRA @ Estragon, Bologna
05.02 MINISTRI @ Karemaski, Arezzo
05.02 VERDENA @ Demodè, Bari
05.02 LAURA VEIRS @ Bronson, Madonna Dell'Albero (RA)
07.02 SAROOS @ Bronson, Madonna Dell'Albero (RA)
10.02 SUM 41 @ Concordia, Venaria Reale (TO)
11.02 MINISTRI @ Circolo Onirica, Parma
11.02 CALIBRO 35 @ Urban Club, Perugia
11.02 PERTURBAZIONE @ TPO, Bologna
11.02 BAND OF HORSES @ Estragon, Bologna
11.02 VERDENA @ Fillmore, Cortemaggiore (PC)
12.02 IORI'S EYES @ Unwound, Padova
12.02 MINISTRI @ Extra Cine Music, Recanati (MC)
12.02 VERDENA @ The Cage, Livorno
12.02 MASSIMO VOLUME e BACHI DA PIETRA @ Flog, Firenze
12.02 GIOVANNI LINDO FERRETTI e gli USTMAMO' @ Estragon, Bologna
12.02 TYING TIFFANY e SCHONWALD @ Bronson, Madonna Dell'Albero (RA)
13.02 SUM 41 @ Estragon, Bologna
15.02 ANGRA @ Estragon, Bologna

martedì 25 gennaio 2011

William Wilson - Just For You Not For All (Autoproduzione, 2010)



TRACKLIST
1. The Wreck of the Nordling
2. Song
3. Je Veux Une Vie En Forme D’Arete
4. Y A Du Soleil Dans La Rue
5. Incurable
6. Pourquoi Que Je Vis
7. Wonderful Nightmare
8. Red Iron Man
9. Song To The Siren
10. J’Aimerais/Tout A Etè Dit Cent Fois

Scicli è un comune in provincia di Ragusa, famoso per l’architettura di vari stili che vi si può trovare, ma non certo per la musica. William Wilson, cantautore già attivo in vari altri progetti nell’isola meridionale, prova a cambiare le cose autoproducendosi un disco che tenta di dimostrare come anche qui si componga della bella musica. Ci sarà riuscito?
La verità è che risulta molto difficile dare un giudizio organico di questo lavoro: Just For You Not For All sembra quasi una dichiarazione d’intenti, più che un titolo di disco, riferendosi praticamente al pubblico a cui è diretto l’album, che infatti non è “per tutti”, ma richiede una certa conoscenza per poterlo capire ed approfondire. Di per sé, niente di complesso: in realtà la virtù principale del disco è l’essere particolarmente minimale, privo di fronzoli, relativamente semplice. E farlo in maniera troppo palese come qui avviene è forse un modo per nascondere carenze a livello tecnico e compositivo che in diversi frangenti del disco si possono riscontrare (alcuni passaggi in “Red Iron Man” in particolare, nonostante sia uno degli episodi oggettivamente più riusciti). Ma non si giudica un’opera musicale solo in virtù di queste caratteristiche. Wilson (che tra l’altro è il nome di un personaggio di Edgar Allan Poe), mette in fila una serie di malinconicissime ballad le cui sfumature sempre molto delicate e soffici ricordano la buona stella di Jeff Buckley, da cui rubano anche alcune nuances decadenti, supportate anche dall’utilizzo della lingua francese, per esempio nel musicare Boris Vian. Altri riferimenti ai quali Wilson si è appoggiato sono quelli di Gregory Corso, e dei Piano Magic, di cui realizza una cover di “Incurable”, quest’ultima in realtà presuntuosa presa di posizione che risulta molto carina e funzionale al resto del disco nella sua veste acustica.

La cantautorale italiana negli ultimi anni ha subito un’impennata incredibile, con il protagonismo delle liriche e degli arrangiamenti sperimentali (o classicheggianti) di alcuni nomi, che non andremo a ripetere. William Wilson tenta di coniare letteratura già scritta a concezioni di questo tipo, non riuscendo nell’intento di risultare efficace oppure importante. Si possono apprezzare le poesie di Vian rimaneggiate, così come l’eccesso di autoreferenzialità che sfugge da ogni canzone, nonostante siano solo due quelle che l’artista firma con la sua penna, e forse anche le intenzioni di dare una patina di fioca torbidità al disco lo riesce a sollevare dal baratro.
In sintesi, questo è un album che comunque potrà piacere a chi ascolta musica di questo tipo, ma che non aggiunge niente ad un panorama che ha già giocato le sue (ultime) carte in questi due o tre anni. La provvidenziale banalità degli arrangiamenti fa il resto, e lungi da noi criticare oltre il lavoro di un musicista di tutto rispetto lasciamo l’onore di concludere la recensione ad un augurio di vedere, in futuro, più elaborazione personale da parte di un cantautore che ha senz’altro capacità immensamente più grandi di quelle rivelate da Just For You, Not For All.


