mercoledì 20 agosto 2008

Scars On Broadway - Scars On Broadway (Interscope, 2008)


Dopo molti mesi di attesa è uscito finalmente anche l'ultimo lavoro di Daron Malakian e John Dolmayan, rispettivamente chitarrista/seconda voce e batterista dei System Of A Down, attualmente in “pausa indefinita”. Prodotto da Rick Rubin (che ha già lavorato con Linkin Park, Weezer, Slayer, Rage Against The Machine e decine di gruppi mainstream), questo album non delude le aspettative di molti fans dei SOAD, anche se ha saputo dividere sia la critica che il pubblico.

L'album risulta praticamente l'unione di ciò che hanno fatto i SOAD inventando un genere come tutti ben sappiamo, con uno spruzzo di alternative rock all'americana (quello che parte dai Weezer, contaminato dal grunge, ma che riesce a prendere qualche spunto anche da altri generi come il punk e l'hard rock). A questo riguardo possiamo dire che nell'album si sentono atmosfere nuove ed alcune cose già viste e riviste. I pezzi più interessanti dell'album sono sicuramente quelli meno simili a quanto già sentito con i System Of A Down, anche se l'utilizzo ovvio della voce di Daron porta nuova linfa a un genere che è stato forgiato per la voce di Serj Tankian, anche lui impegnato in alcuni progetti da solista. Ed ecco che l'album inizia con una bellissima Serious, pezzo velocissimo senza un attimo di pausa che ci introduce subito nella potenza e nella pazzia di Daron, che sia come esecutore che come compositore riesce ogni volta ad esternare tutta la sua rabbia. Gli altri pezzi veloci come World Long Gone, Stoner Hate e Exploding/Reloading non dicono nulla di nuovo, anche se sostanzialmente rappresentano il continuato del lavoro da compositore che Daron svolgeva nei SOAD. Bei pezzi, trascinanti anche considerata la breve durata (14 canzoni su 15 durano meno di 210 secondi). Belle Funny e Kill Each Other/Live Forever, due pezzi che iniziano come pezzi puramente da SOAD (inevitabile il continuo paragone) ma che poi trovano qualche spunto creativo nei rispettivi ritornelli e nei passaggi di batteria di John. Le canzoni più lente risultano invece molto apprezzabili, soprattutto Insane, 3005, Whoring Streets e 3005, di cui le prime due sono le più belle. Tutte e 4 hanno una struttura simile (eccezion fatta per la terza citata, Whoring Streets) che ricalca molto da vicino quello che sentivamo nel quartetto armeno in pezzi come "Aerials", "Holy Mountains" e "Lost In Hollywood", ma risultano scorrevoli, piacevoli e mai noiose. I due pezzi più belli dell'album in quanto ad originalità sono sicuramente Enemy e Babylon, il primo per l'originalità dei riff e della struttura (nella quale spunta anche un vecchio giro già cantato da Daron nei concerti del 2001 con i System), la seconda per l'orecchiabilità di tutta la canzone. Anonima ma curata è invece Cute Machines, un pezzo più che discreto che non stona all'interno di questo pezzo ma che forse meritava una lunghezza maggiore per poter comunicare di più. Entrambi pezzi molto ben costruiti, ma una nota di merito particolare va anche ad Enemy, possibile secondo singolo dell'album. Canzoni discrete ma molto banali nella struttura sono il singolo, They Say, praticamente basato interamente su un riff e due giri di batteria, e Chemicals, secondo estratto ad apparire su MySpace prima della release del disco, un pezzo con una base elettronica nella quale fa breccia poi un ritornello potentissimo. Carina, ma troppo scontata, ed è forse la canzone in cui la voce di Daron pecca di più.

Fatto questo essenziale track by track in cui tutti i pezzi risultano sopra la sufficienza, parlerei un attimo dei testi, forse pecca dell'album, al contrario della produzione, che è eccellente (Rubin e Malakian ci sanno fare, e questo già lo sapevamo). Le liriche di Daron sono molto banali, spesso basate su poche frasi a canzone, e lasciano spesso spazio a “fuck” gratuiti che sanno molto di giovane ribelle, e che non sono per niente azzeccati in alcuni dei pezzi. Punto negativo anche per la copertina, visto che il padre di Daron è un artista (Vartan Malakian) ed ha già prodotto copertine artisticamente molto interessanti per i SOAD non lo vedevo come una brutta alternativa a questo obbrobrio visivo.

Che dire...l'assenza di Serj Tankian in questo album si sente, soprattutto perchè le qualità canore di Daron non si avvicinano neanche minimamente a quelle dell'ormai quarantenne cantante dei SOAD, ma se dobbiamo guardare con occhio critico ciò che questo album voleva essere, forse questo è un punto a favore, poiché avremo in quel caso avuto un ennesimo album dei SOAD (forse ciò che avrebbero gradito i fan), invece abbiamo avuto un lavoro nella media, ben prodotto, fresco, compatto ed innovativo. Pollice (cicatrizzato) alzato.

Voto: 7,5

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