lunedì 1 giugno 2009

Green Day - 21st Century Breakdown (Reprise, 2009)


I Green Day di Billie Joe sono ormai invecchiati. Seguendo il percorso tracciato dalla loro carriera potremo parlare di una degenerazione dal punk vecchio stampo influenzato dai big degli anni '70 ed '80, al punk rock (come essi stessi si definiscono) che trova più somiglianza nel punk commerciale dei Blink 182 a quello che si può definire un semplice alternative rock con lontane influenze punk. Questo 21st Century Breakdown rappresenta appieno questa evoluzione/involuzione ed ora andiamo più a fondo nel disco.

Il disco è un miscuglio di pop, rock e punk. Potremo parlare di banalità, tutto ciò che molti si aspettano dei Green Day, ma partirei dal dire che questo album nel complesso è sufficiente. Se i pezzi più simili al precedente American Idiot sono ascoltabili ma sanno di già sentito (pezzi come “Viva la Gloria” o “Christian's Inferno”), i pezzi più lenti riescono anche a sorprendere. Dall'imitazione di Gallagher già conosciuta nella cover di Lennon di Working Class Hero che riascoltiamo in “Last Night On Earth”, straziante ma apprezzabile ballata pop che mi ricorda qualcosa come i Manic Street Preachers più melodici, passiamo anche per quell'alt-rock più lento e pesto (che personalmente gli reputo più congeniale vista l'età che avanza) che ci propinano nel primo singolo estratto “Know Your Enemy” e in “Before the Lobotomy”. Formula poi ripetuta nella metà dei pezzi (di cui il più apprezzabile è “Horseshoes And Handgrenades”, che mi ricorda un po' il tormentone Tick Tick Boom dei the Hives, poi ditemi se sono l'unico). “Peacemaker” è un pezzo veloce forse più vicino alle produzioni inglesi di certi Arctic Monkeys (o cloni vari), che risulta molto godibile per la diversità dalle altre tracce e quella “happiness” che trasuda (anche se parzialmente) dagli accordi e dall'orchestrazione di sottofondo. “Restless Heart Syndrome”, che suona al primo ascolto come una reprise di Boulevard of Broken Dreams (ed è un papabile futuro singolo), è un altro di quei pezzi melodici che come dicevo risaltano per l'effetto nero su bianco che danno se accostati alla formula ricorrente del giro di power-chord che metà delle canzoni più “classiche” ci presentano. Azzeccata anche l'esplosione finale.

Apprezzati sicuramente dai fan ma abbastanza insipidi sono pezzi come “Last of American Girls”, “The Static Age” e “See The Light, forse tra quei brani riempitivo tipici delle produzioni degli ultimi tempi. Sembra diventato a tutti gli effetti molto difficile far un album interamente studiato e ben composto; sarà forse colpa delle etichette e dei tempi imposti?

Musicalmente la band suona come sempre, la tecnica non è il loro forte ma la potenza e l'impatto la fanno da padroni. C'è chi dice sia facile comporre una canzone come quelle dei Green Day: tecnicamente lo è, forse è difficile dopo tutti questi album fare ancora brani che possano avere un minimo di impatto sul pubblico. Qualche volta ci riescono, qualche altra no.

La produzione a livello di suono è comunque curata ottimamente e stupisce anche la durata (69 minuti), notevolmente superiore a quelle a cui tutti i fan (o ascoltatori abituali) di questa band sono abituati.

L'album alla fine non ha di certo un “lasting value” dei migliori, e neanche per i fan di vecchia data sarà un gioiellino da ascoltare e riascoltare, non finché qualcuno gli ruberà la copia di Dookie. In ogni caso per chi apprezza il rock commerciale d'oltreoceano questo CD può risultare ancora interessante e se non stiamo ricercando musica nuova ma musica e basta, potremo anche gradirlo. Un onesto lavoro come ci si aspettava dai Green Day, senza novità ma nella media.


Voto: 6+

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Devo dire che mi trovo d'accordo per un buonissimo 85%..
Nonostante sia un' ascoltatrice della band dal '97 e quindi relativamente da tempi recenti, posso confermare il calo di genialità dei Green Day. Purtroppo i tempi cambiano; mentre negli anni '90 ogni singolo, o almeno quasi tutti, erano delle grandissime bombe d'innovazione o in ongi caso delle ottime canzoni, da qualche anno, i ''giovanotti'' di Berkley e dintorni si sono commercializzati. E li posso capire. Al giorno d'oggi o sei di moda o passi inosservato. Ciò che è stato loro problema in Italia fino all'uscita di 'American Idiot'.
Però a me tutto sommato va bene anche l'ultimo cd. Mi basta sentire la voce di BJ per essere contenta. Comprerei il cd anche se facesse tutte cover di Lady GaGa o Britney.
Jules BenBen

Brizz ha detto...

Beh che dire, all'inizio erano una grande band, io non li considero innovativi perché il punk non lo è sommariamente mai stato, però avevano delle caratteristiche distintive che li hanno resi unici. E tecnicamente non sono neanche da buttare rispetto invece a quei punkettoni cazzoni che non sanno far nulla che girano.

Haha me lo vedo proprio a fare cover di Lady Gaga si si!