Voto: 5

lunedì 24 gennaio 2011

Officine Lumière - Cali di Serotonina (Play!, 2010)


1. Casa Lumière


2. Geometria Analitica
3. Caterpillar
4. Audrey H.
5. Panta Kala
6. Autunno
7. Pioggia
8. Facoltà di Irrilevanza Comparata
9. Nervi
10. Pace Armata
11. Baudelaire

RECENSIONE:
Le Officine Lumière sono una formazione torinese (da Villar Perosa, a dir la verità) che da qualche anno calca le scene del rock italiano con la loro miscela originale di testi sperimentali e diversioni elettroniche (in realtà, quest’ultima, novità di Cali di Serotonina, secondo disco della loro collezione). Se dovessimo raffrontarli a qualcuno, ma proprio se ci dovessero obbligare a farlo, per la musica ricorderebbero i Bluvertigo, per le liriche Subsonica, per la metrica delle linee vocali leggeri accenni a Pau dei Negrita (anche a livello timbrico in realtà). A concentrarsi sul contenuto musicale dell’album, si scopre che c’è molto nel disco: si incontrano i diversi orizzonti del vintage e del moderno, come nella ballad “Autunno” che rimanda ampiamente ad atmosfere puramente seventies, alternando levare di ispirazione jazz ad un ritornello orecchiabile che strizza l’occhio più al pop moderno che a quello ormai storico delle ballatone di qualche decennio fa. Non è l’unico esempio di evidente collisione tra generi, e lo dimostrerà anche il brano più “radiofonico” del lotto, cioè “Caterpillar”, una canzone che sembra arrangiata da Morgan ma che in realtà nasconde un’anima molto meno complessa, che punta tutto sull’impatto della semplicità. E’ poi ascoltando “Nervi” e “Panta Kala” che si sentono le calde mescolanze di ingredienti che la band riesce a mettere in campo: lo fa con un certo
savoir faire, quasi a volerlo palesare senza sottolinearlo troppo, quasi a voler raggiungere un’omogeneità che fa senz’altro bene al prodotto.
Il disco di per sé non aggiunge niente di nuovo in una scena italiana che alterna momenti di ristagno a momenti di copiosa rinascita, però come in una situazione di quiete dopo la tempesta è un prodotto rilassato che testimonia un ottimo songwriting, aiutato da un’autoproduzione che fa il suo lavoro senza gli eccessi tipici delle major né i grotteschi immobilismi del sound garage. E “il vuoto pneumatico della politica”, mentre “il mondo straborda di finto piacere”, è quanto ci resterà in testa di un insieme di liriche che è contemporaneamente ben scritto ma anche esageratamente random, nel senso che suscita piccoli dubbi circa la natura del significato dei testi per l’assurdo accostamento di concetti diversi ma che possono, sforzandosi, trovare un unico contenitore di significato dopo un’opportuna ricerca di comunanza semantica. Ma, ciò che importa in un genere come questo, è che il messaggio arrivi all’ascoltatore. E gli Officine Lumière sanno suonare, eccome se sanno suonare (e comporre, che non è poco), e nel 2009 hanno sfornato un disco di sicuro impatto, valevole anche per gli anni successivi. Come un buono per uscire di prigione a Monopoli.

Voto: 7

domenica 23 gennaio 2011

Fish and Clips #9

E Fish and Clips è sopravvissuto a capodanno. Un capodanno dove sono successe tante di quelle cose che non abbiamo neppure voglia di raccontarvele. Oppure perché non è successo niente e siamo stati a guardare videoclip per riempire la rubrica? No non è così, però abbiamo comunque tre segnalazioni gustose da passarvi, anche se bisogna ammettere che non siamo certo qui con video così "rari" da stupirvi. Suvvia li conoscete sicuramente.

