giovedì 5 agosto 2010

Frontier(s) - There Will Be No Miracles Here (Arctic Rodeo Recordings, 2010)


Tracklist:
1. Little Wolves

2. Von Veneer
3. Sea of Galilee
4. Abul Abbas
5. Bones
6. Marching Line
7. Poor Souls
8. Young Lives
9. You Are Secrets
10. Dirty Pets

La Arctic Rodeo Recordings continua a fare centro. Dopo ottimi dischi come quelli di Far e Walter Schreifels, in questo 2010 infila un'altra vittoria con il bellissimo rock work dei Frontier(s), formazione americana uscita direttamente dal Kentucky e che basa il suo alternative garage-oriented su di un'impostazione prettamente statunitense, come la voce del frontman Chris Higdon e le pesanti linee di basso di Bryan Todd attestano pienamente.
La produzione di questo disco è abbastanza casereccia, forse per una scelta personale. Facendo finta che sia successo per caso, giusto per dare un approcco più critico alla recensione, si può parlare di un tipo di sound abbastanza "band emergente", filtrato però dalle mani di musicisti con esperienza che riescono infatti ad infilare anche buone dimostrazioni di tecnica e composizione, lasciando a marcire in un angolo i pochi errori (soprattutto di batteria) che sono rimasti evidenti anche nel mix finale. Ma chi se ne frega, no?
Per quel che riguarda i brani, There Will Be No Miracles Here è abbastanza lineare. Pochi elementi di differenziazione tra un pezzo e l'altro, nonostante una gamma di riff piuttosto varia, dove però il suono sempre molto graffiante, pieno e quasi "turgido" delle chitarre di Higdon e Wieder funge da ottimo elemento di coesione, riportando tutto sullo stesso piano. Ce lo insegna la prima traccia, "Little Wolves", insieme soprattutto a "Sea of Galilee", tra i brani più rappresentativi. Nel disco anche qualche ritornello dalla forte verve radiofonica, come quello di "Abul Abbas", pezzo abbastanza vicino a quella brio indie americana che ha partorito già band del versante southern come i Kings of Leon o i meno barocchi Death Cab for Cutie (non che abbiano molto in comune, in realtà, ma la vivacità rock di molti brani fanno pensare a entrambi). Il sound si fa più cupo, quasi in orbita stoner, in "Poor Souls" e "Marching Line", pur mantenendo un comparto ritmico sempre abbastanza light, non tanto nel suono, che esce sempre piuttosto "punchy", ma nel tipo di incastri ritmici che l'accoppiata basso-batteria si impegna a creare in situazioni come l'apertura di "Young Lives", dotata di una corposa introduzione affidata alle due parti "martellanti" dell'ensemble.
I Frontier(s) realizzano tutto sommato un disco d'impronta molto standard, un rockettino senza pretese e che trova solido cemento nella scena americana, che negli ultimi anni ha avuto peraltro un'evoluzione notevole su scala mainstream internazionale. Qualche perfezionamento a livello di precisione e non mancheranno di stuzzicare anche i palati più esigenti. Per un futuro migliore nel "rock base", ecco a voi i Frontier(s). 

Voto: 7.5

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