#1 COLDPLAY: LIFE IN TECHNICOLOR II (2009)
Diretto da Dougal Wilson, che ha ripreso anche il celebre "Satisfaction" di Benny Benassi, celebre anche per la sua versione pornografica che non è stata trasmetta praticamente da nessuna parte, ma potete cercarla su internet. In ogni caso qui ha pensato di dirigere le versioni burattino della band mentre suonano, con tanto di effetti pirotecnici e un elicottero che sfonda un vetro nel finale. Cosa volete di più?



#2 DEPECHE MODE - WRONG (2009)
Questo video andava in TV contemporaneamente a quello di cui vi ho appena parlato, ma questa volta è stato diretto da Patrick Daughters, che ha lavorato con Muse, Interpol, Yeah Yeah Yeahs, Snow Patrol e vagoni di altri artisti. Il video era tra i venti migliori video dell'anno secondo Spin Magazine, e forse perché faceva particolarmente paura? Avanti, c'è troppa tensione!





#3 THE WHITE STRIPES - THE DENIAL TWIST (2005)
Oh che bella la prospettiva forzata! Michel Gondry la usa particolarmente bene in questo video del duo più famoso del mondo, che per altro è un bel pezzo.
Per altri bei video di Gondry vi invitiamo a guardare "Let Forever Be" dei Chemical Brothers e "Come Into My World" di Kylie Minogue, di cui abbiamo già parlato in uno dei primi numeri di Fish and Clips.

sabato 22 gennaio 2011

Dimartino - Cara Maestra Abbiamo Perso (Pippola Music, 2010)


TRACKLIST:
1. Cercasi Anima
2. Ho Sparato a Vinicio Capossela
3. Cara Maestra
4. Parto
5. La Lavagna E’ Sporca
6. 999
7. Cambio Idea
8. La Ballata Della Moda
9. Marzo ‘48

Qual è il genere che più incessantemente sta riempiendo le nostre collezioni di dischi o di mp3 negli ultimi dieci anni di musica italiana? Il cantautorato, e cos’altro sennò. Angelo DiMartino, che su disco si fa chiamare solo per cognome (al contrario di tutti i beniamini di Amici e X Factor), un po’ ambiziosamente, esce con un disco prodotto dall’imprescindibile Cesare Basile, pubblicando per Pippola Music, un’etichetta che negli ultimi anni ha lanciato anche Brunori SAS, che è forse l’artista che più assomiglia a DiMartino per ispirazione. Si, perché dentro a Cara Maestra Abbiamo Perso si trovano tutti i tratti distintivi della cantautorale che negli ultimi ha decretato il successo dei due nomi più rappresentativi del nostro panorama, tutti e due dall’Emilia-Romagna (Dente e Le Luci della Centrale Elettrica): si parla di noi, quando noi significa anche parlare dell’artista stesso, sia come figura che come vita vissuta; si parla di passato, di quotidianità, di tutto e tutti, con un certo qualunquismo che, si sa, piace. Quello che cambia qui è l’aspetto musicale, più sostenuto ed elaborato, retto anche da una notevole ospitata che senz’altro farà scintillare più visibilmente il disco agli occhi degli “alternativi dell’ultim’ora” tanto criticati nell’ultimo album dei Marlene Kuntz. E sembra proprio che con brani come “Ho Sparato a Vinicio Capossela”, spiegando il perché del titolo nel testo con “ho sparato a Vinicio Capossela perché mi andava e perché piaceva a te e alle tue amiche”, una dichiarazione d’intenti che lascia poco spazio a spiegazioni, essendo fin troppo chiara la critica all’infighettamento di molti artisti e, soprattutto, del pubblico che segue un po’ tutto e niente. Toni disperati, toni sommessi, con un timbro molto particolare che non ci ricorda nessuno (fortunatamente), che senz’altro ci rammentano dei grandi nomi della nostra scena passata: Luigi Tenco, riportato in vita dalla bellissima cover di “La Ballata della Moda”, dove canta e suona anche Basile stesso; Ivan Graziani e Francesco De Gregori, la cui blanda ispirazione è evidente nelle liriche di “Marzo ‘48”, ultimo brano per cui vale il proverbiale “last but not least” inglese, e anche altri nomi come Ciampi, Gaetano, e il più recente Ettore Giuradei che è per altro parte proprio dell’attuale scena cantautorale italica a cui si faceva riferimento.
La forza comunicativa del disco, dicevamo, sta nelle parole, parole che si sporcano qualche volta di una volgarità più immaginabile che effettiva, di una presunzione che nel suo momento più evidente viene affidata alle parole di Vasco Brondi (ospite in “Parto”), e di una disillusione che è tipica della nostra generazione di ragazzi degli anni zero. C’è chi parla di “solite menate”, chi nega, e chi dà ragione ai primi dicendo però che questo DiMartino si distingue dalla massa: è vero, lo fa, e lo fa con una varietà di toni che rende questo disco una piccola perla in questi bui anni, con la presenza di artisti come Enrico Gabrielli che, in “Lavagna Sporca”, insieme ad Alessandro Fiori, trasforma un brano originariamente semifolk in una ballata che ricorda fin troppo i Mariposa. Insomma, tutto è buono pur di variare un sound che rischierebbe di essere banale. E la cosa importante è proprio che, alla fine, non lo è per niente.
Un disco variegato, diversificato in ogni singolo pezzo, attuale ma con uno sguardo al passato, con un valore letterario e musicale medio-alto che piacerà a molti, soprattutto agli “alternativi dell’ultim’ora”. Li citiamo di nuovo, perché questo limite non se lo leverà mai di dosso, avendo incluso nella lista degli ospiti Brondi. Ma per questo, urleremo ancora “
m’importa na sega”.

Voto: 7.5

venerdì 21 gennaio 2011

GTBT incontra la scena italiana #15: Conqueror

E stavolta tocca ai Conqueror, interessante band che GTBT ha scoperto nel 2010, quando il loro Madame Zelle è arrivato in redazione producendo le ottime impressioni che sono state immortalate dalla recensione che voi, gentili ed interessati lettori, sicuramente andrete a cercare. Leggasi.
1. Salve, amici Conqueror. E' stato davvero un piacere sentire e recensire la vostra musica, speriamo che vi sia piaciuta la recensione. Prima di tutto grazie per la disponibilità a questa intervista. Partiamo con la prima domanda: l'album è dedicato ad una figura femminile storica. Ve la sentite di abbozzare ai lettori di GTBT un suo ritratto? Insomma, chi è Madame Zelle?
Mata Hari è una donna Olandese che, dopo essere stata sull’isola di Giava, si innamora dei balli tipici di quei paesi. Il fallimento del matrimonio e l’uccisione del figlio non bloccano la sua carriera di ballerina (si spacciava per ballerina Giavanese, senza conoscere nei particolari questo tipo di danza), esibendosi così nei più importanti teatri europei e diventando una delle più celebri donne al mondo del primo ‘900. Il fascino che esercitava sugli uomini da un lato e la voglia di mantenere un alto tenore di vita dall’altro la portano ad accettare di diventare una spia, in un primo momento a favore dei tedeschi e, successivamente, per i francesi. Dopo la scelta poco abile di gestire questo doppio gioco, Mata Hari viene facilmente smascherata e condannata alla pena capitale.
 
2. La storia di questa donna è sicuramente molto interessante. Perché avete ritenuto interessante scrivere un album riguardo questo argomento?
In un primo momento non era nostra intenzione realizzare un’altro concept album dopo 74 Giorni (cd del 2007). Durante, però, la composizione dei primi brani abbiamo cominciato a documentarci su questa storia che diventava sempre più interessante e unica: il coraggio e la determinazione con cui Mata Hari affronta ogni istante della sua vita rendono questa donna particolarmente affascinante e sicura di sé.

3. Pensate che al di là del valore storico ci sia anche un valore morale nelle gesta di questa donna che sia giusto tramandare tramite un disco come il vostro?
Beh, parlare di valori morali forse è un po’ esagerato: sicuramente Mata Hari è stata eccessivamente bersagliata nel periodo del processo contro di lei come spia, probabilmente perché, essendo stata un personaggio molto celebre, può aver rappresentato un esempio di condanna visibile ad un vasto pubblico. Da qui ne consegue la decisione irremovibile (dei francesi) di giustiziarla.

4. Andiamo alla musica. Il vostro è definibile come un concept album, un'etichetta sempre più utilizzata a volte con risultati tristi. Il vostro però lo è per davvero. Perché avete deciso di fare un'opera su un unico argomento e non una serie di canzoni distinte?
Come dicevo prima, in origine non c’era l’intenzione di progettare un concept, soprattutto dopo aver realizzato nel 2007 “74 Giorni”, altro concept dedicato anch’esso ad una storia realmente accaduta: è stato sicuramente l’argomento, ritenuto particolarmente interessante, che ha cominciato a prendere il sopravvento sulla composizione dell’intero album.

5. Quali sono le vostre influenze più importanti?  ho sentito un po' di prog italiano dei bei tempi ma potrei essermi sbagliato...
E’ facile che nella musica che si compone vengano fuori delle influenze provenienti dall’ascolto: sicuramente gruppi come BMS, PFM ecc… rappresentano per noi pietre miliari del prog, ma non solo. Un gruppo che sicuramente mette d’accordo tutti sono i Genesis, unione di cinque geni che hanno realizzato dei dischi/capolavori che tutt’oggi vengono considerati come tali.  

6. Nel futuro dei Conqueror cosa c'è? Concerti, altri dischi, collaborazioni?
Il nostro obiettivo è quello di andare avanti con la composizione di nuovi lavori. Come tutti i gruppi del panorama attuale ci auguriamo di prendere parte a più concerti possibili, in particolar modo sarebbe cosa eccezionale suonare fuori dall’Italia: non per “Esterofilia”, ma purtroppo, musicalmente parlando, l’Italia è diventato un Paese in cui viene davvero difficile proporre e promuovere progetti nuovi.
 
7. Cosa si deve aspettare una persona che viene a un vostro concerto?
Durante un nostro spettacolo vengono proposti brani del nostro repertorio tratti dai vari album che abbiamo realizzato. In più ci piace affiancare la musica con l’aspetto visivo, per cui i nostri brani sono supportati da video, realizzati da noi, pertinenti con l’argomento di ogni singolo pezzo.

8. Vi lasciamo con uno spazio "a scopo promozionale". Sfoggiate tutta la vostra fantasia dando ai lettori di GTBT due buoni motivi per ascoltare Madame Zelle
“Madame Zelle” è sicuramente un album più omogeneo rispetto ai nostri precendenti: l’argomento probabilmente ha influenzato testi e musica tanto da assumere aspetti delicati, a tratti anche tragici. Anche ad un primo ascolto non risulta difficile e permette di focalizzare il percorso storico-cronologico della vicenda raccontata in musica in maniera molto chiara ed evidente: consigliato a tutti gli amanti della cosiddetta musica ragionata.

Ha risposto per i CONQUEROR
Simona Rigano (tastierista e vocalist)
www.conqueror.it

giovedì 20 gennaio 2011

Mr. Milk - Mr. Milk (Casa Molloy/EMI Publishing, 2010)


TRACKLIST:
1. Calls and Letters

2. Deepfar
3. Drawing A Kiss
4. Forced
5. Surprises
6. Little March For A Whore
7. Goodbye Prisoner!
8. Won

9. Cripple
10. Monster
11. Cardinal Legs
12. Stupid Guy

Due cose sono certe di questo disco: la prima è che il brano migliore è, per forza, “Cardinal Legs”, colorato da un pianoforte che non ha paragoni. La seconda che ascoltandolo la prima volta ti da l’idea di essere un disco da sentire altre dieci volte prima di capirlo, ma che ti lascia con l’amaro in bocca quando ti rendi conto che non c’è proprio niente di più da scoprire di quello di cui ti accorgi al primo incontro con lui.

Sia chiaro: l’album non è per niente brutto, e questo cantautore di Eboli ha comunque concepito un disco che lancia impulsi chiari e forti, con una grande verve comunicativa che ti dimostra dove voleva arrivare quasi subito e cioè a raccontare con dodici (e sono troppi) brani un romanticismo che è solo suo, che nonostante porti sulla schiena il peso notevole di non portare niente di nuovo ad una scena cantautorale ormai persa nel vuoto dell’eccesso di nomi e di parole, riesce ad acquistare personalità man mano che scorrono le tracce. Niente di nuovo dunque, per chi ha ascoltato Nick Drake, Bon Iver o, in italia, Bob Corn. Ed è comunque la cantautorale dai toni più folk (quelli che ormai si confondono troppo con l’indie brillantinoso dell’America musicale fighetta) a farla da padrona nel gioco delle influenze e delle ispirazioni, anche se è evidente una ricerca di una caratterizzazione nuova che esuli da paragoni immediati e confronti che non portano da nessuna parte (come quelli che stiamo facendo).
C’è della poesia, degli accordi che annientano ogni sentore di luce e di spensieratezza per portare ombre in un mondo di sentimentalismo al contrario, dove sono comunque candore e tenerezza le due parole chiave: le sfumature tenui e uniformi di brani come “Surprises”, “Cripple” e “Monster” servano da lezione per capire quello di cui stiamo parlando. La musica tende ad essere sempre più soffusa, limitata a spazi privi di ampiezza, quasi piatti, quasi si dissolve nel niente, con queste schitarrate soffocate che ci danno un senso di leggerezza che non si può descrivere altrimenti che con la parola “fragilità”. E questo ci piace, così come ci piacciono brani intimi come “Deepfar” e “Goodbye Prisoner”, manifestazioni ultime di un’interiorità che riesce a raccogliersi dentro pochi concetti chiave per non disperdersi nella vaghezza di una musica semplice e che può risultare banale, ma solo per rendersi più chiara ad un eventuale interessamento dell’ascoltatore. Sapete, c’è ancora chi vuole approfondire il comparto letterario di un lavoro musicale.
A nulla vale la critica di chi gli muove contro dicendo che il cantautorato ha rotto le palle e questo assomiglia troppo a tutti quelli venuti prima, perché negli anni zero da cui siamo appena usciti nessuno ha saputo coniare sensibilità folk e quotidianità più spietata (contro o a favore di un amore che sembra averlo fatto soffrire abbastanza) come questo salernitano, che utilizzando le poche sperimentazioni che una chitarra acustica ancora permette ha saputo creare una piccola perla di musica italiana come ce n’era proprio bisogno.
Giù le mani dalla nostra musica.

Voto: 7.5

mercoledì 19 gennaio 2011

GTBT incontra la scena italiana #14: Aedi

L'ennesima sfida di GTBT, cioè quella di intervistare una delle tante band che ha fatto brillare la scena musicale italiota nel 2010, regalandoci anche un bel disco di cui abbiamo molto volentieri parlato recentemente.
Queste sono le risposte ad una nostra piccola intervista che abbiamo il piacere immenso di condividere con voi
1. Salve ragazzi. A GTBT abbiamo avuto l'immenso piacere di ascoltare ed apprezzare il vostro ultimo lavoro, che secondo noi racchiude dentro se una specie di intimistica vena cantautorale che lo rende appetibile sia ai fan di generi molto eleganti e sensuali come il dream-pop e il trip-hop, che a chi vuole ascoltare un po' di sano rock italiano dalle venature più melodiche, come quello degli ...A Toys Orchestra. Che ne pensate di queste considerazioni? Chi sono in realtà gli artisti che più ritenete influenti sul vostro lavoro e sul panorama italiano?

Perbacco.
Il modo di prendersi poco sul serio ma seriamente parlando di Tricarico, Battiato, Camillas.
I mondi creati da De Gregori.
I giocattoli dei Mum, l' immenso dei Sigur Ros, i silenzi di Cage ed i passaggi di Schubert.
Le claps dei Talking Heads ed Arcade Fire, la cornamusa dei Neutral Milk Hotel.
Le scarpe sporche dei Ramones.
L' esempio degli A Toys Orchestra.
D' altro canto siamo cresciuti in auto italiane con stereo italiani ove pop e rock melodico dominavano fin da piccini.

2.Parlate della vostra zona e di come può una band in quella regione farsi un nome partendo   dal basso.
Le Marche. Ci sono colline ovunque e pure montagne. A noi non piace il mare.
Ci sono locali sulle colline. Piccoli ma accoglienti e genuini.
Le Marche ha cinque province ed ad ognuna di essa è collegata una scena, un piccolo collettivo musicale (Mukkake, Marinaio Gaio, Valvolare Records, Bloody Sound etc..) con una miriade di gruppi bravi bravi (Chewingum, Camillas, Dadamatto, Lebowsky, Tetuan, Altro, Montezuma, Lettera22, etc..).
Suonare ovunque. Ascoltare ovunque.
Nelle Marche come nel Friuli Venezia Giulia.

3. Quando vi siete formati avevate un progetto o è stato per caso, o per divertimento? Se avevate un progetto, siete già riusciti a realizzarlo o è tutto ancora work in progress? Si sa, le persone cambiano, e gli artisti sono persone....
Siamo cresciuti insieme.
Arrivati ad A si vuole arrivare a B eppoi a F etc....
tutto è sempre un’ancora work in progress. :D

4. C 'è da dire la verità, band del vostro tipo non hanno la strada facile in un paese come l'Italia. Come vedete questa cosa? Perché avete scelto di fare questo genere, e come mai pensate che non sia facile emergere con questo tipo di sound?
Potremmo fare metal o ska o Alessandra Amoroso. Ma la verità è che ci viene da fare questo.
Abbiamo una visione ottimistica. Ci piace creare paesaggi. La vera sfida è rendere accessibile ciò che proponiamo in una realtà come l' Italia poco, molto poco aperta.
Ma d' altro canto siamo ancora agli esordi e cambiare veste continuamente è una cosa che ci stimola.
Eppoi l'Italia è solo uno stivale.
Magari regaleremo cd anche dai calzini in su!

5. Ho beccato per caso un vostro video su MTV: Brand New. Raccontateci come è nato, se ha un significato e di cosa parla, magari, anche la canzone in questione
La nostra musica la viviamo nella maggior parte dei casi come una musica di immagini e non di contenuti. Insomma non vogliamo fruire  nessun contenuto, ma far si che i suoni diventino immagine.
I video sono immagini e noi li amiamo.
Il videoclip in questione “She is happy” nasce da un' immagine di Davide Marchi realizzato in collaborazione con i signori Marco Modafferi e Francesco Tortorella, tutti giovani registi e grafici nostri amici. Un lavoro “low budget” in cui gli uni si è puntato sugli altri. E ne siamo felici.
“She is happy”
“Stasera vedrai la neve
lungo ponti ed abeti che girano.
Togli le ali, indossa le scarpe più belle.
Non cercare alcuna compagnia,
alza le mani al Cielo.
Lei è felice e ti solleva con le sue gocce d' oro.”

6. Io nel disco ho trovato una serie di termini che semanticamente si possono ricondurre al mondo delle favole, delle fiabe o comunque dei bambini. C' è Heidi, "nanny goat", "Peter and Clara", "Easy Easy Tale". Mi rendo conto solo ora che il vostro nome può avere qualcosa a che fare con Heidi, a livello di pronuncia, ma lascio a voi l'onore di spiegare tutto ciò
Il mondo di un bambino è genuino. Come il latte. E fa bene.
Un doppio significato lega questi due termini.
AEDI (antichi cantori greci che animavano la corte con canti e balli) ha un significato accademico e rispecchia il nostro lato più sinfonico.
HEIDI riflette una parte di noi più giocosa, bizzarra, fanciulla.
Ci permette di prenderci in giro.
Il secondo significato è un gioco di parole. Un'assonanza.

7. Vi ringraziamo per aver partecipato a questa intervista. Se vi va, vi lasciamo questo ultimo   spazio per dedicare un invito ai lettori, un qualcosa che li convinca ad ascoltarvi e a prendere in considerazione, ad esempio, l'idea di comprare un vostro disco o venire a vedere un vostro concerto (potete anche prendere l'occasione per linkare dove comprare il disco, o dove   suonate prossimamente, tutto è lecito). Sbizzarritevi, e grazie ancora.
Amiamo le caprette.
Grazie GTBT.
Ve vulimo vè.
Buon anno.

Le prossime date degli AEDI: 03.01 SAN BENEDETTO DEL TRONTO (AP)
06.01 RECANATI (MC)
08.01 BOLOGNA
13.01 CASERTA
14.01 PONTECORVO (FR)
16.01 FERRARA
11.02 ROMA
12.02 NAPOLI
16.02 UDINE
19.02 CORREGGIO (RE)
25.02 VALDAGNO (VI)
26.02 VICENZA
18.03 ROMA
19.03 CASSINO (FR)
20.03 PESCARA
22.04 PISA
23.04 FIRENZE